09 ottobre 2021

ASPETTANDO GODOT DELLA ZES LA SIGNORA FRANCA ZONA MUORE

La ZES sarda sí é rivelata da subito un espediente della sinistra moribonda per sostituire la Zona franca sardista e dare da bere nuvole al suo ceto burocratico/imprenditoriale assetato di assistenzialismo. Aspettando il Godot di sovvenzioni improduttive che né il Governo gialloverde prima, e neppure quello giallorosso poi  e quello attuale hanno nelle loro tasche sfondate, la Zona franca dei sardi, che aspetta che sia applicato il decreto 75/98 é ferma e derelitta.
Ben altro ci vuole per dare speranza e posti di lavoro ai sardi senza aspettare elemosine che sono solo promesse irrealizzabili.
Intanto bisogna salvare il Porto di Cagliari, l’aeroporto di Elmas e la sua area industriale contigua di Macchiareddu dichiarando con forza che quella é l’area della Zona franca Cagliaritana e procedendo in quella direzione come applicazione del 75/98 e il suo specifico decreto successivo. Non il ridicolo fazzolettino di zona franca concordato fra Autorita portuale, Zedda e Pigliaru prima della loro sconfitta. Questo fazzolettino di zona franca serve solo per piangere la morte del Porto canale. Sono rimaste solo l’Autoritá portuale e il fantasma della Cagliari free zone ad essere gestite dalla sinistra e a continuare a portare avanti vecchie politiche fallimentari e improduttive. Andrebbero commissariate. Purtroppo bisognerá attendere le elezioni politiche per avere un nuovo governo che in sinergia con la nostra Giunta regionale possa invertire la rotta. Si tratta quindi di anni prima che la Zona franca sarda e in particolare quella cagliaritana possa iniziare a vagire. A meno che il Presidente Solinas non compia anche per la Z.F. un miracolo politico realizzato come per la vertenza delle entrate. Mai dire mai, ma la Sardegna é alla canna del gas e non importa se GNL gassoso o liquefatto. (Fonte: diario social a cura di Mario Carboni
)

LIBERTÀ E PAURA. IL SENSO DELLA VITA.

Che senso ha la mia vita? È la domanda che mi hai fatto, dando voce così all’inquietudine più profonda del Tuo cuore. È una domanda importante e sono contento che Tu me l’abbia fatta, perché questo vuol dire che sei una persona che si mette in gioco nel cercare la verità e che nel tuo intimo credi alla dignità della vita che ci è stata donata. È vero che non tutti sembrano farsi questa domanda, anche se sono convinto che in ciascuno essa sia presente come un tarlo nascosto, un desiderio incancellabile, che resta tale anche quando non è espresso. Se mi chiedi il perché di questa mia convinzione non esito a risponderti che interrogarci sul senso di ciò che scegliamo e facciamo ci aiuta a essere più ricchi di umanità, motivati e aperti alla felicità, di cui abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo. Dare senso alla vita è consentire alla nostra anima di respirare, e il respiro dell’anima è ciò che ci fa vivere veramente. Il senso della vita non è insomma qualcosa d’irrilevante: chi pensa di farne a meno, si accorgerà presto che i suoi atti sono come frammenti senza comunicazione fra loro, e la somma dei suoi giorni gli apparirà prima o poi come un peso faticoso a portarsi.
Quando invece ti svegli al mattino e hai uno scopo per vivere, tutto risulta diverso e perfino la fatica del quotidiano diventa sostenibile o addirittura bella e degna di essere affrontata. Se poi rifletti su questo scopo, ti accorgerai facilmente che esso non è mai semplicemente qualcosa: non si può vivere unicamente per l’avere, il piacere o il potere. Anche se attraenti, il fascino delle cose, l’uso gratificante e il dominio di esse passano presto, lasciando una percezione di vuoto nell’anima. A dare senso alla vita non è mai solo qualcosa, è piuttosto qualcuno. Un antico proverbio lo dice in maniera incisiva: “Si può vivere senza sapere perché, ma non si può vivere senza sapere per chi!”.
È per questo che il senso della vita si trova unicamente nell’amore: chi ama, ha qualcuno per cui vivere, lottare e sperare, ha un motivo sufficiente per affrontare e offrire sacrifici, uno scopo che dà gioia al cuore per il solo fatto di esserci. Chi ama, va incontro alla fatica dei giorni con una ragione di vita e di speranza più forte del prezzo da pagare, del sudore e delle lacrime da versare. L’amore è la gioia della vita e un’esistenza senza amore è semplicemente triste e vuota. Se ami qualcuno, e se il tuo amore è ricambiato, la tua gioia può toccare momenti intensissimi, di cui neanche le prove più grandi riescono a cancellare l’attesa e il ricordo. Per la stessa ragione, l’amore non amato, quello cioè cui non è dato di essere ricambiato nella reciprocità delle coscienze, può dare sì senso alla vita, ma fa conoscere anche il dolore più profondo e porta a volte ad attraversare le tenebre più fitte. Soprattutto, l’amore non perdona alla morte, non si arrende all’annullarsi della possibilità della visibile presenza dell’amato e sente la fine inesorabile, legata all’ultimo silenzio, come intollerabile ferita, insopportabile limite. È proprio sulla soglia della fragilità e della caducità di ogni amore umano, anche del più grande, che il nostro cuore percepisce il bisogno di un orizzonte ulteriore, che sia custodia all’amore e lo salvi con vincoli d’eternità. Il senso della vita non può fermarsi a ciò che è mortale e penultimo, per quanto forte sia il legame che ad esso ci unisce: la vita ha senso se la meta e la patria per cui si vive, si soffre e si ama, ha la misteriosa potenza di vincere la morte, di dare alla nostalgia del cuore inquieto un approdo di eternità. È qui che nella ricerca del senso due amori si toccano: quello alla scena del mondo che passa, e quello a Colui che è in persona l’amore più forte della morte, origine, grembo e patria di ogni vero amore. La ricerca del senso sfocia così, con naturale continuità, nella ricerca di Dio e del Suo volto, nel desiderio e nella nostalgia del Totalmente Altro, che garantisca la vittoria ultima dell’amore sulla morte, della vita sul nulla. Sui sentieri della ricerca del senso da dare alle opere e ai giorni, come luce del cuore e forza del cammino, si passa inevitabilmente dalle cose alle persone da amare, e da queste all’inizio e alla sorgente di ogni amore, meta e destino di ogni vincolo d’amore che dia sapore alla vita. Ai cercatori del significato, che renda degna e bella l’esistenza, anche a quelli che hanno conosciuto la delusione di approdi troppo corti e troppo brevi, cercatori del senso perduto, l’incontro con l’amore personale di Dio, mistero del mondo, si offre come libertà donata: libertà dalla paura e dal dolore del non senso; dono non meritato né prodotto dalle nostre mani, offerta di gratuità che viene a noi, ci sorprende e illumina tutti gli spazi dell’anima a condizione di aprire la porta del nostro cuore. 
Sono illuminanti le parole di John Henry Newman, appassionato cercatore della verità, cui è stato dato di approdare al porto tanto desiderato. È il 1833 e, sulla nave che lo porta dalla Sicilia a Napoli nel suo primo viaggio in Italia, la nebbia che scorge gli appare come un’immagine della condizione umana, figura di chi nella scarsa visibilità dell’orizzonte cerca un senso alla vita: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, guidami Tu! La notte è oscura e sono lontano da casa, guidami Tu! Sostieni i miei piedi vacillanti: io non chiedo di vedere l’orizzonte lontano, un solo passo è sufficiente per me. Non sempre fu così, né io pregavo affinché Tu mi guidassi. Amavo scegliere e scrutare il mio cammino; ma ora sii Tu a guidarmi! Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura il mio cuore era schiavo dell’orgoglio; non ricordare gli anni passati. Così a lungo la tua forza mi ha benedetto, e certo mi guiderà ancora, oltre brughiere e paludi, oltre rupi e torrenti, finché sia passata la notte; e con l’apparire del mattino mi sorrideranno quei volti angelici, che da tanto ho amato e che rischiavo di aver perduto”.
 

Ascoltare i giovani e le loro urgenti richieste, fare i conti con tutta la realtà.

Nella società occidentale in rapido invecchiamento i giovani sono una delle minoranze più ignorate. Le opinioni e le esigenze di chi ha meno di trent’anni scivolano facilmente in secondo o terzo piano quando si tratta di prendere le decisioni che contano.

La politica ritiene di poterselo permettere, perché nelle urne il peso dei giovani è scarso (in Italia sono appena più del 10% dell’elettorato) e ogni partito sa che, con il tempo, anche quei ventenni finiranno per diventare più docili e matureranno bisogni e idee ‘da vecchi’. Invece i giovani meritano di essere ascoltati. Soprattutto quando parlano di temi che – per ragioni che potremmo anche definire biologiche – riguardano loro più di chi li governa. Come il debito pubblico, che contiene anche un Btp da 5 miliardi di euro in scadenza nel 2072. O come, a livello mondiale, il cambiamento climatico, che pochi dei nostri attuali governanti avranno modo di sperimentare nei suoi effetti più temibili, previsti dagli scienziati per la seconda parte di questo XXI secolo.

L’evento ‘Youth4Climate: Driving Ambition’ è stato una bella occasione di ascoltare questi giovani. Da giovedì a ieri 400 ragazzi e ragazze tra i 15 e i 29 anni di età arrivati a Milano da 186 Paesi hanno potuto discutere e fare proposte su come intervenire contro il riscaldamento climatico. Fra un mese, alla Cop26 di Glasgow, le loro idee potranno trovare spazio al vertice ‘degli adulti’. La voce dei giovani ha avuto ascolto e finalmente anche un’abbondante attenzione mediatica.

Sono nativi digitali, sanno come catturare l’attenzione nell’era dei social. Il ‘bla bla bla’ con cui Greta Thunberg ha liquidato gli impegni dei politici sul taglio delle emissioni è un piccolo capolavoro da social, una perfetta ‘gif’ da rilanciare su Tik-Tok. Quando però si è trattato di fare proposte concrete i giovani di Youth4Climate purtroppo non si sono dimostrati molto diversi dagli adulti. I punti centrali del documento finale approvato a Milano sono in larga parte obiettivi già condivisi e anche messi in pratica in decine di Paesi: ripresa sostenibile con al centro le rinnovabili, piani per l’azzeramento delle emissioni da parte delle aziende private, coinvolgimento dei giovani nelle decisioni sul clima, formazione nelle scuole sul tema della crisi climatica.

L’unico punto davvero divisivo, il più ambizioso, è l’abolizione dell’industria dei combustibili fossili entro il 2030. È una richiesta così irrealistica da avere l’aria di una provocazione. Il carbone, il petrolio e il gas naturale sono stati il carburante della crescita economica globale degli ultimi due secoli. Tutt’ora, dicono i numeri dell’Agenzia internazionale dell’energia, otteniamo dalle fonti fossili l’81% dell’energia che consumiamo nel mondo.

È un enorme problema, perché ogni volta che bruciamo idrocarburi – anche quando accendiamo il fornello per farci il caffè la mattina – rilasciamo anidride carbonica in atmosfera e alimentiamo il surriscaldamento climatico. Purtroppo però non abbiamo a disposizione soluzioni semplici. Ovunque si sta sviluppando nuova capacità di energia rinnovabile, che ottiene circa l’80% degli investimenti del settore e genera ancora meno del 2,2% dell’energia complessiva.

L’Europa sta forzando il passaggio dalle auto a motore termico a quelle elettriche o a idrogeno entro il 2035. Aziende che producono materiali essenziali per la nostra quotidianità, come la plastica, l’acciaio o il vetro, stanno cercando un modo per continuare a farlo senza usare idrocarburi, o almeno azzerando le emissioni di CO2. Il disinvestimento dalle fonti più inquinanti è iniziato. L’addio al carbone si sta facendo vicino, l’abbandono del petrolio sembra un po’ più distante, mentre il gas naturale probabilmente ci accompagnerà ancora a lungo, ma non per sempre.

L’uscita dall’era delle fonti fossili è un passaggio epocale per la storia dell’uomo, nessuno può pensare di completarlo nel giro di un decennio. Non per mancanza di volontà, ma per oggettiva impossibilità tecnica. «Siate realisti, chiedete l’impossibile» è stato uno dei più efficaci slogan del Maggio parigino. Un ossimoro del ’68, oltre mezzo secolo fa. Servono parole e atteggiamenti nuovi. Hanno ragione i giovani dello Youth4Climate quando attaccano la pigrizia e la mancanza di coraggio dei governi, che disattendono sistematicamente gli impegni sul taglio delle emissioni. Sbagliano però a non vedere, o ignorare, le difficoltà tecniche della transizione ecologica e i suoi dolorosi effetti sociali sulla popolazione. Quelli del ‘bla bla bla’ non aspettano altro per elargire loro i soliti sorrisi paternalistici che gli adulti riservano ai bambini che la sparano grossa. Servono coraggio e concretezza per non uccidere i sogni.

L’anno del Covid-19 non ha risparmiato bambine e bambini.

I dati elaborati per il Dossier indifesa di Terre des Hommes dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale evidenziano le conseguenze drammatiche dei lunghi periodi in casa. Rispetto al 2019 nel nostro Paese si registra, infatti, un aumento del 13% delle vittime minorenni del reato di Maltrattamenti contro famigliari e conviventi (art. 572 del Codice Penale). Ben 1.260 bambine e 1.117 bambini hanno subito violenze in famiglia che hanno richiesto l’intervento delle Forze dell’ordine, abusi che avranno ripercussioni per tutta la loro vita! Allarmante l’aumento delle vittime per tale reato nel decennio 2010-2020 che registra un +137%.

Anche se rispetto all’anno precedente nel 2020 il numero di minori vittime di reato è leggermente calato, passando da 5.939 a 5.789 (-3%) alcuni reati hanno avuto un incremento notevole, complice il lockdown. In un anno in cui i reati telematici sono cresciuti del 13,9%, non stupisce che anche un reato come la Detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minorenni sia in forte aumento, con un balzo del 14% delle vittime minorenni, e addirittura del 525% su 10 anni (2010-2020).

Per contro, la pandemia ha reso più complicata l’intercettazione di altre forme di reato, in particolare, a calare sono i casi di Abuso di mezzi di correzione o disciplina (-36%), quelli di Prostituzione Minorile (-34%), gli Atti sessuali con minorenni di anni 14 (-21%), i casi di Corruzione di Minorenne (-16%,) e quelli di violenza sessuale (-13%).

Marcata la differenza di genere: la maggioranza delle vittime sono infatti bambine e ragazze, con una percentuale che arriva addirittura al 65% dei casi. Un dato tra i più alti mai registrati nella serie storica raccolta in questi dieci anni da Terre des Hommes, con punte dell’89% per i casi di Violenza Sessuale Aggravata e dell’88% per quelli di Violenza Sessuale, subita l’anno scorso da ben 488 bambine e ragazze nel nostro Paese. Ma anche tra le mura domestiche, con il 53% dei casi di Maltrattamento, il reato si è consumato sui corpi e sulla psiche di bambine e ragazze.

Analizzando più da vicino la situazione nelle diverse regioni d’Italia, la Lombardia si conferma come la prima regione d’Italia per numero di minori vittime di reato (963 nel 2020), seguita da Emilia Romagna con 705 vittime, Sicilia (672), Lazio (464), Veneto (443), Toscana (392), Piemonte (364) e Campania (360). In tutte la componente di genere femminile è prevalente.

Sempre la Lombardia ha il triste primato di minori vittime dei reati di maltrattamenti in famiglia e violenze sessuali, rispettivamente con 367 e 108 vittime. Ad aver registrato il maggior numero di omicidi volontari sono invece Campania e Piemonte, ciascuna con 3 vittime.

Il decimo Dossier indifesa è stato presentato oggi da Terre des Hommes a Roma alla presenza della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, della Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport Valentina Vezzali e del Direttore del Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza Stefano Delfini.

Il Covid 19 non ha avuto ripercussioni solo nel nostro paese. Come ampiamente descritto nel dossier la pandemia sta avendo conseguenze drammatiche in tutto il mondo: tra gli 11 e 20 milioni di bambine e ragazze hanno lasciato la scuola a causa dei lockdown e si stima che nei prossimi dieci anni il numero di spose bambine aumenterà di 10 milioni.

Un dato su tutti riassume il tempo perso in questi due anni nella lotta alle discriminazioni di genere: se prima del Covid-19 si stimava che sarebbero stati “sufficienti” 99 anni per raggiungere la parità di genere, oggi se ne stimano almeno 135: in meno di 2 anni ci siamo letteralmente mangiati i progressi di un ventennio.

Nonostante i numeri sconfortanti il rapporto riesce a offrire anche una panoramica di come, attraverso la segmentazione dei dati, la sperimentazione di buone pratiche, e soprattutto il protagonismo delle ragazze e dei ragazzi, si siano ottenuti risultati concreti, sfidando vecchie consuetudini, tabù e leggi ormai superate dal sentimento comune.

Il dossier Indifesa 2021 è disponibile qui 

EX liceo Artistico di Piazza Dettori

Da futura residenza per gli artisti, a rifugio dei senzatetto.

È questo l’obiettivo dell’amministrazione Truzzu?

Estate 2020. Per l’imminente inizio dei lavori si sono cacciate tutte le associazioni che a vario titolo occupavano lo stabile. Associazioni che svolgevano molteplici attività socio-culurali, le cui ricadute avevano effetti positivi anche sulle realtà economiche e sociali del quartiere.

Oggi, a distanza di un anno e mezzo, i lavori non sono  mai iniziati. Un residente del quartiere racconta che anonimi addetti dell’altrettanto anonima ditta appaltatrice (Anonima in quanto non compare uno straccio di cartello che dovrebbe riportare tutte le indicazioni di legge), si sono visti una sola volta. E dopo aver rotto il vetro di una finestra, hanno lasciato le luci accese giorno e notte per un mese. E chi paga la corrente? Sarà anche questa messa a carico dei cittadini con le tasse comunali? Quella che si prospetta è un'altra incompiuta. Come tante altre, annunciate con prosopopea dai lavori pubblici, che a parte i bandi per le progettazioni varie, i lavori rimangono un incognita senza tempo. I cittadini del quartiere intanto devono assistere e convivere con il degrado dello storico stabile, con quel recinto che circonda l’EX liceo Artistico diventato alloggio per disagiati e senza tetto. Complimenti Sindaco Truzzu. I cittadini del quartiere ringraziano.  

E la soprintendenza dei beni culturali che dice?


08 ottobre 2021

La questione della Zona Franca. Il punto di Adriano Bomboi

"Problemi economico-finanziari della Sardegna". È questo il titolo del nuovo libro del siniscolese Adriano Bomboi edito da Condaghes. 

Dopo diversi anni di letture confronti sull’argomento Zona Franca, sul quale ho sempre indicato Mario Carboni come riferimento certo e rigoroso, ho riletto in questi giorni ció che ha scritto Adriano Bomboi nel ultimo libro dedicato ai problemi economico-finanziari della Sardegna.
I temi trattati, accompagnati dai contributi di economisti e addetti ai lavori alle prese coi dati ufficiali e le dinamiche del mercato: dalla “guerra del latte” al problema dei trasporti, dalla situazione della sanità al piano paesaggistico regionale, passando per la vertenza entrate sino al controllo politico della Fondazione Banco di Sardegna (e la BPER). E inoltre, mancate zone franche, accise, basi militari, Abbanoa, dispersione scolastica, pensioni e spopolamento. Per la prima volta, l'opera osserva questi e altri argomenti relativi all’economia contemporanea dell’isola, senza cercare alibi nelle classi dirigenti del passato, per evidenziare le responsabilità della politica locale e dello Stato italiano nel drammatico ritardo di competitività del territorio. 
Lo riporto di seguito integralmente.
“Oggi una parziale ma decisiva risposta alla crisi dell’industria e delle manifatture può arrivare dall’istituto delle zone franche. Ma, si intenda, sia il contesto normativo che quello politico lasciano spazi ristretti a questa misura. I motivi sono molteplici: in primo luogo è necessario ricordare che ciò che in Sardegna viene definito zona franca, nel mondo esiste in un’ampia gamma di tipologie e sotto diverse denominazioni. Generalmente il porto franco consiste in un’area esente dal pagamento di imposte e dazi di importazione. Pensiamo alle Export Processing Zones (vedere le Zone Economiche Speciali, largamente utilizzate in Cina) in cui i vantaggi si proiettano nella capacità di realizzare beni per l’export sul mercato internazionale, grazie all’opportunità di attirare capitali stranieri, a loro volta stimolati da speciali incentivi fiscali. In secondo luogo, dobbiamo considerare che attualmente in Sardegna non esistono né le leggi, né la volontà politica per sviluppare qualcosa di paragonabile a queste soluzioni. Vi sono due motivi:
1) perché l’isola si trova inserita nel contesto normativo italiano ed europeo (tale per cui determinati benefici vengono concessi solo a minoritarie e/o periferiche zone UE, come le Canarie);
2) perché la confusione della politica attorno a tale misura genera, da un lato, politici propensi a propagandare fasulle zone franche al consumo o zone franche integrali; dall’altro, totale 
ostruzionismo alla determinazione degli unici punti franchi oggi giuridicamente possibili da attivare.
In merito al primo motivo possiamo pensare a tutti quei piccoli amministratori che, tramite delibere prive di fondamenti giuridici, attribuiscono al proprio comune poteri statuali, tali per cui si pretendono addirittura infondati sconti sul prezzo della fornitura di carburanti alle compagnie che operano nel loro territorio, e che ovviamente non vengono concessi. Né, costoro, sono in grado di argomentare quale economia sorreggerebbe l’isola nell’ipotetica attivazione di una zona franca integrale (che farebbe venir meno anche il gettito IRAP con cui oggi, ad esempio, viene finanziata una lauta percentuale della sanità, e nonostante l’IRAP sia da tagliare). Meglio sarebbe, come suggerì anche Paolo Savona prima della sua entrata nel governo Conte, una fiscalità maggiormente agevolata per chi crea il lavoro269.
Il secondo motivo invece attiene a una storica battaglia sardista, portata avanti non solo dal classico PSD’AZ, seppur a fasi alterne e grazie all’input di Mario Carboni, ma anche, per citare un’altra sigla, dalla Fortza Paris di Gianfranco Scalas. In cosa consiste questa battaglia? Nell’attuazione dell’art. 12, comma 2°, dello Statuto speciale per la Sardegna: «Saranno istituiti nella regione punti franchi». Parole chiare e nette che per decenni hanno trovato ostacoli di ogni sorta, come quelli derivanti dal PCI, ideologicamente vicino alla programmazione e dunque 
contrario al laissez-faire delle zone franche, nonché avversario di ogni compagine politica autonomista270.
L’art. 12 ha trovato accoglimento nel decreto legislativo n. 75 del 10 marzo 1998, con il quale vennero previste le zone franche nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax, e prescrivendo che la loro ampiezza dovesse comprendere aree industriali a essi funzionalmente collegate e collegabili. La legge regionale n. 20 del 2 agosto 2013 varò poi le ulteriori norme di attuazione per renderle operative, ma fu un testo privo di effettiva applicazione271. I punti franchi non vennero concretamente perimetrati, ignorando persino l’apertura statale avuta all’epoca del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 7 giugno 2001 (concernente ulteriori disposizioni per l’operatività della zona franca di Cagliari), e l’interesse al riguardo delle comunità locali.
Insomma, ripartire da un iter lasciato in sospeso, cosa che richiede pura e semplice volontà politica, sarebbe uno strumento utile anche per l’avvio e il potenziamento del processo di riconversione economica del territorio a seguito del progressivo smantellamento di alcune grandi industrie. Poli che dovrebbero lasciare spazio all’assorbimento e alla riqualificazione della manodopera nelle bonifiche e in una serie di attività che, grazie all’apporto di nuovi capitali esterni, permetterebbero il consolidamento di un rinnovato tessuto d’impresa.
Cioè
nuove aziende sostenibili, dedite ad agroalimentare e artigianato, ma anche alla logistica, e quindi alla produzione e alla trasformazione. Aziende capaci di trascinare con sé anche un know-how di conoscenze e professionalità indispensabili alla crescita del nostro tessuto economico, senza il quale non vi è consolidamento e diffusione dell’eccellenza. Ricordiamoci infatti che la prima fase, le sole bonifiche, non costituiscono un’alternativa occupazionale e di lungo termine ai problemi del territorio. Ogni processo di riconversione, pur tenendo conto della possibilità di una prossima crescita degli investimenti incentrati sulla sostenibilità ambientale, non può aggirare il problema della sostenibilità economica dell’operazione, in rapporto alle caratteristiche del nostro mercato.
Ma a queste soluzioni prevalgono inconsistenti soluzioni alternative, tra cui delle opinabili proposte di zona franca urbana, o pseudo-ZES, come quelle proposte dal PD, fondate sulla solita elargizione di denaro pubblico in compensazione a un regime fiscale sostanzialmente immutato.
Solo in presenza di un’ipotetica indipendenza dell’isola sarebbe possibile vagliare forme più efficienti di zona franca. Un ulteriore elemento da considerare riguarda infatti l’avvento dell’Unione Europea, successiva alla nascita dello Statuto autonomo regionale del 1948, che ha 
ulteriormente compresso la libertà di disegnare nuovi punti franchi. Un tentativo abortito di ricalcare la normativa del 1998 venne realizzato dalla Cagliari Free Zone, società inizialmente formata dall’Autorità portuale di Cagliari e dal Consorzio Industriale provinciale di Cagliari, relativamente alla creazione di una zona franca doganale. Il progetto atteneva alla possibilità di attirare aziende per produzioni da esportare in ambito extraeuropeo. Nei fatti, anche a causa della normativa paesaggistica, non si lavorò a una perimetrazione della zona franca, mentre la politica regionale si orientò ancora nella volontà di promuovere altre improbabili tipologie di area franca. Per esempio a Olbia, come quella non interclusa (ossia inerente un deposito franco per le merci e non un’autentica zona franca), senza risultati. Infatti, secondo una nota dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli: «Il Codice doganale dell’Unione Europea prevede, all’articolo, un solo tipo di zona franca, quella interclusa, in cui il perimetro e i cui punti di entrata e di uscita sono sottoposti a vigilanza doganale. Le zone franche di tipo II e i depositi franchi sono stati soppressi. […] L’articolo 243 si limita a prevedere che gli Stati membri destinino alcune parti del territorio dell’Unione a zona franca. Rimane valida quindi la disposizione secondo cui per l’istituzione di una zona franca è necessaria l’emanazione di una legge»
In termini ancora più chiari: una zona franca deve essere recintata in un preciso spazio geografico (da ciò il senso di perimetrare/intercludere), con uscite e accessi vigilati. Dopodiché al loro interno si potrà eliminare il volume del fisco che invece incide al di fuori dei suoi confini. Ecco perché la miriade di comuni sardi che chiesero di inserirsi nei punti franchi previsti nel 1998 non sono mai stati presi sul serio.
Il recente Codice doganale UE275 fa dunque piazza pulita di alcune fantasiose interpretazioni sulla zona franca diffuse nell’isola, tra cui quella di immaginare un’immensa area extradoganale corrispondente a tutta la Sardegna, finalizzata a evitare imposte al consumo nel cuore del Mediterraneo occidentale. Si tratta di aree che nella realtà, in Europa, presentano dimensioni contenute, e sono generalmente situate in zone portuali, periferiche e/o di confine, come a Livigno. I comuni italiani, come predetto, non hanno il potere di istituire zone extradoganali nel proprio territorio, un’iniziativa che può svolgere solo il governo, previo accordo con l’UE, data la partecipazione dell’Italia al Mercato comune europeo (e contestualmente allo SEE). Ricordiamoci a tal proposito il primo comma dell’art. 12 dello Statuto speciale della Sardegna, il quale recita in modo chiaro e netto: «Il regime doganale della regione è di esclusiva competenza dello Stato
In conclusione, negligenza politica e mentalità assistenziale sono ben radicate e inalterate, un humus dagli echi hobbesiani in cui il libero mercato viene inquadrato come un mondo inesplorato dominato dal caos e dal disordine. Un luogo oscuro dove il conflitto non viene visto come un ordine spontaneo in cui la concorrenza rappresenta il presupposto di qualità e innovazione, ma come causa assoluta di diseguaglianze a cui rispondere con sempre più massicci interventi pubblici. Gli economisti austriaci definiscono le alterazioni prodotte da questi ultimi come conseguenze non intenzionali dell’azione politica sul mercato (per esempio, la vicenda della peste suina, inerente l’apparente bontà del sussidio e la conseguenza reale e negativa della sua applicazione, rientra in questa casistica). Difficile dunque in un simile contesto culturale, prima che politico, immaginare la nascita di nuovi e ampi distretti industriali e manifatturieri sulla falsariga del Veneto, della Lombardia o dell’Emilia Romagna, quali quelli descritti dall’economista Giacomo Becattini. In Sardegna, eccetto pochi casi, come la filiera del marmo oroseino o del sughero di Tempio e Calangianus, non esiste un indotto capace di scompattare le varie fasi del processo produttivo di determinati beni (come vedremo infatti nel capitolo VIII sull’istruzione), manca persino un adeguato capitale sociale formato alle sfide della specializzazione. Considerando inoltre che, a oggi, un ampio settore dell’industria sarda, quella chimica, rappresenta un ciclo integrato. Ossia un modello produttivo incapace di generare nel territorio circostante un indotto di imprese e dipendenti deputato a lavorare in continuità con lo stesso ambito. Il caso del Veneto, con il suo peculiare “ecosistema” produttivo, dimostra inoltre che non tutte le piccole e medie imprese costituiscono limiti economici (ad esempio derivanti dal nanismo aziendale, che porta a basse capacità di accedere al credito e di innovare, e dunque di essere maggiormente produttive). Ma la Sardegna dovrà investire parecchio anche in innovazione tecnologica. Perché? Pensiamo all’era in cui nacque un’impresa come Tiscali, frutto di uno dei rari momenti di fortunata sinergia tra settore pubblico (tramite il centro di ricerche CRS4, fondato nel 1990 e pioniere del web di tutta Italia), e settore privato (tramite imprenditori come Nicola Grauso, che attirò esperti di fama mondiale; e Renato Soru, in seguito impegnatosi in un’opinabile avventura politica). Un distretto web bruciato nel giro di pochi anni poiché ormai divenuto appannaggio di un diverso modello di business, a capital intensive, con cui i nostri piccoli privati, in termini di volume dei capitali da destinare all’innovazione, non potevano più stare al passo. 

Adriano Bomboi.


07 ottobre 2021

Abbiamo ormai messo i piedi nell’autunno, una stagione che coinvolge i nostri sensi a tutto tondo.

I profumi nell’aria, che ci avvolgono quando passeggiamo in campagna o nei parchi cittadini, con passi scricchiolanti su tappeti di foglie dorate e arancioni; la luce tagliente, limpida dopo un temporale, oppure offuscata dalla nebbiolina, specialmente al mattino o verso sera; il camino acceso e l’odore di legna bruciata; il profumo delle castagne arrostite, di una cioccolata calda, l’aroma di tè e tisane… In questa stagione è molto rilassante abbandonarsi su una poltrona, con un libro in mano e dedicarsi alla lettura.

L’autunno è una stagione amata dagli artisti, che ha ispirato scrittori e poeti, pittori e musicisti. Quel misto di malinconia, di nostalgia e di pigrizia è spesso una scintilla che solletica l’ispirazione e innesca un mood propizio alla creazione. L’autunno è spesso utilizzato come ambientazione naturale ma è anche inteso in senso metaforico, come il declino di un’epoca, di una stagione, di una società e dei suoi valori.

Che ne dite di cercare un romanzo ispirato a questa stagione, così da lasciarsi conquistare dall’atmosfera un pò sospesa e volatile di storie senza tempo?

Vi lancio qualche proposta e aspetto di ricevere anche i vostri suggerimenti. Clicca quì


Il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale.

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, nella riunione di ieri pomeriggio ha approvato il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale.

Sono quattro – è detto in una nota – i principi cardine che guidano la riforma:

lo stimolo alla crescita economica attraverso una maggiore efficienza della struttura delle imposte e la riduzione del carico fiscale sui fattori di produzione;

la razionalizzazione e semplificazione del sistema anche attraverso la riduzione degli adempimenti e l’eliminazione dei micro-tributi;

la progressività del sistema, che va preservata, seguendo i dettami della Costituzione che richiamano un principio generale di giustizia e di equità;

il contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

In particolare, il disegno di legge interviene sui seguenti aspetti della materia fiscale.

Sistema duale e Irpef

Il disegno di legge prevede la riforma delle imposte sui redditi personali, in particolare l’Irpef e le imposte sostitutive. Poggia su due pilastri:

il completamento del sistema duale e quindi la distinzione tra redditi da capitale e redditi da lavoro;

la riduzione delle aliquote effettive che si applicano ai redditi da lavoro.

Per i redditi da capitale è prevista la tassazione proporzionale, tendenzialmente con un’aliquota uguale per tutti i redditi da capitale, ma con gradualità. L’obiettivo è quello di razionalizzare l’attuale sistema e rendere più efficiente il mercato dei capitali.

Per i redditi da lavoro è prevista la riduzione delle aliquote effettive medie e marginali dell’Irpef, con l’obiettivo di incentivare l’offerta di lavoro, in particolare nelle classi di reddito dove si concentrano i secondi percettori di reddito e i giovani.

La delega prevede anche la revisione delle deduzioni dalla base imponibile e delle detrazioni dall’imposta (cioè delle cosiddette spese fiscali), che dovrà basarsi su una valutazione attenta dell’equità e dell’efficienza dei diversi interventi.

Infine, si prevede il riordino della tassazione del risparmio, facendo attenzione alla necessità di non generare spazi per l’elusione dell’imposta.

Tassazione di impresa Ires

In materia di tassazione del reddito d’impresa, il testo intende rendere coerente il futuro sistema con l’approccio duale. Quindi nel processo di attuazione della delega si potrà modificare la struttura delle imposte (aliquote e basi imponibili) a carico delle imprese in modo da allinearla a quella tendenzialmente e gradualmente omogena prevista per la tassazione di tutti i redditi da capitale.

All’interno di questo contesto, in ogni caso gli interventi potranno anche favorire la semplificazione dell’IRES, con l’obiettivo di ridurre gli adempimenti a carico delle imprese.

Iva e Imposte indirette

Per quanto riguarda l’Iva, si stabilisce l’obiettivo di razionalizzare l’imposta, con riguardo anche ai livelli delle aliquote e alla distribuzione delle basi imponibili tra le aliquote stesse. Si mira a semplificare la gestione del tributo e a ridurre i livelli di evasione e di erosione dell’imposta

Irap

Il testo, nell’ambito della più ampia riforma della tassazione del reddito d’impresa descritta sopra, prevede il superamento in maniera graduale dell’Irap.

Catasto

È prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati. Si prevede, inoltre, l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario.

Le nuove informazioni non saranno rese disponibili prima del 1° gennaio 2026 e intendono fornire una fotografia aggiornata della situazione catastale italiana. Gli estimi catastali, le rendite e i valori patrimoniali per la determinazione delle imposte rimangono quelli attuali. Le nuove informazioni raccolte non avranno pertanto alcuna valenza nella determinazione né delle imposte né dei redditi rilevanti per le prestazioni sociali.

Imposte locali

Il disegno di legge prevede la sostituzione delle addizionali regionali e comunali all’Irpef con delle rispettive sovraimposte. Il nuovo sistema potrà essere disegnato al fine di garantire comunque che nel loro complesso Regioni e Comuni abbiano un gettito equivalente. Si prevede la revisione dell’attuale riparto tra Stato e comuni del gettito dei tributi sugli immobili destinati a uso produttivo, al fine, tra l’altro, di rendere l’IMU un’imposta pienamente comunale.

Riscossione

Il testo interviene per riformare il sistema della riscossione superando l’attuale sistema che vede una separazione tra il titolare della funzione di riscossione (Agenzia delle Entrate) e il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività (Agenzia delle Entrate-Riscossione). Il potenziamento dell’attività potrà derivare dall’adozione di nuovi modelli organizzativi e forme di integrazione nell’uso delle banche dati che andranno valutati e definiti in sede di decreti delegati.

Codici

Si prevede la codificazione delle norme tributarie e si mira ad avviare un percorso per giungere a un riordino di tutte le norme all’interno di Codici. 

Fino al 29 ottobre le Città Metropolitane possono candidarsi per il progetto “Mobility as a Service for Italy”

Il progetto, previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, promuove un nuovo concetto di mobilità urbana che integra diversi servizi di trasporto, pubblici e privati, accessibili attraverso un unico canale digitale

Fino alle ore 15.00 del 29 ottobre 2021,  i Comuni capoluogo delle Città metropolitane, anche delle Regioni a statuto speciale, possono candidarsi per il servizio innovativo ‘Mobility as a service for Italy’ (MaaS) previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Il MaaS è un nuovo concetto di mobilità urbana che prevede l’integrazione di molteplici servizi di trasporto (treno, bus, metropolitana, bicicletta), pubblici e privati, accessibili dagli utenti attraverso un unico canale digitale. I servizi sono operati attraverso piattaforme che permettono di programmare, prenotare e gestire un viaggio multimodale e anche effettuare il pagamento unificato dei servizi.

I Comuni potranno inviare la propria manifestazione di interesse a entrare a far parte dei primi tre progetti pilota di servizi Mobility as a Service for Italy con un unico messaggio di posta elettronica certificata (PEC) all’indirizzo diptrasformazionedigitale@pec.governo.it, avendo cura di riportare nell’oggetto l’identificativo: “2021 – PROGETTO MAAS4ITALY”.

Tutte le informazioni e la modulistica necessarie sono disponibili sul sito del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale al link https://innovazione.gov.it/notizie/articoli/mobility-as-a-service-for-italy-la-mobilita-urbana-va-in-digitale/

Inps. Il servizio personalizzato e interattivo della nuova assicurazione sociale per l’impiego.

Quando la domanda di NASpI viene accolta, Inps invia al beneficiario un sms che lo invita a consultare la sua area MyINPS, l’area riservata del portale Inps accessibile attraverso SPID, CIE e CNS.

Nell’area riservata, una video guida personalizzata illustra all’utente come è stata calcolata la sua Naspi, quali sono le regole di compatibilità da considerare, importo e durata del beneficio, in modo da anticipare le risposte alle domande più ricorrenti: ”Quanto prenderò ogni mese? Per quanti mesi? Quando riceverò l’accredito della prima rata di NASpI? Cosa devo fare se trovo un nuovo lavoro?”.

Con una comunicazione semplice e chiara, la video guida accompagna l’utente nella gestione in autonomia della propria NASpI, aprendo un canale interattivo tra lui e Inps grazie ad apposite icone che compaiono via via nel video.

Per chi ha valorizzato i campi della domanda NASpI relativi al lavoro autonomo svolto ed al reddito da lavoro autonomo previsto, la video guida è personalizzata con messaggi aggiuntivi volti a ricordare l’obbligo di comunicazione annuale del reddito (per ridurre il contenzioso) e la possibilità di chiedere l’anticipazione NASpI.

La video guida resta a disposizione del beneficiario per alcuni mesi all’interno dell’area notifiche My INPS, e sarà scaricabile anche attraverso il QR Code presente nella lettera di attribuzione del beneficio recapitata in Cassetta Postale online.

Nella sezione INPS Comunica del portale Inps ha pubblicato il Dossier NASpI  e faq, per tutti gli ulteriori chiarimenti. 


05 ottobre 2021

L’Agenzia giornalistica 9colonne informa...

Su richiesta del ministero degli Affari Esteri diffondono – con preghiera di pubblicazione sui vostri media -   materiali informativi (video e roll up e banner ) relativi alle elezioni per il  rinnovo dei Comites (Comitati degli Italiani all’Estero).

Il ministero degli Esteri li mette a disposizione di quanti vogliano utilizzarli per informare la propria Comunità.

 Di seguito i link  per accedere al deposito dei materiali e poter scaricare i video d’interesse.  https://www.9colonne.it/comites

Sarebbe utile  ricevere un feedback sulla  eventuale pubblicazione al seguente indirizzo: novecolonne@9col.it

A disposizione per ogni informazione dovesse necessitare.



Puigdemont: Corte d'appello, per ora niente estradizione

Questione resta al vaglio della Corte di Giustizia europea: Puigdemont: "Sono molto contento"

Il procedimento dinanzi alla Corte d'appello di Sassari per l'estradizione in Spagna dell'ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont è sospeso finché la Corte di Giustizia europea non farà chiarezza sulla validità della sua immunità e sulla pregiudiziale sollevata dalla Corte Suprema spagnola verso la giustizia belga, che in due occasioni non ha dato esecuzione alla richiesta di estradizione avanzata dalla Spagna per gli stessi reati imputati a Puigdemont, mettendo in discussione la titolarità della Corte Suprema rispetto a quel provvedimento. Salomonica, a metà tra un non luogo a provvedere e un invito alle autorità internazionali a risolvere la questione una volta per tutte, la decisione del collegio - presidente Salvatore Marinaro, a latere Plinia Azzena e Maria Teresa Lupinu - è arrivata dopo oltre due ore di camera di consiglio.

Puigdemont, arrestato il 23 settembre al suo arrivo all'aeroporto di Alghero, unica città italiana di identità e lingua catalana, era stato rilasciato dopo una notte trascorsa nel carcere di Sassari.

Ritornato ieri in Sardegna per sottoporsi al giudizio dell'autorità italiana, oggi è arrivato poco prima delle 11 in Corte d'appello, accolto da oltre cento indipendentisti sardi, corsi, baschi e catalani. Le cose per lui si sono messe subito bene: a sollecitare la sospensione sine die è stato sia il suo legale, l'avvocato sassarese Agostinangelo Marras, sia la sostituta procuratrice generale Gabriella Pintus. Dopo l'udienza Puigdemont si è intrattenuto con i manifestanti, dispensando sorrisi e soddisfazione. "Sono molto contento", le uniche parole pronunciate all'uscita. Poi nella conferenza stampa convocata ad Alghero, l'eurodeputato ha tuonato: "Questa persecuzione politica non è degna di una democrazia europea. Il tentativo di impedirmi di fare politica, di candidarmi, di raccontare il conflitto politico tra Spagna e Catalogna è inaccettabile".

Tra l'altro, ha incalzato Puigdemont, "la persecuzione impedisce una soluzione politica al conflitto che riguarda il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione". La pensa così anche l'attuale presidente della Generalitat catalana, Pere Aragonès: "La giustizia in Europa si posiziona ancora contro la repressione dello Stato, questa persecuzione si fermerà solo con l'amnistia e l'autodeterminazione". Presenti oggi a Sassari anche altri due esponenti dell'indipendentismo catalano, Clara Ponsatí e Toni Comín, ex assessori con Puigdemont e oggi eurodeputati. I due sono stati raggiunti dalla notizia che il giudice spagnolo Pablo Llarena ha ricordato ai colleghi sassaresi che anche sul loro capo pende un ordine d'arresto tuttora valido. Improvvisi coprotagonisti, i due hanno festeggiato con Puigdemont e hanno respinto le affermazioni del magistrato. "La nostra immunità di movimento è attiva e il mandato d'arresto nei nostri confronti è sospeso, lo stesso Llarena ha chiesto il parere della Corte di Giustizia dell'Ue", ha detto Comín alla stampa spagnola presente a Sassari.

Chi oggi ha cercato senza successo di essere protagonista è stata invece Vox. Nei giorni scorsi gli ultranazionalisti di destra hanno depositato un atto di citazione davanti alla Corte d'appello per costituirsi prima dell'udienza, ma i suoi vertici e i suoi legali sono subito usciti dalla vicenda giudiziaria. "La Corte ha ritenuto di doverli escludere in base al codice di procedura italiana e alle norme che regolano il procedimento per l'estradizione", ha spiegato l'avvocato Marras. "I giudici hanno valutato che Vox non avesse titolo", ha aggiunto riferendo perché la delegazione, arrivata in sordina nell'isola, non è stata ammessa all'udienza.

 

Roma: Letta e Gualtieri in ginocchio da Calenda, lui li sbeffeggia: «Ma io non ero di destra?»

«È stato uno sforzo titanico, una sfida senza altre liste accanto. Faticosa, difficile. Non una battaglia di testimonianza però, ho sperato di andare al ballottaggio e ci ho lavorato un anno. E ora sono molto dispiaciuto. Quando non si raggiunge l’obiettivo per cui ci si è spesi, bisogna dirlo». Carlo Calenda in un’intervista a Repubblica fa un bilancio del voto e malgrado l’amarezza della sconfitta si mostra soddisfatto per il risultato ottenuto dalla “sua” lista. «Per una lista civica abbiamo raggiunto un dato senza precedenti… Forte di questo risultato si apre per noi una fase di lavoro importante anche a livello nazionale».

I voti di Calenda fanno gola al Pd e a Gualtieri

Numeri decisivi che ora fanno gola a Gualtieri e al Pd. Il segretario Letta ha detto che lo considera un interlocutore, ma solo qualche giorno fa la senatrice dem Monica Cirinnà in uno scontro su Twitter lo aveva accusato di essere di destra. Parole che Calenda non ha dimenticato:  «Avevo capito che ero di destra …», dice. «Enrico è un amico, parleremo. In questa campagna elettorale il Pd ha usato parole ultimative nei miei confronti. Però non ci sarà mai una questione personale tra me e Letta, contro il quale a Siena abbiamo evitato di presentare candidature».

«Non faremo apparentamenti»

Incalzato da Repubblica che gli chiede dove andranno i suoi voti e se li riverserà su Roberto Gualtieri, Calenda è chiaro: «Non faremo apparentamenti, non sarebbe onorevole. La nostra lista civica ha raccolto consensi da sinistra, dal centro, da destra…». E puntualizza: «Deciderò nei prossimi giorni, ma sul mio voto personale e senza contropartita. Sono 220mila le persone che hanno votato la lista Calenda. La fiducia nei miei confronti è alta, quindi non voglio nessuna ombra e sospetto che si possa pensare a alleanze in cambio di posti in giunta».

Calenda e il post su Twitter

Concetti ribaditi anche in un’altra intervista al Corriere della Sera. Il quotidiano milanese titola: Calenda: niente accordi, tradirei gli elettori. Così i dem imparano a darmi del leghista. Un titolo che però fa imbufalire il leader di Azione che su Twitter posta l’intervista e commenta: «Quanto mi hanno profondamente rotto le pa**e questi giornali con titoli inventati. Ma profondamente».

«Non ho alcun problema ad avere come interlocutore Letta, però…»

Nell’intervista al Corriere Calenda sottolinea: «La mia lista civica ha avuto un risultato mai avuto prima da una lista civica in Italia. Ma non basta questo a rendermi soddisfatto». Anche il Corriere gli chiede verso chi indirizzerà i suoi voti. «Io ho avuto voti di destra, di sinistra, di centro. Non posso fare apparentamenti, alleanze o accordi con qualcuno. Sarebbe un tradimento verso i miei elettori». Quanto alle parole di Letta ribadisce: «Non ho nessun problema ad avere come interlocutore Letta. Non gli ho candidato nessuno contro nel collegio di Siena, eppure avrei potuto. Dunque va bene parlare. Però…». Però? «Avevo capito che il Pd mi riteneva uno di destra. La prossima volta sarà bene che ci pensino in campagna elettorale prima di darmi del leghista o addirittura di ispirazione di Fratelli d’Italia». Per poi concludere: «Ci penserò nei prossimi giorni, non lo dico oggi. E comunque deve essere chiara una cosa… La mia indicazione di voto sarà del tutto personale e non sarà della lista che rappresenta».

03 ottobre 2021

Covid, i danni da vaccino li indennizza lo Stato

Anche se il vaccino non è obbligatorio. Sono già in pista iniziative per portare nelle aule di giustizia le richieste degli interessati. Ma l’indennizzo spetta solo in caso di una menomazione della integrità psico-fisica, da valutare in sede medica.

Danni da vaccino Covid indennizzati dallo Stato. Anche se il vaccino non è obbligatorio. E il consenso informato non è uno sbarramento. È quanto deriva dall'applicazione della legge 210/1992, alla luce delle interpretazioni della Corte costituzionale sui vaccini non obbligatori. E sono già in pista iniziative per portare nelle aule di giustizia le richieste degli interessati. Anche se bisogna sottolineare subito che l'indennizzo spetta solo in caso di una menomazione della integrità psico-fisica, da valutare in sede medica. Stando a un rapporto Aifa, Agenzia italiana per il farmaco, si riscontrano in media 16 eventi gravi ogni 100 mila vaccini: bisognerà verificare gli sviluppi per comprendere quanto tutto ciò si traduca in un onere per lo stato. Come segnalato da ItaliaOggi del 12 aprile 2021, che lo stato sia chiamato a indennizzare i danni da vaccino anti Covid discende dai principi stabiliti dalle sentenze della Consulta sulle vaccinazioni non obbligatorie. La legge. 210/92 si limita a prevedere il diritto all'indennizzo a favore di chi riporta danni a causa di vaccinazioni obbligatorie. Ma la Corte costituzionale, con numerose sentenze, ha esteso l'indennizzo anche ai casi di vaccinazioni non obbligatorie ma raccomandate. La sentenza 268/2017 ha esteso l'indennizzo ai vaccini antinfluenzali e la più recente, 118/2020, ha ampliato le ipotesi di indennizzo alle vaccinazioni contro il virus dell'epatite A. Il ragionamento della Consulta è che chi si vaccina, anche se è facoltativo farlo, si pone in una condizione di rischio anche a vantaggio della salute pubblica e, quindi, lo fa anche nell'interesse della comunità. A ciò deve corrispondere una copertura dello stato quando le cose non vanno per il verso giusto. Inoltre, in presenza di una effettiva campagna a favore di un determinato trattamento vaccinale, le persone confidano e si aspettano esiti positivi per sé e per gli altri. Nelle sentenze della Consulta si legge che la scelta individuale di aderire alla raccomandazione è votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo. Questa sensibilità agli interessi collettivi comporta una redistribuzione degli eventuali effetti dannosi: il diritto all'indennizzo si basa, dunque, sulle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività, nel caso in cui il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettività. Infine, il consenso informato fornito per la vaccinazione non può essere considerato un esonero di responsabilità rispetto reazioni avverse, danni a lunga distanza o inefficacia della vaccinazione. Non è da escludere a priori che si aprano anche filoni per far valere un'eventuale responsabilità per danni delle case produttrici.

Antico consiglio cinese

C'era una volta un contadino cinese, povero ma saggio, che lavorava duramente la terra con suo figlio.

Un giorno il figlio gli disse: -Padre, che disgrazia! Il cavallo è andato.

-Perché la chiami disgrazia? -rispose il padre.

Vedremo quello che ci porta il domani...

Pochi giorni dopo il cavallo tornò, accompagnato da un altro cavallo.

-Padre, che fortuna! - esclamò il ragazzo questa volta. Il nostro cavallo ha portato un altro cavallo.

-Perché la chiami fortuna? - rispose il padre.

Vediamo cosa ci porta il domani.

Dopo pochi giorni il ragazzo volle montare il cavallo nuovo, e quest'ultimo, non avvezzo al cavaliere, si impennò e lo gettò a terra. Il ragazzo si è rotto una gamba.

"Padre, che disgrazia!" - esclamò ora il ragazzo. Mi sono rotto una gamba!

E il padre, riprendendo la sua esperienza e saggezza, dichiarò:

"Perché la chiami disgrazia?"

Vediamo cosa porta il domani!

Il ragazzo non fu convinto dalla risposta ma piagnucolò nel suo letto.

Pochi giorni dopo gli inviati del re passarono per il villaggio , alla ricerca di giovani da portare con sé in guerra.
Giunsero alla casa del vecchio, ma quando videro il giovane con la gamba steccata, lo lasciarono e proseguirono.
Il giovane capì allora che né la sfortuna né la fortuna dovrebbero mai essere date come assolute, ma devi sempre dare tempo per vedere se qualcosa è buono o cattivo.

La morale di questo antico consiglio cinese è che "la vita fa così tante svolte, e il suo sviluppo è così paradossale, che il male diventa buono e il buono diventa cattivo.

La cosa migliore è aspettare sempre il domani, ma soprattutto fidarsi DIO, perché tutto accade
con uno scopo positivo per la nostra vita.....

Finalmente i Sardi hanno deciso di marciare verso il Governo Regionale.

Da nord a sud dell'Isola i Sardi hanno deciso di marciare fino alle porte dei palazzi del Governo regionale per portare la loro protesta per lo smantellamento dell'assistenza medica.

Primo tra tutti i problemi che stanno determinando lo spopolamento dei territori periferici e dell'interno.
Speriamo che serva a smuovere la nostra classe politica, stanca ed esausta dopo il gravoso impegno per le Province, gli staff regionali, gli instabili equilibri nella maggioranza, il travaglio per il parto della Legge Omnibus.
Magari, la classe dirigente regionale mirava ad un graduale ritorno al consueto, placido, sereno e tranquillo teatrino della politica.

O, al massimo, impegnarsi in qualche incontro salottiero o conferenza stampa, per parlare di Unesco, dell'incarico assegnato al Presidente Solinas come commissario straordinario ai cantieri stradali della Sardegna quasi ammuffiti, e poco altro.

Ma sarebbe veramente interessante, per tutti i Sardi, conoscere le vere ragioni delle recenti visite in Sardegna, passate un poco sotto traccia, di alcuni Ministri, soprattutto quella del Ministro alla Transizione Ecologica, che sembrerebbe venuto nell'Isola solo per riparlare e ribadire iniziative ed interventi noti ed arcinoti.
O magari si è parlato anche di altro?

Magari del Deposito Nazionale per le scorie nucleari.

E ancora, vista la partecipazione al summit dei colossi del settore energetico, Enel, Terna, Ep, Snam, Saras e Italgas, non è che costoro, con la forte sponsorizzazione del Ministro Cingolani, stiano verificando la concreta possibilità di spartirsi terra e mare della Sardegna per le loro mega installazioni ecologiche, eoliche e solari, non inquinanti, che salvaguardano l'ambiente e gli ecosistemi marini e montani????

E' difficile pensare che tutti questi big si siano scomodati per parlare di aria fritta. E non crediamo che si stessero accordando perché, finalmente, i Sardi e le imprese sarde abbiano lo stesso trattamento tariffario praticato nel resto dell'Italia. 

La Sardegna è un'Isola, da sempre e per sempre.


Incredibilmente ci sono delle persone che ignorano questa realtà, a conferma che gli alieni sono già tra noi.

Ne abbiamo una conferma apprendendo che la Sardegna non ha neanche un porto. Lo si deduce dall'elenco dei finanziamenti previsti per queste strutture.

Neanche un euro è stato stanziato per la Sardegna. Se non fosse una notizia drammatica, la si potrebbe etichettare come comicità surreale.

E' un tipo di strategia che fa il paio con quella che stabilisce la tipologia e qualità delle imbarcazioni che svolgono il disservizio di collegamento da e per la penisola.

Stanti questi presupposti, attendiamo con forte preoccupazione gli esiti dell'incontro di mercoledì 15 settembre tra il Presidente della Giunta Regionale Christian Solinas, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e i vertici di Enel, Saras, ecc.

A sentire certe inchieste giornalistiche, la transizione ecologica in Sardegna non sarebbe altro che l'accoglimento dei rifiuti tossici e non delle regioni della penisola e della Sicilia, una pioggia di parchi eolici nella terraferma e sul mare, fattorie solari (oltre quelle già abbandonate), e chissà che non ci scappi anche il Deposito Nazionale di scorie nucleari.

01 ottobre 2021

La pillola anti-Covid che dimezza ricoveri e decessi

Il molnupiravir prodotta da Merck è in attesa dell'ok finale della Food and Drugs administration americana. La pillola va assunta due volte al giorno per cinque giorni da chi si è visto diagnosticare di recente il Covid-19

Il molnupiravir, pillola antivirale prodotta da Merck, dimezza il rischio di ricovero e morte nei pazienti affetti da Covid-19. Lo comunica la casa farmaceutica americana, la quale ha annunciato che chiederà alla Food and Drugs Administration statunitense che il farmaco venga autorizzato.

Merck ha fatto sapere di aver concluso la fase 3 di uno studio clinico, dopo che un'analisi ad interim aveva mostrato che il 7,3% dei pazienti che avevano ricevuto il farmaco erano morti, mentre tra coloro che avevano ricevuto un placebo il tasso di decessi è risultato pari al 14,1%.

Un'analisi dei dati su 775 pazienti, fa sapere ancora Merck, ha mostrato che nessuno dei soggetti che aveva ricevuto il molnupiravir era morto durante i primi 29 giorni dello studio, a fronte di 8 decessi tra chi aveva assunto un placebo.

Se il farmaco venisse approvato, diventerebbe il primo del suo genere. La pillola va assunta due volte al giorno per cinque giorni da chi si è visto diagnosticare di recente il Covid-19. Merck ha riferito che chiederà l'autorizzazione di emergenza in Usa entro le prossime due settimane per poi domandarla in altri Paesi.

Il farmaco, fa sapere l'azienda, ha dimostrato una "efficacia consistente" nei confronti di numerose varianti del nuovo coronavirus, compresa la variante Delta. Tutti i pazienti coinvolti nello studio presentavano almeno un fattore di rischio, come il diabete, l'obesità o l'età avanzata.

"Essendo il primo antivirale orale che mostra un beneficio nei pazienti di diagnosi recente, è piuttosto notevole", ha commentato Nick Kartsonis, vicepresidente della ricerca clinica di Merck, "è chiaramente un importante punto di svolta nell'evoluzione della nostra lotta contro il Covid-19".

Merck prevede di produrre 10 milioni di cicli di trattamento entro la fine dell'anno. Il governo degli Stati Uniti ha firmato un accordo per ottenerne circa 1,7 milioni. L'antivirale è stato prodotto in partnership con la Ridgeback Biotherapeutics, una compagnia di Miami a conduzione familiare. Finora gli unici trattamenti disponibili per curare il Covid-19 erano gli anticorpi monoclonali prodotti da Regeneron, Eli Lilly e GlaxoSmithKline, che vengono somministrati per via intravenosa.

L'avvento di una pillola antivirale è considerato dagli esperti una tappa fondamentale nella lotta per porre fine alla pandemia. La necessità che il farmaco, per essere efficace, preveda che il Covid-19 sia stato diagnosticato di recente pone nondimeno una sfida alle autorità sanitarie. Un precedente test svolto su pazienti ricoverati aveva infatti avuto risultati deludenti.  

Evasione, sequestrabile la prima casa

Può essere sequestrata la prima casa del contribuente accusato di omessa dichiarazione ed emissione di fatture false. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che ha respinto il ricorso di un 45enne di Trento, accusato di evasione fiscale

È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 35809 del 30 settembre 2021, ha respinto il ricorso di un 45enne di Trento, accusato di evasione fiscale. L'uomo era stato accusato di non aver presentato la dichiarazione dei redditi e di aver emesso fatture false. Ciò per importi rilevanti. Per questo era scattata la misura, il sequestro finalizzato alla confisca. Lui si era opposto perché nel mirino degli inquirenti vi era finita la sua prima casa. La tesi non è stata accolta né dal Tribunale del Riesame né dalla Corte suprema. Ad avviso degli Ermellini il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall'art. 76 del dpr n.602/1973 opera solo nei confronti dell'Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, riguarda l'unico immobile di proprietà, e non la prima casa del debitore, e non costituisce un limite all'adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato. In più non è applicabile il principio per cui l'art. 52 del dl 69/2013 preclude l'applicazione del sequestro preventivo e la confisca diretta dell'abitazione dell'indagato.

Via tavolini bar e ristoranti da strade Cagliari, è polemica

Frongia (Confcommercio Sud Sardegna), "serve chiarezza subito"

Entro sette giorni chi ha richiesto (e ottenuto l'autorizzazione) per l'occupazione del suolo pubblico a Cagliari, deve rimuovere i tavolini dalle strade. Le lettere firmate dal dirigente del servizio Suape stanno arrivando in questi giorni ai titolari dei locali che non hanno uno spazio all'aperto e quindi hanno avuto la possibilità di occupare alcuni stalli dedicati al parcheggio delle auto.

Si tratta di 38 concessioni totali interessate.

"Siamo molto preoccupati - ha commentato Emanuele Frongia, presidente Fipe Confcommercio Sud Sardegna - sono stati fatti degli investimenti per allestire gli stalli dove sono stati posizionati i tavolini, e molti di noi, nell'ottemperare quanto richiesto volta per volta dall'amministrazione, non hanno neanche potuto utilizzare lo spazio affidatoci".

"Abbiamo sempre lavorato rispettando il principio della legalità, ciò che è stato richiesto è scaturito da quanto proposto dal Governo nazionale e Anci - aggiunge - Oggi questa situazione si è via via ingarbugliata e chiaramente in questa fase noi imprenditori non possiamo che attendere una definitiva e certa risoluzione del problema. I nostri investimenti sono stati fatti a suo tempo nella speranza di poter lavorare in sicurezza durante il periodo Covid e oggi questi investimenti, anche se piano piano stiamo uscendo dalla pandemia, devono ovviamente avere la possibilità di essere ammoritizzati. Siamo certi - conclude - che l'amministrazione in queste ore definirà un iter conclusivo di questo processo istruttorio che tuteli sia le imprese che la sacrosanta necessità di sicurezza richiesta".

Volotea esclusa da voli agevolati Sardegna, resta Ita.

Regione, documentazione presentata da compagnia è carente.

La documentazione presentata da Volotea per ciascuna delle sei rotte previste nella procedura di emergenza per l'assegnazione del servizio di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna è risultata carente. Lo fa sapere l'Assessorato dei Trasporti della regione Sardegna, che ha valutato la domanda della compagnia low cost, che mercoledì aveva presentato l'offerta più vantaggiosa.

Una carenza considerata "insanabile". Resta, dunque, in corsa solo Ita.

La Regione Sardegna fa sapere che ora si procederà alla verifica dei requisiti dichiarati dall'altro concorrente, cioè la nuova compagnia che sostituisce Alitalia. Tra Ita e Volotea era stato il vettore spagnolo ad aver presentato i ribassi maggiori per collegare a prezzi agevolati, nei prossimi sette mesi, gli aeroporti di Cagliari, Olbia e Alghero con Roma e Milano. Da un minimo del 21,5% a un massimo del 23% in meno - a seconda delle tratte - rispetto alla base d'asta di 37 milioni di euro. Complessivamente erano state presentate dodici buste, alla scenda di mercoledì 29 settembre, dopo l'invito da parte della Regione Sardegna a tutte le compagnie che operano in ambito nazionale. Differenziate le tariffe tra residenti sardi e non residenti che devono essere garantire, al lordo delle tasse e oneri, dai vettori: per i primi 39 euro per volare su Roma e 47 euro da e per Milano, solo andata, (non ci saranno restrizioni, anche in caso di cambio volo, o contingentamenti dei posti disponibili); per i secondi la tariffa sarà quella di mercato.