18 settembre 2021

FOIBE: LA VERGOGNA DELLE PAROLE CHE CANCELLANO SECOLI DI CIVILTÀ GIURIDICA

L’oramai monotona e riuscita polemica sull’articolo con cui Tomaso Montanari vorrebbe abolire la legge che ha istituito la Giornata del Ricordo, per l’inaudita presunta equiparazione dei massacri delle Foibe con la Shoah, ha fatto emergere una violenza inquietante nelle parole di coloro che hanno sostenuto il professore, intento addirittura a supporre “falsificazioni storiche” sull’evento.

Nel celebre articolo sul Fatto Quotidiano, Montanari a supporto del suo pensiero ha citato una lettera aperta al presidente della Repubblica – da lui definita coraggiosa – con cui lo storico Angelo D’Orsi lamentava che “la legge aveva di fatto equiparato il genocidio della Shoah con gli avvenimenti al Confine Orientale, tra Italia e Jugoslavia, fra il 1941 e il 1948”. Lo studioso spiegava poi che “la storiografia dice che le vittime accertate, ad oggi, furono poco più di 800, parecchie delle quali giustiziate, essendosi macchiate di crimini, autentici quanto taciuti, verso le popolazioni locali” facendo trasparire una sorta di giustificazione per gli autori dei crimini.

Scorrendo i commenti su Twitter e Facebook di Montanari e del giornalista Andrea Scanzi, che prontamente si è accodato in sua difesa, emergono frasi sconcertanti di persone che ancora ritengono che i criminali titini abbiano agito nel giusto, perché vittime degli eccidi erano fascisti e nazisti. Hanno tradotto in chiaro ciò che voleva dire lo storico D’Orsi nella “coraggiosa” lettera al capo dello Stato. Tra questi il più esplicito è stato Giovanni Paglia, vicesegretario di Sinistra Italiana.

Quello che ancor più sconcerta, però, è il fatto che né Montanari né Scanzi abbiano preso le distanze dagli sbrigativi sostenitori del “tanto erano fascisti o nazisti”. Neppure nel De bello gallico si trattavano così i nemici, di colpo sembra di tornare indietro di secoli di civiltà giuridica. Intellettuali influenti non dovrebbero permettere tali violente espressioni nei propri siti, tanto più se riferite a esecuzioni sommarie avvenute a conflitto finito. Probabilmente sono gli stessi che si indignano di fronte alle medesime esecuzioni compiute dai talebani in questi giorni, mentre in una comparazione degli avvenimenti – come li definisce D’Orsi – sembra difficile stabilire a chi appartenga il primato della ferocia.

Da quelle immani tragedie della guerra la Comunità Internazionale, quella non legata a dinamiche fascismo-antifascismo, ha generato Convenzioni internazionali di Diritto umanitario per tutelare i prigionieri e le persone deboli e far sì che “...la guerra sia una relazione tra Stati, in cui i gli individui sono nemici solo per caso” come sosteneva Jean-Jacques Rousseau molto tempo prima. Forse a nulla è servito che sul fronte dei diritti umani è stata poi scritta una Convenzione che vuole salvaguardare il principale dei diritti, quello alla vita, sia essa di un fascista che di un pericoloso terrorista Isis o di un criminale comune responsabile dei più odiosi reati.

Infine, è utile rammentare che Roma è la città dove nel 1999 è stato firmato lo Statuto con cui è stata istituita la Corte Internazionale Penale, perfetta convergenza tra istanze di Diritto umanitario e dei Diritti dell’uomo. Uomini che rappresentano l’élite intellettuale del Paese che ha dato i natali a tale Statuto, non possono sorvolare sull’esimente “tanto erano fascisti”: devono prendere una decisa posizione. Per inciso, le vittime delle Foibe erano in gran parte carabinieri, finanzieri, sacerdoti, gente comune. C’erano anche i fascisti ma non per quello, con tutte le loro colpe, meritavano di morire in quel modo e almeno ora, nel 2021, si abbia il coraggio – in questo caso serve – di ammetterlo. Per non tornare all’archeologia del diritto umanitario.

 

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