14 novembre 2021

Un Vasco Rossi così Vasco Rossi non lo sentivamo dal 2004.

Un Vasco Rossi così Vasco Rossi non lo sentivamo dal 2004, mentre Zucchero nell’ultima tappa del suo viaggio all’interno del mondo delle cover, ci regala anche un pezzo dei Coldplay magistralmente reinterpretato. Bene Gazzelle e Noemi, bene, a sorpresa, anche i Modà, benissimo Gabbani e Mobrici; troppo teen l’uscita che unisce Sangiovanni e Madame, mentre in zona rap MadMan si conferma un fenomeno, Inoki un grande e belli e un po' folli Rose Villain e Rosa Chemical. Chicca della settimana: “Siamo sicuri di essere giovani?” di Jacopo Et.

Vasco Rossi – “Siamo qui”

A scanso di equivoci, abbiamo sempre trovato piuttosto bizzarro, ai limiti del ridicolo, questo fanatismo ossessivo per l’opera di Vasco Rossi; attenzione, pur ammettendo l’importanza fondamentale nella storia del nostro pop, declinato spesso a sproposito in rock, del personaggio Vasco Rossi. Si perché Vasco Rossi è un artista talmente immenso che la sua figura travalica quella più semplice (si fa per dire) di persona che scrive canzoni e poi le canta; Vasco resterà nella storia del nostro paese come Leopardi, Dante, Pavarotti e Pippo Baudo, ognuno, ovviamente, con meriti e demeriti che la storia stessa gli assegnerà. Però è anche vero che Vasco Rossi ha un mestiere, che è quello di scrivere e cantare canzoni, e non è corretto che la grandezza del personaggio oscuri il mestierante che, ci sembra scontato, va valutato, appunto, per il suo mestiere, per quello che fa, perché mica in musica vale quella regola che tutti gli studenti di Messina si sentono dire al via di ogni ciclo scolastico, “Fatt’ a nomina e cucchiti” (“Fai una buona impressione e vai a letto”).

Detto ciò, sperando che nessuno della setta del Vasco ne abbia a male, la verità è che il buon signor Rossi negli ultimi vent’anni di brani ne ha azzeccati pochi pochi pochi, diremmo pochissimi dato che da uno che ci ha regalato capolavori ti aspetti di regola, come minimo, la decenza, e lui spesso l’ha proprio schivata. Ecco, chiusa la seconda necessaria premessa, giusto per non fare infervorare i tifosi, ammettiamo una certa sorpresa nello scoprire che il Vasco Rossi di “Siamo qui” è probabilmente il migliore dai tempi d’oro, anzi, facciamo i precisi, da “Buoni o cattivi”, anno domini 2004, che è il suo ultimo rigurgito di tempi d’oro. I brani di questo suo ultimo lavoro si percepisce chiaramente non sono fatti giusto per giustificare la presenza fisica, terrena, di Vasco Rossi, non sono buttati sul mercato in previsione di un tour; come tra l’altro se Vasco Rossi avesse bisogno di pubblicità per riempire gli stadi di tutta Italia, isole comprese. Paradossalmente, a puzzare di stantio sono proprio i due singoli che hanno anticipato l’uscita del disco, “Una canzone d’amore buttata via” e la title track “Siamo qui”, che sono mollacchiose, sanno di già sentito, di quelle ballad nostalgiche misurate a tavolino che Vasco ci ha già servito in venti modi diversi nelle ultime due decadi.

Per il resto, no, fermi tutti, diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Vasco quel che è di Vasco e pure di Cesare, l’intento è rock come non lo era da tempo, un rock iniettato, vulcanico, di gusto, ma soprattutto molto giovane e, se gli anni passano anche per i mortali adorati come dei, e così dovrebbe andare, risulta stupefacente dato che il suddetto mortale il prossimo 7 febbraio tocca quota 70. “XI Comandamento”, “L’amore l’amore”, “Tu ce l’hai con me” sono pezzi che non ci stupiremmo di sentire suonare a ventenni rockettari di provincia che sanno il fatto loro.

Poi naturalmente ci sono brani nei quali viene fuori l’artigianalità alla quale Vasco è evidentemente abituato, in “Un respiro in più” sembra voler mischiare il rock dei ’90 al cantautorato danzereccio dei ’70, le chitarre che fanno a testate con le armoniche; “Ho ritrovato” è tra i pezzi più riusciti e complessi dell’album, l’intento romantico è carico di quella personalità di Vasco che non può far altro che farne risaltare l’unicità. Ma soprattutto, senza lasciarci andare ad inutili tecnicismi, questo è un disco in cui si percepisce l’urgenza di Vasco Rossi di dire qualcosa e il suo divertimento nell’architettare musicalmente il modo più corretto per dirla. Così vogliamo che invecchino le leggende del nostro cantautorato, con questa verve, questo bisogno di orbitare al di sopra delle regole del mercato musicale, anche quando di mestiere fai il musicista.







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