In Sardegna, a fronte di una
potenza elettrica efficiente lorda di 4mila e 744 megawatt, la componente
termoelettrica è pari a 2mila e 501 megawatt. Nell’isola si produce energia
termoelettrica da carbone, gasolio, olio combustibile, syngas e biomasse. Le centrali
di Fiume Santo e Portovesme rientrano nel piano strategico di “phase-out
completo” dall’impiego del carbone, la cui deadline è fissata dalla Strategia
energetica nazionale e dal Piano Clima Energia al 31 dicembre 2025.
La potenza di generazione da fonti rinnovabili è pari a 2mila e 330
megawatt. È frutto di 35mila 174 impianti fra idroelettrico, solare, eolico e
bioenergie.
La richiesta di potenza elettrica istantanea può raggiungere anche i
mille e 400 megawatt.
Nel 2017 la richiesta finale di energia elettrica destinata al consumo
nell’isola è stata di 8mila e 761 gigawatt all’ora, a fronte di una produzione
di 12mila e 335 gigawatt all’ora: la produzione netta di energia elettrica
generata sul territorio regionale è stata maggiore del 40,8% del fabbisogno
netto isolano.Detratte le perdite di energia, i consumi netti sono pari a 8mila
e 426 gigawatt all’ora.
Dopo l’accantonamento del progetto Galsi, il gasdotto
Algeria-Sardegna-Italia, la prospettiva di metanizzare la Sardegna ha ripreso
corpo a partire dall’ultimo Piano energetico ambientale regionale e dalle
recenti dichiarazioni di esponenti politici nazionali e locali. Il metano è una
fonte energetica economica utilizzabile per produrre energia elettrica ed
energia termica. L’ultimo Pear stima in 430milioni di euro annui il costo della
mancata metanizzazione dell’isola come dato di sperequazione rispetto alle
altre Regioni italiane. Inoltre il metano, a parità di energia prodotta, è una
fonte energetica a minori emissioni climalteranti rispetto al gasolio (-27%) e
al carbone (-40%). Su come rendere disponibile il metano nell’isola, si
privilegia l’ipotesi di depositi e rigassificatori costieri e gasdotti e reti
nel resto del territorio.
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