01 febbraio 2022

Sardegna: Gli effetti negativi della pandemia.


 
Gli effetti negativi della pandemia, unitamente ai forti rincari dell'energia elettrica e del gas, stanno colpendo alle radici quel poco di sviluppo economico che la Sardegna era riuscita a costruirsi negli ultimi decenni.

In sofferenza, innanzi tutto, il comparto industriale che, comunque, già da tempo si trovava in forte difficoltà.
Senza considerare il flop di Ottana, la Sardegna deve fare i conti con l'industria metallurgica nel Sulcis e i settori del chimico e del petrolchimico fortemente ridimensionati e in buona parte in via di dismissione.
In più, oltre le conseguenze negative per l'economia, è assi preoccupante la compromissione dell'ambiente nelle aree interessate.

Il turismo che, con le unghie e con i denti, era rimasto in linea di galleggiamento nel periodo estivo, ha subito un altro brutto stop nel periodo delle festività di fine anno.

Preoccupano le prospettive per il futuro che devono fare i conti con le ben note carenze nei collegamenti aerei e marittimi e con una assoluta mancanza di una programmazione per la ripartenza post pandemica.
Quasi tutte le regioni e le città stanno preparando piani e progetti che potremo definire aggressivi, per accaparrarsi il maggior numero di visitatori e ospiti. Per non parlare dei competitors europei.
Se consideriamo che le statistiche pre-covid collocano al 68° posto in Italia la Reggia nuragica di Barumini per numero di visitatori mentre, tra le località balneari, il litorale di Arzachena si trova al 43° posto e Alghero al 49° per numero di ospiti, appare evidente che ci vuole ben altro impegno che qualche comunicato stampa o uno stand in qualche meeting o borsa per il turismo.

Per comprendere quanto ci sarebbe da fare e mai è stato fatto, si tenga presente che le Baleari vantano oltre 15 milioni di arrivi di turisti all'anno, mentre la Sardegna non raggiunge i tre milioni.

L'impietoso confronto, con i dati del turismo delle Isole Baleari, ci dice che, nonostante l'estensione e la bellezza delle sue coste, in Sardegna a causa di strategie inadeguate e di trasporti aerei e marittimi fortemente penalizzanti, non si è riusciti ancora a creare flussi turistici di un certo rilievo.

I dati sui flussi turistici pre-pandemia, oltre al già citato enorme gap con le Baleari, collocavano la Sardegna al 12° posto nella speciale graduatoria nazionale, come dire che, a parte una certa enfasi, in concreto si raccolgono briciole rispetto all'innegabile potenziale.

Ci barcameniamo con il Protocollo d'intesa tra Conferenza Episcopale Sarda e la Regione Sardegna per gli Itinerari religiosi.

Ben vengano, ma si tratta di flussi di entità assai limitata.

Inesistente o quasi, rispetto ad altre regioni, il flusso turistico culturale-archeologico. Basti pensare che la Reggia Nuragica di Barumini, prima tra i siti della Sardegna, si trova al 68° posto in Italia per numero di visitatori.
Scorrendo dati e numeri ci si può render conto che, anche in questo campo, che riempie pagine di giornali locali e fa gonfiare il petto ai nostri politici, siamo all'età della pietra. Tanto per citarne una, nel confronto con un'altra realtà periferica come la Sicilia, la differenza di visitatori è abissale.

In una regione come la Sardegna che vanta ben 7.000 siti archeologici, manca la progettazione, la programmazione, il marketing, perché questo brand di offerta turistica culturale-archeologica possa portare risultati soddisfacenti, degni della unicità e della grandiosità di questo tesoro.

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