04 maggio 2022

La parola guerra sembra sinonimo di "tutto va bene".

Giorno dopo giorno dall'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, vediamo come la popolazione civile ucraina sia vittima dei bombardamenti dell'esercito russo, rabbrividiamo con le immagini di un ospedale per la maternità a Mariupol distrutto dalle bombe e con le storie di  persone che a poco a poco stanno arrivando nel nostro paese.

Ovunque si moltiplicano i messaggi di aiuto all'Ucraina, aiuti indubbiamente necessari, ma che a volte fanno sentire che quelle parole non sono altro che una circonlocuzione per evitare di dare un nome a ciò che sta accadendo: siamo in guerra con la Russia.

Una guerra che si fa sul campo di battaglia, certo, ma che ha altri scenari: quello della cybersecurity, quello dei social network (esempio molto significativo: Facebook e Instagram consentono già di pubblicare messaggi di odio contro Putin) e, soprattutto, quello economico.

Ed è che le bombe cadono in Ucraina con effetti devastanti per la sua popolazione, ma la sua ondata espansiva non impiega molto a raggiungere le nostre famiglie: aumento di gas, elettricità (anche di più), carburante, alimenti di base come cereali e petrolio... Prezzo incrementi che sono un peso in più per le famiglie e le imprese.

La pandemia causata dal coronavirus ha tutte le carte in regola per diventare una nuova opportunità persa per trasformarci come società. Ripensare il nostro modello di consumo, il nostro modo di muoverci nel mondo, il nostro rapporto con il pianeta.

È ovvio che l'importante ora è fermare le bombe e aiutare le vittime, ma se è possibile imparare qualcosa da una barbarie come questa, forse sarebbe che sta diventando più che mai evidente che il nostro modello energetico e di consumo sono superati e che è una buona occasione per ripensarli, per puntare su energie meno inquinanti e più rispettose del pianeta, verso modelli di consumo più sostenibili.

Crisi economica. Pandemia. La guerra. Più crisi economica, se a un certo punto fossimo riusciti a uscirne. È difficile che la paura non ci afferri. Che accettiamo di rinunciare ai diritti per la nostra sicurezza. Che le opzioni politiche più esclusive non smettano di crescere come un mostro alimentato dalla nostra paura.

E di fronte alla paura, quelli di noi che sanno che questo mondo può essere migliore non hanno altra scelta che resistere, imparare e agire. Sì, azione, collettiva, certo, ma anche individuale, perché anche quello che facciamo provoca cambiamenti, perché siamo l'arma più potente per cambiare la direzione che seguiamo come società.

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