25 agosto 2022

Strana la vita energetica della Sardegna.

Che da unica regione italiana priva di gas diventerà la capitale dell'energia in virtù del Dpcm firmato dal premier Mario Draghi alla fine dello scorso marzo. Un provvedimento cruciale nell'ottica di un eventuale stop delle forniture di oro azzurro provenienti dalla Russia.

In Sardegna, da anni, si dibatteva sul progetto di un gasdotto in grado di trasportare l'oro azzurro dove ancora non c'era. La realizzazione della rete di 600 chilometri di tubature era già nel programma elettorale dell'ex presidente della Regione, Francesco Pigliaru, in carica dal 2014 al 2019 col Pd.Nel primo governo di Giuseppe Conte, quello composto da Lega e M5s, il metanodotto sardo era diventato una sorta di Tav del gas. Il partito di Matteo Salvini era favorevole alla sua realizzazione, mentre i pentastellati, come per l'alta velocità Torino-Lione, avevano subordinato la costruzione dell'impianto all'analisi tra costi e benefici, mantra dell'allora ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli.

Conte, dopo l'avvicendamento tra il Carroccio e il Pd nell'esecutivo, aveva proposto la realizzazione di un elettrodotto per trasportare il gas dalla Sicilia alla Sardegna per investire sulle energie rinnovabili. Ipotesi scartata dal governatore sardo, Christian Solinas, che dalla sponda leghista aveva rivendicato il sovranismo energetico del suo territorio.

Poi è scoppiata la guerra in Ucraina. E la Sardegna, con Draghi a Palazzo Chigi, è destinata a diventare improvvisamente l'hub principale per lo scostamento dell'Italia dal gas russo. In particolare, sul piano del sistema dell'elettricità, il Dpcm prevede l'estensione della rete di trasmissione elettrica nazionale attraverso la realizzazione del cavo Sardegna-Sicilia, che fa parte del Tyrrhenian Link, con una potenza programmata di 550 megawatt.

Per quanto riguarda la fornitura di gas metano, la rete nazionale, come ha riportato l'Ansa, sarà estesa alla Sardegna anche a fini tariffari attraverso un collegamento virtuale che comprende un insieme di infrastrutture: una nave Fsru fissa nel porto di Portovesme con capacità di stoccaggio adeguata a servire il Sud industriale e il bacino della Città metropolitana di Cagliari, un'altra a Porto Torres con capacità adatta a servire il Nord e il bacino della Città metropolitana di Sassari e un impianto di rigassificazione nell'area portuale di Oristano che servirà le zone limitrofe.

Il gas arriverà in Sardegna grazie a navi spola che partiranno dai terminali di Panigaglia e Olt e serviranno Portovesme, Porto Torres e Oristano. Il Dcpm fa riferimento anche alle energie rinnovabili, ma parla genericamente di «realizzazione di generazione a fonte rinnovabile e di adeguate risorse di accumulo dell'energia», senza definire la potenza. Solinas, però, non ha cambiato idea. Il governatore della Sardegna, dopo aver chiesto invano di rinviare la firma del decreto, ha espresso «preoccupazione e disappunto», sottolineando che si tratta di «un atto imposto dall'alto» e che «la Sardegna non può accettare che scelte determinanti per i prossimi decenni siano unilaterali». Fatto sta che la vita dell'isola, dal punto di vista energetico, non sarà più la stessa.

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