26 giugno 2023

Giornalisti disonesti...


I giornalisti sanno bene dove porre l'asticella per squalificare un politico: bugie ripetute, dolo deliberato, disonestà economica, servizio a interessi estranei ai cittadini che pretende di rappresentare... Ma dov'è l'asticella per squalificare un politico? Indegno del mestiere che pretende di esercitare?

Nella stragrande maggioranza dei casi, i giornalisti che sanno parlare così bene dei politici restano muti come morti quando si tratta di parlare in pubblico di giornalisti disonesti, che deliberatamente mentono e ingannano, che servono cinicamente interessi diversi da quelli dei loro lettori. Seguaci. Perché? Molte volte, per paura che la denuncia pubblica di questi personaggi sia considerata o favorisca un attacco alla libertà di espressione. Per paura che queste denunce vengano sfruttate per limitare la libertà di espressione e, di conseguenza, per limitare la già indebolita democrazia. Forse anche per semplice paura di non potersi difendere dalle loro bugie e dai loro attacchi. La realtà è che è questo silenzio che danneggia la libertà di espressione e indebolisce la democrazia. Chi tace partecipa al gioco e alla trappola.

Non si tratta più solo di denunciare gli interessi e le vicende delle società giornalistiche e dei loro dirigenti, incapaci di far fronte alle pressioni delle banche o delle società con cui indebitano. Questo è vero e ha un effetto devastante sulla credibilità di quei media. Ma è anche vero che i giornalisti non sono dipendenti di una merceria, e che quando iniziano il mestiere assumono una serie di impegni professionali ed etici. E che ci sono infinitamente più giornalisti disonesti, venali e corrotti dei politici che denunciano.

Non si tratta di diffondere il sospetto su tutti i professionisti. Sono centinaia, migliaia i giornalisti italiani che ogni giorno fanno il loro lavoro, difendendo le regole del mestiere. Giornalisti, cronisti e semplici informatori, che indagano sui fatti e li denunciano, meglio o peggio, ma con la massima onestà possibile. Editorialisti che cercano di argomentare le proprie opinioni con dati e ragionamenti e che non fanno appello alle passioni. Caporedattori e registi che cercano di migliorare la qualità dei loro media e l'eccellenza nella narrazione. Non meritano di essere confusi o mescolati con quei giornalisti di genere diverso, alcuni dei quali varcano il confine del fanatismo e diventano dipendenti stipendiati di partiti o aziende legate a quei partiti.

Il problema è che, a volte, giornalisti che hanno ampiamente accreditato la loro professionalità accettano di mescolarsi in quei programmi o in quei media con giornalisti che sanno perfettamente di essere corrotti. Lo fanno sapendo che con la loro sola presenza e il loro tentativo di migliorare il dibattito legittimano il comprato e l'indecente.

È vero che da tempo si denuncia la deriva del giornalismo verso lo spettacolo e il sensazionalismo, ma la questione non si pone più in questi termini. Non è che i telegiornali siano mescolati a balli o interviste a celebrità. La verità è che alcuni di questi programmi di spettacolo hanno dato vita a spazi magnifici pieni di informazioni vere e sostanziose. Ma quei programmi o spazi sono già stati completamente superati da quest'altro tipo di spettacolo manipolativo e bugiardo. Alcuni giornalisti italiani hanno portato il dibattito politico al livello di Donald Trump, e va riconosciuto che le dichiarazioni e gli atteggiamenti di Trump stanno causando un vero e proprio scandalo negli Stati Uniti, mentre in Italia un dibattito politico deliberatamente degradato da giornalisti infami è considerato quasi un scherzo,una grazia. Non è. Prendere questo tipo di giornalismo come uno scherzo è un pericolo e una vergogna per la democrazia.


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