15 settembre 2021

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen , presenterà una legge contro la violenza di genere entro la fine dell'anno per rafforzare la lotta contro questo flagello e cercare di rendere tutti gli abusatori responsabili "alla giustizia".

Lo ha annunciato durante il dibattito sullo stato dell'Unione svoltosi questo mercoledì al Parlamento europeo, difendendo che "le donne dovrebbero poter tornare a vivere libere e autonome". La politica tedesca ha avanzato che le priorità del nuovo testo saranno "applicare efficacemente il diritto penale", lavorare sulla prevenzione di questi crimini, sulla protezione delle vittime e sulle molestie dentro e fuori i social network.

In questa linea, ha ricordato che la pandemia è stata "terribile" per le vittime di violenza di genere da quando sono state rinchiuse con i loro aguzzini. Libertà significa anche essere liberi dalla paura. Durante la pandemia, troppe donne sono state private di questa libertà", ha denunciato.

L'annuncio di Von der Leyen è stato particolarmente applaudito dal presidente dell'Alleanza Progressista dei Socialisti, lo spagnolo Iratxe García Pérez . «È senza dubbio una grande notizia. Eccellente. Da anni chiediamo che questa legge europea lotti contro il più grande flagello che esista in questo momento perché nel mondo, in Europa, ci sono donne che perdono la vita, che vengono uccise per il solo fatto di essere donne. E non possiamo rimanere impassibili di fronte a questa realtà", ha detto.

La politica socialista ha colto l'occasione per attaccare i parlamentari europei di estrema destra, sebbene senza allusioni dirette, affermando che "non capisco ancora come possano esserci gruppi in quest'Aula che non sono disposti a incorporare la violenza di genere nell'ordinamento giuridico europeo".

E il fatto è che la direttiva proposta dal presidente della Commissione europea dovrà ancora superare un lungo cammino parlamentare prima di entrare in vigore. L'ostacolo principale che deve affrontare è che non esiste ancora un'unica definizione legale di violenza di genere nell'UE e ogni Stato membro ha una prospettiva diversa. La gamma va dai paesi che non hanno nemmeno un reato specifico per punire questo tipo di maltrattamenti alle differenze di ambito che esistono tra gli stati che rispondono con sanzioni penali.

Il disegno di legge sarà sottoposto sia al Parlamento europeo, che può proporre e approvare emendamenti, sia al Consiglio, e il testo definitivo dovrà essere approvato da entrambe le istituzioni.

L'annuncio di von der Leyen arriva all'indomani del voto che ieri ha portato i popolari europei - spagnoli compresi - ad astenersi in una risoluzione del Parlamento europeo contro la discriminazione delle coppie omosessuali. L'iniziativa sostiene che queste famiglie abbiano gli stessi diritti in tutta l'Unione e intervengono di fronte alla discriminazione che questo gruppo subisce in paesi come l' Ungheria, la Polonia e la Romania.

Ma la polemica è scoppiata quando la sinistra è riuscita a includere una richiesta agli Stati membri di riconoscere i diritti familiari di altri paesi. Una questione che, secondo gli europei popolari, va contro il Trattato UE in quanto stabilisce che il diritto di famiglia è di competenza nazionale. Ritengono inoltre che potrebbe aprire la porta alla regolamentazione della maternità surrogata in tutta l'UE. L'iniziativa è stata approvata con 287 voti a favore (socialisti europei -spagnoli compresi-, sinistra radicale, verdi e liberali), a fronte di 161 voti contrari e 123 astenuti.

CORONAVIRUS, SCIENZA E LIBERTÀ

Ho sempre ritenuto che la linea più breve tra due punti fosse la retta, ma guardando alle posizioni sul coronavirus di alcuni intellettuali e forze sociali, oltre che dei ribellisti anarcoidi, ho l’impressione che oggi da noi (ma non solo da noi) per taluni sia invece l’arabesco. Si è visto ben poco contro il regime di vera segregazione coatta chiamato lockdown, pericolosamente costoso e corredato di mascherine obbligatorie, durato per molti mesi, imposto assai duramente e di (ahimè) non grande efficacia (non si vede, sui grandi numeri, una chiara, evidente, conclamata, differenza statistica tra Paesi che hanno chiuso molto, poco o per nulla), mentre è in atto una effervescente mobilitazione contro i vaccini, che, diffusi ormai in miliardi di dosi, stanno dimostrando, con una invece enorme e chiara evidenza statistica, di salvare davvero la gente con rischio minimo e, in più, comportando solo una molto piccola e ben limitata perdita di tempo e libertà. Ho sempre ritenuto che, in materia di ricerca scientifica, fosse il metodo sperimentale con la complessa discussione, analisi e interpretazione dei suoi risultati, fatta tra i competenti fino a un loro il più possibile concorde consenso, la procedura corretta per arrivare a “conoscere per deliberare”, tanto da parte dei protagonisti del mercato che da parte delle autorità democratiche e così in effetti è stato, dall’Illuminismo in poi e per due secoli nei Paesi liberali. Ma, oggi, la società psicologica di massa, così come ha trasformato i tifosi di calcio in milioni di pretesi direttori tecnici da bar, con la pandemia ha reso le brave massaie, i disinvolti opinionisti e gli attivisti politici, dei convinti e vocianti virologi, patologi e statistici, che, pur molto divisi, pretendono tutti però di essere subito ascoltati e seguiti, anche se non si sa bene come e perché. Il dibattito scientifico, necessario sempre e specie di fronte ad ogni fenomeno nuovo, che di norma si svolge tra esperti secondo la sequenza: ipotesi, teoria matematicamente definita, teoria sperimentalmente confermata, tende invece sempre più a traferirsi sulla pubblica piazza della comunicazione di massa, dove le semplici ipotesi, all’inizio naturalmente differenti, vengono presentate come compiute teorie contrapposte, diffondendo la falsa convinzione che la scienza sia incapace di arrivare a conoscenze reali ed acquisite, mentre gli scienziati (veri o presunti), sollecitati in ogni modo, vengono strumentalizzati e trasformati in combattenti nell’arena da una democrazia mediatica degenerata in demagogia.

Ho sempre ritenuto che la scienza debba avere un atteggiamento di neutrale obiettività nello studio della realtà che ci circonda, il che non vuol dire affatto che, al di là del puro dato scientifico, non vi siano poi dei valori veri, vari e diversi, da salvaguardare, ma vuol dire che i dati scientifici non possono essere alterati per renderli funzionali ad una o altra tesi. Quando però la tifoseria politica spinge gli schieramenti contrapposti a “filtrare” (prima di tutto a se stessi) le informazioni per vedere, considerare e diffondere solo quelle considerate favorevoli al proprio partito preso e per di più senza nessuna considerazione della attendibilità e soprattutto della validità generale dei dati esaminati, viene falsato il dibattito e rifiutata la conoscenza.

I “tifosi” di un certo comunismo infantile, quando, con violenti accenti di indignazione, indicano al pubblico ludibrio gli aperturisti (riservando ovviamente a sé il monopolio del senso civico) con argomentazioni drammatiche e del tutto generiche sui milioni di morti o sulla desertificazione del mondo, forzano e confondono la realtà per suggerire che, in fondo in fondo, gli “altri” siano degli untori e in qualche modo quasi corresponsabili delle immancabili catastrofi. Ma le persone di destra, la mia parte, di cui pure apprezzo moltissimo i dubbi e le resistenze (in tutto il mondo) alla allegra facilità con cui i falsi progressisti si sbarazzano di una libertà che non hanno mai amato, non possono e non devono mai stravolgere a loro volta i dati, fino a confondersi con quegli oltranzisti che negano i vaccini, quando non l’esistenza stessa del virus. La paura indotta e la negazione della realtà sono entrambe pessime consigliere.

Ho sempre ritenuto, perché i liberali non sono degli anarchici, che la società organizzata in Stato possa imporre delle regole ai cittadini, ma che queste regole debbano sempre e solo essere quelle che più tutelano anche la libertà personale e che lo stato democratico non debba mai sentirsi come una superiore entità rappresentativa della totalità dei cittadini e della loro volontà, uno stato etico insomma, ma solo come un semplice governo della cosa pubblica, una necessità inevitabile, ma anche potenzialmente pericolosa (si pensi solo alle guerre, all’oppressione fiscale o alla pretesa di cambiare autoritariamente la società sottostante). Uno stato democratico può certo trovarsi nella condizione di dover affrontare e gestire con mezzi straordinari una fase di emergenza, ma deve farlo secondo legge e solo per tempi molto limitati, perché altrimenti la legge d’emergenza viene ad assumere caratteristiche permanenti che mutano l’essenza dello Stato e lo trasformano in totalitario. E questo accade anche quando l’emergenza è una pandemia che divenga endemia.

Ho sempre ritenuto che salute, conoscenza, senso civico e libertà debbano procedere sempre assieme, come valori tutti da salvaguardare, perché poi rendono la vita non solo tutelata, ma degna d’essere vissuta e che questo sia vero sempre, ma soprattutto ovviamente nelle scelte politiche. Anche per il Covid-19. Allo stato delle attuali conoscenze, fissati i criteri che, a mio giudizio, dovrebbero orientare le scelte di governo nel futuro prossimo, credo che, al di là di tutti i possibili sviluppi (dalla medicina, alle varianti, all’economia), oggi vi siano due scenari principali possibili, o raggiungeremo una sufficiente e significativa immunità di comunità per spontanea adesione, fino a superare l’alta soglia necessaria per riportare il Covid nel novero delle malattie contagiose con cui abbiamo imparato a convivere, o dovremo arrivarci per forza di legge. Mentre sul piano mondiale dovremo isolare i Paesi che non vogliono i vaccini e aiutare quelli che non possono comprarli. Ma in tutti i casi la libertà va comunque il più possibile salvaguardata dal legislatore e l’emergenza deve finire assieme a tutti i provvedimenti emergenziali. Voglio dire che non sono più prolungabili il coprifuoco, le schedature, il divieto di circolare, di incontrarsi, di lavorare, di vivere liberi, perché il Covid non scomparirà dopodomani nel nulla, perché quei mezzi non sono risultati realmente efficienti, perché le perdite di vite indotte dai provvedimenti emergenziali non le abbiamo mai calcolate, perché le libertà costituzionali fanno parte del vivere anch’esse, perché il rischio zero non esiste in natura. Chi vorrà mantenere mascherina, distanziamento, rarefazione delle uscite, lo farà per sua scelta e magari farà anche bene, perché oltre ad una molto relativa protezione lo farà sentire più sicuro, ma su base volontaria.

Del pari è però potenzialmente pericoloso adoperare il Green pass per introdurre divieti a lungo termine per tutte le normali attività, perché costituisce un precedente che un domani potrebbe essere riscoperto, con altre e molto meno giustificate motivazioni, dagli autocrati di turno. Tutto questo tuttavia ha un costo, un necessario costo. Se non raggiungiamo la soglia che i dati ci indicheranno come necessaria, i vaccini anti-Covid (e le loro eventuali evoluzioni future) andranno resi obbligatori, come del resto è stato in passato ed è anche oggi per tanti altri. Togliamo ovviamente coloro che possano dimostrare di essere allergici ai vaccini o con particolari patologie, aspettiamo doverosamente una particolare casistica per decidere per i minori di dodici anni, ma gli altri, visto che comunque, pur senza un’ancora completa determinazione quantitativa, sembra ormai confermato saranno non solo ben protetti degli esiti gravi della malattia, ma anche molto meno in grado di contagiare, vanno vaccinati, perché non è solo la nostra personale salute in gioco, ma anche quella di tutti. D’altro canto la Libertà ha un prezzo, l’ha sempre avuto e oggi è anche un vaccino.

Le tifoserie che vorrebbero mantenere oltre all’obbligo vaccinale, anche tutto chiuso, o vorrebbero tutto riaperto senza vaccini, posso sbagliare, ma mi sembrano, appunto, tifoserie. Vaccino generalizzato e fine dell’emergenza vanno assieme. Visione semplicistica? No, non credo, lineare semmai e, comunque, ricordiamo che spesso, molto spesso “Simplex sigillum veri” (“Il semplice è il sigillo del vero”, così ammonivano i Latini e l'antica massima vale anche oggi, ...).

 

14 settembre 2021

L’ambiente, la cultura, la storia: quando i simboli vanno in frantumi (e la politica anche)

Erano i primi giorni del 2018 quando in molti siti ambientalisti europei e anche in svariati media vennero riportate le immagini della scalata da parte di alcuni attivisti di Greenpeace della imponente ex Chiesa cattolica di San Lamberto a Immerath, in Germania (Immerather Dom), nella regione della Renania. Essi vi appesero un grande striscione giallo sul quale era scritto: “Chi distrugge la cultura distrugge anche gli esseri umani.” (Wer Kultur zerstőrt, zerstőrt auch Menschen.) Dopo alcune ore lo striscione venne rimosso e gli attivisti allontanati dalle forze dell’ordine e fu possibile di lì a breve procedere con efficienti mezzi meccanici all’abbattimento, già da tempo programmato, dello Immerather Dom, per far posto all’allargamento di una gigantesca miniera di lignite a cielo aperto. E immediatamente comparvero anche sul web i filmati della distruzione di quello che per secoli era stato un importante edificio di culto, (presente fin dal XII secolo e nei secoli successivi più volte riedificato e ampliato e ricostruito, nella sua forma tardo-ottocentesca, anche dopo i gravi danneggiamenti riportati nel corso della seconda Guerra mondiale), saturo della storia di un intero territorio tedesco e delle eredità in senso ampio e della cultura del suo popolo. I commenti che accompagnavano i filmati in oggetto suonavano largamente concordi: sotto i colpi delle ragioni della economia e perdippiù di una economia “arretrata” come quella del carbone, rappresentata nella fattispecie da un grande colosso tedesco dell’energia, si faceva tabula rasa di una importante testimonianza altamente simbolica per i cittadini, segno vivo del loro stesso patrimonio artistico-culturale. Alcuni commentatori si spingevano oltre i confini tedeschi, allargando all’intera Europa l’accusa di aver imboccato la via della rinuncia alle proprie radici sotto gli inflessibili colpi di scavatori, gru, macchinari vari di demolizione che a Immerath e altrove si fanno beffe delle ragioni della cultura e della storia e dei loro retaggi, nel segno di ragioni economiche fini a se stesse. Prescindendo dalle considerazioni appena richiamate, certo la data precisa dell’abbattimento della Cattedrale di Immerath, il 9 gennaio 2018, si dimostrava già di per sé idonea a innescare qualche preoccupata riflessione in più da parte della opinione pubblica a proposito delle reali volontà dei governi di perseguire effettivamente strategie economiche nel segno delle energie rinnovabili e del rispetto dell’ambiente. Solo pochi mesi prima (e per la precisione il 18 novembre 2017) si era infatti concluso proprio a Bonn il ventitreesimo appuntamento annuale della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite (COP), nata dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, (UNFCCC: United Nations Framework Convention on Climate Change). La padrona di casa, Angela Merkel, nel suo intervento ai lavori della Conferenza, aveva ribadito la volontà del suo paese di tener fede agli Accordi di Parigi (2015), proseguendo nella adozione di misure idonee a limitare il riscaldamento globale e a incentivare le energie rinnovabili, avviandosi progressivamente al bando del carbone. L’ampliamento di una miniera di lignite anche a prezzo della demolizione di una cattedrale significativa e artistica memoria storica come poteva suonare in tal senso? Certo la risposta scontata da parte dei responsabili politici di tale demolizione sarebbe certamente quella che la decisione in tal senso era stata presa parecchi anni prima. La società mineraria in questione già nei primi anni 2010 aveva in effetti già provveduto a demolire e ricostruire su un nuovo sito gran parte degli edifici della località di Immerath e l’ultima Messa nella cattedrale in oggetto era stata celebrata nell’ottobre del 2013 e di lì a poco era stata sconsacrata. La stessa società aveva anche assunto l’impegno, celermente attuato, di costruire una nuova Chiesa, più piccola e idonea ad accogliere un minor numero di fedeli, rispetto a quelli molto più numerosi del passato, residenti nel territorio circostante. Nel segno dell’ampliamento della miniera di lignite persino il precedente cimitero di Immerath era stato traslocato (esumando e trasferendovi i corpi precedentemente sepolti) nel nuovo sito e dunque l’abbattimento finale dello Immeratherdom era soltanto l’ultimo atto di decisioni pregresse… Ecco dunque bello e spiegato il presente. E gli impegni sottoscritti nell’ambito di COP 23? Quelli, appunto, riguardano il futuro…

Ora, quando mancano pochi mesi all’appuntamento del prossimo novembre di COP 26, possiamo solo sperare che nel periodo immediatamente successivo alla stessa (e agli impegni che auspicabilmente vi verranno presi) non dobbiamo ancora una volta assistere a demolizioni della cultura, della storia, della memoria che rendono assai poco credibili una progettualità innovativa e rispettosa dell’ambiente da costruire insieme per il futuro.

 

Nuovo rapporto Onu sul clima: siamo al codice rosso per l'umanità

Non si potrebbero trovare parole più appropriate di quelle riportate nel titolo, per descrivere la situazione del pianeta che si muove verso una deriva irreversibile di autodistruzione: sono quelle usate dal Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, per commentare il sesto Rapporto “Cambiamenti climatici 2021” stilato dagli scienziati dell’IPCC sull’emergenza del “climate change” e approvato dai 195 Governi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite. O meglio: forse ancora più terribile e ammonitrice per i decisori politici e l’intera umanità è la sottolineatura del presidente di turno della conferenza ONU sul clima COP26 - il ministro britannico Alok Sharma – per presentare i risultati e le conclusioni del Rapporto: “Il tempo a disposizione per fermare la catastrofe del cambiamento climatico sta pericolosamente avvicinandosi alla fine: non possiamo permetterci di aspettare ancora due, cinque o dieci anni, questo è il momento di agire”.

Ci sono delle evidenze che definire spaventose è più prossimo all’eufemismo che alla realtà: l’innalzamento del livello dei mari è stato valutato “irreversibile ancora per millenni”, non si era mai riscontrato questo livello di tendenza negli ultimi 3000 anni, ed è causa di erosione delle coste e inondazioni. Addirittura le emissioni di CO2 misurate nel 2019 erano le più alte di sempre, considerando almeno i due milioni di anni precedenti, quelle dei gas serra (biossido di azoto e metano) in cima alla scala dei valori degli ultimi 800 mila anni. E tutto questo mentre la temperatura media si innalza con un trend incrementale mai riscontrato in passato (+ 1.09° tra emissioni antropiche e gas serra nel decennio 2011/20 rispetto ai 50 anni che vanno dal 1850 al 1900): si pensi alle conseguenze per la vita degli abitanti della Terra, per l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, la sostenibilità ambientale, le condizioni delle metropoli ad altissimo tasso di urbanizzazione. Si considerino le osservazioni del biologo Edward O. Wilson – già illustrate e note da tempo – sull’incremento demografico: siamo 7 miliardi e mezzo di abitanti su un pianeta dove la soglia di compatibilità massima è stata stimata ai 6 miliardi di persone. A fine secolo si prevede una popolazione mondiale di 11 miliardi. Queste eloquenti condizioni erano già state rilevate nel Rapporto dell’ONU-2019 stilato in 3 anni di lavoro da parte di oltre 150 esperti, volto allo studio e all’approfondimento dei rischi delle biodiversità, che metteva in guardia dal pericolo di arrivare in tempi definiti “relativamente brevi” all’estinzione di una serie di specie viventi che popolano i mari e la Terra, fino ad 1/8 di quelle attualmente censite pari ad una cifra mostruosa di circa un milione di ‘specie’ animali e vegetali. Evidenze riprese e rilanciate nel seminario svoltosi dal 29/4 al 4/5 2019 in sede OCSE, dai rappresentanti di 130 Paesi aderenti all’Ipbes. Alla pubblicazione di quel Rapporto la Terra veniva descritta “alla soglia della sesta estinzione di massa della sua storia, la prima attribuita ai comportamenti umani”.

Sono trascorsi due anni e il nuovo Rapporto 2021 non può che stigmatizzare con toni ultimativi questa responsabilità, aggravata dalle emergenze per sommi capi descritte, peraltro riconducibili alle concause dell’eziopatogenesi della pandemia, una sorta di ribellione della natura all’opera distruttrice da parte dell’uomo. Ricordiamo al riguardo le parole del Prof. Arnaldo Benini, Emerito all’Università di Zurigo: “L’umanità utilizza e violenta la natura spietatamente. Si è estesa e dilaga in tutti gli angoli della terra, sconvolgendo ecosistemi remoti e antichi di millenni, costruendo strade, estirpando e asfaltando boschi e foreste, usando a profusione e senza criterio concimi tossici e antibiotici, inquinando aria, laghi, mari, fiumi e torrenti, trivellando in terra e in mare. L’alterazione violenta degli ambienti è una delle cause delle mutazioni degli agenti patogeni e quindi delle epidemie e pandemie”. In questo contesto ambientale ai limiti della compromissione irreversibile, una umanità in espansione illimitata diventa indebolita e vulnerabile agli attacchi di virus che dimorano abitualmente in ospiti animali, come accaduto in tutte le sue varianti con il Covid-19 che ha attaccato l’uomo per traslazione zoogenetica. Questa coincidenza epocale tra compromissione climatica ed emergenza pandemica non è dunque casuale e può ripetersi. Occorre padroneggiare una visione olistica di questi fenomeni per tentare adesso, senza rinviare, di arginare la deriva catastrofica. L’obiettivo più immediato è dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 per azzerarle entro il 2050: il nemico numero uno è il riscaldamento globale, l’obiettivo è fermarlo a + 1,5° rispetto all’epoca preindustriale, come programmato nell’Accordo di Parigi (COP21-2015). Temperature più elevate porterebbero tra le altre conseguenze un ulteriore innalzamento dei mari: al trend incrementale attuale potrebbero salire fino a 50 cm a fine secolo, con una previsione ad oggi ingovernabile di 20 metri come corrispettivo di 5° di aumento della temperatura, né ci consola che ciò potrebbe avvenire al limite dei prossimi 2000 anni. Il Rapporto ONU ha snocciolato una serie di dati eloquenti e di previsioni decisamente allarmanti, rispetto a cui ogni rinvio diventa imperdonabilmente colpevole. È in gioco la vita stessa sul pianeta, a cominciare da quella dell’uomo. Ed è altrettanto evidente che se le scelte sui grandi numeri competono ai Governi della Terra, ciascuno di noi è tuttavia chiamato a realizzare comportamenti adeguati, rispettosi e responsabili. Non basta aver consapevolezza dei pericoli incombenti, occorre realizzare stili di vita sostenibili su scala mondiale.

Intanto i decisori politici accorciano i tempi delle consultazioni e delle decisioni da assumere, il prossimo step è previsto per novembre p.v. a Glasgow: tema centrale la completa decarbonizzazione, la drastica riduzione delle emissioni nocive e dei gas serra, il contenimento dell’innalzamento delle temperature nei limiti già convenuti in sede di Accordo di Parigi del 2015.

Problemi enormi ma gestibili se l’etica e la scienza supportano le politiche degli Stati, con la consapevolezza che non esistono in questo campo i tempi supplementari, poiché la tattica dei rinvii non porta a soluzioni ma solo ad un irreversibile ‘game over’.

Green pass per tutti i lavoratori. Il governo accelera. Salvini resta isolato.

L'esecutivo vorrebbe applicare l'obbligo del lasciapassare vaccinale senza distinzioni a partire già da questa settimana. Fedriga, Zaia e Fontana appoggiano la linea del ministro Giorgetti

L'estensione del green pass a tutti i lavoratori. Resta questa la priorità del governo di Mario Draghi, che vorrebbe applicare il lasciapassare vaccinakle senza distinzioni a partire già da questa settimana. Non è escluso che la questione potrebbe essere affrontata il prossimo giovedì ovvero quando si terranno la cabina di regia e subito dopo un incontro con i presidenti delle Regioni e il Consiglio dei ministri. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ieri ha dettato la linea, spiegando che "stare al governo significa assumersi responsabilità e prendere decisioni anche se qualcuno non è contento". Giorgetti ha anche sottolineato che alle aziende "servono certezze sia sotto il profilo sanitario che sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro". Per realizzare tale obiettivo, evitando la strada dell'obbligo vaccinale, serve non solo che la Lega sia più compatta ma anche che si trovi un accordo con i sindacati. I tamponi gratis per chi non vuole vaccinarsi non sono considerati una richiesta ammissibile, c'è però la possibilità di istituire prezzi calmierati, come si è fatto per i ragazzi sotto i 18 anni. Le strade sono due: o già giovedì si riesce - oltre all'estensione per tutto il pubblico - ad anticipare la misura per un pezzo di privato, oppure si rimanda questa seconda parte, puntando per la prossima settimana all'estensione completa. La Lega ha rassicurato palazzo Chigi. "L'estensione del green pass? Non ne sappiamo nulla. Quando ci sarà una proposta del governo, ne parleremo", ha detto ieri Salvini. Nonostante ciò, i big della Lega sono giá avanti: uno alla volta, il capodelegazione Giorgetti e i governatori Fedriga, Zaia, Fontana hanno espresso un pieno riconoscimento dell'utilità del lasciapassare sanitario che delinea già la posizione finale del partito. Arriverà il sì del Carroccio all'allargamento ai dipendenti pubblici dell'obbligo del certificato. Di fronte alle prese di posizione dei big del partito, Salvini sembra non portare piú avanti la linea dura che nei giorni scorsi lo ha visto vicino alle istanze dei no green pass. 

30 agosto 2021

Caro-bolletta di luce e gas, così non ti temo più.

Le bollette della luce e del gas sono aumentate a causa della crescita dei prezzi delle materie prime, per effetto anche dell'attenuazione delle misure di contenimento della pandemia e del miglioramento delle prospettive economiche nel primo semestre del 2021. Per ridurre l'impatto dei rincari, può essere una buona idea valutare se il contratto con il fornitore è ancora adatto alle proprie esigenze o se conviene cambiare operatore o tipo di offerta, per esempio scegliendone una a prezzo bloccato. In tutto ciò occorre tenere presente che il mercato di tutela per le famiglie finirà il primo gennaio 2023 e che in qualsiasi momento è possibile passare al mercato libero: anche in questo caso però bisogna fare attenzione, dal momento che molte proposte del mercato libero non sono più economiche di quelle del tutelato.

Il rincaro delle bollette. Secondo l'aggiornamento trimestrale delle tariffe del mercato tutelato diffuso da Arera (l'autorità di regolazione per energia reti e ambiente), tra luglio e settembre di quest'anno l'incremento è del 9,9% per la bolletta dell'elettricità e del 15,3% per quella del gas per la famiglia tipo in tutela. Il rincaro avrebbe potuto essere superiore: il forte aumento delle quotazioni delle materie prime, in continua crescita da inizio anno per la ripresa delle economie dopo i ribassi dovuti la pandemia, nonché la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato a un incremento di circa il 20% della bolletta dell'elettricità, se il Governo non fosse intervenuto con un provvedimento di urgenza per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta. Il prossimo aggiornamento arriverà a ottobre e, secondo le prime stime, potrebbe far segnare un ulteriore rincaro.

C'è da ricordare che a sostegno delle famiglie in stato disagio economico, da luglio è definitivamente attivo l'automatismo che consente a chi ne ha diritto (ovvero i nuclei con Isee non superiore a 8.265 euro, 20 mila se con più di 3 figli) di trovarsi accreditato in bolletta, in modo automatico nei prossimi mesi, il bonus sociale di sconto per elettricità e gas, che comprenderà le agevolazioni già conteggiate dall'inizio dell'anno. Per ottenere i bonus sociali, quindi, non serve più presentare la domanda, che resta invece necessaria per le riduzioni da disagio fisico.

Il mercato dell'energia elettrica e del gas. L'Arera ha di recente pubblicato il primo «Rapporto monitoraggio dei mercati di vendita al dettaglio dell'energia elettrica e del gas». Secondo il report, prosegue a ritmo costante la progressiva uscita dei clienti finali dalle tutele: il 57,3% dei clienti domestici sono nel mercato libero nel settore elettrico, mentre per quanto riguarda il gas si tratta del 60,2%. Per tutte le tipologie di cliente e per entrambi i settori si conferma che la stragrande maggioranza dei passaggi avviene nell'ambito del mercato libero, quindi da soggetti che erano usciti dalla tutela già in precedenza. Inoltre, la quota di clienti in uscita dalla maggior tutela che scelgono un contratto di libero mercato con lo stesso venditore che esercisce anche la maggior tutela, o con un collegato, è molto elevata e continua a mantenersi al di sopra del 50%.

Considerando le offerte e i prezzi, il portale offerte dell'Arera, operativo dal 2018, contiene circa 4.855 proposte disponibili alla consultazione e alla comparazione della spesa. Dall'analisi dell'autorità emerge che nel mercato libero sono presenti alcune proposte più convenienti dei servizi di tutela, sia a prezzo fisso che a prezzo variabile, ma che rappresentano una quota residuale di quelle disponibili.

Nel settore elettrico per il cliente tipo domestico, nei 18 mesi analizzati (da gennaio 2020 a giugno 2021) c'erano in media 64 offerte del mercato libero più convenienti della maggior tutela, pari al 4,72% delle offerte a disposizione (di queste, 15 erano a prezzo variabile e 49 a prezzo fisso).

Con riferimento invece al gas, per il cliente tipo domestico c'erano in media 65 proposte più convenienti del servizio di tutela, pari al 9,82% di quelle messe a disposizione (di queste, 32 erano a prezzo variabile e 33 erano a prezzo fisso).

Rispetto al complesso dei contratti sottoscritti nel mercato libero dagli utenti domestici risulta che sono principalmente a prezzo fisso (84% nel settore elettrico e 73,9% per il gas naturale).

Come tutelarsi. Un'opzione per mettersi al riparo dai possibili rincari è la scelta di un'offerta luce e gas a prezzo bloccato: sono contratti in cui il prezzo della componente energia viene mantenuto fisso per un certo periodo di tempo, che varia da contratto a contratto (12, 24, 36 mesi). Di solito le altre componenti (trasporto, gestione del contatore, oneri di sistema) seguono gli aggiornamenti tariffari stabiliti dall'autorità. Le offerte a prezzo variabile, invece, sono contratti in cui il prezzo della componente energia varia automaticamente in base alle variazioni di un indice o di un prezzo di riferimento; in questo caso, insieme all'indicazione del prezzo o della componente indicizzata, deve essere evidenziata la frequenza delle possibili variazioni. Il venditore deve inoltre indicare, sia nel contratto sia nella scheda di confrontabilità, quale è il meccanismo d'indicizzazione adottato, il prezzo massimo raggiunto negli ultimi 12 mesi e il periodo in cui questo prezzo massimo è stato applicato.

Una buona regola è poi controllare i dettagli della bolletta e leggerla in ogni sua parte. Conviene, inoltre, valutare i propri consumi e proprie le abitudini quotidiane in modo da trovare la tariffa più adatta. Per esempio per l'energia elettrica esistono due tipologie di tariffe, monoraria e bioraria: la tariffa monoraria prevede un prezzo indifferenziato per tutte le fasce orarie di consumo dell'energia elettrica ed è consigliata a chi ha un consumo che si distribuisce in maniera omogenea in tutti i giorni della settimana e su tutte le ore del giorno. La tariffa bioraria invece prevede un prezzo differenziato in base alle fasce orarie in cui viene utilizzata ed è più adatta a chi ha un consumo che si distribuisce in particolari giorni della settimana e ore del giorno.

Ci sono poi vari strumenti digitali per confrontare le diverse proposte degli operatori in modo da capire se è possibile risparmiare cambiando fornitore. Innanzitutto c'è il portale offerte di Arera che raccoglie e pubblica tutte le offerte presenti sul mercato di vendita al dettaglio elettrico e del gas naturale. Poi ci sono vari comparatori online che possono aiutare: per esempio SOStariffe.it, portale che permette di confrontare tariffe e offerte delle principali utenze domestiche e servizi finanziari (adsl, telefonia, internet, pay tv, energia, gas, conti, mutui, finanziamenti e prodotti assicurativi). Oppure c'è Facile.it, che offre un servizio di comparazione delle tariffe. Un'altra opzione è Switcho, una piattaforma digitale su cui è possibile creare un profilo inserendo i propri consumi per ricevere una proposta per risparmiare; se poi si accetta, il sito si fa carico della burocrazia necessaria al passaggio al nuovo fornitore.

 

02 maggio 2021

La mancata applicazione della Zona Franca in Sardegna

La mancata applicazione della Zona Franca in Sardegna rappresenta forse il giogo principale per i sardi da 50 anni a questa parte ma purtroppo non pare degna di “rivoluzione” almeno politica.


C'è chi attualmente non riconosce i vantaggi delle zone franche come strumento di ordine pubblico. 

“Non si possono mettere in discussione le zone franche.

Come punto positivo, ha sottolineato che c'è un livello molto alto di investimento, i quasi 40 miliardi di dollari ne fanno conto, è cresciuto del 500% negli ultimi 6 anni e lo sviluppo di nuove infrastrutture di servizi per l'industria con più di 800 aziende, in almeno 63 comuni in 19 dipartimenti del Paese e con questo maggiori controlli doganali. Negli ultimi 6 anni l'occupazione è aumentata del 125%, da 28.000 a 65.000 posti di lavoro diretti.

"Ad esempio, le zone franche di Santander e Cauca, dipartimenti devastati dalla violenza, hanno raggiunto livelli occupazionali rispettivamente di 4.100 e 20.000 posti di lavoro in meno di 5 anni, favorendo il sostentamento di molte famiglie", aggiunge il manager.

Il 50% dell'area dichiarata come zona franca si trova sulla costa atlantica e il 60% di questa area è disponibile per ospitare nuovi progetti, sfruttando piani come la costa caraibica.

La seconda è che le zone franche sono un meccanismo per la competitività internazionale. Sebbene alcune organizzazioni come l'OCSE, l'FMI e la Banca mondiale abbiano condotto studi in cui mettono in dubbio questo strumento di politica pubblica e che i presunti benefici dell'occupazione e degli investimenti non compensano il costo del tesoro, è anche importante menzionare che il meccanismo esiste in più della metà dei paesi OCSE e altre organizzazioni internazionali come IDB, ILO ed ECLAC, mostrano come le zone di libero scambio continuano ad essere un palliativo di fronte ai persistenti problemi del clima economico nei paesi latinoamericani e quindi nelle economie allo stesso livello dei colombiani, adattano i loro regimi di zona franca per competere per gli investimenti.

Il successo delle zone economiche in Asia e dei parchi industriali in Messico e in altri paesi dell'America centrale è ampiamente riconosciuto. Il manager ha sottolineato "Mentre in Colombia attacca e intende tassare con molte più tasse, dimenticando la" stabilità giuridica ", ad esempio il Messico sta incorporando modifiche nella sua legislazione interna per rafforzare la figura delle maquiladoras IMMEX e le agevolazioni fiscali doganali, con la figura delle zone franche, per porre il Messico al centro degli investimenti esteri nella regione ”.

Terzo, in Colombia enti prestigiosi come il Dipartimento nazionale di pianificazione, la Banca della Repubblica e l'Università delle Ande hanno concluso che le zone franche non sono un buco fiscale. Al contrario, generano un effetto positivo sul reddito lordo delle imprese (industriali), promuovono un aumento della raccolta nazionale e facilitano le ispezioni. In quanto spesa fiscale, rappresenta solo lo 0,02% del PIL e i suoi effetti sulla creazione di cluster sono positivi.

“Bisogna dire al Paese che le zone franche stanno fornendo grandi vantaggi, non solo economici ma anche fiscali. Il vantaggio fiscale del meccanismo consente al governo di raccogliere $ 2 per ogni $ 1 che sacrifica, per l'aliquota d'imposta sul reddito inferiore. Quando sono incluse altre tasse nazionali e locali, il rapporto diventa da $ 3 a $ 1. Non è vero che il regime libero ha un costo fiscale negativo per le finanze pubbliche, poiché l'aliquota inferiore è compensata da investimenti più elevati che altrimenti. non sarebbe realizzato ”, indica Martínez.

Il dirigente sindacale ha anche sottolineato che molti investimenti non sarebbero stati fatti se non fosse stato per gli incentivi delle zone franche, poiché, come è noto, l'alto costo del Paese segna un chiaro svantaggio: carenti infrastrutture stradali e portuali inoltre agli alti costi di porti e merci, tra gli altri aspetti.

Martínez ha sostenuto che ci sono cambiamenti positivi per le zone franche e quindi le voci di coloro che mettono in dubbio non sono accettate per motivi diversi da quelli accademici, un meccanismo che si è dimostrato di gran lunga la migliore alternativa per molte aziende per raggiungere la loro produzione e di competitività internazionale. Al contrario, il Paese dovrebbe studiare, come stanno facendo altri, come rafforzare questo meccanismo.

Fedez esprime il furore ideologico di sinistra sulla Zan


La passerella di Fedez al Concertone? Matteo Salvini l’ha presa con filosofia, citando Buddha e la meditazione, che dovrebbe praticare maggiormente Fedez. Dopo il delirio di Fedez sul palco del Primo Maggio  il leader della Lega lo ha invitato a bere un caffè, per parlare di libertà e di diritti”. “Adoro la Libertà. Adoro la musica, l’arte, il sorriso. Adoro e difendo la libertà di pensare, di scrivere, di parlare, di amare. Ognuno può amare chi vuole, come vuole, quanto vuole. E chi discrimina o aggredisce va punito, come previsto dalla legge. È già così, per fortuna. Chi aggredisce un omosessuale o un eterosessuale, un bianco o un nero, un cristiano o un buddhista, un giovane o un anziano, rischia fino a 16 anni di carcere. È già così”, scrive Salvini su Fb.

Rauti (FdI) contro la Festa dell’Unità andata in onda

“‘Canta che ti passa’ invece Fedez preferisce fare un comizio, trasformando il ‘concertone’ in un festival dell’Unità vecchio stile. E, dal palco in diretta Rai3, mentre pubblicizza indirettamente la Nike indossando un cappello logato, il politico-cantante insulta, con tanto di nomi e cognomi, rappresentanti del mondo associativo pro Life, la cui ‘colpa’ è quella di criticare il ddl Zan e l’introduzione del reato di omontrasfobia”. Lo dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili.

Il Concertone rosso pagato con i soldi degli italiani

“La smodata esibizione del cantante – prosegue Rauti – è la conferma del furore ideologico del ddl Zan e dell’intolleranza verso tutti coloro che dissentono dal ‘pensiero unico’. Così, abusando del servizio pubblico pagato da tutti noi e senza possibilità alcuna di contraddittorio, viene lanciato ed imposto un messaggio politico a senso unico, funzionale alla più generale offensiva gender. Le esternazioni di Fedez sono l’ulteriore conferma di voler reprimere la libertà di espressione e di opinione di chi la pensa diversamente”, conclude.

01 maggio 2021

Ciro Grillo, la strategia difensiva: rito abbreviato.


Ciro Grillo, la strategia difensiva: rito abbreviato. L’amica della vittima: non eravamo ubriache.

Ciro Grillo, gli avvocati preparano la strategia difensiva in caso di rinvio a giudizio. Ne scrive oggi Il Fatto quotidiano spiegando che i legali sono orientati a chiedere il rito abbreviato. “Questa strategia – scrive Il Fatto – potrebbe avere ripercussioni importanti sul procedimento. Il rito abbreviato, che comporta uno sconto di pena di un terzo in caso di condanna, prevede che il processo si celebri con le prove raccolta fino a quel momento dal pm. Il che significa, in caso di violenza sessuale, che la vittima non potrà più replicare o aggiungere altro rispetto a quanto già dichiarato fino a quel momento. La vittima potrebbe quindi non avere più la possibilità di dare la propria versione sui nodi più contraddittori della vicenda”.

Il racconto dell’amica della vittima

Sul Corriere, intanto, si dà conto della testimonianza dell’amica della vittima, Roberta (nome di fantasia). La quale nega che all’arrivo alla villa fossero tutti ubriachi.  «Ero sobria, mi rendevo conto di ciò che accadeva, così come ho già detto per gli altri ragazzi e per Silvia. Certamente ero molto stanca perché avevamo fatto molto tardi…».

L’amica si addormenta sul divano e cominciano le violenze.

“Finita la pasta e sparecchiato tutto – scrive il Corriere – Roberta si addormenta sul divano mentre Silvia, ancora sobria, subisce la prima delle violenze che racconta ai magistrati. Francesco – dice la sua denuncia – si infila nel suo letto (con gli altri che guardano, commentano e ridono davanti alla porta) e la costringe a un rapporto sessuale che comincia in camera da letto e finisce in bagno, dove lui la trascina. Lei prova a resistere ma è inutile ogni tentativo di liberarsi, racconta. Silvia spiega che Francesco ci aveva provato anche mentre preparava gli spaghetti in cucina ma lei gli aveva dato un calcio facendolo cadere e lì per lì lui aveva desistito. «Non è vero» ha raccontato lui nel suo ultimo interrogatorio. Nessun approccio, nessun calcio, nessuna violenza. Semplicemente lei ci stava. «E dopo il rapporto sessuale mi sono addormentato»”.

Costretta a bere vodka e afferrata per i capelli

“La versione di Silvia è drammatica: dice di aver provato a svegliare Roberta per andar via da quella casa ma che lei, nel dormiveglia, non ha capito la situazione d’allarme. Di fatto – così Silvia racconta ai carabinieri nella sua denuncia – fra le 8.30 e le 9 ricominciano le violenze e stavolta, però, compare una bottiglia di vodka. Lei dice che l’hanno afferrata per i capelli, costretta a berne mezza bottiglia e ad avere rapporti di gruppo. E la Procura contesta ai ragazzi l’aggravante della «minorata difesa» dovuta allo stato di alterazione psicofisica indotto dalla vodka. Ma i ragazzi negano tutto“.

 

 

Sardegna in muscia e immagini: Discover


Promuovere la Sardegna con musica e immagini: nasce Discover, progetto di promozione turistico territoriale.

Nasce Discover, un progetto di promozione turistico territoriale basato sull’utilizzo di dj set ripresi con droni e operatori video. “L’obiettivo – ci racconta Davide

Moreno, giovane creativo pubblicitario, tra le menti dietro il progetto Discover – è quello di raccontare la Sardegna attraverso i suoni live dei djset e un uso professionale dei droni per le riprese video aeree”.

L’idea nasce dalla volontà di Nicola Frongia, DJ del gruppo e fondatore del progetto assieme  a Davide e Federico Pilloni che nei lunghi mesi del lockdown, forse per non perdersi d’animo, ha pensato ad una nuova modalità per promuovere la sua passione e il suo lavoro.

“L’idea era quella di farmi conoscere e proporre i miei Dj Set – ricorda Nicola – ma, come spesso accade, dalle chiacchiere si è passati ai progetti e infine alla creazione di quello che vuole essere un vero e proprio percorso imprenditoriale. Grazie a Davide e Federico, quello che era solo un mio progetto promozionale si è trasformato in un contenitore di marketing ad uso e consumo delle Pubbliche Amministrazioni interessate a trovare un punto d’incontro con i settori più giovani della società e delle comunità”

Il video marketing territoriale è oggi il mezzo più utilizzato per promuovere un territorio.

Dirette, stories, video promozionali dove musica, suoni e immagini si rincorrono e si mischiano ad arte compaiono sui nostri canali social, sui siti e nelle nostre newsletters. La ricetta è sempre la stessa: lo storytelling emozionale utilizzato per raccontare un territorio e per promuoverlo, viene raccontato da vari punta di vista, utilizzando viste aeree e suoni immersivi. 

“Ho pensato subito che l’idea di Nicola potesse trasformarsi in un incredibile volano promozionale per il territorio  – racconta Davide Moreno – L’obiettivo è quello di parlare il linguaggio che ci è proprio, quello dei giovani, e rivolgerci ad un target di pubblico ben definito raccontando e dando lustro ad un territorio troppo spesso criticato e osteggiato”

Il progetto nasce da una chiacchierata tra amici. L’idea, cresciuta con la passione e la foga più sana e genuina però, ha fin da subito coinvolto altri professionisti locali.

“Con Davide e Nicola – evidenzia Federico Pilloni, terza mente dietro Discover – abbiamo intrapreso già da alcuni anni un percorso musicale comune. Un’avventura che ci ha portato a calcare i palchi e le sale di decine di locali, ma è stata la passione e l’amore per la comunicazione e per il territorio in cui viviamo la vera molla che ci ha portato ad esplorare territori che sconfinano nel marketing turistico e nella promozione territoriale.”

Una passione, quella per il territorio, che traspare forte dalle sedi scelte per i primi due video promozionali. L’anfiteatro di San Gavino Monreale e lo splendido borgo minerario di Montevecchio sono state le due location scelte. Edifici e paesi che possono quasi essere considerati come lo specchio di un territorio che potrebbe recitare una parte da assoluto protagonista nel mondo ma che, anche a causa del Covid, sta soffrendo e arrancando. Ed è proprio questo il mondo che il team che sta dietro Discover si prefigge di migliorare. 

Nel futuro di Discover (di cui fanno parte a pieno titolo anche Erica Uras, Alberto Ibba, Mattia Frongia, Filippo Cossu e Simone Lixi) c’è tanto. L’idea è quella di offrire questo innovativo contenitore pubblicitario e comunicativo agli enti locali e alle associazioni attive sul territorio. 

“Pensiamo che questo progetto possa diventare un mezzo con cui le amministrazioni comunali possono farsi conoscere,  raccontare i territori ed arrivare a persone e utenti che altrimenti non avrebbero raggiunto. Vogliamo dare risalto alla nostra isola – concludono quasi in coro i tre fondatori di Discover – comunicando a quanta più gente possibile quella sensazione “primitiva” e contagiosa, di attaccamento e amore incondizionato per una terra che per noi è, sicuramente, più di un continente”.

Zona Franca


Zona Franca: sai veramente cosa è?Sardegna a quando?

In Sardegna, e non solo tutti parlano di Zona Franca tutti ne parlano ma pochi sanno che cosa è. Dunque cosa è una zona franca?

 In genere viene definito zona franca è un territorio che sta  fuori dalla linea doganale. Ad oggi, da diversi anni, l’Italia fa parte dell’Unione Europea, dunque nella realtà non vi è nessuna dogana tra gli Stati Membri. Istituire una zona franca equivarrebbe ad essere fuori dall’Unione Europea. Tra i vari discorsi reperiti nei vari gruppi online sembra che la questione Unione Europea non sia calcolata e se lo è l’Europa viene spesso vista come una sorta di matrigna Sarebbe una sorta di zona franca fiscale quella caldeggiata in Sardegna, ovvero un’area ibrida,  senza iva, senza irpef, senza irap, senza distinzione fra prima e seconda casa, con carburanti a di costo, bensì a prezzi di mercato, un’area senza ritenute d’acconto, senza sostituti d’imposta, senza imposte di bollo, di registro, senza carta d’identità, senza iscrizioni obbligatorie a camere di commercio, inps, ecc. Insomma letto così sa di Paradiso un pò particolare. La Zona Franca si legge dovrebbe essere un’area dove lo stato fa un passo indietro e chi abita nella zona franca ha la vera libertà. Spesso la Zona Franca può essere ritenuta  come uno strumento che consente di “stimolare” l’economia di un Paese, in questo caso di una Regione che è Autonoma ma che fa comunque parte di uno Stato e di una comunità sovrastatuale.

Spesso per comprendere le Zone Franche si cita anche l’esempio della città di Shenzhen, città sub-provinciale di Guangdong in Cina, che grazie all’introduzione di una delle prime ZES cinesi si è trasformata da un piccolo villaggio di pescatori ad uno dei più importanti motori dell’economia cinese in cui hanno sede molte delle più importanti multinazionali. In Italia invece le zone franche sono Livigno, provincia di Sondrio in Lombardia, dove ancora oggi vige l’esenzione dal pagamento dell’IVA, ma che è comunque nata con la Repubblica ed è ancora considerato un luogo di frontiera, anche se nei fatti non è così ma la Zona Franca non è mai stata eliminata.La Zona Franca si legge dovrebbe essere un’area dove lo stato fa un passo indietro e chi abita nella zona franca ha la vera libertà ma è comunque una teoria che potre Si apprende anche che le norme sulle ZF, con l’unificazione del territorio doganale comunitario, sono contenute nel Codice Doganale Comunitario Aggiornato agli artt. 155-161. Cosa verrà creato in Sardegna? Che idea ti sei fatto?

I vantaggi di una Zona Franca si possono così riassumere:

1. Diminuzione dei costi per l’impresa investitrice grazie alle agevolazioni;

2. Maggiori investimenti nel territorio

3. Sviluppo generale dell’economia del territorio.



12 dicembre 2020

Cos'è il buon giornalismo?

Se distinguiamo tra giornalismo come impresa, come professione e come attività, non è ovvio che il giornalismo che meglio serve il bene pubblico sia sempre fornito da giornalisti professionisti che lavorano per un mezzo commerciale. L'imperativo del profitto, così come la mano pesante di proprietari terrieri, inserzionisti, uffici stampa, lobbisti e forze politiche possono superare i vantaggi, in termini di tempo e risorse, del lavoratore salariato. L'attività di giornalismo ha bisogno di imprese e professionisti a tempo pieno, ma non può essere limitata a loro.

Quindi quali qualità ha un buon giornalismo? Il buon giornalismo cerca di arrivare alla verità o, almeno, a una parte importante di essa. Cerca tutte le possibili fonti, comprese quelle difficili o pericolose da raggiungere. Controlla i fatti e formula giudizi espliciti sulla qualità delle prove.  Quindi il buon giornalismo cerca di raccontare la storia, di descrivere, mostrare, spiegare e analizzare, nel modo più chiaro e vivido possibile, rendendo la questione accessibile a un pubblico che altrimenti non lo conoscerebbe.

Il primo obbligo del giornalismo è con la verità . Non ci può essere legge più alta nel giornalismo che dire la verità.  Per i giornalisti, il valore definitivo è l'onestà, il tentativo di dire la verità. Questo è il loro obiettivo principale.

Non è necessario essere un giornalista professionista che lavora per una società di notizie per avere una disciplina, un'etica e delle linee guida con le quali i possono trovare fatti, dire la verità, rivelare attraverso ricerche o satira, fare commenti esplicitamente distorti o segnalare con qualsiasi altro mezzo scelto. 

Non devi essere un giornalista per fare un buon giornalismo. 

M5s, fuga mai vista nella storia della Repubblica.

Già 47 parlamentari hanno mollato il Movimento

M5s, fuga per la poltrona. O contro il tradimento dei valori del Movimento. Ognuno (all’interno dei pentastellati) la vede come vuole, ma i dati sono impressionanti.  Un parlamentare su 7 ha già lasciato il Movimento 5 Stelle. Una media mai vista nella storia repubblicana. Tra Palazzo Madama e Montecitorio, sono ben 47 parlamentari su 226 deputati e 112 senatori inizialmente eletti. E la fuga pare tutt’altro che terminata.

Dall’inizio della legislatura sono ben 16 i senatori passati al Misto e 27 i deputati che hanno abbandonato. A provocare l’ennesima emorragia, il dilaniante voto sul Mes. Con i transfughi di ieri si arriva, dunque, a trentuno. Fra espulsi e fuoriusciti, come confermano i dati di Openpolis, ecco i numeri, senza considerare coloro, ma sono pochi che candidati con M5s, sono stati cacciati al termine della campagna elettorale.

 

 

Reddito di cittadinanza, ora vengono “in trasferta” per ottenerlo: 7 rumeni beccati a Bergamo.

Non avevano mai avuto la residenza in Italia, ma ugualmente erano riusciti ad ottenere la carta virtuale per il Reddito di cittadinanza. Così 7 rumeni tra i 30 e i 40 anni si sono presentati all’ufficio postale per ritirare quella definitiva, muniti di relativa documentazione. Ed è stato solo grazie all’intuizione degli impiegati se anche questo ennesimo tentativo di truffa è stato sventato.

L’episodio si è verificato a Bergamo. I sette rumeni si sono presentati all’ufficio postale con carta virtuale del Reddito di cittadinanza, che erano riusciti a ottenere collegandola al codice fiscale, e con la relativa documentazione. Qualcosa però non tornava, a partire dal fatto che i sette non avevano con sé altri documenti e non erano nemmeno in grado di parlare l’italiano. La direttrice, quindi, insospettita, ha allertato i carabinieri.

È Giorgia Meloni la leader più apprezzata dagli italiani.

La conferma è arrivata dal sondaggio di Index Research per Piazzapulita, presentato ieri in trasmissione da un Corrado Formigli apparso piuttosto spiazzato nel dover dare la notizia. Meloni, dunque, scavalca ufficialmente Conte, con un dato che d’altra parte non giunge inaspettato. Da settimane ormai tra la presidente della destra e il premier si registrava un testa a testa, accompagnato anche dalla costante crescita di consensi per FdI e un costante calo per i partiti della maggioranza di governo.

Giorgia Meloni si attesta come leader politico in cui gli italiani ripongono maggiore fiducia con il 38% dei consensi. Conte invece scivola al 36%, perdendo il primato mantenuto finora dalla posizione privilegiata di capo del governo. Nelle scorse settimane i due erano rimasti in una condizione di parità, ma con un trend opposto: Conte, infatti, è passato dal 44% di metà ottobre al 36% di oggi, perdendo 9 punti. Un crollo. Meloni, invece, anche sul piano del gradimento personale conferma l’ascesa costante già vista per FdI. Così dal 35% di metà ottobre giunge ora al 38% che ne fa prima figura di riferimento per il Paese. 


I media, l'epidemia e la paura.

Prudenza e buona informazione sono essenziali, ma anche conoscere gli obiettivi.

L'epidemia di coronavirus Covid-19 sta avendo un'importante ripercussione pubblica che viene amplificata continuamente dai media alla stampa apparentemente più equa. Ad esempio, tra ieri e oggi, sul giornale che leggo regolarmente, ci sono stati non meno di quattro riferimenti al presunto panico cittadino (maschere, tosse che producono terrore ...) a più di diverse pagine dedicate all'argomento.

È ovvio che Covid-19 è un nuovo virus di cui sappiamo poco e che ci obbliga a essere cauti. Anche che la sua letalità, sebbene non sia molto grande, è probabilmente amplificata dal fatto che molte persone infette non hanno sintomi o hanno sintomi molto lievi, quindi passano inosservati e non vengono conteggiati, il che favorisce il contagio e rende difficile fermare la catena di trasmissione.

Inoltre il suo monitoraggio quotidiano ne amplifica l'impatto. 

Perché il Covid-19 è così ingrandito? Diciamo che ci sono alcune ragioni oggettive e altre no: quelle oggettive sono che si tratta di una nuova malattia la cui evoluzione è logicamente sconosciuta e richiede cautela, e anche che il contagio da persone senza sintomi ne favorisce estremamente la trasmissione. Gli altri hanno più a che fare con la paura dell'ignoto in una società poco avvezza ai rischi, con l'eccessiva fiducia nella medicina, e con gli interessi economici che traggono profitto dall'epidemia (che vanno dalla ricerca sensazionalista del pubblico alle aziende produttrici dei prodotti sanitari ad esso correlati).

Fino ad ora non esiste un trattamento specifico, anche se molti sono stati provati e alcuni sono stati pubblicizzati sui media come se la loro efficacia fosse dimostrata. Una malattia autolimitante con tendenza a curare alimenta la falsa impressione che qualsiasi misura sia efficace, anche se in realtà non ha alcun effetto o agisce semplicemente come un placebo.

Per fortuna, sembra che la maggioranza della popolazione abbia normalizzato l'epidemia e finora si rifiuta di lasciarsi trascinare da una paura incontrollata, nonostante la martellante campagna mediatica. D'altra parte, il sistema sanitario pubblico sta rispondendo e dimostrando, ancora una volta, che quando c'è un grave problema di salute, reale o sovradimensionato, è l'unico con la capacità di rispondere, mentre manca il settore privato, perché lo fa sempre quando ci sono problemi potenzialmente gravi e in cui la redditività economica non è garantita.

Matteo Renzi: "Se Conte vuole pieni poteri come Salvini, faremo cadere il governo"

Il leader di Italia Viva avverte in questa intervista che se il presidente del Consiglio non sottoporrà al Parlamento la gestione dei fondi dell'Unione Europea, ritirerà il suo sostegno e causerà crisi.

Matteo Renzi (Firenze, 45 anni) , ex presidente del Consiglio e leader di Italia Viva, ha guidato uno storico assalto politico un anno e mezzo fa in piena estate che ha destituito Matteo Salvini dall'Esecutivo e ha portato a un nuovo governo in Italia. Il fiorentino, il migliore in questo tipo di movimenti scacchistici parlamentari, accettò che Giuseppe Conte sarebbe stato ancora una volta alla guida del nuovo artefatto. Oggi, però, minaccia di usare la sua forza parlamentare (30 deputati e 18 senatori) e di rimandarlo a casa se il presidente del Consiglio non si arrende e cambia radicalmente la struttura che ha progettato per distribuire i 209.000 milioni di euro di fondi europei che l'Italia riceverà. La situazione è critica e arriva nel momento peggiore. Ma Renzi questa volta è disposto ad andare fino in fondo . Se rovescia il governo, come afferma in un'intervista telefonica con EL PAÍS proprio la mattina dopo il duro attacco a Conte al Senato, non ci sarebbero difficoltà a formare un altro esecutivo.

DOMANDA. Mercoledì lei ha avvertito il primo ministro al Senato che rovescerà il governo se non revocerà la sua decisione di affidare la gestione dei fondi di recupero europei a una task force guidata da sei amministratori delegati. Pensi che ti ascolterà?

RISPOSTA. Penso che tornerà indietro. È stato nominato presidente del Consiglio dei ministri dopo che un anno e mezzo fa abbiamo effettuato un'operazione in Parlamento contro Salvini. Ed è stata una bella operazione perché, tra l'altro, il Movimento 5 Stelle (M5S), che era contro l'Europa, oggi è europeista e cerca di entrare nel gruppo di Emmanuel Macron (Renew Europe). Questo è un capolavoro tattico. Il primo ministro ha lavorato per far avanzare la pandemia. E in alcune cose ha fatto meglio che in altre. Ma non si può accettare che in nome dell'emergenza, a 10 mesi dal suo insorgere, tutti i poteri dello Stato siano arrogati a spendere quei 200.000 milioni. Non abbiamo rimosso Salvini per questo.

DOMANDA. P. Italia Viva, il tuo partito, ora ha la chiave di questo esecutivo. Farà cadere il governo se Conte non si tira indietro?

RISPOSTA. Sì, nel senso che questo non è un problema lavorativo, come mi è stato offerto. Non posso accettarlo. Il meccanismo per discutere le regole istituzionali non può essere compensato da un piccolo accordo. Italia Viva è un piccolo partito, ma noi siamo decisivi per il Governo. Se Conte vuole pieni poteri come richiesto da Salvini, io dico di no. È un problema di rispetto delle regole. E in quel caso ritireremo il sostegno al governo.

"Se necessario, i numeri vengono dati in Parlamento per formare un altro governo"

DOMANDA. Questa volta c'è una parte del Partito Democratico (PD) e dell'opposizione che sono con lei. Pensi di avere il tuo sostegno in questo?

RISPOSTA. Molti di coloro che prendono le distanze da me in pubblico ammettono in privato che le nostre critiche sono giuste e autentiche. Quindi spero che Conte si fermi. È lui che ora sta andando nella direzione opposta sull'autostrada. Se riacquisti lucidità, ferma questo assurdo provvedimento, siamo pronti a ragionare in merito.

DOMANDA. In che senso?

RISPOSTA. Abbiamo 200.000 milioni di euro, ma non sappiamo chi ha deciso come spenderli. È apparso un solo documento che dice cose come: "Per il turismo, 3.200 milioni di euro". Il turismo è fondamentale per l'Italia. I nostri amici spagnoli saranno felici se investiamo solo quella cifra. Ma è assurdo che un Paese come il nostro, con il patrimonio culturale e la capacità di attrarre visitatori, investa l'1,5% di questi fondi in questo settore. Ma chi ha deciso questa follia? E questa è solo una parte.

DOMANDA. Non ci sono state discussioni in Consiglio dei ministri?

RISPOSTA. No! E questo parla dell'improvvisazione prevalente. Non hanno parlato con i sindaci, con i sindacati, con i datori di lavoro, con il terzo settore… È come se avessero perso la testa. Un tecnico di Palazzo Chigi [sede del Governo] ha deciso di notte come spendere 200.000 milioni che sono la nostra ultima grande occasione per pensare al futuro dei nostri figli.

DOMANDA. Qual è la tua analisi?

RISPOSTA. Non lo so, sono un ex presidente del Consiglio che ha servito il suo Paese per un certo periodo e oggi è membro del parlamento. Non ho voglia di discutere, ma non posso accettare che qualcuno nel mio paese cerchi di rivendicare pieni poteri. Quando Salvini ci ha provato, mi sono alzato in Parlamento e ho detto "no". Ora, non farò qualcosa di diverso.

DOMANDA. Ti sembrano paragonabili?

RISPOSTA. Salvini lo ha fatto in costume da bagno e con un mojto in mano e Conte, con giacca e cravatta in un ufficio.

Non accetterò posizioni in cambio del nostro sostegno, non sarò ministro "

DOMANDA. Fissate una scadenza per risolvere questa crisi?

RISPOSTA. Dipende da lui. Devi fermarti, scusarti e ricominciare.

DOMANDA. Se il governo cade, il Quirinale [sede della Presidenza della Repubblica] ha già fatto sapere che è propenso a indire elezioni. Non consentirà altre operazioni.

RISPOSTA. Guarda, il Quirinale in Italia non parla. Quelle sono fonti attribuite a chi vuole che dica una certa cosa. Ma in Italia il sistema prevede che il Presidente della Repubblica debba verificare se i numeri esistono in Parlamento per formare un altro Governo. E se li trovi, è fatto. Altrimenti va alle elezioni.

DOMANDA. E pensi che quei numeri siano dati?

RISPOSTA. Penso di sì. Ma prima di arrivare a questo, vorrei che il Presidente del Consiglio riacquistasse la sua tranquillità e venisse in Parlamento per cambiare tutto.

DOMANDA. L' Italia sta attraversando una situazione critica: sanitaria, economica e sociale. Sembra prudente condurre un'operazione del genere?

RISPOSTA. L'ideale sarebbe andare avanti con questa maggioranza e questo governo. Ma non a qualsiasi prezzo. Devi essere molto chiaro con i 200.000 milioni del fondo di recupero.

DOMANDA. Se i numeri non tornassero, saresti felice di vedere Forza Italia entrare a far parte di una nuova maggioranza?

RISPOSTA. Forza Italia è un partito europeista che appartiene al Partito popolare europeo (PPE) e che deve chiarire i suoi rapporti con Salvini e [Giorgia] Meloni [di Fratelli d'Italia]. La destra italiana è divisa tra sovranisti e popolari. Ma i sovranisti, a differenza della Spagna, sono più numerosi. Non credo che Berlusconi e Salvini si lasceranno mai.

Forza l'Italia al governo? Berlusconi non romperà con Salvini "

DOMANDA. Che tipo di primo ministro vorresti se il governo cadesse?

RISPOSTA. Oggi si chiama Giuseppe Conte e gli consiglio di concentrarsi bene perché dovrà presiedere il G20 in un momento molto importante. Il mondo post-virus e il ritorno degli Stati Uniti sul tavolo del multilateralismo. Lascialo fare invece di chiedere pieni poteri.

DOMANDA. Sì, ma se rovesciate il governo, come minacciate adesso, dovrà essere eletto un primo ministro. Gradireste qualcuno del PD come Nicola Zingaretti?

RISPOSTA. Non faccio piscine. Non è una questione personale, insisto.

DOMANDA. Ha parlato con Conte nelle ultime ore?

RISPOSTA. Sono andato a trovarlo a Palazzo Chigi e gli ho chiesto di fare un lavoro serio insieme. Quando in seguito ha presentato il progetto, ho risposto che la sua visione è contro la filosofia che dovrebbe essere giusta per l'Italia. Non potevamo vederci più fisicamente.

DOMANDA. Hai offerto qualcosa per fermare la minaccia?

RISPOSTA. Gli sherpa si sono incontrati per lavorare. Ma non posso e non voglio usare una battaglia iniziale per chiedere posizioni. È evidente che avrei tutto l'interesse a farlo, ma non è una battaglia per il mio partito, ma per il mio paese.

DOMANDA. Accetteresti un portafoglio se ci fosse una ristrutturazione del governo a gennaio?

RISPOSTA. Non tornerò al Consiglio dei ministri. È una battaglia per le idee e questo mi rende forte.

https://elpais.com/internacional/2020-12-10/matteo-renzi-si-conte-quiere-plenos-poderes-como-salvini-haremos-caer-al-gobierno.html


La Azzolina con un piede fuori dal governo

La Azzolina con un piede fuori dal governo, Pd e Iv: “Va sostituita”. E Conte sta per arrendersi.

Bye bye Azzolina. “Ha sbagliato troppo, va sostituita”. Il tam tam continua, ai piani altri sostengono che non è più possibile tenerla alla guida del ministero. Pd e renziani sono pronti a metterla alla porta, già sanno chi inserire al suo posto. Il tentativo di Conte del “vogliamoci tutti bene” è fallito sul nascere. E le sue parole sui ministri – pronunciate giorni fa – sanno ancor più di beffa. «Sono il capitano di una squadra che ha superato una grande prova, i miei ministri sono i migliori», aveva detto. E ancora: «La maggioranza c’è e ci sarà». Il solito show del premier.

Parole, però, che hanno imbarazzato le stesse forze di governo. Pd e Iv sanno che così non si può andare avanti. “Ma quali ministri migliori”, è il commento che rimbalza in ogni retroscena. La seconda ondata è stata affrontata in modo pessimo, l’Italia è tornata nello sprofondo. Basta pronunciare un nome, Lucia Azzolina, e succede il finimondo perché sulla scuola ha combinato un disastro.

La strada è stretta. Pd e renziani non digeriscono più l’altalena di Conte e il vuoto dei Cinquestelle. Minacciano di andare al voto, poi però leggono i sondaggi e frenano. Respingono l’ipotesi di un “governo allargato”, che ridurrebbe il loro raggio d’azione. Quindi, resta un viottolo a senso unico, quello del rimpasto. Non pronunciano la parolina magica ma lavorano per raggiungere l’obiettivo. Perciò mettono sul tavolo tutti gli errori commessi dai ministri e ne chiedono la fuoriuscita, avendo già in tasca i nomi per sostituirli.

I familiari dei pescatori contro il loro concittadino Bonafede.


I familiari dei 18 pescatori sequestrati in Libia ieri hanno dato vita a una manifestazione di protesta a Mazara del Vallo dopo la liberazione di una nave turca sequestrata il 5 dicembre scorso dalle milizie del generale Haftar. Quindi, dall’aula consiliare dove si trovavano riuniti, si sono spostati davanti l’abitazione dei genitori del grillino Bonafede. Sul posto sono arrivati Polizia, Carabinieri e Polizia Municipale.

Eppure, in questi cento giorni, il ministro della Giustizia ha parlato dell’universo mondo. Ha avuto modo di scrivere sui Social della morte di Paolo Rossi, Maradona e Gigi Proietti. Ha partecipato a Domenica In da Mara Venier, da Bruno Vespa a Porta a Porta, a Otto e mezzo da Lilli Gruber. Ha preso posizione sui bonus per l’energia green. Ha elogiato i detenuti di Bollate che producono mascherine. Ha ricordato i 54 anni dall’alluvione di Firenze. È intervenuto persino sul progetto di una missione spaziale italiana su Marte. Mai una parola sui marittimi siciliani. Più facile per lui parlare dei marziani. I quali, se esistono, danno meno grattacapi dei libici. Il problema è spiegarlo ai suoi concittadini.