24 settembre 2021

Arrestato in Sardegna l'ex presidente catalano Puigdemont.

Era ad Alghero per partecipare a un convegno: è stato bloccato all'aeroporto della cittadina sarda dalla polizia di frontiera.

L'ex presudente catalano, Carles Puigdemont, è stato arrestato ad Alghero, in Sardegna, in applicazione del mandato di cattura emesso da Pablo Llarena, giudice del Tribunale Supremo spagnolo. Lo ha appreso la testata spagnola Abc da fonti giudiziarie, secondo le quali le autorità italiane hanno già notificato l'arresto alla magistratura di Madrid. 

Secondo i media iberici, Puigdemont si era recato ad Alghero, città di lingua catalana, per un convegno dove era ospite d'onore e si trova ora nel commissariato dell'aeroporto della città sarda dopo essere stato arrestato dalla polizia di frontiera.

L'ufficio di Puigdemont ha confermato l'arresto con un comunicato e ha spiegato che l'ex presidente catalano sarà messo domani a disposizione della Corte d'appello di Sassari, che ha la competenza per decidere se rimetterlo in libertà o procedere alla sua estradizione in Spagna. Lo scorso 30 luglio il tribunale dell'Unione Europea aveva confermato la revoca dell'immunità parlamentare per Puigdemont, che è ricercato per sedizione dalle autorità spagnole in merito al tentativo di secessione della Catalogna nel 2017.

Dal tentativo di secessione all'arresto 

L'ex presidente catalano, Carles Puigdemont, e gli ex ministri catalani della Salute e dell'Educazione, Toni Comin e Clara Ponsati', devono rispondere alla giustizia spagnola dei reati di sedizione e malversazione in merito al fallito tentativo di secessione dell'ottobre 2017Puigdemont era andato avanti con la convocazione del referendum, annunciato nel giugno 2017, nonostante la Corte Costituzionale spagnola avesse sospeso la legge che lo disponeva. La consultazione del 1 ottobre 2017 si concluse con oltre il 90% dei voti a favore dell'indipendenza, pur con un'affluenza inferiore al 43%.

Il Parlamento catalano dichiarò l'indipendenza il 27 ottobre 2017. Il governo spagnolo reagi' sciogliendo la Camera della Generalitat, convocando nuove elezioni e commissariando la regione. Il 30 ottobre 2017 il procuratore generale spagnolo, Jose Manuel Maza, apri' un'inchiesta per ribellione, sedizione e malversazione nei confronti di Puigdemont e altri esponenti del suo governo. L'accusa di malversazione si riferisce, nello specifico, all'utilizzo illecito di fondi pubblici del quale i tre esponenti del partito indipendentista Junts Per Catalunya si sarebbero resi colpevoli con l'organizzazione del referendum. Subito dopo la pubblicazione delle accuse, Puigdemont e cinque suoi ministri, tra cui Comin e Ponsati', fuggirono a Marsiglia, da dove presero un volo per il Belgio per evitare l'arresto.

Il 3 novembre la giustizia spagnola emise un mandato di cattura europeo nei confronti dei politici indipendentisti ricercati, che si consegnarono alla polizia belga per poi essere rilasciati con l'ordine di non lasciare il Paese.

Il 5 dicembre 2017 il mandato di cattura europeo fu poi ritirato da Madrid, in una mossa tattica dovuta al timore che la magistratura belga limitasse le imputazioni o ne spiccasse di non omogenee a quelle previste dalla legge spagnola. L'anno dopo il giudice del Tribunale Supremo Pablo Llarena avrebbe infatti riattivato il mandato di cattura. L'immunità parlamentare che Puigdemont, Comin e Ponsati' avevano guadagnato con l'elezione al Parlamento Europeo il 26 maggio 2019, fu revocata lo scorso 10 marzo dalla plenaria dell'Europarlamento.

Lo scorso 2 giugno il vice presidente del Tribunale dell'Ue sospese poi provvisoriamente la revoca dell'immunità parlamentare di Puigdemont, Comin e Ponsati'. Lo stesso Tribunale Ue, lo scorso 31 luglio, respinse infine la richiesta di un'ulteriore sospensione della revoca, aprendo la strada una volta per tutte all'estradizione dei tre indipendentisti. 

22 settembre 2021

Catturato a Parigi lo zio di Saman: tradito dai post sui Social. Era protetto da una rete di amici pakistani

È stato arrestato alla periferia di Parigi lo zio di Saman Abbas, la ragazza di 18 anni di origine pachistana scomparsa da Novellara in provincia di Reggio Emilia. L’uomo, Danish Hasnain, è stato bloccato in un’abitazione privata dalla polizia francese in coordinamento con il nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Emilia.

Non aveva documenti con sé quando è stato controllato, ma Danish Hasnain sarebbe stato riconosciuto e quindi tradito da un neo sul volto. Per arrestare lo zio di Saman Abbas la polizia francese, che opera d’intesa con i carabinieri di Reggio Emilia, ha fatto irruzione in un appartamento della periferia di Parigi, dove il pachistano indagato per l’omicidio della nipote diciottenne si trovava con alcuni connazionali, estranei all’accaduto. A quanto pare avrebbe contribuito a individuarlo nella capitale francese

Lo zio di Saman continuava a “postare” sui Social

Lo zio di Saman è stato individuato e catturato grazie a un mandato di cattura europeo. La polizia transalpina ha rintracciato Danish Hasnain in una casa del sobborgo parigino di Garges les Gonesse. Lo riferisce il Resto del Carlino riferendo che l’uomo non era solo in casa. Avrebbe eluso i controlli finora, in tutti questi mesi in cui era ricercato, potendo contare su un solida rete di pakistani che l’hanno protetto e nascosto.

Secondo gli inquirenti avrebbe ideato ed eseguito materialmente l’omicidio della nipote. Lo accusa anche il fratello minore di Saman: «Secondo me l’ha uccisa strangolandola, anche perché quando è venuto a casa non aveva nulla in mano», ha detto.

Il papà di Saman avrebbe affidato la figlia a Danish che, sempre secondo il racconto del fratello, sarebbe stata strangolata. Un omicidio premeditato secondo il procuratore Isabella Chiesi come si evincerebbe anche dal video. Nei fotogrammi diffusi dagli inquirenti, si vede la sera precedente, quella del 29 aprile, tre uomini, che si suppone siano i cugini di Saman e appunto lo zio, dirigersi verso i campi con delle pale e un secchio. Secondo la procura è quello il momento in cui i tre avrebbe cercato e individuato il luogo in cui nascondere il corpo della ragazza. 

Green pass, pubblicato in G.U. il decreto: eliminata la sospensione dal lavoro in assenza di green pass

 

Nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale è stata eliminata la sospensione dal lavoro in assenza di green pass, ma è stato lasciato intatto l'obbligo di esibirlo per poter accedere ai luoghi di lavoro. Chi non lo avrà sarà assente ingiustificato e scatterà comunque, fin dal primo giorno, la sospensione dello stipendio. Approda in Gazzetta Uffiiciale il dl sul green pass approvato la scorsa settimana in Consiglio dei ministri. E nel testo sono state "ammorbidite" le sanzioni per il lavoratore privo del certificato verde: è stata tolta la sospensione del lavoratore, ma non quella della retribuzione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto legge riguardante “misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening” approvato dal Consiglio dei ministri di giovedì. Via libera, inoltre, dell'Aula della Camera al decreto legge green pass bis, che contiene anche le misure relative alla riapertura di scuole e università 'in presenza', riservando l'eventuale 'dad' solamente a singole istituzioni scolastiche (o alle zone 'rosse') e all'obbligo di certificazione verde sui mezzi di trasporto. I voti a favore sul provvedimento, che va convertito entro il 5 ottobre e va al Senato, sono stati 335, 51 i no e tre astenuti. "Il voto della Lega a questo dl sarà favorevole. Speriamo di tornare presto alla vita normale. Nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/09/21/21G00139/sg). È stata eliminata la sospensione dal lavoro in assenza di green pass, ma è stato lasciato intatto l'obbligo di esibirlo per poter accedere ai luoghi di lavoro. Chi non lo avrà sarà assente ingiustificato e scatterà comunque, fin dal primo giorno, la sospensione dello stipendio. L'obbligo di esibire il certificato verde nei luoghi di lavoro pubblici e privati si applicherà dal 15 ottobre. “L’efficacia rimane la stessa”, ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a “Tgcom24”, sottolineando che “il lavoro deve essere tutelato”. Per le imprese con meno di 15 dipendenti “dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata” per non essersi messi in regola con l’obbligo di green pass “il  datore  di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata  corrispondente  a quella  del  contratto  di  lavoro  stipulato  per la  sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31dicembre 2021”.

Resta il nodo dei controlli, affidati ai datori di lavoro, in attesa delle linee guida che dovranno essere emanate nei prossimi giorni per chiarire questo e altri punti. Fino al 31 dicembre, le farmacie - ma anche tutte le strutture convenzionate con il sistema sanitario, dovranno applicare ai tamponi un prezzo calmierato: 15 euro, 8 euro per i minorenni. Confermata dunque la linea imposta dal premier Mario Draghi di non prevedere la gratuità del test, come chiedevano i sindacati e Matteo Salvini, per non depotenziare l'incentivo alla vaccinazione costituito dall'obbligo di green pass. Piccole modifiche anche al periodo di validità dei pass: durerà 12 mesi per chi è risultato positivo dopo il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose di vaccino, o a completamento del ciclo. Per chi ha contratto la malattia e si vaccina, il pass varrà dal giorno della somministrazione, senza aspettare il quindicesimo.

21 settembre 2021

Ci sono molti modi per diffondere false notizie: lettere anonime, la pubblicazione sui giornali, un post su Facebook…

 I giornalisti sono tenuti a svolgere un ruolo decisivo nella trasmissione di notizie precise e di qualità all’interno della società. È un compito divenuto ancora più difficile a causa della grande quantità di FAKE NEWS, informazioni errate e altri tipi di contenuti imprecisi che circolano costantemente tra le piattaforme digitali.  I giornalisti  oggi hanno l’obbligo di setacciare la massa di contenuti che vengono creati e condivisi per separare il vero dal falso e per aiutare la diffusione della verità. Sfortunatamente, come dimostra il post di  Christian Solinas, non è questo il modo con cui attualmente le imprese giornalistiche trattano le notizie, le voci che circolano online e i contenuti virali. Le falsità arrivano molto più lontano della verità e i media giocano un ruolo importante nel favorire che accada. I siti di news dedicano infatti molto più tempo e risorse a diffondere informazioni discutibili e spesso false, di quanti ne impieghino a verificare e/o smontare contenuti virali e voci diffuse su internet. Invece di comportarsi come fonti informative affidabili, spesso i media online promuovono la disinformazione nel tentativo di guadagnare traffico e impegno sociale.

Ma oggi l’asticella che indica cosa sia degno di attenzione sembra essere molto più bassa. Inoltre, esiste una serie di pratiche ampiamente diffuse tra i siti di news che confondono e ingannano il pubblico. Sono abitudini che riflettono un pensiero a breve termine che, in fin dei conti, non è in grado di comunicare il pieno valore di una notizia.

Oltre a causare altri problemi, questa assenza di verifica fa anche sì che i giornalisti siano facili complici di impostori e falsificatori che, per guadagnare credibilità e traffico, cercano di ottenere che la stampa citi le loro dichiarazioni e i loro contenuti.

Riporto di seguito il post pubblicato il 20 settembre 2021 da Christian Solinas nella sua pagina facebook riferito all’articolo del Fatto  Quotidiano riguardo l’acquisto della sua abitazione.

IL POST

“ LE TANTE MOGLI DI PUTIFARRE E I TANTI SINONE CHE GIOCANO CON LE PAROLE IN SARDEGNA. CON UNA POSTILLA PER I DESTINATI ALLA GIUDECCA DEL XXXIV CANTO DELL'INFERNO.

Apprendo dai mass-media, che riportano una notizia de Il Fatto Quotidiano, l’iscrizione a modello 45 da parte della Procura di Cagliari di una serie di esposti anonimi i quali riguarderebbero l’acquisto della mia abitazione.

Premesso che, come noto, tale modello riguarda notizie e/o segnalazioni che non costituiscono reato, sono comunque a completa disposizione per chiarire ogni aspetto delle mie attività, che pur attenendo alla mia personale sfera privata sono sempre state caratterizzate da legittimità e trasparenza.

Si pone invece con forza l’interrogativo su come elementi attinenti ad un fascicolo riservato possano essere nelle mani di più persone ed utilizzate evidentemente per costruire un caso mediatico fondato su ricostruzioni parziali e strumentali, su allusioni e accostamenti suggestivi, su gravi omissioni che orientano una lettura fuorviante.

Non può certo sfuggire che vi sia un insieme di esposti anonimi, inspiegabilmente conosciuti ad alcuni giornali e blogger, con pubblicisti che si citano a vicenda per avvalorare le proprie tesi, tutte coordinate ad un frontale attacco politico nei miei confronti.

Per quanto mi riguarda, per il rispetto che ho dei Sardi e per l’amore che nutro per la mia terra, non posso più tacere:

- A quarantacinque anni, dopo venticinque di attività, ho acquistato una casa di abitazione edificata circa mezzo secolo fa, che era pubblicamente in vendita da parte di un’agenzia immobiliare. Lo ho fatto, come tutti, con un atto pubblico, stipulando il contratto preliminare e poi l’atto definitivo davanti al notaio, sempre alla luce del sole, dando un acconto con i miei risparmi ed accendendo un mutuo di 30 anni, garantito da ipoteca a favore della Banca pari al doppio del valore.

- Non è di mia proprietà invece e non ho alcuna relazione con il lotto confinante, sul quale è in corso la costruzione di altro immobile da parte di un privato imprenditore. Pertanto, la circostanza dell’edificazione allusivamente legata alla mia persona è clamorosamente falsa.

- Riguardo alle mie proprietà in agro di Capoterra, acquistate nel 2002 e sulle quali ho investito nel tempo impegno e risparmi, rappresento che ho deciso di metterle in vendita pubblicizzandole su un sito immobiliare, al fine di poter acquistare la mia nuova abitazione così come credo faccia la maggior parte delle persone comuni; tengo a precisare di aver conosciuto l’amministratore della società promissaria acquirente solo in occasione della sottoscrizione del contratto preliminare dinanzi al notaio; l’atto definitivo non è ancora stato stipulato perché la promissaria acquirente mi ha tempestivamente e formalmente richiesto via PEC un differimento del termine di ulteriori 3 mesi, che ho ritenuto di concedere rispondendo alla stessa con posta certificata e previa comunicazione al notaio rogante, nell’ambito di una normalissima contrattazione fra parti private.

- Con riferimento, invece, al contratto preliminare di compravendita di tre ettari di zona edificabile ed un ettaro di zona agricola sempre in agro di Capoterra, sottoscritto nel 2013, ancora una volta davanti ad un notaio, voglio sottolineare che non si è mai addivenuti alla stipula dell’atto definitivo in quanto il compianto promissario acquirente è venuto a mancare; il contratto preliminare è stato però consensualmente risolto con gli eredi, ai quali ho restituito per intero la caparra a suo tempo versata mediante rogito notarile regolarmente registrato.

Pertanto, le circostanze e le gravissime allusioni riportate dal Fatto Quotidiano sono destituite di ogni fondamento.

Certo di aver chiarito la piena trasparenza e la legittimità che hanno sempre contraddistinto le mie azioni, continuerò senza indugio ed in piena coscienza a lavorare per la nostra amata Sardegna, assumendomi come sempre l’onere di decisioni che potranno pure costarmi altri esposti anonimi, ma che ritengo adottate nel solco della via maestra, rappresentata dall’interesse pubblico, bene primario irrinunciabile. “

Christiansolinas post


20 settembre 2021

Motonautica: Mondiale Offshore, Cagliari scalda i motori.

 Dal 22 al 26 settembre al Poetto sfida bolidi mare per 3 titoli.


Motori caldi a meno di una settimana dal via a Cagliari della Fim Sardinia Grand Prix. Da mercoledì 22 a domenica 26 settembre, davanti a uno dei luoghi più iconici del turismo cagliaritano, la spiaggia del Poetto, i bolidi dell'offshore si sfideranno per ben 3 corone: a partire dalla più importante, quella per il Campionato del Mondo UIM Classe 3D, con un contorno rappresentato dal Campionato Italiano FIM Offshore 5000 & Honda Offshore e dal Campionato Italiano FIM Formula Junior Elite, oltre a una competizione internazionale di Pleasure Navigation.

Il tutto organizzato dalla Federazione Italiana Motonautica e della sua delegata Assoservices Association.

I momenti da fissare sul calendario sono: giovedì 23 in acqua per le prove libere alle 10.30 alle 12.30 e poi dalle 15.30 per Gara-1, venerdì 24 prove libere alle 11 e Gara-2 alle 15.30, sabato di nuovo libere alle 11.30 e infine domenica libere alle 10.30 e la decisiva Gara-3 (circuito corto) alle 15.30. Durante gli ultimi 30 minuti di prove di giovedì 23 verranno presi i tempi per la composizione della griglia di partenza di Gara-1. L'ordine di arrivo determinerà invece la griglia di Gara-2, mentre per Gara-3 l'ordine di partenza sarà dato dall'ordine di arrivo invertito di quella precedente.

Da oggi sono iniziati i lavori per fare del Porticciolo Turistico di Marina Piccola il paddock del FIM Sardinia Grand Prix: previste multe salatissime (fino a 500 euro) per chi lascia oggetti di plastica abbandonati e per chi non utilizza correttamente i vari contenitori dedicati. Un aspetto che farà piacere all'Assessorato al Turismo della Regione Sardegna e in particolare al titolare Gianni Chessa, che ha voluto fortemente questo evento. Il turismo e la cultura di Cagliari e Sardegna saranno iuna presenza costante per tutta la settimana. Un legame sul quale la Federazione Italiana Motonautica del Presidente Vincenzo Iaconianni punta molto, considerata anche la presenza a Olbia dal 17 al 19 settembre con il Mondiale di Aquabike.

Regione Sardegna in prima fila anche per il vernissage del FIM Sardinia Grand Prix presentato venerdì. Infine grande anteprima del nuovo progetto della FIM: la "SuperBoat".

 


18 settembre 2021

I Cinquestelle sono sempre più vicini all'estinzione

 

Quattro anni fa, tra lo stupore di tutti, avevano conquistato, avendo pochissimi soldi e senza nemmeno fare tanta fatica, persino due grandi città: Roma e Torino. Adesso, non solo stanno perdendole entrambe (e su questo non si discute) ma arretrano anche dovunque nel paese. Giuseppe Conte che si era autodefinito l'avvocato degli italiani e che sta sempre più diventando l'avvocato di sé stesso, mette le mani avanti e dice che «da sempre i pentastellati sono deboli nelle elezioni amministrative». Come mai allora cinque anni fa i grillini, pur essendo deboli in periferia, conquistarono, sbaragliando tutti, la capitale vera e la ex capitale industriale? Con questi ragionamenti, Conte rischia pertanto di vedere attribuiti gli imminenti scarsi risultati al capo del M5s, cioè a sè stesso.

FOIBE: LA VERGOGNA DELLE PAROLE CHE CANCELLANO SECOLI DI CIVILTÀ GIURIDICA

L’oramai monotona e riuscita polemica sull’articolo con cui Tomaso Montanari vorrebbe abolire la legge che ha istituito la Giornata del Ricordo, per l’inaudita presunta equiparazione dei massacri delle Foibe con la Shoah, ha fatto emergere una violenza inquietante nelle parole di coloro che hanno sostenuto il professore, intento addirittura a supporre “falsificazioni storiche” sull’evento.

Nel celebre articolo sul Fatto Quotidiano, Montanari a supporto del suo pensiero ha citato una lettera aperta al presidente della Repubblica – da lui definita coraggiosa – con cui lo storico Angelo D’Orsi lamentava che “la legge aveva di fatto equiparato il genocidio della Shoah con gli avvenimenti al Confine Orientale, tra Italia e Jugoslavia, fra il 1941 e il 1948”. Lo studioso spiegava poi che “la storiografia dice che le vittime accertate, ad oggi, furono poco più di 800, parecchie delle quali giustiziate, essendosi macchiate di crimini, autentici quanto taciuti, verso le popolazioni locali” facendo trasparire una sorta di giustificazione per gli autori dei crimini.

Scorrendo i commenti su Twitter e Facebook di Montanari e del giornalista Andrea Scanzi, che prontamente si è accodato in sua difesa, emergono frasi sconcertanti di persone che ancora ritengono che i criminali titini abbiano agito nel giusto, perché vittime degli eccidi erano fascisti e nazisti. Hanno tradotto in chiaro ciò che voleva dire lo storico D’Orsi nella “coraggiosa” lettera al capo dello Stato. Tra questi il più esplicito è stato Giovanni Paglia, vicesegretario di Sinistra Italiana.

Quello che ancor più sconcerta, però, è il fatto che né Montanari né Scanzi abbiano preso le distanze dagli sbrigativi sostenitori del “tanto erano fascisti o nazisti”. Neppure nel De bello gallico si trattavano così i nemici, di colpo sembra di tornare indietro di secoli di civiltà giuridica. Intellettuali influenti non dovrebbero permettere tali violente espressioni nei propri siti, tanto più se riferite a esecuzioni sommarie avvenute a conflitto finito. Probabilmente sono gli stessi che si indignano di fronte alle medesime esecuzioni compiute dai talebani in questi giorni, mentre in una comparazione degli avvenimenti – come li definisce D’Orsi – sembra difficile stabilire a chi appartenga il primato della ferocia.

Da quelle immani tragedie della guerra la Comunità Internazionale, quella non legata a dinamiche fascismo-antifascismo, ha generato Convenzioni internazionali di Diritto umanitario per tutelare i prigionieri e le persone deboli e far sì che “...la guerra sia una relazione tra Stati, in cui i gli individui sono nemici solo per caso” come sosteneva Jean-Jacques Rousseau molto tempo prima. Forse a nulla è servito che sul fronte dei diritti umani è stata poi scritta una Convenzione che vuole salvaguardare il principale dei diritti, quello alla vita, sia essa di un fascista che di un pericoloso terrorista Isis o di un criminale comune responsabile dei più odiosi reati.

Infine, è utile rammentare che Roma è la città dove nel 1999 è stato firmato lo Statuto con cui è stata istituita la Corte Internazionale Penale, perfetta convergenza tra istanze di Diritto umanitario e dei Diritti dell’uomo. Uomini che rappresentano l’élite intellettuale del Paese che ha dato i natali a tale Statuto, non possono sorvolare sull’esimente “tanto erano fascisti”: devono prendere una decisa posizione. Per inciso, le vittime delle Foibe erano in gran parte carabinieri, finanzieri, sacerdoti, gente comune. C’erano anche i fascisti ma non per quello, con tutte le loro colpe, meritavano di morire in quel modo e almeno ora, nel 2021, si abbia il coraggio – in questo caso serve – di ammetterlo. Per non tornare all’archeologia del diritto umanitario.

 

15 settembre 2021

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen , presenterà una legge contro la violenza di genere entro la fine dell'anno per rafforzare la lotta contro questo flagello e cercare di rendere tutti gli abusatori responsabili "alla giustizia".

Lo ha annunciato durante il dibattito sullo stato dell'Unione svoltosi questo mercoledì al Parlamento europeo, difendendo che "le donne dovrebbero poter tornare a vivere libere e autonome". La politica tedesca ha avanzato che le priorità del nuovo testo saranno "applicare efficacemente il diritto penale", lavorare sulla prevenzione di questi crimini, sulla protezione delle vittime e sulle molestie dentro e fuori i social network.

In questa linea, ha ricordato che la pandemia è stata "terribile" per le vittime di violenza di genere da quando sono state rinchiuse con i loro aguzzini. Libertà significa anche essere liberi dalla paura. Durante la pandemia, troppe donne sono state private di questa libertà", ha denunciato.

L'annuncio di Von der Leyen è stato particolarmente applaudito dal presidente dell'Alleanza Progressista dei Socialisti, lo spagnolo Iratxe García Pérez . «È senza dubbio una grande notizia. Eccellente. Da anni chiediamo che questa legge europea lotti contro il più grande flagello che esista in questo momento perché nel mondo, in Europa, ci sono donne che perdono la vita, che vengono uccise per il solo fatto di essere donne. E non possiamo rimanere impassibili di fronte a questa realtà", ha detto.

La politica socialista ha colto l'occasione per attaccare i parlamentari europei di estrema destra, sebbene senza allusioni dirette, affermando che "non capisco ancora come possano esserci gruppi in quest'Aula che non sono disposti a incorporare la violenza di genere nell'ordinamento giuridico europeo".

E il fatto è che la direttiva proposta dal presidente della Commissione europea dovrà ancora superare un lungo cammino parlamentare prima di entrare in vigore. L'ostacolo principale che deve affrontare è che non esiste ancora un'unica definizione legale di violenza di genere nell'UE e ogni Stato membro ha una prospettiva diversa. La gamma va dai paesi che non hanno nemmeno un reato specifico per punire questo tipo di maltrattamenti alle differenze di ambito che esistono tra gli stati che rispondono con sanzioni penali.

Il disegno di legge sarà sottoposto sia al Parlamento europeo, che può proporre e approvare emendamenti, sia al Consiglio, e il testo definitivo dovrà essere approvato da entrambe le istituzioni.

L'annuncio di von der Leyen arriva all'indomani del voto che ieri ha portato i popolari europei - spagnoli compresi - ad astenersi in una risoluzione del Parlamento europeo contro la discriminazione delle coppie omosessuali. L'iniziativa sostiene che queste famiglie abbiano gli stessi diritti in tutta l'Unione e intervengono di fronte alla discriminazione che questo gruppo subisce in paesi come l' Ungheria, la Polonia e la Romania.

Ma la polemica è scoppiata quando la sinistra è riuscita a includere una richiesta agli Stati membri di riconoscere i diritti familiari di altri paesi. Una questione che, secondo gli europei popolari, va contro il Trattato UE in quanto stabilisce che il diritto di famiglia è di competenza nazionale. Ritengono inoltre che potrebbe aprire la porta alla regolamentazione della maternità surrogata in tutta l'UE. L'iniziativa è stata approvata con 287 voti a favore (socialisti europei -spagnoli compresi-, sinistra radicale, verdi e liberali), a fronte di 161 voti contrari e 123 astenuti.

CORONAVIRUS, SCIENZA E LIBERTÀ

Ho sempre ritenuto che la linea più breve tra due punti fosse la retta, ma guardando alle posizioni sul coronavirus di alcuni intellettuali e forze sociali, oltre che dei ribellisti anarcoidi, ho l’impressione che oggi da noi (ma non solo da noi) per taluni sia invece l’arabesco. Si è visto ben poco contro il regime di vera segregazione coatta chiamato lockdown, pericolosamente costoso e corredato di mascherine obbligatorie, durato per molti mesi, imposto assai duramente e di (ahimè) non grande efficacia (non si vede, sui grandi numeri, una chiara, evidente, conclamata, differenza statistica tra Paesi che hanno chiuso molto, poco o per nulla), mentre è in atto una effervescente mobilitazione contro i vaccini, che, diffusi ormai in miliardi di dosi, stanno dimostrando, con una invece enorme e chiara evidenza statistica, di salvare davvero la gente con rischio minimo e, in più, comportando solo una molto piccola e ben limitata perdita di tempo e libertà. Ho sempre ritenuto che, in materia di ricerca scientifica, fosse il metodo sperimentale con la complessa discussione, analisi e interpretazione dei suoi risultati, fatta tra i competenti fino a un loro il più possibile concorde consenso, la procedura corretta per arrivare a “conoscere per deliberare”, tanto da parte dei protagonisti del mercato che da parte delle autorità democratiche e così in effetti è stato, dall’Illuminismo in poi e per due secoli nei Paesi liberali. Ma, oggi, la società psicologica di massa, così come ha trasformato i tifosi di calcio in milioni di pretesi direttori tecnici da bar, con la pandemia ha reso le brave massaie, i disinvolti opinionisti e gli attivisti politici, dei convinti e vocianti virologi, patologi e statistici, che, pur molto divisi, pretendono tutti però di essere subito ascoltati e seguiti, anche se non si sa bene come e perché. Il dibattito scientifico, necessario sempre e specie di fronte ad ogni fenomeno nuovo, che di norma si svolge tra esperti secondo la sequenza: ipotesi, teoria matematicamente definita, teoria sperimentalmente confermata, tende invece sempre più a traferirsi sulla pubblica piazza della comunicazione di massa, dove le semplici ipotesi, all’inizio naturalmente differenti, vengono presentate come compiute teorie contrapposte, diffondendo la falsa convinzione che la scienza sia incapace di arrivare a conoscenze reali ed acquisite, mentre gli scienziati (veri o presunti), sollecitati in ogni modo, vengono strumentalizzati e trasformati in combattenti nell’arena da una democrazia mediatica degenerata in demagogia.

Ho sempre ritenuto che la scienza debba avere un atteggiamento di neutrale obiettività nello studio della realtà che ci circonda, il che non vuol dire affatto che, al di là del puro dato scientifico, non vi siano poi dei valori veri, vari e diversi, da salvaguardare, ma vuol dire che i dati scientifici non possono essere alterati per renderli funzionali ad una o altra tesi. Quando però la tifoseria politica spinge gli schieramenti contrapposti a “filtrare” (prima di tutto a se stessi) le informazioni per vedere, considerare e diffondere solo quelle considerate favorevoli al proprio partito preso e per di più senza nessuna considerazione della attendibilità e soprattutto della validità generale dei dati esaminati, viene falsato il dibattito e rifiutata la conoscenza.

I “tifosi” di un certo comunismo infantile, quando, con violenti accenti di indignazione, indicano al pubblico ludibrio gli aperturisti (riservando ovviamente a sé il monopolio del senso civico) con argomentazioni drammatiche e del tutto generiche sui milioni di morti o sulla desertificazione del mondo, forzano e confondono la realtà per suggerire che, in fondo in fondo, gli “altri” siano degli untori e in qualche modo quasi corresponsabili delle immancabili catastrofi. Ma le persone di destra, la mia parte, di cui pure apprezzo moltissimo i dubbi e le resistenze (in tutto il mondo) alla allegra facilità con cui i falsi progressisti si sbarazzano di una libertà che non hanno mai amato, non possono e non devono mai stravolgere a loro volta i dati, fino a confondersi con quegli oltranzisti che negano i vaccini, quando non l’esistenza stessa del virus. La paura indotta e la negazione della realtà sono entrambe pessime consigliere.

Ho sempre ritenuto, perché i liberali non sono degli anarchici, che la società organizzata in Stato possa imporre delle regole ai cittadini, ma che queste regole debbano sempre e solo essere quelle che più tutelano anche la libertà personale e che lo stato democratico non debba mai sentirsi come una superiore entità rappresentativa della totalità dei cittadini e della loro volontà, uno stato etico insomma, ma solo come un semplice governo della cosa pubblica, una necessità inevitabile, ma anche potenzialmente pericolosa (si pensi solo alle guerre, all’oppressione fiscale o alla pretesa di cambiare autoritariamente la società sottostante). Uno stato democratico può certo trovarsi nella condizione di dover affrontare e gestire con mezzi straordinari una fase di emergenza, ma deve farlo secondo legge e solo per tempi molto limitati, perché altrimenti la legge d’emergenza viene ad assumere caratteristiche permanenti che mutano l’essenza dello Stato e lo trasformano in totalitario. E questo accade anche quando l’emergenza è una pandemia che divenga endemia.

Ho sempre ritenuto che salute, conoscenza, senso civico e libertà debbano procedere sempre assieme, come valori tutti da salvaguardare, perché poi rendono la vita non solo tutelata, ma degna d’essere vissuta e che questo sia vero sempre, ma soprattutto ovviamente nelle scelte politiche. Anche per il Covid-19. Allo stato delle attuali conoscenze, fissati i criteri che, a mio giudizio, dovrebbero orientare le scelte di governo nel futuro prossimo, credo che, al di là di tutti i possibili sviluppi (dalla medicina, alle varianti, all’economia), oggi vi siano due scenari principali possibili, o raggiungeremo una sufficiente e significativa immunità di comunità per spontanea adesione, fino a superare l’alta soglia necessaria per riportare il Covid nel novero delle malattie contagiose con cui abbiamo imparato a convivere, o dovremo arrivarci per forza di legge. Mentre sul piano mondiale dovremo isolare i Paesi che non vogliono i vaccini e aiutare quelli che non possono comprarli. Ma in tutti i casi la libertà va comunque il più possibile salvaguardata dal legislatore e l’emergenza deve finire assieme a tutti i provvedimenti emergenziali. Voglio dire che non sono più prolungabili il coprifuoco, le schedature, il divieto di circolare, di incontrarsi, di lavorare, di vivere liberi, perché il Covid non scomparirà dopodomani nel nulla, perché quei mezzi non sono risultati realmente efficienti, perché le perdite di vite indotte dai provvedimenti emergenziali non le abbiamo mai calcolate, perché le libertà costituzionali fanno parte del vivere anch’esse, perché il rischio zero non esiste in natura. Chi vorrà mantenere mascherina, distanziamento, rarefazione delle uscite, lo farà per sua scelta e magari farà anche bene, perché oltre ad una molto relativa protezione lo farà sentire più sicuro, ma su base volontaria.

Del pari è però potenzialmente pericoloso adoperare il Green pass per introdurre divieti a lungo termine per tutte le normali attività, perché costituisce un precedente che un domani potrebbe essere riscoperto, con altre e molto meno giustificate motivazioni, dagli autocrati di turno. Tutto questo tuttavia ha un costo, un necessario costo. Se non raggiungiamo la soglia che i dati ci indicheranno come necessaria, i vaccini anti-Covid (e le loro eventuali evoluzioni future) andranno resi obbligatori, come del resto è stato in passato ed è anche oggi per tanti altri. Togliamo ovviamente coloro che possano dimostrare di essere allergici ai vaccini o con particolari patologie, aspettiamo doverosamente una particolare casistica per decidere per i minori di dodici anni, ma gli altri, visto che comunque, pur senza un’ancora completa determinazione quantitativa, sembra ormai confermato saranno non solo ben protetti degli esiti gravi della malattia, ma anche molto meno in grado di contagiare, vanno vaccinati, perché non è solo la nostra personale salute in gioco, ma anche quella di tutti. D’altro canto la Libertà ha un prezzo, l’ha sempre avuto e oggi è anche un vaccino.

Le tifoserie che vorrebbero mantenere oltre all’obbligo vaccinale, anche tutto chiuso, o vorrebbero tutto riaperto senza vaccini, posso sbagliare, ma mi sembrano, appunto, tifoserie. Vaccino generalizzato e fine dell’emergenza vanno assieme. Visione semplicistica? No, non credo, lineare semmai e, comunque, ricordiamo che spesso, molto spesso “Simplex sigillum veri” (“Il semplice è il sigillo del vero”, così ammonivano i Latini e l'antica massima vale anche oggi, ...).

 

14 settembre 2021

L’ambiente, la cultura, la storia: quando i simboli vanno in frantumi (e la politica anche)

Erano i primi giorni del 2018 quando in molti siti ambientalisti europei e anche in svariati media vennero riportate le immagini della scalata da parte di alcuni attivisti di Greenpeace della imponente ex Chiesa cattolica di San Lamberto a Immerath, in Germania (Immerather Dom), nella regione della Renania. Essi vi appesero un grande striscione giallo sul quale era scritto: “Chi distrugge la cultura distrugge anche gli esseri umani.” (Wer Kultur zerstőrt, zerstőrt auch Menschen.) Dopo alcune ore lo striscione venne rimosso e gli attivisti allontanati dalle forze dell’ordine e fu possibile di lì a breve procedere con efficienti mezzi meccanici all’abbattimento, già da tempo programmato, dello Immerather Dom, per far posto all’allargamento di una gigantesca miniera di lignite a cielo aperto. E immediatamente comparvero anche sul web i filmati della distruzione di quello che per secoli era stato un importante edificio di culto, (presente fin dal XII secolo e nei secoli successivi più volte riedificato e ampliato e ricostruito, nella sua forma tardo-ottocentesca, anche dopo i gravi danneggiamenti riportati nel corso della seconda Guerra mondiale), saturo della storia di un intero territorio tedesco e delle eredità in senso ampio e della cultura del suo popolo. I commenti che accompagnavano i filmati in oggetto suonavano largamente concordi: sotto i colpi delle ragioni della economia e perdippiù di una economia “arretrata” come quella del carbone, rappresentata nella fattispecie da un grande colosso tedesco dell’energia, si faceva tabula rasa di una importante testimonianza altamente simbolica per i cittadini, segno vivo del loro stesso patrimonio artistico-culturale. Alcuni commentatori si spingevano oltre i confini tedeschi, allargando all’intera Europa l’accusa di aver imboccato la via della rinuncia alle proprie radici sotto gli inflessibili colpi di scavatori, gru, macchinari vari di demolizione che a Immerath e altrove si fanno beffe delle ragioni della cultura e della storia e dei loro retaggi, nel segno di ragioni economiche fini a se stesse. Prescindendo dalle considerazioni appena richiamate, certo la data precisa dell’abbattimento della Cattedrale di Immerath, il 9 gennaio 2018, si dimostrava già di per sé idonea a innescare qualche preoccupata riflessione in più da parte della opinione pubblica a proposito delle reali volontà dei governi di perseguire effettivamente strategie economiche nel segno delle energie rinnovabili e del rispetto dell’ambiente. Solo pochi mesi prima (e per la precisione il 18 novembre 2017) si era infatti concluso proprio a Bonn il ventitreesimo appuntamento annuale della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite (COP), nata dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, (UNFCCC: United Nations Framework Convention on Climate Change). La padrona di casa, Angela Merkel, nel suo intervento ai lavori della Conferenza, aveva ribadito la volontà del suo paese di tener fede agli Accordi di Parigi (2015), proseguendo nella adozione di misure idonee a limitare il riscaldamento globale e a incentivare le energie rinnovabili, avviandosi progressivamente al bando del carbone. L’ampliamento di una miniera di lignite anche a prezzo della demolizione di una cattedrale significativa e artistica memoria storica come poteva suonare in tal senso? Certo la risposta scontata da parte dei responsabili politici di tale demolizione sarebbe certamente quella che la decisione in tal senso era stata presa parecchi anni prima. La società mineraria in questione già nei primi anni 2010 aveva in effetti già provveduto a demolire e ricostruire su un nuovo sito gran parte degli edifici della località di Immerath e l’ultima Messa nella cattedrale in oggetto era stata celebrata nell’ottobre del 2013 e di lì a poco era stata sconsacrata. La stessa società aveva anche assunto l’impegno, celermente attuato, di costruire una nuova Chiesa, più piccola e idonea ad accogliere un minor numero di fedeli, rispetto a quelli molto più numerosi del passato, residenti nel territorio circostante. Nel segno dell’ampliamento della miniera di lignite persino il precedente cimitero di Immerath era stato traslocato (esumando e trasferendovi i corpi precedentemente sepolti) nel nuovo sito e dunque l’abbattimento finale dello Immeratherdom era soltanto l’ultimo atto di decisioni pregresse… Ecco dunque bello e spiegato il presente. E gli impegni sottoscritti nell’ambito di COP 23? Quelli, appunto, riguardano il futuro…

Ora, quando mancano pochi mesi all’appuntamento del prossimo novembre di COP 26, possiamo solo sperare che nel periodo immediatamente successivo alla stessa (e agli impegni che auspicabilmente vi verranno presi) non dobbiamo ancora una volta assistere a demolizioni della cultura, della storia, della memoria che rendono assai poco credibili una progettualità innovativa e rispettosa dell’ambiente da costruire insieme per il futuro.

 

Nuovo rapporto Onu sul clima: siamo al codice rosso per l'umanità

Non si potrebbero trovare parole più appropriate di quelle riportate nel titolo, per descrivere la situazione del pianeta che si muove verso una deriva irreversibile di autodistruzione: sono quelle usate dal Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, per commentare il sesto Rapporto “Cambiamenti climatici 2021” stilato dagli scienziati dell’IPCC sull’emergenza del “climate change” e approvato dai 195 Governi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite. O meglio: forse ancora più terribile e ammonitrice per i decisori politici e l’intera umanità è la sottolineatura del presidente di turno della conferenza ONU sul clima COP26 - il ministro britannico Alok Sharma – per presentare i risultati e le conclusioni del Rapporto: “Il tempo a disposizione per fermare la catastrofe del cambiamento climatico sta pericolosamente avvicinandosi alla fine: non possiamo permetterci di aspettare ancora due, cinque o dieci anni, questo è il momento di agire”.

Ci sono delle evidenze che definire spaventose è più prossimo all’eufemismo che alla realtà: l’innalzamento del livello dei mari è stato valutato “irreversibile ancora per millenni”, non si era mai riscontrato questo livello di tendenza negli ultimi 3000 anni, ed è causa di erosione delle coste e inondazioni. Addirittura le emissioni di CO2 misurate nel 2019 erano le più alte di sempre, considerando almeno i due milioni di anni precedenti, quelle dei gas serra (biossido di azoto e metano) in cima alla scala dei valori degli ultimi 800 mila anni. E tutto questo mentre la temperatura media si innalza con un trend incrementale mai riscontrato in passato (+ 1.09° tra emissioni antropiche e gas serra nel decennio 2011/20 rispetto ai 50 anni che vanno dal 1850 al 1900): si pensi alle conseguenze per la vita degli abitanti della Terra, per l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, la sostenibilità ambientale, le condizioni delle metropoli ad altissimo tasso di urbanizzazione. Si considerino le osservazioni del biologo Edward O. Wilson – già illustrate e note da tempo – sull’incremento demografico: siamo 7 miliardi e mezzo di abitanti su un pianeta dove la soglia di compatibilità massima è stata stimata ai 6 miliardi di persone. A fine secolo si prevede una popolazione mondiale di 11 miliardi. Queste eloquenti condizioni erano già state rilevate nel Rapporto dell’ONU-2019 stilato in 3 anni di lavoro da parte di oltre 150 esperti, volto allo studio e all’approfondimento dei rischi delle biodiversità, che metteva in guardia dal pericolo di arrivare in tempi definiti “relativamente brevi” all’estinzione di una serie di specie viventi che popolano i mari e la Terra, fino ad 1/8 di quelle attualmente censite pari ad una cifra mostruosa di circa un milione di ‘specie’ animali e vegetali. Evidenze riprese e rilanciate nel seminario svoltosi dal 29/4 al 4/5 2019 in sede OCSE, dai rappresentanti di 130 Paesi aderenti all’Ipbes. Alla pubblicazione di quel Rapporto la Terra veniva descritta “alla soglia della sesta estinzione di massa della sua storia, la prima attribuita ai comportamenti umani”.

Sono trascorsi due anni e il nuovo Rapporto 2021 non può che stigmatizzare con toni ultimativi questa responsabilità, aggravata dalle emergenze per sommi capi descritte, peraltro riconducibili alle concause dell’eziopatogenesi della pandemia, una sorta di ribellione della natura all’opera distruttrice da parte dell’uomo. Ricordiamo al riguardo le parole del Prof. Arnaldo Benini, Emerito all’Università di Zurigo: “L’umanità utilizza e violenta la natura spietatamente. Si è estesa e dilaga in tutti gli angoli della terra, sconvolgendo ecosistemi remoti e antichi di millenni, costruendo strade, estirpando e asfaltando boschi e foreste, usando a profusione e senza criterio concimi tossici e antibiotici, inquinando aria, laghi, mari, fiumi e torrenti, trivellando in terra e in mare. L’alterazione violenta degli ambienti è una delle cause delle mutazioni degli agenti patogeni e quindi delle epidemie e pandemie”. In questo contesto ambientale ai limiti della compromissione irreversibile, una umanità in espansione illimitata diventa indebolita e vulnerabile agli attacchi di virus che dimorano abitualmente in ospiti animali, come accaduto in tutte le sue varianti con il Covid-19 che ha attaccato l’uomo per traslazione zoogenetica. Questa coincidenza epocale tra compromissione climatica ed emergenza pandemica non è dunque casuale e può ripetersi. Occorre padroneggiare una visione olistica di questi fenomeni per tentare adesso, senza rinviare, di arginare la deriva catastrofica. L’obiettivo più immediato è dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 per azzerarle entro il 2050: il nemico numero uno è il riscaldamento globale, l’obiettivo è fermarlo a + 1,5° rispetto all’epoca preindustriale, come programmato nell’Accordo di Parigi (COP21-2015). Temperature più elevate porterebbero tra le altre conseguenze un ulteriore innalzamento dei mari: al trend incrementale attuale potrebbero salire fino a 50 cm a fine secolo, con una previsione ad oggi ingovernabile di 20 metri come corrispettivo di 5° di aumento della temperatura, né ci consola che ciò potrebbe avvenire al limite dei prossimi 2000 anni. Il Rapporto ONU ha snocciolato una serie di dati eloquenti e di previsioni decisamente allarmanti, rispetto a cui ogni rinvio diventa imperdonabilmente colpevole. È in gioco la vita stessa sul pianeta, a cominciare da quella dell’uomo. Ed è altrettanto evidente che se le scelte sui grandi numeri competono ai Governi della Terra, ciascuno di noi è tuttavia chiamato a realizzare comportamenti adeguati, rispettosi e responsabili. Non basta aver consapevolezza dei pericoli incombenti, occorre realizzare stili di vita sostenibili su scala mondiale.

Intanto i decisori politici accorciano i tempi delle consultazioni e delle decisioni da assumere, il prossimo step è previsto per novembre p.v. a Glasgow: tema centrale la completa decarbonizzazione, la drastica riduzione delle emissioni nocive e dei gas serra, il contenimento dell’innalzamento delle temperature nei limiti già convenuti in sede di Accordo di Parigi del 2015.

Problemi enormi ma gestibili se l’etica e la scienza supportano le politiche degli Stati, con la consapevolezza che non esistono in questo campo i tempi supplementari, poiché la tattica dei rinvii non porta a soluzioni ma solo ad un irreversibile ‘game over’.

Green pass per tutti i lavoratori. Il governo accelera. Salvini resta isolato.

L'esecutivo vorrebbe applicare l'obbligo del lasciapassare vaccinale senza distinzioni a partire già da questa settimana. Fedriga, Zaia e Fontana appoggiano la linea del ministro Giorgetti

L'estensione del green pass a tutti i lavoratori. Resta questa la priorità del governo di Mario Draghi, che vorrebbe applicare il lasciapassare vaccinakle senza distinzioni a partire già da questa settimana. Non è escluso che la questione potrebbe essere affrontata il prossimo giovedì ovvero quando si terranno la cabina di regia e subito dopo un incontro con i presidenti delle Regioni e il Consiglio dei ministri. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ieri ha dettato la linea, spiegando che "stare al governo significa assumersi responsabilità e prendere decisioni anche se qualcuno non è contento". Giorgetti ha anche sottolineato che alle aziende "servono certezze sia sotto il profilo sanitario che sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro". Per realizzare tale obiettivo, evitando la strada dell'obbligo vaccinale, serve non solo che la Lega sia più compatta ma anche che si trovi un accordo con i sindacati. I tamponi gratis per chi non vuole vaccinarsi non sono considerati una richiesta ammissibile, c'è però la possibilità di istituire prezzi calmierati, come si è fatto per i ragazzi sotto i 18 anni. Le strade sono due: o già giovedì si riesce - oltre all'estensione per tutto il pubblico - ad anticipare la misura per un pezzo di privato, oppure si rimanda questa seconda parte, puntando per la prossima settimana all'estensione completa. La Lega ha rassicurato palazzo Chigi. "L'estensione del green pass? Non ne sappiamo nulla. Quando ci sarà una proposta del governo, ne parleremo", ha detto ieri Salvini. Nonostante ciò, i big della Lega sono giá avanti: uno alla volta, il capodelegazione Giorgetti e i governatori Fedriga, Zaia, Fontana hanno espresso un pieno riconoscimento dell'utilità del lasciapassare sanitario che delinea già la posizione finale del partito. Arriverà il sì del Carroccio all'allargamento ai dipendenti pubblici dell'obbligo del certificato. Di fronte alle prese di posizione dei big del partito, Salvini sembra non portare piú avanti la linea dura che nei giorni scorsi lo ha visto vicino alle istanze dei no green pass. 

30 agosto 2021

Caro-bolletta di luce e gas, così non ti temo più.

Le bollette della luce e del gas sono aumentate a causa della crescita dei prezzi delle materie prime, per effetto anche dell'attenuazione delle misure di contenimento della pandemia e del miglioramento delle prospettive economiche nel primo semestre del 2021. Per ridurre l'impatto dei rincari, può essere una buona idea valutare se il contratto con il fornitore è ancora adatto alle proprie esigenze o se conviene cambiare operatore o tipo di offerta, per esempio scegliendone una a prezzo bloccato. In tutto ciò occorre tenere presente che il mercato di tutela per le famiglie finirà il primo gennaio 2023 e che in qualsiasi momento è possibile passare al mercato libero: anche in questo caso però bisogna fare attenzione, dal momento che molte proposte del mercato libero non sono più economiche di quelle del tutelato.

Il rincaro delle bollette. Secondo l'aggiornamento trimestrale delle tariffe del mercato tutelato diffuso da Arera (l'autorità di regolazione per energia reti e ambiente), tra luglio e settembre di quest'anno l'incremento è del 9,9% per la bolletta dell'elettricità e del 15,3% per quella del gas per la famiglia tipo in tutela. Il rincaro avrebbe potuto essere superiore: il forte aumento delle quotazioni delle materie prime, in continua crescita da inizio anno per la ripresa delle economie dopo i ribassi dovuti la pandemia, nonché la decisa crescita dei prezzi dei permessi di emissione di CO2, avrebbero portato a un incremento di circa il 20% della bolletta dell'elettricità, se il Governo non fosse intervenuto con un provvedimento di urgenza per diminuire la necessità di raccolta degli oneri generali in bolletta. Il prossimo aggiornamento arriverà a ottobre e, secondo le prime stime, potrebbe far segnare un ulteriore rincaro.

C'è da ricordare che a sostegno delle famiglie in stato disagio economico, da luglio è definitivamente attivo l'automatismo che consente a chi ne ha diritto (ovvero i nuclei con Isee non superiore a 8.265 euro, 20 mila se con più di 3 figli) di trovarsi accreditato in bolletta, in modo automatico nei prossimi mesi, il bonus sociale di sconto per elettricità e gas, che comprenderà le agevolazioni già conteggiate dall'inizio dell'anno. Per ottenere i bonus sociali, quindi, non serve più presentare la domanda, che resta invece necessaria per le riduzioni da disagio fisico.

Il mercato dell'energia elettrica e del gas. L'Arera ha di recente pubblicato il primo «Rapporto monitoraggio dei mercati di vendita al dettaglio dell'energia elettrica e del gas». Secondo il report, prosegue a ritmo costante la progressiva uscita dei clienti finali dalle tutele: il 57,3% dei clienti domestici sono nel mercato libero nel settore elettrico, mentre per quanto riguarda il gas si tratta del 60,2%. Per tutte le tipologie di cliente e per entrambi i settori si conferma che la stragrande maggioranza dei passaggi avviene nell'ambito del mercato libero, quindi da soggetti che erano usciti dalla tutela già in precedenza. Inoltre, la quota di clienti in uscita dalla maggior tutela che scelgono un contratto di libero mercato con lo stesso venditore che esercisce anche la maggior tutela, o con un collegato, è molto elevata e continua a mantenersi al di sopra del 50%.

Considerando le offerte e i prezzi, il portale offerte dell'Arera, operativo dal 2018, contiene circa 4.855 proposte disponibili alla consultazione e alla comparazione della spesa. Dall'analisi dell'autorità emerge che nel mercato libero sono presenti alcune proposte più convenienti dei servizi di tutela, sia a prezzo fisso che a prezzo variabile, ma che rappresentano una quota residuale di quelle disponibili.

Nel settore elettrico per il cliente tipo domestico, nei 18 mesi analizzati (da gennaio 2020 a giugno 2021) c'erano in media 64 offerte del mercato libero più convenienti della maggior tutela, pari al 4,72% delle offerte a disposizione (di queste, 15 erano a prezzo variabile e 49 a prezzo fisso).

Con riferimento invece al gas, per il cliente tipo domestico c'erano in media 65 proposte più convenienti del servizio di tutela, pari al 9,82% di quelle messe a disposizione (di queste, 32 erano a prezzo variabile e 33 erano a prezzo fisso).

Rispetto al complesso dei contratti sottoscritti nel mercato libero dagli utenti domestici risulta che sono principalmente a prezzo fisso (84% nel settore elettrico e 73,9% per il gas naturale).

Come tutelarsi. Un'opzione per mettersi al riparo dai possibili rincari è la scelta di un'offerta luce e gas a prezzo bloccato: sono contratti in cui il prezzo della componente energia viene mantenuto fisso per un certo periodo di tempo, che varia da contratto a contratto (12, 24, 36 mesi). Di solito le altre componenti (trasporto, gestione del contatore, oneri di sistema) seguono gli aggiornamenti tariffari stabiliti dall'autorità. Le offerte a prezzo variabile, invece, sono contratti in cui il prezzo della componente energia varia automaticamente in base alle variazioni di un indice o di un prezzo di riferimento; in questo caso, insieme all'indicazione del prezzo o della componente indicizzata, deve essere evidenziata la frequenza delle possibili variazioni. Il venditore deve inoltre indicare, sia nel contratto sia nella scheda di confrontabilità, quale è il meccanismo d'indicizzazione adottato, il prezzo massimo raggiunto negli ultimi 12 mesi e il periodo in cui questo prezzo massimo è stato applicato.

Una buona regola è poi controllare i dettagli della bolletta e leggerla in ogni sua parte. Conviene, inoltre, valutare i propri consumi e proprie le abitudini quotidiane in modo da trovare la tariffa più adatta. Per esempio per l'energia elettrica esistono due tipologie di tariffe, monoraria e bioraria: la tariffa monoraria prevede un prezzo indifferenziato per tutte le fasce orarie di consumo dell'energia elettrica ed è consigliata a chi ha un consumo che si distribuisce in maniera omogenea in tutti i giorni della settimana e su tutte le ore del giorno. La tariffa bioraria invece prevede un prezzo differenziato in base alle fasce orarie in cui viene utilizzata ed è più adatta a chi ha un consumo che si distribuisce in particolari giorni della settimana e ore del giorno.

Ci sono poi vari strumenti digitali per confrontare le diverse proposte degli operatori in modo da capire se è possibile risparmiare cambiando fornitore. Innanzitutto c'è il portale offerte di Arera che raccoglie e pubblica tutte le offerte presenti sul mercato di vendita al dettaglio elettrico e del gas naturale. Poi ci sono vari comparatori online che possono aiutare: per esempio SOStariffe.it, portale che permette di confrontare tariffe e offerte delle principali utenze domestiche e servizi finanziari (adsl, telefonia, internet, pay tv, energia, gas, conti, mutui, finanziamenti e prodotti assicurativi). Oppure c'è Facile.it, che offre un servizio di comparazione delle tariffe. Un'altra opzione è Switcho, una piattaforma digitale su cui è possibile creare un profilo inserendo i propri consumi per ricevere una proposta per risparmiare; se poi si accetta, il sito si fa carico della burocrazia necessaria al passaggio al nuovo fornitore.

 

02 maggio 2021

La mancata applicazione della Zona Franca in Sardegna

La mancata applicazione della Zona Franca in Sardegna rappresenta forse il giogo principale per i sardi da 50 anni a questa parte ma purtroppo non pare degna di “rivoluzione” almeno politica.


C'è chi attualmente non riconosce i vantaggi delle zone franche come strumento di ordine pubblico. 

“Non si possono mettere in discussione le zone franche.

Come punto positivo, ha sottolineato che c'è un livello molto alto di investimento, i quasi 40 miliardi di dollari ne fanno conto, è cresciuto del 500% negli ultimi 6 anni e lo sviluppo di nuove infrastrutture di servizi per l'industria con più di 800 aziende, in almeno 63 comuni in 19 dipartimenti del Paese e con questo maggiori controlli doganali. Negli ultimi 6 anni l'occupazione è aumentata del 125%, da 28.000 a 65.000 posti di lavoro diretti.

"Ad esempio, le zone franche di Santander e Cauca, dipartimenti devastati dalla violenza, hanno raggiunto livelli occupazionali rispettivamente di 4.100 e 20.000 posti di lavoro in meno di 5 anni, favorendo il sostentamento di molte famiglie", aggiunge il manager.

Il 50% dell'area dichiarata come zona franca si trova sulla costa atlantica e il 60% di questa area è disponibile per ospitare nuovi progetti, sfruttando piani come la costa caraibica.

La seconda è che le zone franche sono un meccanismo per la competitività internazionale. Sebbene alcune organizzazioni come l'OCSE, l'FMI e la Banca mondiale abbiano condotto studi in cui mettono in dubbio questo strumento di politica pubblica e che i presunti benefici dell'occupazione e degli investimenti non compensano il costo del tesoro, è anche importante menzionare che il meccanismo esiste in più della metà dei paesi OCSE e altre organizzazioni internazionali come IDB, ILO ed ECLAC, mostrano come le zone di libero scambio continuano ad essere un palliativo di fronte ai persistenti problemi del clima economico nei paesi latinoamericani e quindi nelle economie allo stesso livello dei colombiani, adattano i loro regimi di zona franca per competere per gli investimenti.

Il successo delle zone economiche in Asia e dei parchi industriali in Messico e in altri paesi dell'America centrale è ampiamente riconosciuto. Il manager ha sottolineato "Mentre in Colombia attacca e intende tassare con molte più tasse, dimenticando la" stabilità giuridica ", ad esempio il Messico sta incorporando modifiche nella sua legislazione interna per rafforzare la figura delle maquiladoras IMMEX e le agevolazioni fiscali doganali, con la figura delle zone franche, per porre il Messico al centro degli investimenti esteri nella regione ”.

Terzo, in Colombia enti prestigiosi come il Dipartimento nazionale di pianificazione, la Banca della Repubblica e l'Università delle Ande hanno concluso che le zone franche non sono un buco fiscale. Al contrario, generano un effetto positivo sul reddito lordo delle imprese (industriali), promuovono un aumento della raccolta nazionale e facilitano le ispezioni. In quanto spesa fiscale, rappresenta solo lo 0,02% del PIL e i suoi effetti sulla creazione di cluster sono positivi.

“Bisogna dire al Paese che le zone franche stanno fornendo grandi vantaggi, non solo economici ma anche fiscali. Il vantaggio fiscale del meccanismo consente al governo di raccogliere $ 2 per ogni $ 1 che sacrifica, per l'aliquota d'imposta sul reddito inferiore. Quando sono incluse altre tasse nazionali e locali, il rapporto diventa da $ 3 a $ 1. Non è vero che il regime libero ha un costo fiscale negativo per le finanze pubbliche, poiché l'aliquota inferiore è compensata da investimenti più elevati che altrimenti. non sarebbe realizzato ”, indica Martínez.

Il dirigente sindacale ha anche sottolineato che molti investimenti non sarebbero stati fatti se non fosse stato per gli incentivi delle zone franche, poiché, come è noto, l'alto costo del Paese segna un chiaro svantaggio: carenti infrastrutture stradali e portuali inoltre agli alti costi di porti e merci, tra gli altri aspetti.

Martínez ha sostenuto che ci sono cambiamenti positivi per le zone franche e quindi le voci di coloro che mettono in dubbio non sono accettate per motivi diversi da quelli accademici, un meccanismo che si è dimostrato di gran lunga la migliore alternativa per molte aziende per raggiungere la loro produzione e di competitività internazionale. Al contrario, il Paese dovrebbe studiare, come stanno facendo altri, come rafforzare questo meccanismo.

Fedez esprime il furore ideologico di sinistra sulla Zan


La passerella di Fedez al Concertone? Matteo Salvini l’ha presa con filosofia, citando Buddha e la meditazione, che dovrebbe praticare maggiormente Fedez. Dopo il delirio di Fedez sul palco del Primo Maggio  il leader della Lega lo ha invitato a bere un caffè, per parlare di libertà e di diritti”. “Adoro la Libertà. Adoro la musica, l’arte, il sorriso. Adoro e difendo la libertà di pensare, di scrivere, di parlare, di amare. Ognuno può amare chi vuole, come vuole, quanto vuole. E chi discrimina o aggredisce va punito, come previsto dalla legge. È già così, per fortuna. Chi aggredisce un omosessuale o un eterosessuale, un bianco o un nero, un cristiano o un buddhista, un giovane o un anziano, rischia fino a 16 anni di carcere. È già così”, scrive Salvini su Fb.

Rauti (FdI) contro la Festa dell’Unità andata in onda

“‘Canta che ti passa’ invece Fedez preferisce fare un comizio, trasformando il ‘concertone’ in un festival dell’Unità vecchio stile. E, dal palco in diretta Rai3, mentre pubblicizza indirettamente la Nike indossando un cappello logato, il politico-cantante insulta, con tanto di nomi e cognomi, rappresentanti del mondo associativo pro Life, la cui ‘colpa’ è quella di criticare il ddl Zan e l’introduzione del reato di omontrasfobia”. Lo dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili.

Il Concertone rosso pagato con i soldi degli italiani

“La smodata esibizione del cantante – prosegue Rauti – è la conferma del furore ideologico del ddl Zan e dell’intolleranza verso tutti coloro che dissentono dal ‘pensiero unico’. Così, abusando del servizio pubblico pagato da tutti noi e senza possibilità alcuna di contraddittorio, viene lanciato ed imposto un messaggio politico a senso unico, funzionale alla più generale offensiva gender. Le esternazioni di Fedez sono l’ulteriore conferma di voler reprimere la libertà di espressione e di opinione di chi la pensa diversamente”, conclude.

01 maggio 2021

Ciro Grillo, la strategia difensiva: rito abbreviato.


Ciro Grillo, la strategia difensiva: rito abbreviato. L’amica della vittima: non eravamo ubriache.

Ciro Grillo, gli avvocati preparano la strategia difensiva in caso di rinvio a giudizio. Ne scrive oggi Il Fatto quotidiano spiegando che i legali sono orientati a chiedere il rito abbreviato. “Questa strategia – scrive Il Fatto – potrebbe avere ripercussioni importanti sul procedimento. Il rito abbreviato, che comporta uno sconto di pena di un terzo in caso di condanna, prevede che il processo si celebri con le prove raccolta fino a quel momento dal pm. Il che significa, in caso di violenza sessuale, che la vittima non potrà più replicare o aggiungere altro rispetto a quanto già dichiarato fino a quel momento. La vittima potrebbe quindi non avere più la possibilità di dare la propria versione sui nodi più contraddittori della vicenda”.

Il racconto dell’amica della vittima

Sul Corriere, intanto, si dà conto della testimonianza dell’amica della vittima, Roberta (nome di fantasia). La quale nega che all’arrivo alla villa fossero tutti ubriachi.  «Ero sobria, mi rendevo conto di ciò che accadeva, così come ho già detto per gli altri ragazzi e per Silvia. Certamente ero molto stanca perché avevamo fatto molto tardi…».

L’amica si addormenta sul divano e cominciano le violenze.

“Finita la pasta e sparecchiato tutto – scrive il Corriere – Roberta si addormenta sul divano mentre Silvia, ancora sobria, subisce la prima delle violenze che racconta ai magistrati. Francesco – dice la sua denuncia – si infila nel suo letto (con gli altri che guardano, commentano e ridono davanti alla porta) e la costringe a un rapporto sessuale che comincia in camera da letto e finisce in bagno, dove lui la trascina. Lei prova a resistere ma è inutile ogni tentativo di liberarsi, racconta. Silvia spiega che Francesco ci aveva provato anche mentre preparava gli spaghetti in cucina ma lei gli aveva dato un calcio facendolo cadere e lì per lì lui aveva desistito. «Non è vero» ha raccontato lui nel suo ultimo interrogatorio. Nessun approccio, nessun calcio, nessuna violenza. Semplicemente lei ci stava. «E dopo il rapporto sessuale mi sono addormentato»”.

Costretta a bere vodka e afferrata per i capelli

“La versione di Silvia è drammatica: dice di aver provato a svegliare Roberta per andar via da quella casa ma che lei, nel dormiveglia, non ha capito la situazione d’allarme. Di fatto – così Silvia racconta ai carabinieri nella sua denuncia – fra le 8.30 e le 9 ricominciano le violenze e stavolta, però, compare una bottiglia di vodka. Lei dice che l’hanno afferrata per i capelli, costretta a berne mezza bottiglia e ad avere rapporti di gruppo. E la Procura contesta ai ragazzi l’aggravante della «minorata difesa» dovuta allo stato di alterazione psicofisica indotto dalla vodka. Ma i ragazzi negano tutto“.

 

 

Sardegna in muscia e immagini: Discover


Promuovere la Sardegna con musica e immagini: nasce Discover, progetto di promozione turistico territoriale.

Nasce Discover, un progetto di promozione turistico territoriale basato sull’utilizzo di dj set ripresi con droni e operatori video. “L’obiettivo – ci racconta Davide

Moreno, giovane creativo pubblicitario, tra le menti dietro il progetto Discover – è quello di raccontare la Sardegna attraverso i suoni live dei djset e un uso professionale dei droni per le riprese video aeree”.

L’idea nasce dalla volontà di Nicola Frongia, DJ del gruppo e fondatore del progetto assieme  a Davide e Federico Pilloni che nei lunghi mesi del lockdown, forse per non perdersi d’animo, ha pensato ad una nuova modalità per promuovere la sua passione e il suo lavoro.

“L’idea era quella di farmi conoscere e proporre i miei Dj Set – ricorda Nicola – ma, come spesso accade, dalle chiacchiere si è passati ai progetti e infine alla creazione di quello che vuole essere un vero e proprio percorso imprenditoriale. Grazie a Davide e Federico, quello che era solo un mio progetto promozionale si è trasformato in un contenitore di marketing ad uso e consumo delle Pubbliche Amministrazioni interessate a trovare un punto d’incontro con i settori più giovani della società e delle comunità”

Il video marketing territoriale è oggi il mezzo più utilizzato per promuovere un territorio.

Dirette, stories, video promozionali dove musica, suoni e immagini si rincorrono e si mischiano ad arte compaiono sui nostri canali social, sui siti e nelle nostre newsletters. La ricetta è sempre la stessa: lo storytelling emozionale utilizzato per raccontare un territorio e per promuoverlo, viene raccontato da vari punta di vista, utilizzando viste aeree e suoni immersivi. 

“Ho pensato subito che l’idea di Nicola potesse trasformarsi in un incredibile volano promozionale per il territorio  – racconta Davide Moreno – L’obiettivo è quello di parlare il linguaggio che ci è proprio, quello dei giovani, e rivolgerci ad un target di pubblico ben definito raccontando e dando lustro ad un territorio troppo spesso criticato e osteggiato”

Il progetto nasce da una chiacchierata tra amici. L’idea, cresciuta con la passione e la foga più sana e genuina però, ha fin da subito coinvolto altri professionisti locali.

“Con Davide e Nicola – evidenzia Federico Pilloni, terza mente dietro Discover – abbiamo intrapreso già da alcuni anni un percorso musicale comune. Un’avventura che ci ha portato a calcare i palchi e le sale di decine di locali, ma è stata la passione e l’amore per la comunicazione e per il territorio in cui viviamo la vera molla che ci ha portato ad esplorare territori che sconfinano nel marketing turistico e nella promozione territoriale.”

Una passione, quella per il territorio, che traspare forte dalle sedi scelte per i primi due video promozionali. L’anfiteatro di San Gavino Monreale e lo splendido borgo minerario di Montevecchio sono state le due location scelte. Edifici e paesi che possono quasi essere considerati come lo specchio di un territorio che potrebbe recitare una parte da assoluto protagonista nel mondo ma che, anche a causa del Covid, sta soffrendo e arrancando. Ed è proprio questo il mondo che il team che sta dietro Discover si prefigge di migliorare. 

Nel futuro di Discover (di cui fanno parte a pieno titolo anche Erica Uras, Alberto Ibba, Mattia Frongia, Filippo Cossu e Simone Lixi) c’è tanto. L’idea è quella di offrire questo innovativo contenitore pubblicitario e comunicativo agli enti locali e alle associazioni attive sul territorio. 

“Pensiamo che questo progetto possa diventare un mezzo con cui le amministrazioni comunali possono farsi conoscere,  raccontare i territori ed arrivare a persone e utenti che altrimenti non avrebbero raggiunto. Vogliamo dare risalto alla nostra isola – concludono quasi in coro i tre fondatori di Discover – comunicando a quanta più gente possibile quella sensazione “primitiva” e contagiosa, di attaccamento e amore incondizionato per una terra che per noi è, sicuramente, più di un continente”.

Zona Franca


Zona Franca: sai veramente cosa è?Sardegna a quando?

In Sardegna, e non solo tutti parlano di Zona Franca tutti ne parlano ma pochi sanno che cosa è. Dunque cosa è una zona franca?

 In genere viene definito zona franca è un territorio che sta  fuori dalla linea doganale. Ad oggi, da diversi anni, l’Italia fa parte dell’Unione Europea, dunque nella realtà non vi è nessuna dogana tra gli Stati Membri. Istituire una zona franca equivarrebbe ad essere fuori dall’Unione Europea. Tra i vari discorsi reperiti nei vari gruppi online sembra che la questione Unione Europea non sia calcolata e se lo è l’Europa viene spesso vista come una sorta di matrigna Sarebbe una sorta di zona franca fiscale quella caldeggiata in Sardegna, ovvero un’area ibrida,  senza iva, senza irpef, senza irap, senza distinzione fra prima e seconda casa, con carburanti a di costo, bensì a prezzi di mercato, un’area senza ritenute d’acconto, senza sostituti d’imposta, senza imposte di bollo, di registro, senza carta d’identità, senza iscrizioni obbligatorie a camere di commercio, inps, ecc. Insomma letto così sa di Paradiso un pò particolare. La Zona Franca si legge dovrebbe essere un’area dove lo stato fa un passo indietro e chi abita nella zona franca ha la vera libertà. Spesso la Zona Franca può essere ritenuta  come uno strumento che consente di “stimolare” l’economia di un Paese, in questo caso di una Regione che è Autonoma ma che fa comunque parte di uno Stato e di una comunità sovrastatuale.

Spesso per comprendere le Zone Franche si cita anche l’esempio della città di Shenzhen, città sub-provinciale di Guangdong in Cina, che grazie all’introduzione di una delle prime ZES cinesi si è trasformata da un piccolo villaggio di pescatori ad uno dei più importanti motori dell’economia cinese in cui hanno sede molte delle più importanti multinazionali. In Italia invece le zone franche sono Livigno, provincia di Sondrio in Lombardia, dove ancora oggi vige l’esenzione dal pagamento dell’IVA, ma che è comunque nata con la Repubblica ed è ancora considerato un luogo di frontiera, anche se nei fatti non è così ma la Zona Franca non è mai stata eliminata.La Zona Franca si legge dovrebbe essere un’area dove lo stato fa un passo indietro e chi abita nella zona franca ha la vera libertà ma è comunque una teoria che potre Si apprende anche che le norme sulle ZF, con l’unificazione del territorio doganale comunitario, sono contenute nel Codice Doganale Comunitario Aggiornato agli artt. 155-161. Cosa verrà creato in Sardegna? Che idea ti sei fatto?

I vantaggi di una Zona Franca si possono così riassumere:

1. Diminuzione dei costi per l’impresa investitrice grazie alle agevolazioni;

2. Maggiori investimenti nel territorio

3. Sviluppo generale dell’economia del territorio.