22 luglio 2023

Poseidon: la super-arma che potrebbe definire il destino di Putin.

Putin ha reso pubblico per la prima volta lo sviluppo del siluro Poseidon, affermando che la Russia sta realizzando un nuovo tipo di sommergibile senza equipaggio molto più veloce di qualsiasi nave o sottomarino attuale.Non solo, ma i siluri sono in grado di attaccare obiettivi nemici a migliaia di chilometri di distanza, mettendo a rischio le basi costiere e le città portuali dell'Europa occidentale e del Nord America.Popular Mechanics sottolinea che si tratta del più grande siluro mai utilizzato, lungo circa 20 metri e largo 2 metri, e che funziona praticamente come un drone subacqueo.Secondo Reuters, l'agenzia governativa russa TASS ha riferito che ogni siluro Poseidon è dotato di un proprio reattore nucleare, che gli fornisce una fonte di energia illimitata.Ciò significa che il Poseidon può essere lanciato da una base navale russa, puntando praticamente ovunque nel mondo.Reuters commenta che l'idea di un missile in grado di andare dalla Russia alle coste degli Stati Uniti risale all'epoca sovietica di Joseph Stalin.Il siluro Poseidon è in fase di sviluppo dal 2015, come scrive Popular Mechanics, e ha guadagnato molta attenzione dopo che Putin ne ha parlato nel 2018.Newsweek, nel frattempo, sottolinea che l'agenzia di stampa russa TASS ha dichiarato che i siluri Poseidon, appositamente predisposti, entreranno a far parte della flotta del Pacifico entro la fine del 2025.Non è un segreto che l'invasione dell'Ucraina sia diventata un grattacapo per i vertici di Mosca e un apparente fallimento per Putin, che potrebbe chiedersi se il siluro Poseidon potrebbe cambiare le cose.Con la guerra che si trascina e Mosca e Kiev intrappolate in un pantano disordinato, Vladimir Putin ha bisogno di un miracolo per salvare la faccia, vincere la guerra e ripristinare la sua reputazione di leader indiscusso della Russia.Tuttavia, molti si chiedono se il tempo stia per scadere per Vladimir Putin e se la sua cosiddetta "superarma" sia troppo poco, troppo tardi.

20 luglio 2023

Giorgia Meloni da nove mesi alla guida dell'Esecutivo della Repubblica Italiana. Che sono considerati un successo. Qualcosa di difficile in un paese come l'Italia.

Se essere la prima donna a essere Presidente del Consiglio dei Ministri in Italia era già una sfida che richiedeva conoscenza, energia e determinazione, dover guidare la terza economia dell'area euro richiede anche tutta la capacità di saper gestire in un mondo complesso come quello della politica italiana.

Insomma, la vittoria elettorale di Giorgia Meloni è stata un  momento sorprendente della politica italiana . Il suo partito,  Fratelli d'Italia , è cresciuto rapidamente, conquistando una sana maggioranza che  ha messo da parte come al solito la politica  post-elettorale.    

La Meloni è diventata la più giovane Presidente del Consiglio e la prima  donna  a guidare il governo italiano , ed  è stata anche la prima  leader eletta dal 2011.

Per questo è interessante ripercorrere cosa ha dovuto fare Giorgia Meloni in questi nove mesi di governo.

I suoi primi nove mesi di successo hanno dimostrato che  non era così di estrema destra come alcuni personaggi della sinistra italiana temevano. Il suo profilo di fronte all'elettorato era quello di un politico venuto a cambiare il sistema , ripeteva in innumerevoli occasioni che  “la pacchia è finita”  quasi come un mantra. Quello che non ci si aspettava era che, come tanti altri che lo avevano preceduto , anche il potere domasse le sue forme, quasi radioattive, e le sue intenzioni, ora molto meno dirompenti .  Inoltre, finora, molto meno di destra.

Ma non è solo per i suoi provvedimenti politici o economici che Giorgia Meloni viene talvolta ingiustamente criticata.

Il quotidiano Il Fatto Quotidiano pubblicò una vignetta per criticare il suo ministro Francesco Lollobrigida, sul rischio di "sostituzione etnica" , riguardo al calo della natalità in Italia.

La vignetta aveva come sfondo la camera da letto di Lollobrigida, con un uomo di colore e una donna bianca, accompagnata da una frase che diceva che bisogna stare tranquilli visto che il marito è "tutto il giorno in lotta etnica".

La Meloni non è riuscita a contenersi:

"Quella ritratta è Arianna, scrive in un post, una persona che non ricopre cariche pubbliche, colpevole soprattutto di essere mia sorella. Appare in prima pagina con indegne allusioni e mancanza di rispetto nei confronti di una donna, una madre , una persona la cui vita viene usata e distrutta solo per attaccare un governo considerato un nemico. Ma se qualcuno pensa di fermarci così, si sbaglia di grosso."

E si sbagliano. Giorgia Meloni ha dimostrato in nove mesi che gli ostacoli più duri non la spaventano.

La sua vittoria non fu dovuta solo alle sue radici di destra, ma alla sua storia politica, alla sua onestà e coerenza nel portare avanti il programma elettorale. Ha davanti altri quattro anni per completare il programma della coalizione. Sino ad oggi sta dimostrando nonostante gli attacchi del PD, dei Cinque Stelle e di una piccola parte dell’opposizione di avere i numeri e le capacità di portare avanti quanto promesso.

14 luglio 2023

Una ZES unica per le regioni del Sud Italia

Il ministro agli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr ha incontrato la vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria per la Concorrenza Margrethe Vestager, per illustrare la proposta italiana di istituire un'unica Zona Economica Speciale per l'intero Sud Italia, e iniziare un confronto per rendere strutturale la misura Decontribuzione Sud.

La proposta mira ad estendere a tutto il Mezzogiorno le misure di semplificazione e accelerazione delle procedure approvative e autorizzative e di sostegno alle imprese per le ZES. Il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto ha incontrato a Bruxelles la responsabile della concorrenza Margrethe Vestager per presentare la proposta italiana di istituire un'unica Zona Economica Speciale per l'intero Sud Italia, e iniziare un confronto per rendere strutturale la misura decontribuzione Sud. Il ministero in una nota indica che Vestager 'ha accolto positivamente la proposta' sulla #ZES 'superando le attuali 8 zone economiche speciali gia' previste e istituite per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitivita' del Mezzogiorno'. Le regioni interessate alle misure di semplificazione e accelerazione delle procedure di approvazione e autorizzazione, di sostegno alle imprese per le Zes sono l'Abruzzo, la Campania, la Puglia, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.

La nota ministeriale indica che gli strumenti di incentivazione 'saranno improntati a principi di certezza e stabilita' del quadro normativo e di semplificazione procedurale, coprendo un orizzonte temporale piu' esteso rispetto agli attuali strumenti, in coerenza con i diversi strumenti di programmazione pluriennale europei e nazionali: Pnrr e relativo capitolo REPowerEU, la politica di coesione e il fondo di sviluppo e coesione'. Sara' estesa a tutto il Mezzogiorno l'autorizzazione unica per l'avvio delle attivita' produttive e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti. Trasparenza ed efficienza dell'intero processo saranno assicurate attraverso uno sportello unico digitale.

Per quanto concerne il confronto con la Commissione in ordine alla misura 'decontribuzione Sud' in scadenza al 31 dicembre 2023, l'Italia e' passata dalla proroga semestrale a quella annuale: ora il governo 'intende promuovere un quadro normativo stabile pluriennale di riferimento per le imprese e per i lavoratori, al fine di sostenere l'occupazione nel Mezzogiorno, in particolare per le donne e i giovani'. Su questo, indica la nova, Vestager 'ha espresso la piena disponibilita' della Commissione ad aprire un dialogo con il governo per la trasformazione di questo strumento in una misura strutturale e permanente, rendendola al tempo stesso piu' orientata agli investimenti'.

Per il ministro Fitto, responsabile anche per il Sud, 'la Zes unica e' un vero e proprio volano decisivo per l'economia' nazionale e non solo meridionale. Fitto giudica positiva 'l'apertura' della Commissione sulla decontribuzione Sud.

«Il via libera della vicepresidente esecutiva della Commissione europea e commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, alla proposta avanzata dal ministro agli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, per istituire un’unica Zona economica speciale per l’intero Sud Italia è un’ottima notizia per tutte le Regioni del Mezzogiorno». Lo afferma il presidente della Regione Roberto Occhiuto. «Le Zes – prosegue Occhiuto – sono strumenti fondamentali per sburocratizzare le procedure, per avere agevolazioni fiscali e contributive, per semplificare le autorizzazioni, e di conseguenza per attrarre nei nostri territori imprese e investimenti. Con una Zona economica speciale unica per tutto il Sud – che andrebbe a superare le attuali otto realtà, coinvolgendo Calabria, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Sicilia e Sardegna – avremo più forza, maggior peso, un reale coordinamento e migliori opportunità per competere e sviluppare le nostre Regioni. Altrettanto importante – sostiene Occhiuto – è la volontà espressa dalla Commissione Ue di rendere strutturale e permanente la misura ‘Decontribuzione Sud’, decisiva per sostenere concretamente l’occupazione nel Mezzogiorno. Grazie al ministro Fitto e al governo Meloni per il lavoro svolto e per questi importanti risultati».

12 luglio 2023

La domanda: dove andrà questa Sardegna?

Avverto un senso di stanchezza, di deja vu, di parole che vengono ripetute al vento, di bilanciamento delle retoriche pro Sardegna o anti Sardegna. Avverto l’assenza della politica e delle istituzioni e anche l’indignazione dei giovani. La retorica dell’essere prevale sul fare (un fare eticamente orientato) e tutto resta come prima o addirittura ci riporta al passato. Si predica, si inveisce, ci si addolora, ci si autoflagella, ci si colpevolizza, si apre, sempre retoricamente, alla fiammella e alla speranza (così per non passare per pessimisti, negativi e autodistruttivi) e poi di nuovo al nastro di partenza, in attesa della scoperta di un nuovo viaggiatore o di un evento drammatico o criminale da commentare. L’assuefazione prevale. E tutto viene gabbato come normale. La Sardegna dovrebbe essere in grado di raccontarsi e di fare da sola. D’ora in avanti racconterò, come saprò e come potrò, la mia Sardegna, la Sardegna che mi pare, la sua “normalità”, il suo essere mondo. Tutto il resto mi sembra chiacchiera, favola, mitologia.

La Sardegna si nasconde, si camuffa, non appare e quando appare lo fa con il suo volto più angusto, buio, sotterraneo, ambiguo. La Sardegna è diventata straniera a sé stessa e i sardi non sanno più, se mai lo hanno saputo, chi sono.

La fuga è tornata attuale, oggi chi fugge lo fa con rabbia e con irritazione, senza desiderio di tornare.

A fuggire sono anche molti che non partono, molti rimasti, ormai stranieri in patria, solitari custodi di rovine e di memorie, cavalieri incompresi e inascoltati. La fuga più dolente è quella di chi aveva fatto la scelta di restare e adesso si sente impotente, deluso, si domanda, “che ci faccio qui”.

La Sardegna non vuole raccontarsi, ritrovarsi, e si consegna agli altri, allo sguardo esterno, amico o ostile. Sempre dipendente. Così è facile trovare alibi alla sua incapacità di elaborare immagini positive, di costruire speranze.

Non va bene niente, ma la colpa è sempre degli altri.

Siamo (adopero con difficoltà questo noi) sempre in attesa di quello che dicono gli altri: per applaudire, per polemizzare, per piangere, per riconoscerci o per negarci.

Da decenni ormai, vengano votati ed eletti i più incapaci, i traffichini, gli inetti, gli incompetenti, gli appartenenti alla zona grigia.

La zona grigia? Sarei tentato di dire che non esiste una zona grigia, perché qui tutto è zona nera e perché chi non partecipa, vede, conosce, sa. L’ipocrisia, l’inganno, il doppio gioco, il trasformismo sono pratiche condivise, titoli preferenziali.

Lacrime struggenti sulle bellezze della nostra terra e la pervicace diffusa tendenza a distruggerla. Terra bella e mare azzurro, coste incontaminate, boschi verdi, fresche acque.

Povera, bella terra mia, violentata e rovinata da chi non fa che esaltare le tue bellezze e intanto pensa a profitti e ad arricchimenti facili e veloci.

Piangono le coste della Sardegna, i monti, piangono i paesi presepi abbandonati, fuggiti, scansati dai suoi abitanti in cerca di fortuna, quando restare significava povertà e miseria e ad esso ridotti a macerie di progetti e di piani di sviluppo ad opera di famelici politicanti ed ingegneri, architetti e geometri.

Non è che i sardi siano meno buoni o meno onesti degli altri: vedo bontà e generosità vedo nelle persone che conosco, quanta forza e quanta sopportazione. Questi aspetti migliori dei sardi vengono fagocitati da draghi, lupi famelici, belve ferine.

Siamo o non siamo la terra delle ricchezze e delle bellezze? Perché la nostra pietas e la nostra melanconia, le nostre solidarietà e le nostre accoglienze, non diventano desiderio di cambiare il presente, di vivere nel presente? Perché invece di invocare le responsabilità degli uomini del passato tolleriamo, accettiamo, votiamo, sosteniamo i volti impresentabili di chi governa, comanda, decide?

Ma adesso è tardi, davvero. È buio. Bisogna, davvero, deciderci. Non ci importano le accuse che conosciamo. Non ci importa sentirci dire, come in un disco stanco, che siamo qualunquisti, che non indichiamo soluzioni, che non celebriamo la Sardegna normale.

Ti voglio troppo bene, Sardegna per poter stare zitto. Ti ho troppo amata per non dirti come ti vedo e come sei. Per non sentirmi tradito. Per non dover invitare a un’indignazione salvifica, a una ribellione civile, a un’inversione di tendenza. Per non dire che mi chiamo fuori da questo “noi sardi” per sentirmi parte di un “noi del mondo” come quei giovani che non possono essere traditi neanche da chi si sente tradito.

C’è qualcuno, qui ed ora, pronto ad indignarsi, magari senza dire che l’indignazione non basta?

Ci salverà un nuovo Risorgimento? Allo stato attuale sono intollerabili i silenzi assordanti, le rassegnazioni interessate, le connivenze e le complicità per pigrizia, l’incapacità dei tanti bravi e onesti sardi di mettersi assieme, di fare una rete, una nuova “setta” aperta, una lobby generosa che coniughi indignazione e progetto, speranza, nostalgia ed utopia, memoria ed oblio, tolleranza ed indulgenza, accoglienza del sé e accoglienza degli altri. Sbrighiamoci, è tardi, o diciamoci, davvero, per sempre addio.

 

01 luglio 2023

“Verrà silurata a breve”. Quella voce su Elly Schlein


Questa volta non è una indiscrezione o una mia opinione di cittadino, ma questa volta lo dicono all'interno del PD. Potrebbe essere finita l'era della Schlein la segretaria più veloce del west, sì nel PD potrebbero davvero far cadere Elly Schlein a una manciata di mesi dalla Vittoria.

È Geremica Federico che descrive sulla Stampa questo retroscena, una settimana incredibile per la Schlein.

I silenzi sull'alluvione, il disastro dei ballottaggi, lei che dice una cosa sugli aiuti all'Ucraina e i suoi europarlamentari fanno l'opposto, insomma una settimana Nera/Rossa, nessuno però può scommettere sul fatto che i guai per la leader del PD siano finiti qui è in evidente difficoltà. Luna di miele poi abadoni. Quindi la grande aspettativa è la grande delusione per una signora che realmente ha molto poco di politico, proprio quasi niente, se non niente. Be è capitato un po' a tutti quello di salire e scendere, Renzi è arrivato al 42 41 e poi giù al 2, Salvini al 38 e giù al 8, i 5 stelle al 35 e giù al 15 e adesso potrebbe capitare a Elly ti presento Sally. Diciamo che però lei ha fatto solo neanche 100 giorni, però ha fatto un record di robe incredibili, cioè ha sbagliato tutto, ha fatto tutto quello che non si doveva fare, un record del mondo, però non è una che lascia, perché lasciare  dimostrerebbe di non essere all'altezza della Meloni e lei vorrebbe essere la nuova Meloni fra qualche anno. Lo escluderei categoricamente, visto come si comporta come politico direi che lo escludo  totalmente. Bene, intanto dice che il problema nel partito  è forte dirigenti correnti interne e ciononostante potrebbe accadere dice e a testimoniarlo bastano il gran numero di  segretari avvicendatesi proprio nel PD in 10 anni. Questa sarebbe la più veloce come un battibaleno. Il futuro allora prima di tutto le alleanze e Conte dice no, perché Conte spera di risorpassare la Schlein e diventare lui il capo del centro-sinistra,quindi. Conte proverà per 4 anni e mezzo fino alle prossime elezioni politiche in tutti i modi a sorpassare il PD, quindi di alleanze se ne parlerà solo nell'ultimo mese prima delle elezioni politiche, fra quattro anni e mezzo. Tutte le elezioni che ci saranno in mezzo le perderanno tutte, perché andando da soli le perderanno tutte. Quindi il tema dell'alleanze lei non le potrà fare con nessuno prima di 4 anni, perché Conte vuole primeggiare. E poi naturalmente ci sono i veti incrociati di  Conte, Calenda, Renzi, Fratoianni, Bonelli e chi più ne ha più ne metta. Il campo l'arghissimo, attenzione che questo  l'ho detto altre volte, se Il campo largo diventa campo larghissimo mettendo dentro tutti quelli che non sono centro-destra tutti, Calenda, Renzi, Bonelli, Fratoianni, Conte, la  Schlein, allora sarebbe un problema per le prossime elezioni, perché questi hanno più voti se si mettono tutti insieme, quindi potrebbe essere un campo larghissimo che potrebbe si spaventare il centrodestra ma non verrà fatto se non qualche mese prima le prossime elezioni politiche, perché diranno, che facciamo stiamo altri 5 anni con un governo Meloni,  a questo punto mettiamoci insieme lo stesso anche se ci odiamo perché meglio andare a governare odiandoci che stare all'opposizione odiandoci. E poi il progetto di questo PD che non esiste a dire nebuloso è già troppo, perché già la nebbia è già troppa, la nebbia è già qualcosa che vedi, qui proprio non c'è niente. Gli elettori fino a qui hanno appoggiato dando una fiducia totale a questa nuova capa che deve contrastare la Meloni, eccetera eccetera,  però, la fiducia totale verso questa capa,  potrebbe finire anche molto velocemente e se l’elettore del Pd non dovesse vedere un cambio di segreteria potrebbe cominciare anche seriamente a pensare che è arrivato il momento di votare per Calenda. Di votare proprio per Calenda.

26 giugno 2023

L'incoerenza dei politici...

Uno degli atteggiamenti più imperdonabili nell'attività politica è l'incoerenza: dire una cosa e farne un'altra è un esercizio di travestimento politico che denigra chi lo fa, indipendentemente dal fatto che l'esito della farsa sia favorevole. Oggi, quando l'idea che la politica sia un'attività disastrosa e che tutti i politici siano ugualmente inetti e corrotti penetra profondamente nell'opinione pubblica, specialmente quella dei giovani, l'incoerenza è forse la prova nove che quell'opinione è vera.

La corruzione è il fatto di servirsi della politica a proprio vantaggio, sia per arricchirsi ingiustamente, giungendo a quello che è volgarmente inteso come furto, sia per alterare l'ordine e la giustizia delle cose, recando danno agli interessi generali e nuocendo alle persone.

E in questi parametri sta l'incoerenza. Com'è facile dire qualcosa su ciò che non si sa e com'è facile cercare l'interesse personale negli affari pubblici. Basta come prova di incoerenza, tra le tante che stanno avvenendo nella nostra vita politica, quella che sta dimostrando Conte e il suo movimento.

La conclusione è chiara, perché la politica sia un'attività valorizzata dai cittadini, i politici che la esercitano devono essere, prima di tutto, coerenti. E ciò che ho detto qui è valido per tutti - indipendentemente dalla loro ideologia - che vogliono veramente servire la loro patria e sono disposti a sacrificarsi per il bene dell'interesse generale. Se non lo sono, dovrebbero restare a casa.

Giornalisti disonesti...


I giornalisti sanno bene dove porre l'asticella per squalificare un politico: bugie ripetute, dolo deliberato, disonestà economica, servizio a interessi estranei ai cittadini che pretende di rappresentare... Ma dov'è l'asticella per squalificare un politico? Indegno del mestiere che pretende di esercitare?

Nella stragrande maggioranza dei casi, i giornalisti che sanno parlare così bene dei politici restano muti come morti quando si tratta di parlare in pubblico di giornalisti disonesti, che deliberatamente mentono e ingannano, che servono cinicamente interessi diversi da quelli dei loro lettori. Seguaci. Perché? Molte volte, per paura che la denuncia pubblica di questi personaggi sia considerata o favorisca un attacco alla libertà di espressione. Per paura che queste denunce vengano sfruttate per limitare la libertà di espressione e, di conseguenza, per limitare la già indebolita democrazia. Forse anche per semplice paura di non potersi difendere dalle loro bugie e dai loro attacchi. La realtà è che è questo silenzio che danneggia la libertà di espressione e indebolisce la democrazia. Chi tace partecipa al gioco e alla trappola.

Non si tratta più solo di denunciare gli interessi e le vicende delle società giornalistiche e dei loro dirigenti, incapaci di far fronte alle pressioni delle banche o delle società con cui indebitano. Questo è vero e ha un effetto devastante sulla credibilità di quei media. Ma è anche vero che i giornalisti non sono dipendenti di una merceria, e che quando iniziano il mestiere assumono una serie di impegni professionali ed etici. E che ci sono infinitamente più giornalisti disonesti, venali e corrotti dei politici che denunciano.

Non si tratta di diffondere il sospetto su tutti i professionisti. Sono centinaia, migliaia i giornalisti italiani che ogni giorno fanno il loro lavoro, difendendo le regole del mestiere. Giornalisti, cronisti e semplici informatori, che indagano sui fatti e li denunciano, meglio o peggio, ma con la massima onestà possibile. Editorialisti che cercano di argomentare le proprie opinioni con dati e ragionamenti e che non fanno appello alle passioni. Caporedattori e registi che cercano di migliorare la qualità dei loro media e l'eccellenza nella narrazione. Non meritano di essere confusi o mescolati con quei giornalisti di genere diverso, alcuni dei quali varcano il confine del fanatismo e diventano dipendenti stipendiati di partiti o aziende legate a quei partiti.

Il problema è che, a volte, giornalisti che hanno ampiamente accreditato la loro professionalità accettano di mescolarsi in quei programmi o in quei media con giornalisti che sanno perfettamente di essere corrotti. Lo fanno sapendo che con la loro sola presenza e il loro tentativo di migliorare il dibattito legittimano il comprato e l'indecente.

È vero che da tempo si denuncia la deriva del giornalismo verso lo spettacolo e il sensazionalismo, ma la questione non si pone più in questi termini. Non è che i telegiornali siano mescolati a balli o interviste a celebrità. La verità è che alcuni di questi programmi di spettacolo hanno dato vita a spazi magnifici pieni di informazioni vere e sostanziose. Ma quei programmi o spazi sono già stati completamente superati da quest'altro tipo di spettacolo manipolativo e bugiardo. Alcuni giornalisti italiani hanno portato il dibattito politico al livello di Donald Trump, e va riconosciuto che le dichiarazioni e gli atteggiamenti di Trump stanno causando un vero e proprio scandalo negli Stati Uniti, mentre in Italia un dibattito politico deliberatamente degradato da giornalisti infami è considerato quasi un scherzo,una grazia. Non è. Prendere questo tipo di giornalismo come uno scherzo è un pericolo e una vergogna per la democrazia.


21 giugno 2023

Gli orizzonti della conoscenza...

C’è un proverbio che dice: "L'uomo è l'unico animale che inciampa due volte nella stessa pietra". Abbiamo passato secoli a documentare e raccogliere informazioni in modo più o meno empirico (a seconda del momento storico) e ad ampliare gli orizzonti della conoscenza. Ogni volta ne sappiamo di più, e siamo più capaci di comprendere fenomeni che prima solo la religione, attraverso la fede, poteva spiegare. Ma la religione ha sempre meno da spiegarci, da quando la scienza ha saputo farsi strada e offrire una spiegazione razionale, attraverso argomentazioni e seguendo un metodo empirico, di fenomeni incomprensibili nel passato.

Oggi, nell'era della conoscenza, l'accesso alle informazioni è gratuito per tutti. Alcuni vi accedono, cercando un argomento specifico, lo leggono e ci credono, ma non contrastano l'informazione né la mettono in dubbio su basi fondate. Fino a che punto una fonte è attendibile? Il libero accesso alla creazione di contenuti in rete consente a molti di pubblicare contenuti falsi, magari con le migliori intenzioni perché non dispongono delle informazioni adeguate. Ma forse alcuni vogliono inserire false informazioni per creare tensione nell'ambiente per determinati scopi. Il problema, quindi, non è il diritto all'informazione, poiché limitarlo o vietare le pagine che pubblicano "bufale" equivarrebbe quasi a una censura orwelliana in una società dell'occhio che tutto vede. Il problema è come noi individui gestiamo le informazioni una volta acquisite.

Per questo, vivendo nella società della conoscenza, è necessario formare persone capaci di distinguere tra informazioni vere e false, nonché capaci di creare nuovi modelli e mettere in discussione quelli presenti. Abbiamo nel palmo delle nostre mani tutta la conoscenza che vogliamo, ma tuttavia pochi sono quelli che mettono davvero in discussione questa conoscenza. Alcuni la credono come se fosse la bibbia, e non passano il tempo ad analizzare ciò che leggono, tantomeno la crescita personale, perché dopo una dura giornata di lavoro coltivare la mente è per molti un compito arduo e difficile, e per l'evidente stanchezza derivante dalla il ritmo della vita non possono farlo, quindi bisognerebbe trovare un metodo o un sistema per migliorare la qualità della vita delle persone e offrire loro tempo per il loro sviluppo personale. Qualcuno ci ha pensato? Altri semplicemente non vogliono e cercano opzioni di distrazione.

La società ci offre distrazioni che ci consentono di disconnetterci dal nostro lavoro facilmente e senza sforzo. Ci mostrano serie, film e persino reality show in cui non c'è altro scopo che distrarre. Ma d'altra parte, la conoscenza che rende critici e dà la possibilità di interrogarsi e chiedersi perché le cose stanno così, è sempre meno presente nella nostra società, anche se continua ad esistere. Non è di moda mettere in discussione le cose, anzi: quello che è di moda è seguire lo stile del resto del gruppo sociale, senza metterlo in discussione. Ciò che dà più prestigio sociale oggi è seguire le mode con il maggior "stile" possibile, e non leggere i grandi classici della Filosofia che hanno posto le basi della nostra società, o le nuove analisi economiche proposte da Thomas Piketty, che possono rivoluzionare la società e renderlo più egualitario, per esempio. Ma le mode attuali si basano sul fare atti totalmente banali,di difficoltà cognitiva nulla e alcuni addirittura contro l'istinto di sopravvivenza (assente in alcuni) o contro la Teoria dell'evoluzione di Charles Darwin: vedi le famose sfide di Instagram o TikTok . I tempi liquidi in cui viviamo ci fanno cercare il facile prima del difficile, il semplice prima del complesso. Non intendiamo ottenere un grande piacere a medio termine se posso ottenere due piccoli piaceri a breve termine, o anche subito. Ma in che modo questi piaceri ci riempiono a breve termine se non in modo superfluo ed effimero?

Mettere in discussione le convinzioni sociali, così come lo stile di vita attuale è qualcosa che non si fa spesso. È vero che una parte della società lo fa, ma è minuscola e poco conosciuta per questo. C'è da interrogarselo, perché la nostra casa dipende in parte da esso. Lo stile di vita consumistico che conduciamo non può che portarci in un posto, e questo è evidente, tenendo conto che da anni sfruttiamo la Terra e le facciamo produrre artificialmente molto più di quanto possa produrre naturalmente. Ma d'altra parte anche gli standard della nostra società non sono messi in discussione. Perché? Dobbiamo imparare a mettere in discussione le cose ed essere critici con noi stessi. Il sistema di controllo a cui siamo sottoposti ha molte falle che possono essere migliorate,poiché una parte della società sfugge a questo controllo a causa del suo status sociale. Ma la mancanza di volontà politica, dovuta agli interessi economici di chi detiene il potere, fa sì che non migliori. Ad esempio, molti sanno che ogni giorno in Africa muoiono di fame migliaia di persone, ma nessuno fa niente! Non smettono invece di emergere casi di corruzione o di arricchimento attraverso attività illecite, benefici che vanno nei paradisi fiscali. Qualcuno si è indignato? Pochi, ma niente di più. Sembra che a molti non importi o lo considerino normale. Niente è più lontano dalla realtà! L'individualismo derivante da questa società elitaria in cui viviamo ci fa preoccupare solo di noi stessi, senza tener conto delle altre persone e del resto della società:"Siccome non mi hanno derubato direttamente, non mi hanno derubato" affinché con questi soldi rubati non si possano destinare servizi pubblici essenziali e il miglioramento di quelli già esistenti. Che pochi rubino dal denaro con cui si pagano le tasse, cioè denaro da tutti i cittadini, dovrebbe essere il reato più punibile tra i reati contro il patrimonio. La disuguaglianza è un dato tangibile della nostra società che molti non vogliono vedere, forse perché non si sentono male o perché considerano sfortunato chi sta peggio e invidiano chi sta meglio. Ma nessuno mette in dubbio che la disuguaglianza esista. Non è possibile un mondo senza di lei? Gran parte della disuguaglianza è il risultato dei vecchi (e meno vecchi) imperialismi e delle guerre che hanno devastato tutto ciò che era diverso dal loro modo di pensare o di fare,tutto per il potere Il mondo arabo, ad esempio, ha avuto grandi scienziati e progressi come società in passato, ed era una società molto avanzata. Ma ora è molto impoverito a causa delle guerre e della mancanza di risorse, molte delle quali prese da altri stati che se ne nutrono.

Attraverso il consumo siamo stati addomesticati per poterci distrarre e avere beni che ci offrono status sociale, oltre che soddisfazione personale per aver acquisito una "preda". Cacciamo e cerchiamo di ottenere il miglior gioco possibile, e invidiamo coloro che hanno una "caccia" migliore. Quindi, cerchiamo di migliorare il nostro pezzo in modo che sia migliore e possa essere l'invidia degli altri.

D'altra parte, il consumismo informazionale in alcuni casi non fa altro che confrontarsi con noi come individui per eluderci dai problemi reali che ci riguardano come società nel suo insieme. In questo modo il potere può continuare a governare a proprio vantaggio, mentre i reali bisogni del popolo scompaiono sotto pretese banali e superficiali. Molti criticano il fatto che il presidente del governo non abbia indossato una cravatta nera in onore delle vittime del Covid-19, e gli è stato dato molto clamore. Poco invece si parla delle disastrose condizioni di lavoro di tutti i professionisti della sanità pubblica, con stipendi miseri. Poco si parla dei tagli alla sanità pubblica, pagata da tutti e per tutti, e che ha sempre meno servizi e peggio. Naturalmente, alle 20:00 tutti applaudono e ringraziano, il che è molto positivo come società,e dare la colpa al governo per quanto fa male mentre parlo con Juan quando esco a fare una passeggiata di 45 minuti con il cane ogni mattina, prima di andare in vacanza nella casa al mare con la famiglia in piena quarantena, invece di collaborare e seguire gli slogan stabiliti, e non cercare scontri e tensioni inutili nella società quando abbiamo un nemico comune ancora da sconfiggere.

Inciamperemo di nuovo con la stessa pietra? Mi dà sì. Non abbiamo imparato niente per anni. Approfittiamo di questi giorni di reclusione e iniziamo ad essere critici, ma non per cercare tensione, ma per migliorare la società per tutti e renderla più equa. E questo si può fare acquisendo conoscenza, non dai programmi televisivi, ma chiedendo perché tutto è, e cercando una spiegazione con argomentazioni verificate e veritiere, rivolgendosi a fonti di informazione attendibili e veritiere. Mettere in discussione tutto, per poi trovare una soluzione alle carenze che riscontriamo, è il modo migliore per andare avanti come società. 

29 maggio 2023

Quanto tempo ha il tempo!

Il miglior documentario sul tempo che abbia mai visto è su Netflix dal titolo “Quanto tempo ha il tempo” con la partecipazione del sociologo Domenico De Masi. .

“Quanto tempo ha il tempo” parla del nostro rapporto con il tempo e, di conseguenza, del nostro rapporto con noi stessi. Come ogni buon film, non ti presenta conclusioni: si fida della tua capacità di raggiungerle da solo. E poi forse concluderai che tutta la tua vita è solo una questione di tempo.

Primo, vuoi un mondo migliore per te stesso. Dopo un po' di tempo, vuoi essere una persona migliore per il mondo. Primo, vuoi dimostrare le cose agli altri. Dopo un po', vuoi dimostrare le cose a te stesso. Dopo un po', non hai più voglia di provare niente, solo allora assapori la vera libertà.

In primo luogo, senti che tutti gli amori sono l'amore della tua vita. Dopo un po', capisci che il vero amore non si manifesta così facilmente. Dopo un po' di tempo, alla fine disimpara ad amare. Innanzitutto, hai molte certezze. Dopo un po' di tempo, sei pieno di dubbi. Dopo un po', ci sono cose che davvero non vuoi sapere.

Per prima cosa, custodisci attentamente i tuoi ricordi. Dopo un po' di tempo, la tua memoria diventa più selettiva. Dopo un po', senti un bisogno improvviso e inspiegabile di imparare a dimenticare: la vita, pensi, consiste fondamentalmente nell'oblio.

Primo, ti apprezzi troppo. Dopo un po', ti sminuisci troppo. Dopo un po' di tempo, ti rendi conto della tua insignificanza e capisci che, in un universo infinito, non importa come verrai ricordato e ancor meno conta il tuo giudizio personale: noi siamo polvere di stelle.

Primo, sopravvaluti la vita. Dopo un po' la disprezzi. Dopo un po' di tempo, ti diverti.

Innanzitutto, vuoi che il tempo passi. Dopo un po' di tempo, vuoi solo avere più tempo. Dopo un po' di tempo, finalmente capisci che il tempo è una bugia.

16 mesi dall'invasione Russa in Ucraina

Sono passati 16 mesi da quando Putin ha deciso di invadere l'Ucraina . Quella che doveva essere una rapida occupazione è diventato il più grande conflitto armato in Europa dalla seconda guerra mondiale, e uno degli eventi che segneranno la storia geopolitica del XXI secolo. Tuttavia, si è rivelata una guerra "atipica" dal punto di vista strategico.

Il piano iniziale di Putin prevedeva una 'rapida' occupazione dell'Ucraina, il cui obiettivo era prendere il controllo di Kiev in pochi giorni e imporre le proprie regole al governo ucraino. 

La guerra, ad oggi, ha provocato la morte di oltre 200.000 soldati russi, un'enorme perdita di equipaggiamento militare e l'economia europea, lontana dalla recessione e dall'infausto soffocamento che Mosca aveva promesso a causa dell'aumento vertiginoso dei prezzi del gas e del petrolio.

Nel frattempo, la guerra ha eroso il potere relativo della Russia e ha ingrandito quello dei suoi rivali in modi mai visti prima del conflitto.

Putin ha lanciato il conflitto con un'intenzione di restaurazione imperiale nello specchio dell'opera di Pietro il Grande, paradossalmente europeista. Non si trattava solo di rafforzare la sicurezza della Federazione, come sostengono coloro che spiegano l'azione russa come una reazione all'audacia della Nato.

Questa invasione ha cercato più chiaramente di ricostruire le sfere di influenza russe , un concetto geopolitico che sembrava bloccato negli archivi dalla fine della Guerra Fredda.

Putin ha rotto quella struttura e si è rinchiuso nell'oscurità personalistica di un regime modellato su quello di Stalin, del soffocamento dell'informazione, della persecuzione di ogni idea politica o culturale alternativa, e di una deviazione messianica nel suo sistema decisionale .


17 maggio 2023

ELEZIONI: LA SINISTRA SI AGGRAPPA AL “PARADIGMA BRIANZOLO”

Per chi non se ne fosse accorto domenica e lunedì scorsi si sono recati alle urne circa 4,5milioni di cittadini per rinnovare le amministrazioni di 595 comuni delle regioni a statuto ordinario, mentre in 165 comuni delle regioni a Statuto speciale si andrà alle urne i prossimi 28 e 29 maggio. Tra i comuni al voto anche 13 capoluoghi di provincia. I risultati del primo turno, nelle città-capoluogo, non hanno riservato particolari sorprese. Segno che sulle elezioni comunali, dove maggiormente incide il rapporto di prossimità eletto-elettore, la scossa all’azione di governo non c’è stata. Né in positivo, né in negativo. Anche l’affluenza è stata tutto sommato soddisfacente visto che rispetto al precedente dato del 2018, che fissava la partecipazione al 61,22 per cento, in quest’ultima tornata si è recato alle urne il 59,03 per cento degli aventi diritto. L’aver spalmato il voto su due giorni è servito.

All’esito del primo turno sono stati assegnati al centrodestra 4 capoluoghi (Imperia, Latina, Sondrio, Treviso) e due al centrosinistra (Brescia, Teramo). Occorrerà attendere il secondo turno tra due settimane per sapere chi alla fine si sarà complessivamente aggiudicato questa tornata elettorale. Sia chiaro: si tratta di curiosità accademica, visto che sul terreno della politica nazionale il risultato non modificherà i rapporti di forza esistenti tra i partiti. Non inciderà sulla linea del Governo né potrà essere utilizzato dalle opposizioni per asserire il supposto fallimento della maggioranza di centrodestra.

Comunque, a Imperia il vecchio ras forzista, Claudio Scajola, l’ha spuntata alla grande anche questa volta. Segno che lui e Imperia sono una cosa sola. C’è stato poi un ritorno a casa. La “destrissima” Latina, la mussoliniana Littoria, dopo essersi concessa in tempi recenti una scappatella a sinistra, è tornata all’antico. La candidata sindaco del centrodestra, Matilde Celentano, ha ottenuto il 70,68 per cento. Una percentuale di consenso quasi bulgara che la dice lunga sull’aria che tira dalle parti dell’Agro pontino. A fare da contraltare, a vantaggio del centrosinistra, c’è il voto di Brescia. Lì, Laura Castelletti, vicesindaco dell’uscente Giunta di centrosinistra, ha conseguito il 54,84 per cento dei consensi. Di certo, è stata una poderosa sportellata al volto della Lega che aveva scommesso su un possibile ribaltamento della scena. Che poi a Sondrio abbia vinto il centrodestra non è una notizia. Al più, la notizia ci sarebbe stata a esito elettorale invertito. Il vero problema di questo tipo di elezioni è nella distorsione patologica del secondo turno, dove il ballottaggio si è trasformato in un mezzo di frustrazione del principio democratico, dacché un numero ristretto di votanti finisce per sovvertire la volontà espressa da un maggior numero di cittadini al primo turno. In genere, tale anomalia ha avvantaggiato i candidati del centrosinistra i quali, potendo contare su un mondo progressista capillarmente più strutturato sui territori, sono in grado di assicurarsi al secondo turno la partecipazione di una massa congrua di elettori. Al contrario del centrodestra, il quale notoriamente conta sul voto d’opinione di un pubblico assolutamente svincolato da logiche di appartenenza a partiti o ai corpi intermedi della società. È questa la ragione per la quale, nei 7 ballottaggi da affrontare, il centrodestra, pur essendo in vantaggio in 6 di essi (Ancona, Brindisi, Massa, Pisa, Siena, Terni) – solo a Vincenza il candidato del centrosinistra è avanti – corre il rischio di perdere ovunque. Lo si può definire “paradigma brianzolo”, dalla dinamica elettorale che, lo scorso anno, ha portato il candidato del centrodestra alle Comunali di Monza ad arrivare a un soffio dalla maggioranza assoluta al primo turno e perdere malamente al ballottaggio.

Ma raccontiamo meglio ciò che accadde nel capoluogo della Brianza e perché potrebbe accadere nuovamente da altre parti. Il 16 giugno del 2022, la vittoria del candidato di centrodestra a Monza era data per scontata. Nella terra d’elezione del fenomeno Forza Italia, arricchita da una forte presenza della Lega, Silvio Berlusconi aveva appena compiuto il miracolo di portare la squadra di calcio cittadina ai fasti della massima serie per la prima volta nella storia centenaria del club sportivo. La popolazione festante avrebbe dovuto essergli grata. E lo fu. Ma solo a metà. Al primo turno, il forzista Dario Allevi, sindaco uscente, oggi convertito al “melonismo” di Fratelli d’Italia, ottenne 20.891 voti, pari al 47,12 per cento, contro lo sfidante di centrosinistra, Paolo Pilotto, fermo a 17.767 preferenze (40,08%). Sembrava fatta per Allevi. Invece, no. Accade che al ballottaggio, in luogo del 46,56 per cento dei votanti al primo turno si presenta al secondo turno solo il 36,82 per cento. Pilotto con 18.307 voti – 862 in più di Allevi che si ferma a 17.445 preferenze – vince. È un classico: 36.111 votanti hanno ribaltato la volontà di 45.664 cittadini di cui una parte andati alle urne al primo turno e in gita ai laghi al secondo turno. Si obietterà: se questa è la regola, il torto è degli assenti. Vero, ma se questa è la regola la si può cambiare. Dove sta scritto che il doppio turno debba essere un sistema di voto sacro e inviolabile? Lo sarà per la sinistra che ne ha sempre tratto enorme beneficio. Ciò spiega il perché un’Italia maggioritariamente di destra si ritrovi puntualmente a essere governata sui territori da una marea di sindaci di sinistra. Accadrebbe lo stesso a livello regionale se anche lì vi fosse il sistema del doppio turno. Per fortuna non c’è. Ed è per questo che abbiamo 15 governatori di centrodestra e non il contrario. È un dato antropologico, prepolitico: l’elettore di centrodestra è refrattario all’idea di doversi recare due volte al seggio per esprimersi sulla medesima sfida elettorale. Gli tagliamo la testa? Piuttosto, la politica gli venga incontro. Se questo centrodestra non ha il coraggio di cassare il ballottaggio per le elezioni comunali, almeno provi a temperarlo. Basterebbe modificare una frase del punto 4, articolo 72 (Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti) del Capo III del Testo Unico sull’ordinamento degli enti locali – D.Lgs.267 del 2000. Al posto di “È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi” scrivere: “È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il 40,01 per cento dei voti validi”. Sarebbe un’affermazione di giustizia democratica, oltre che di buonsenso, introdurre una soglia superata la quale il ballottaggio non sia necessario. Potrebbe rimanere per i casi in cui vi fosse una tale dispersione di voti tra i candidati del primo turno da non dare ad alcuno un pieno mandato di rappresentanza del corpo elettorale. Per una manciata di voti non si può annullare la volontà della maggioranza dei votanti e assegnare il giudizio finale a un più ristretto numero di elettori.

Si prenda l’odierno caso di Pisa. Il candidato del centrodestra, Michele Conti, ha ottenuto il 46,96 per cento dei voti (20.091). Davvero un’inezia dalla maggioranza assoluta, tanto che, a nostro giudizio, gli converrebbe chiedere un riconteggio perché è probabile che trovi negli errori commessi in sede di scrutinio i numeri mancanti per l’elezione al primo turno. Il suo sfidante, Paolo Martinelli della coalizione di sinistra “Tutti insieme appassionatamente – Cinque Stelle compresi”, ha ricevuto 16.534 preferenze (41,12%). Dunque, tra i due vi è stato uno scarto di 3.557 voti, che è significativo se si considera che i votanti sono stati il 56,43 per cento degli aventi diritto. Sebbene legittimo, non rispecchierebbe la volontà democratica un voto di ballottaggio segnato da una scarsa partecipazione che tuttavia ribaltasse il verdetto del primo turno.

Siamo ben consapevoli del fatto che, se il centrodestra provasse a ritoccare il sistema elettorale delle Comunali, la sinistra insorgerebbe gridando al golpe. Allora la domanda è: quanto questo centrodestra crede nella realizzazione della “democrazia decidente”? Urli pure quanto vuole la sinistra, ma è ora di piantarla con le partite elettorali falsate dai bizantinismi dei doppi turni. Non siamo in Champions League, dove c’è l’andata e il ritorno. Una sola tornata elettorale è sufficiente a garantire il pieno rispetto della sovranità popolare. Vince chi prende un voto in più sopra una certa soglia. E amen.

 

LA STUPIDITÀ DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE


Si dice “Intelligenza artificiale” e dovrebbe dirsi “stupidità artificiale”. Infatti, ben oltre l’enfasi retorica con cui molti mezzi di informazione inneggiano alle macchine “intelligenti” che ci renderanno facile la vita e al diffondersi della digitalizzazione quale strumento di connessione universale, bisogna intendere come, di intelligenza, nei computer – per quanto sofisticati e potenti – non vi sia traccia alcuna.

Va da sé che tali macchine, in grado di memorizzare una quantità pressocché sterminata di dati di ogni genere, possono anche essere adoperate per ragioni dominative, come per esempio violare la riservatezza di ciascuno di noi, oggi fatalmente messa in grave pericolo proprio dall’uso spregiudicato delle banche dati.

Ma in questa sede, intendo chiarire perché a regnare sovranamente in queste macchine sia la più genuina stupidità.

Possiamo in prima battuta rilevare – usando termini kantiani – che mentre ogni computer usa il giudizio determinante, nessuno di essi potrà mai accedere al giudizio riflettente.

Nella prima forma di conoscenza, si tratta di partire da concetti generali per giungere poi alla conoscenza del particolare, secondo il procedere tipico del computer al quale vengono forniti dai programmatori regole generali in grande quantità da adattare ai casi particolari.

È questa la modalità propria del sapere delle scienze empiriche, campo di conoscenza dell’intelletto. Si pensi alla medicina, la cui problematiche diagnostiche possono essere efficacemente affrontate e risolte da un computer al quale siano stati preventivamente forniti i concetti generali della patologia medica e chirurgica, da adattare al caso concreto da esaminare. Ovviamente, lascio fra parentesi il problema di enorme portata relativo al ruolo personale che il medico è chiamato a svolgere, dal momento che la macchina ne depotenzia la vocazione diagnostica da praticare attraverso l’esame diretto del paziente, senza alcuna mediazione preliminare: anche perché il vero problema del medico – oggi dimenticato – è prendersi cura del malato e non debellare la malattia.

Nella seconda forma di conoscenza – quella del giudizio riflettente – è il particolare che invece viene messo a disposizione e da questo occorre risalire all’universale, secondo un movimento opposto al precedente.

È questa la modalità propria del sapere delle scienze non empiriche, ma teoretiche (estetica, etica, diritto, poetica ecc.), campo di conoscenza della ragione.

Si pensi alla amministrazione della giustizia, ove l’utilizzo del computer appare impossibile, dal momento che è impossibile fornirgli tutti i dati concreti immaginabili, tenendo conto che non si può escludere si realizzi di fatto anche il “non immaginabile”. Per questo, nessun computer potrà mai sostituirsi al giudice: perché nel primo sono state immesse soltanto le regole, quelle di cui sono fatti i codici, ma non le eccezioni, costitutive invece della coscienza del secondo. Il computer potrà riempirsi – in misura ben maggiore del giudice – di milioni di regole, ma impazzirà di fronte ad una sola, imprevedibile eccezione. E d’altra parte, le eccezioni non sono prevedibili, altrimenti non sarebbero eccezioni, e per questo non potranno mai essere tutte immesse in un computer. Inoltre, nessun computer potrà mai comprendere e spiegare perché il “Sole nascente” di Monet sia bello o perché un verso di Rilke ci faccia capire della nostra esistenza meglio e di più di un trattato di psicologia.

In altre parole, il computer possiede, per dir così, attraverso un algoritmo, la grammatica della frase – cioè la sequenza logica dei termini che la costituiscono – ma ignora del tutto la semantica – vale a dire il suo senso, che poi è l’unica cosa che davvero conti.

Ecco perché anche il computer più potente del mondo (capace per esempio di risolvere correttamente e in un baleno equazioni a cento incognite), non potrà mai transitare dalla dimensione quantitativa a quella qualitativa, che sarebbe la sola cosa da fare per parlare in modo credibile di intelligenza artificiale, ma che nessuno potrà mai garantire, neppure fra mille anni.

Perciò il computer è per definizione stupido: perché incapace in linea di principio di cogliere il senso della realtà; di comprendere ciò che fa o che non fa; di conoscere il mondo e di auto-conoscersi. Esso potrà forse simulare gli effetti del cervello umano, ma in nessun caso potrà far proprie le ragioni della mente: l’abisso fra quello e questa rimane in linea di principio incolmabile.

Fa perciò solo sorridere leggere che un computer può scrivere poesie. Certo, potrà emettere sequenze di termini che siano già stati immessi dal programmatore, anche poeticamente evocativi, ma senza sapere ciò che fa: non sarà mai allievo della Musa.

Come un pappagallo che ripete continuamente ciò che gli è stato dato modo di sentire. Questo dunque forse il modo più acconcio di definire il computer: un raffinato (e costoso) pappagallo artificiale.

 

05 aprile 2023

Il paradosso è che le bollette in Sardegna sono le più alte d'Italia.


Per quanto concerne l’energia elettrica, la Sardegna attualmente produce circa 12mila e 335 gigawatt all’ora a fronte dei consumi netti pari a 8mila e 426 gigawatt all’ora. Questo vuol dire che la produzione netta di energia elettrica generata sul territorio regionale è maggiore del 40,8% del fabbisogno netto isolano. Oltre il 40% dell’energia prodotta in Sardegna non viene utilizzata nell’isola e in gran parte dei casi viene esportata. (fonte: Regione Autonoma della Sardegna).

Il paradosso è che le bollette in Sardegna sono le più alte d'Italia.

La Sardegna, quindi, produce energia elettrica più di quanto gliene serva ma i cittadini pagano più del resto d’Italia.
Le concessioni, che interessano chilometri su chilometri di tratti di mare sardi, potrebbero compromettere in maniera irreversibile gli equilibri dell'ecosistema della flora e della fauna marina, nonché ovviamente il paesaggio naturalistico tipico della Sardegna.
Sono tantissimi i progetti presentati per la realizzazione di parchi eolici offshore in Sardegna. Parliamo di centinaia e centinaia di aerogeneratori alti più di 270 metri l’uno, come se in mezzo al mare venisse conficcata una selva di grattacieli da 90 piani ciascuno.
Le concessioni, che interessano chilometri su chilometri di tratti di mare sardi, potrebbero compromettere in maniera irreversibile gli equilibri dell’ecosistema della flora e della fauna marina, nonché ovviamente il paesaggio naturalistico tipico della Sardegna.
Ogni pala sarà più alta della Torre di Pisa, il doppio della ruota panoramica di Londra. Il paesaggio tipico della Sardegna, quello che abbiamo sempre conosciuto e che attira visitatori da tutto il mondo, andrebbe perso per sempre.
Cittadini, enti, ricercatori, visitatori, liberi professionisti ed operatori economici che operano in ambiti dove il paesaggio assume un ruolo determinante potrebbero subire conseguenze negative non prevedibili e non analizzate all’interno dei progetti.
Ricordiamo che la tutela del paesaggio e dell’ambiente rientra tra i principi fondamentali della costituzione della repubblica italiana.
All’Articolo 9:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”
Oltre ai progetti dell’eolico in mare, vi sono poi i progetti su terra che hanno un impatto uguale, se non addirittura peggiore, dei primi.
I basamenti degli aerogeneratori hanno un impatto devastante, metri cubi di cemento armato da cavi d’acciaio spessi diversi centimetri che rimarranno per sempre, anche qualora si volesse rimuovere la turbina.
Qualora i progetti si realizzassero, porterebbero dei cambiamenti drastici irrimediabili. Le concessioni di questi super impianti variano dai 40 ai 50 anni, più le dovute proroghe e nuove concessioni. Questo vuol dire che non si potrà tornare in dietro, il paesaggio cambierà e non potremo più vederlo com’era prima, se non nella nostra immaginazione o in vecchie fotografie. Le future generazioni cresceranno senza poter conoscere le località com’erano originariamente. Questo è il prezzo da pagare per dare energia al resto d’Italia, meno che ai sardi.

01 dicembre 2022

La crisi climatica è la vera pandemia.

Ormai nessuno dubita che il riscaldamento globale stia accelerando a causa dell'azione umana e  i negazionisti del cambiamento climatico hanno esaurito gli argomenti per sostenere la loro posizione. 


Circa cinque anni fa, ricordo conversazioni con amici che dicevano: " Siamo nell'era del 'Voglio tutto e lo voglio adesso' , ma passerà presto, arriveranno altri dilemmi".  Continuiamo ad essere in ritardo per tutto perché non c'è niente che ci duri per sempre , non riusciamo a tenerlo. Tranne le crisi, che sembrano eterne, come quella climatica , che è anche crisi sociale ed economica che ci devasta.

A questa situazione di continua immediatezza si aggiunge il sovraccarico di informazioni , gli stimoli ci arrivano da tutte le parti da quando prendiamo in mano un dispositivo elettronico quando apriamo gli occhi ogni mattina, e siamo incapaci, nella maggior parte dei casi, di discernere tra ciò che merita davvero il nostro tempo e ciò che è solo un'altra perdita di tempo. I creatori di contenuti hanno molto a che fare con questo eccesso di finestre sul mondo, ed è qui che è così difficile per noi scegliere i canali da cui ricevere tali informazioni.

La bolla 'verde' o 'eco' è una di quelle che sta guadagnando più seguaci negli ultimi anni, poiché al momento quasi tutto è in grado di diventare 'sano', 'sostenibile' o 'ecologico'', ed è difficile per noi trovare un canale sui social network che trasmetta informazioni veritiere sull'ambiente in modo accessibile , al di là delle principali testate che tutti conosciamo. 

La crisi climatica è la crisi delle crisi. È uno tsunami che abbiamo visto arrivare e di cui siamo stati avvertiti per anni, ma anche così non ci siamo svegliati. Ed è che di solito commettiamo l'errore di credere che la crisi climatica sia proprio questo, una cosa climatica. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità.  Sono tre le grandi questioni che ne derivano: " I rifugiati, che sono i grandi dimenticati di questa crisi, ed è una questione molto grande; la transizione energetica e la pandemia in generale".

24 novembre 2022

Il Parlamento europeo chiede al Qatar di indagare sulla morte dei lavoratori e accusa la Fifa di danneggiare "seriamente" il calcio.

Il Parlamento europeo approva una risoluzione in cui la FIFA vieta ai calciatori di indossare il braccialetto OneLove e chiede il rispetto dei diritti umani nel Paese che ospita i Mondiali

Il Parlamento europeo accusa la Fifa di "seriamente danneggiare l'immagine e l'integrità del calcio mondiale". E chiede al Qatar il rispetto dei diritti umani e una "indagine esaustiva" sulle morti di lavoratori migranti nel Paese nella costruzione delle infrastrutture per il concorso, che secondo alcune informazioni giornalistiche salgono a 6.500 persone.

La risoluzione del Parlamento europeo approvata questo giovedì, dopo un'iniziativa di voto dell'eurodeputata francese Manon Aubry (France Insoumise / La sinistra), "mette in evidenza che l'UE è impegnata a sostenere i diritti umani nelle sue relazioni con il Qatar, comprese le questioni sollevate nel contesto della Coppa del Mondo FIFA; esprime preoccupazione per le notizie secondo cui centinaia di migliaia di lavoratori migranti devono ancora far fronte a leggi e pratiche discriminatorie in Qatar; deplora la mancanza di trasparenza e la mancanza di una valutazione responsabile del rischio che hanno caratterizzato l'assegnazione della Coppa del mondo al Qatar nel 2010; ricorda la sua opinione secondo cui la corruzione all'interno della FIFA è dilagante, sistemica e radicata.

Il testo approvato, condiviso da gruppi popolari, liberali, socialisti e ultraconservatori, “riconosce l'importante contributo dei lavoratori migranti all'economia del Qatar e ai Mondiali del 2022; esorta le autorità del Qatar a svolgere un'indagine completa sulla morte dei lavoratori migranti; sostiene gli sforzi del Qatar volti a migliorare le proprie condizioni di lavoro ei propri diritti, sollevati dalla comunità internazionale; chiede la piena attuazione delle riforme adottate; accoglie con favore la cooperazione del Qatar con l'OIL; invita il Qatar a continuare a lavorare con l'OIL sulle riforme; sottolinea che la responsabilità d'impresa, anche per le imprese europee, richiede il rispetto dei diritti dei lavoratori e lo stesso livello di dovuta diligenza richiesto nell'UE”.

La mozione afferma inoltre che "la FIFA ha assegnato al Qatar la Coppa del mondo senza esercitare la due diligence sui diritti umani o sull'ambiente o stabilire condizioni per la protezione dei lavoratori migranti" e che il Qatar "ha vinto la gara per la Coppa del mondo tra accuse credibili di concussione e corruzione che hanno portato a indagini giudiziarie.

Allo stesso modo, i deputati sottolineano che il codice penale del Qatar "punisce i rapporti sessuali extraconiugali, compresi i rapporti tra persone dello stesso sesso, con la reclusione fino a sette anni", include "arresti arbitrari di persone LGBTQ +, senza accusa né processo durante un massimo di sei mesi se "ci sono motivi probabili per ritenere che l'imputato possa aver commesso un reato", inclusa la "violazione della moralità pubblica", osserva che un ambasciatore della Coppa del Mondo "ha condiviso pubblicamente una dichiarazione omofoba"; sottolinea che “sette federazioni calcistiche, comprese quelle europee, hanno deciso che i propri giocatori possano indossare una fascia OneLove color arcobaleno; considerando che, tuttavia, la FIFA ha deciso che i giocatori possono ricevere un cartellino giallo o essere espulsi per aver indossato tale fascia,

La risoluzione, tuttavia, fa anche un cenno al Qatar, riconoscendo "che il Qatar è un partner importante dell'UE" e "che il Qatar ha un ruolo chiave da svolgere nell'attuazione della strategia europea di sicurezza energetica".

"L'impegno tra Ue e Qatar si è notevolmente intensificato, il che ha portato all'apertura di una delegazione Ue a Doha nel 2022", si legge nella risoluzione, che ricorda anche che il Qatar "ha co-sponsorizzato una risoluzione dell'Assemblea generale Conferenza delle Nazioni nel febbraio 2022 invitando la Russia a ritirarsi dall'Ucraina e ha votato a favore delle risoluzioni che condannano l'invasione russa dell'Ucraina".

Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), diverse aziende europee, come Carrefour, Banyan Tree, Fairmont Movenpick Pullman, Acciona, Qantum, Keolis, RATP e Technip, che sono fisicamente presenti in Qatar, si sono rifiutate di partecipare a comitati congiunti per riunire i rappresentanti della direzione e dei lavoratori per discutere, prevenire e risolvere i conflitti sul posto di lavoro. Inoltre, si segnala che la società olandese Core Laboratories non paga gli stipendi di alcuni dipendenti.


Non voglio parlare di politica...

Ho deciso di non parlare di politica perché, pur conoscendo tante parole e conoscendo centinaia di insulti, e nonostante riconosca in questo interscambio di insulti un certo piacere sportivo nello scoprire un termine più colto di un altro, fuori uso o più precisamente, questo non è il mio teatro. Vorrei vedere politici saggi e meno sofisti da circo. Vorrei che la mia memoria non fosse così buona e che in quelle recensioni non vedessi il riflesso delle stesse parodie di  anni fa, e mi mancano più fatti e meno rifiuti.
In questi giorni, in cui i politici di tutti i colori si travestono da guerrieri per lanciare offese come armi, noi, che vogliamo solo cure per i nostri mali, stiamo morendo di dolore. Qui, dove quel politico che sembra una brava persona, uno che nella sua carriera professionale è stato efficiente o un altro politico che parla molto bene, si mescolano per confonderci e darci le vertigini.
Abbiamo il privilegio di vivere in un paradiso, ma a volte ne paghiamo un prezzo troppo alto. Come se avessimo venduto la nostra anima al diavolo, vediamo come marciscono le gengive su quest'isola che grida per recuperare la sua essenza,
Vi dico già da questa pagina che non voglio parlare di politica, perché la maggior parte di noi non è di nessuno e ascolta tutti, devo solo riordinare un po' questo lavoro senza copione o garbo. Noi, la maggioranza dei comuni mortali, non andiamo ai comizi, in molte occasioni abbiamo scritto un nome su questa o quella scheda elettorale per punizione e non per convinzione, e ad ogni legislatura manca un po' più dell'illusione che ci hanno regalato ruberie tra fallacie, squalifiche e promesse non mantenute.
Perciò, a voi che ci rappresentate nell'una o nell'altra torre di guardia, vi prego di non essere stupidi, e di mettere tutta la vostra energia non solo per piacerci;  e che non vi uniate a nessuno per ottenere lo scettro d'oro, e che non diventiate licenziosi farabutti della vita.
Ci meritiamo grandi politici: nobili, colti e laboriosi, che mostrino carattere quando qualcuno minaccia i nostri interessi, perché i beni che amministrano non sono loro, ma nostri.
 

07 novembre 2022

Migranti, gli sbarchi in Italia.

 

Dagli anni ’90 in poi l’Italia - storicamente Paese di partenza di forti flussi migratori - è diventata punto di arrivo per migliaia di migranti, dall’Est Europa prima, dall’Africa Subsahariana e dal Medio Oriente dopo. È la sua posizione nel Mar Mediterraneo a renderla uno dei principali Stati di approdo europei, insieme a Spagna e Grecia. 

Dopo i grandi sbarchi in arrivo dall'Albania all’inizio anni ’90, dal 1997 i numeri dei migranti arrivati via mare in Italia sono tornati a crescere, questa volta alle prese con il tracollo delle società finanziarie. Gli arrivi via mare sono stati suddivisi in base ai governi e cioè:

XIII Legislatura (9 maggio 1996 - 9 marzo 2001)

Governo Amato II  - (25/04/2000 – 11/06/2001) Sbarchi 26.817 + 20.143

Governo D'Alema II -  (22/12/1999 – 25/04/2000) Sbarchi 49.999

Governo D'Alema -  (21/10/1998 - 22/12/1999) Sbarchi 38134

Governo Prodi - (17/05/1996 – 21/10/1998) Sbarchi 22.343

XIV Legislatura (30 maggio 2001 - 27 aprile 2006)

Governo Berlusconi III - (dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006) Sbarchi - 22.939

Governo Berlusconi II - (dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005) Sbarchi 22.016

XV Legislatura (28 aprile 2006 - 6 febbraio 2008)

Governo Prodi II - (dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008) Sbarchi  22.016 + 20.445 + 36951

XVI Legislatura (dal 29 aprile 2008 al 23 dicembre 2012)

Governo Monti - (dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013) Sbarchi 62.692 + 13.267

Governo Berlusconi IV - (dall'8 maggio 2008 al 16 novembre 2011) Sbarchi 36.951 + 9.573 + 4.406

XVII Legislatura (dal 15/03/2013 al 22/03/2018)

Governo Gentiloni - (dal 12/12/2016 al 01/06/2018) Sbarchi 119.369

Governo Renzi - (dal 22/02/2014 al 12/12/2016) Sbarchi 170.100 + 153.842 + 181.436

Governo Letta -  (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014) -  Sbarchi 42.925

XVIII Legislatura (dal 23 marzo 2018 al 12 ottobre 2022)

Governo Draghi - (dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022) Sbarchi 67.040 + 87.370

Governo Conte II - (dal 05/09/2019 al 13/02/2021) Sbarchi -  14.471 + 34.154

Governo Conte -  (dal 01/06/2018 al 04/09/2019) Sbarchi 23.370

XIX Legislatura (dal 13 ottobre 2022)

Governo Meloni -  (dal 22 ottobre 2022) 

Per un totale di 1.292.517 di migranti arrivati in Italia dal 1997 al 2022 – 25 anni. Con una media di 51.700,68 migranti all’anno.

È da notare che al 4 novembre 2022, gli sbarchi segnalati dal Viminale in Italia sono 87.370, principalmente di nazionalità egiziana, tunisina, bengalese, siriana e afghana.

04 novembre 2022

Conte da avvocato del popolo a Mr. Bean della politica italiana il passo è breve, e nessuno l’ha imparato meglio dell’ex premier.

Immaginate per un attimo di trovarvi nei panni del biografo ufficiale di Giuseppe Conte e di dover assolvere al (difficile) compito di scrivere una memoria che possa restituire il ritratto di un uomo tormentato e mettere in fila le fasi che hanno scandito il suo (travagliato) percorso politico.

Siete seduti alla scrivania da ore e fissate lo schermo sconsolati, attendendo un segnale dall’alto che possa consentirvi di buttare giù un incipit per quanto possibile decoroso; il tempo passa, i caffè e le sigarette aumentano, ma la solfa non cambia: vi rendete conto che scacciare lo spauracchio della pagina bianca è impossibile.

Vi fermate a pensare, indagando le cause che hanno generato la vostra stasi. Dopo una lunga pausa di riflessione, ne individuate almeno tre: gli spunti narrativi sono tantissimi, così tanti che sceglierne uno significherebbe fare un torto a tutti gli altri; le tesi si contraddicono tra loro, smentendosi a vicenda e impedendo alla narrazione di ingranare; e, soprattutto, lo spazio temporale in cui dovrebbero dipanarsi gli eventi (meno di 4 anni) è decisamente troppo ristretto per contenere la miriade di aneddoti, frasi a effetto, lotte fratricide, ascese, cadute e risalite che hanno reso l’arco di trasformazione contiano un unicum.

Sì perché, anche se può suonare straniante, nella lunga epopea della politica italiana Giuseppe Conte rappresenta una parentesi breve e trascurabile: si è affacciato sulla scena politica nel maggio del 2018, grazie a un colpo di teatro targato Salvini-Di Maio che ha agevolato la sua ascesa, trasformando un anonimo professore universitario di stanza a Firenze in un altrettanto anonimo presidente del Consiglio.

Da quel maggio schizofrenico abbiamo conosciuto diversi Giuseppe Conte: in principio l’avvocato del popolo, garanzia del mantenimento dell’alleanza giallo-verde, firmatario entusiasta di ben due Decreti sicurezza (uno più schifoso e ignobile dell’altro) e burattino nelle mani di un ministro dello Sviluppo Economico convinto di aver abolito la povertà con una mancetta e di un ministro dell’Interno che non perdeva occasione per urlare a squarciagola che «per i clandestini è finita la pacchia»; nel  mezzo  il premier trasformista che, in un raro lampo di lucidità, dà sfoggio di tutto il suo coraggio e, emulando il sussulto di dignità di Fantozzi nella storica partita a biliardo con l’Onorevole Catellani, sceglie di ribellarsi al padrone e risolvere una crisi di governo nella maniera più democristiana possibile, ossia passando senza il minimo di pudore nel campo dei nemici; la terza fase del Conte politico è quella di un uomo che prova a mostrarsi rassicurante agli occhi di un popolo che si sta innamorando incomprensibilmente di lui, che non osa differire di una sillaba dall’agenda dettata da Rocco Casalino e che si trova a gestire in maniera dilettantistica una pandemia che sta mietendo migliaia di vittime e che ha preso il mondo intero in contropiede. Il quarto stadio è quello che ha messo in scena la caduta di un uomo rimasto solo, defenestrato da una vecchia volpe come Matteo Renzi e sostituito dalla figura più autorevole d’Europa.

La quinta stagione era iniziata da poco, e per la verità era partita con poco mordente: da idolo di una nazione a capo politico di un partito morente e cannibalizzato dalle sue stesse contraddizioni e – dopo il danno, la beffa – costretto pure a contendersi la carcassa con il Luigi Di Maio.

Conte da avvocato del popolo a Mr. Bean della politica italiana il passo è breve, e nessuno l’ha imparato meglio dell’ex premier. Consoliamoci, però; se l’incipit per il nostro memoriale rappresenterebbe un ostacolo a tratti insormontabile, per la conclusione avremmo la strada spianata: «Passano gli anni, ma per Giuseppe Conte perdere è sempre un’avventura meravigliosa».