Oggi vorrei dedicare queste righe a tutte quelle persone che si sentono particolarmente tristi quando arrivano queste date perché ricordano i Natali passati in cui la felicità faceva parte della loro vita e ogni giorno si sentivano emozionati, condividendo con i propri cari momenti indimenticabili in cui il loro cuore sembrava battere forte ogni secondo e oggi, però, con il passare del tempo e la scomparsa di alcune delle persone più importanti della loro vita, tutti quei momenti sembrano far parte di un vecchio album di ricordi che è stato salvato in qualche angolo della loro memoria. Vorrei dedicare queste righe in particolare ad un caro parente che da tempo attraversa circostanze difficili e sente, come quasi tutti noi, che la sua vita non è come si aspettava, nonostante gli sforzi che fa ogni giorno per realizzarla. Ci è stata venduta l'idea che dobbiamo essere felici a Natale, solo per il gusto di essere Natale. Ci confezionano in un pacchetto che non puoi scambiare in nessun negozio, l'idea di solidarietà, cameratismo, pace, amore, speranza, perdono, sorriso, calore umano, cuore... che, in realtà, dovrebbe esistere tutto l'anno in ognuno di noi, eppure è solo a Natale che si evidenzia il fatto che dobbiamo essere esseri umani migliori. Inoltre, poiché è Natale, siamo soliti congratularci con quei parenti con cui non abbiamo contatti durante tutto l'anno, perché non abbiamo un buon rapporto con loro o anche perché ci hanno fatto dei brutti scherzi in passato e anche se non ne hai voglia, pensi "Comunque non importa, è Natale, non mi è difficile farlo". Allora ti rendi conto che il Natale è pieno di ipocrisia e che non assomiglia a quelle date tenere che vivevi nella tua infanzia, in cui eri ignaro di tutta la falsità che circonda la vita di ogni essere umano. Allo stesso modo, voglio ricordare che ci sono persone che continuano a subire gli effetti della crisi e che sono disoccupate e ancora non riescono a trovare un'opportunità di lavoro nonostante il loro valore; famiglie che non hanno abbastanza da mangiare e devono andare alle mense dei poveri e che non possono nemmeno sognarsi di comprare un regalo di Natale per i propri figli. Alcuni soffrono addirittura di grave depressione e hanno smesso di credere in se stessi a causa di questa situazione prolungata nella loro vita. Altri hanno perso familiari molto cari in circostanze tragiche e ci sono anche persone che soffrono di grande solitudine e si sentono depresse e in questi appuntamenti, l'unica cosa che fanno è accentuare più fortemente quel sentimento di solitudine e tristezza, perché La società e i media ci vendono la falsa idea di una famiglia unita e del ritorno a casa per Natale. E tutto questo senza dimenticare l'arrivo del nuovo anno e i propositi che tutti siamo soliti prendere per il nuovo anno, sapendo in anticipo che quando arriverà il 7 gennaio penseremo solo a cosa compreremo nei saldi e che non adempiranno i propositi che ci siamo prefissati perché in realtà, se non lo abbiamo fatto prima, non lo faremo adesso ed è anche assurdo pensare che il prossimo anno sarà migliore del precedente, proprio per il solo fatto che ti hanno fatto credere che dal 1° gennaio la tua vita cambierà per sempre e tutto andrà per il meglio, facendoti generare aspettative che poi non verranno soddisfatte e facendoti sentire ancora più depresso.
11 dicembre 2023
30 novembre 2023
Il fallimento della Zona Franca Integrale?
Zona Franca
Ma cosa è successo? Mercoledì 11 settembre il Parlamento Europeo ha votato e ratificato il nuovo Codice Doganale dell’Unione Europea che di fatto esclude la Sardegna dai territori extradoganali europei e quindi mette un primo e pesante veto sull’istituzione della zona franca integrale nell’isola. Una mazzata per il presidente Cappellacci e per i comitati promotori che in questi mesi si sono battuti goffamente affinché la Sardegna potesse dotarsi di uno strumento impossibile da attuare senza un progetto e senza la stretta relazione tra il presidente della Regione e il Governo italiano. Inoltre senza contare la perimetrazione dell’isola sfora i limiti di extradoganalità previsti dal Codice dell’Unione Europea – sia quello vecchio, che quello nuovo.
A segnare l’impossibilità della zona franca integrale è la storia politica sarda, che oggi come tanti anni fa presenta una incognita importante. Infatti nel 1946, proprio il Partito Sardo D’Azione fu promotrice del primo progetto istitutivo della Zona Franca in Sardegna col beneplacito del governo nazionale che intendeva ripetere l’esperimento siciliano. La motivazione principale per cui il progetto non passò fu che il raffronto fra le entrate e le spese segnava per la Sardegna una forte passività ed escludeva per l’isola il veder le proprie casse integrate da fondi italiani. Inoltre la zona franca avrebbe fatto della Sardegna un mercato di consumo invece che un mercato di produzione. Era evidente, per chi sosteneva questa tesi, che il giorno in cui tutti avessero potuto importare nell’isola in assoluta esenzione doganale, il mercato sarebbe stato inondato di merci lavorate e tutti avrebbero avuto interesse a non fare diventare concorrenziali le imprese sarde. Esattamente gli stessi problemi che la Sardegna riscontra ancora oggi.
Il progetto di Statuto, diventato legge costituzionale nel gennaio del 1948, riservava così allo Stato italiano l’esclusiva competenza del regime doganale mentre alla Sardegna dava la possibilità di istituire dei punti franchi.
Né la storia né la legge però paiono gli argomenti preferiti di Cappellacci e della Randaccio, troppo presi a lottare per garantirsi un posto al sole dopo le prossime elezioni regionali. E non piacciono nemmeno ai membri dei comitati promotori, capaci di urlare ai quattro venti il dovere della Sardegna di diventare zona franca ma incapaci di creare una piattaforma credibile per la sua attuazione e di porre una dovuta analisi dei benefici e degli svantaggi che la zona franca porterebbe alla regione. Infatti per loro non sembra importante che al taglio delle accise e dell’Iva, la Sardegna perda tre miliardi di euro, veda le sue tasse sensibilmente aumentate e veda tutti i servizi tagliati. Insomma, il quadro è quello di una Sardegna destinata a star peggio di come attualmente vive.
Il tutto inizia il primo ottobre 2012 quando la dottoressa Randaccio annunciava che “Per istituire la zona franca c’è tempo fino al 24 giugno dell’anno prossimo, quando entrerà in vigore il nuovo Codice doganale aggiornato, che lascia vivere le vecchie zone franche ma vieta l’apertura di nuove. I tempi stringono, non abbiamo un minuto da perdere”. Un mese dopo il Parlamento Europeo decideva l’attuale codice e dava come data ultima di attuazione il primo novembre 2013. Cappellacci decideva però di inviare a Bruxelles due lettere in cui chiedeva di inserire la Sardegna tra i territori extradoganali. In realtà i tempi per emendare il nuovo codice erano scaduti, quindi non avrebbe raggiunto alcun risultato. Riuscì inoltre a sbagliare l’indirizzo delle due lettere suscitando l’ilarità dalla Comunità Europea. Nonostante ciò Cappellacci continuerà a perseverare.
Dopo aver perso più di un anno di tempo utile per ottenere la modifica dell’articolo 3 del Codice Doganale comunitario, Cappellacci si è accorto della storia e della legge sarda, ed in particolare dell’articolo 12 dello Statuto speciale:“Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato”. E quindi ha chiamato a raccolta i comitati promotori e decine di sindaci da tutta l’isola a Roma mentre la regione Sicilia ci sorpassava con una mozione presentata dal presidente Crocetta e dal Movimento 5 Stelle che prevedeva l’attivazione in Sicilia delle zone franche urbane.
Cappellacci, i sindaci e diversi cittadini sardi si sono ritrovati a Roma il 24 giugno pensando che fosse la data ultima per raggiungere la zona franca integrale. Dopo aver fatto chiasso sotto Montecitorio e aver raggiunto un accordo per un incontro col primo Ministro Enrico Letta e col ministro dell’Economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni, Cappellacci e la Randaccio si ritrovano davanti il viceministro delle finanze Luigi Casero. Un palese schiaffo quello del governo che decise di schierare una sorta di sottoposto senza alcun potere decisionale. Infatti il viceministro chiese ai sardi di reincontrarsi la settimana successiva per discutere le proposte. Per tutti – Cappellacci, Scifo, la Randaccio e i comitati Zona Franca – questa è una vittoria. Infatti il giorno dopo viene diffusa la falsa notizia che lo stato italiano abbia modificato l’articolo 10 dello Statuto sardo e che la Sardegna fosse stata messa sotto regime di zona franca.
Passa una settimana e Cappellacci si ritrova sempre Casero davanti. Il quale prima tracheggia, poi dà una spiacevole notizia: “lo stato italiano non ha alcuna intenzione di promuovere con i propri soldi la zona franca integrale della Sardegna. Al più la Sardegna può decidere a sue spese di istituire alcuni punti franchi dove lo riterrà opportuno”. La verità arriva come una sberla ancor più forte della settimana precedente. Per istituire una zona franca infatti occorrono soldi. Lo Stato italiano o non li ha o ritiene di doverli spendere in altro modo. La Regione non li ha: già nel 2010 avrebbe potuto rendere l’area portuale di Cagliari una zona franca. Il Presidente dell’area portuale sconsigliò Cappellacci poiché dalla cassa della Regione sarebbe dovuta uscire subito una cifra intorno ai 10 milioni di euro per attivare le prime recinzioni, e una successiva cifra di 21 milioni di euro per concludere i lavori.
Cappellacci barcolla e per qualche mese non parla più di zona franca. La Randaccio non molla ma si tiene a stento a galla, i comitati promotori sono sfiduciati. Provano una nuova proposta: istituire delle zone franche al consumo sperimentali. Il Comune di San Gavino Monreale si propone per primo. Ma questo, come i termini tecnici e la legge insegnano, si tratta di una zona franca urbana, simile a quella istituita dal governo Monti, su mozione del PD e dell’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, nel Sulcis. La decisione venne presa per aiutare il territorio più povero d’Italia a risollevarsi. Come si vede, con un intervento dello stato nazionale.
Arriva settembre e Cappellacci ritorna in campo facendo firmare l’ennesima delibera allegra sulla zona franca ai comuni sardi aderenti. Si parla di “un obiettivo che si sta perseguendo con successo”, di una Regione che ha introdotto la riduzione dell’Irap e ottenuto dal governo la zona franca per il Sulcis. In realtà la riduzione dell’Irap è stata una proposta dell’opposizione che la maggioranza non ha posto a bilancio mentre la zona franca per il Sulcis è stata una azione di esclusiva competenza dello stato italiano.
L’11 settembre Cappellacci rimedia una nuova brutta figura dall’Unione Europea. E attacca la Barracciu, rea di non aver perorato la causa della zona franca integrale. In realtà la Barracciu poco poteva davanti ad un codice impossibile da emendare e davanti all’assurda richiesta della Randaccio e di Cappellacci di inserire la Sardegna fuori dal territorio doganale dell’Unione europea e nel contempo di renderla zona franca ai sensi degli articoli da 166 a 168 bis del codice doganale comunitario. Chiedere una cosa e l’altra, come fa il Presidente della Regione, non è possibile, perché non si può essere contemporaneamente dentro e fuori il territorio doganale dell’Unione.
Come uscire quindi da questa barzelletta? Cappellacci non ne uscirà, la userà alle prossime elezioni regionali e cercherà quindi di avvalersi dei membri dei comitati promotori per la zona franca integrale per imbastire la campagna elettorale. Una volta vinto, dimenticherà tutto quanto avvenuto durante questo anno colmo di figuracce. Se perderà, sarà costretto a veder attivati gli unici progetti possibili alla crescita della Sardegna. Quali?
Il primo è la creazione di una Agenzia delle Entrate Sarda, obiettivo dichiarato nel programma elettorale della candidata Michela Murgia, che permetterebbe il mantenimento del 70% dei tributi sardi da redistribuire poi nei vari settori del commercio, della sanità, della scuola e dei servizi. Questo progetto renderebbe ininfluente l’istituzione di zone franche al consumo e darebbe respiro alle casse regionali, da sempre dipendenti dagli umori del governo italiano.
L’altro è l’utilizzo della fiscalità di vantaggio come sta avvenendo nel Sulcis. L’articolo 116 della Costituzione Italiana riconosce alle Regioni a statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” rispetto alle Regioni a statuto ordinario e tale riconoscimento garantisce maggiori funzioni e maggiori risorse attraverso un favorevole meccanismo di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali. Tale regime è emendabile solo previa intesa fra lo Stato e la singola Regione a statuto speciale.
Il Trentino, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta hanno già raggiunto diversi accordi con lo stato. I contenuti degli accordi sono diversi per ogni singola Regione secondo forme di “federalismo a statuto speciale” di cui si è fatto promotore non il legislatore, ma la Corte costituzionale. La sentenza 357/2010 ha riconosciuto a Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia ampie prerogative anche sui tributi erariali interamente devoluti o compartecipati, consentendo la modifica sia delle basi imponibili che delle aliquote consentendo fin da subito di mettere in cantiere importanti misure di fiscalità di vantaggio. La Sardegna invece non ha ancora avviato la negoziazione con lo stato.
Un’altra possibilità per la Sardegna è offerta dal Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 titolato “fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno”, che consente alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote IRAP e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni nei confronti di nuove iniziative produttive. Anche in questo caso la Sardegna non ha perseguito l’obiettivo rendendo di fatto inapplicata la possibilità di ridurre l’Irap.
Finisce così la lunga battaglia del Presidente Cappellacci, della Randaccio, di Scifo e dei comitati promotori per la zona franca integrale. Uno specchietto per centinaia di sardi che hanno preferito credere ad una banalità piuttosto che guardare in faccia la realtà. Uno specchietto che si è rivelato l’ennesima dimostrazione di amministrazioni – regionali e comunali – incapaci sotto ogni profilo politico, con una mancanza evidente di progettazione e di idee.
Questo fallimento non porta solo ad una sconfitta morale per il presidente sardo ma anche per tutti coloro che si sono avvicinati al tema della zona franca integrale solo per ottenere voti in vista di prossime elezioni – regionali e, soprattutto, comunali. Purtroppo, come si è visto, una casa senza fondamenta è destinata a crollare subito dinanzi alla realtà e a qualunque analisi realistica. Anche quando la Randaccio e diversi esponenti dei comitati promotori denunciano fantomatici “poteri alti” che tramano contro la Sardegna, dimenticando che l’Unione Europea è piuttosto grande per dover perdere tempo a pensare ad un tranello contro un puntino della sua cartina geografica.
13 Settembre 2013-Simone Spada
17 novembre 2023
Regime di zona franca in Sardegna
Se si vuole davvero capire quali sarebbero le reali ricadute derivanti dall'applicazione di un regime di zona franca in Sardegna, è necessario chiarire meglio il concetto andando oltre significato letterale del termine è incorporando alle classiche misure di carattere Doganale, rilevanti misure a favore delle imprese di incentivazione fiscale e di flessibilizzazione del costo del lavoro. Questa particolare eccezione della Zona Franca necessita di passaggio istituzionali che nascono dalla contrattazione politica negoziale tra Regione, Stato e Unione Europea sulla base della normativa vigente in materia e la richiesta di estensione del pacchetto di misure per abbattere l'insularità previste dal Trattato di Amsterdam anche alla Sardegna.
Consideriamo la
Zona Franca come uno strumento di libertà economica, dove l'insieme delle misure
fiscali e doganali costituiscono il volano per rilanciare tutto il sistema
produttivo regionale e valorizzare al meglio la centralità della Sardegna quale
nodo strategico di cerniera commerciale
tra l'Unione europea e paesi extraeuropei che si affacciano sul vaccino del
Mediterraneo.
Al fine di
ottenere una ottimazione delle ricadute economiche, non si può
prescindere dal fatto che tutto il territorio dell'isola sia sottoposta al
regime della zona franca. infatti, in questa visione di Libertà
d'Impresa, si può prevedere come per ragioni di mercato e per la ricerca di
elevati livelli di competitività internazionale, Le imprese orientate
all'esportazione - quelle cioè che utilmente potranno beneficiare delle
esenzioni doganali - Preferiranno collocarsi in prossimità delle aree portuali
e delle zone industriali, dotate delle necessarie infrastrutture a
ridosso di tali aree. Le altre imprese, interessate all'ottenimento degli
ulteriori benefici per ottenerli potranno effettuare effettuarsi in qualsiasi
località della Sardegna, determinando le cadute economiche e
occupazionali diffuse in tutto il territorio.
Ciò premesso, è
facile comprendere che non potrà mai essere una norma giuridica di
pianificazione economica ad Impedire l'estricarsi di queste naturali tendenze
del mercato che vanno verso una concezione liberista, in netta
contrapposizione alla concezione statalista e centralista dello sviluppo
economico pianificato.
Una lettura delle
numerosissime zone Franche (oltre 400 già 10 anni fa) sparse del pianeta fa
emergere una filosofia che mette in evidenza come questo strumento sia
considerato, a tutti gli effetti, Teso a liberare le imprese e
favorire la loro attività. In questo ambito di Libertà d'Impresa vengono
garantite agli operatori economici, soprattutto nelle aree caratterizzate
da processi di riconversione economica in quelle strutturalmente deboli Con
evidenti ritardi nelle dinamiche di sviluppo, condizioni ideali per
attivare un allargamento della base produttiva, apertura e mercati
internazionali e aumento del livello occupativi.
Le imprese orientate
all'esportazione potranno inoltre, evitare una serie di costrizioni burocratiche
e vincoli restrittivi di natura Doganale. Si tratta, in tutta evidenza, di un
presupposto di natura liberista: l'attività economica può essere svolta con la
massima efficienza ed il massimo grado di efficacia in assenza di interventi
regionali e statali tesi ad impedire il libero dispiegarsi delle regole di
mercato.
In conclusione: la zona franca può e deve costituire una
conquista economica , culturale, sociale e politica di quel comune sentire che
ci fa essere popolo e nazione, consapevoli che nulla ci verrà mai regalato e
convinti che la Sardegna potrà essere redenta solo dai sardi…
13 novembre 2023
Beppe Grillo da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa: "Ho peggiorato l'Italia"
"Sono il peggiore? Sì, sono il peggiore, ho peggiorato questo Paese". È forse questa la frase più significativa del semi - monologo di Beppe Grillo, tornato ospite di un programma televisivo a quasi dieci anni di distanza dall'ultima apparizione. Il comico, intervistato da Fabio Fazio a "Che Tempo Che Fa" (che ieri ha battuto un nuovo record, portando su "Nove" 2,5 milioni di telespettatori), ha tirato le somme del suo percorso politico a modo suo, usando quella teatralità che è stata la sua fortuna ma anche il suo grande limite.
Quello che è andato in scena negli studi di Warner Bros. Discovery non è stato un semplice mea culpa e sarebbe fallace immaginare una sorta di stop and go. Beppe Grillo ha detto addio alla politica e lo ha fatto misurando le parole; parole solo apparentemente figlie di uno sfogo istintivo ma in realtà ponderate nella forma e nella sostanza: "Dall'ultima intervista rilasciata a Vespa nel 2014 - ha spiegato - abbiamo perso le elezioni, tutti quelli che avevo mandato a fare in c... sono al governo. Ho fondato il Movimento ma mi ero iscritto al Pd, ad Arzachena. Adesso sono anziano e confuso. Non posso condurre e portare a buon fine un movimento politico, non sono in grado. Prima c'era Casaleggio che era un manager. Ecco perché mi sono un po' ritirato".
Sia chiaro, il comico genovese, pur essendo ancora il "garante" del partito guidato da Giuseppe Conte, si era già fatto da parte da tempo: dal 2017 il suo blog non è più il canale ufficiale del Movimento 5 Stelle e i suoi interventi, negli anni, si sono sempre più diradati. Mancava il gesto definitivo, la parola "fine" dopo i titoli di coda. L'anziano comico-leader si è tolto definitivamente il peso e probabilmente lo ha tolto anche alla politica italiana, da lui pesantemente condizionata.
Lo stesso riferimento allo scomparso Gianroberto Casaleggio svela definitivamente quale fosse la catena di comando in quel Movimento 1.0, quello che disse no a un governo guidato da Pierluigi Bersani, per intenderci. "Era un'altra fase della nostra storia - ha detto recentamente l'ex Presidente della Camera, Roberto Fico, in un'intervista - la nostra linea era quella di non allearci con nessuno". Da allora sono passati dieci anni, ma sembra un secolo. La creatura politica fondata da Grillo e Casaleggio ha dato vita a due governi e ha appoggiato il "governissimo" a guida Mario Draghi; si è alleata con quasi tutti i partiti dell'emiciclo e il suo habitat naturale è quel Parlamento che doveva essere aperto "come una scatoletta di tonno".
I due leader che si sono alternati e hanno scandito tempi e modi della metamorfosi del Movimento 5 Stelle sono stati Luigi Di Maio, passato in brevissimo tempo da astro nascente a stella cadente della politica italiana e Giuseppe Conte, uomo - establishment che lo ha definitivamente "istituzionalizzato". Anche su di loro, le parole del comico non sono state casuali: "Giggino la cartelletta - ha detto riferendosi a Di Maio - era il politico più preparato, ma non pensavamo si facesse prendere dal potere di organizzare le persone. Poi ci ha pugnalato". Ancor più tranchant, se vogliamo, il giudizio sull'attuale leader: "Arrivava dall'università, era un avvocato. Dovevamo scegliere qualcuno della società civile, lo conobbi e dissi: 'E' un bell'uomo, laureato, parla inglese'. Poi quando parlava si capiva poco, quindi era perfetto per la politica". La "versione in prosa" delle parole del comico è abbastanza semplice: nel Movimento 1.0 un capo politico come Giuseppe Conte sarebbe stato impensabile, così come sarebbe impensabile oggi un Movimento 3.0 con Beppe Grillo a fare da frontman.
26 ottobre 2023
Il perfezionismo.
Una delle virtù
difettose che mi spaventa di più è il perfezionismo.
È una virtù perché,
ovviamente, è una tendenza a fare le cose perfette, ed è un difetto perché di
solito non tiene conto della realtà, che la perfezione non esiste a questo
mondo, che chiunque si muove a volte sbaglia.
Nella mia vita ho
incontrato molti perfezionisti e, ovviamente, sono persone fantastiche.
Credono in un lavoro
ben fatto, sono appassionati nel fare bene le cose e svolgono magnificamente la
maggior parte dei compiti che intraprendono.
Ma sono anche persone
un po’ nevrotiche, vivono tesi. Diventano crudelmente esigenti nei
confronti di coloro che non sono come loro e soffrono in modo spettacolare
quando la realtà arriva con la riduzione e vedono che molte delle loro opere,
nonostante tutto il loro interesse, rimangono a metà strada.
Ecco perché mi sembra
che una delle prime cose che dovremmo insegnarci da bambini sia quella di
sbagliare.
L'errore, il fallimento, fa parte della condizione umana.
Qualunque cosa
facciamo, ci sarà sempre un coefficiente di errore nelle nostre opere. Non puoi
essere sempre sublime.
Ecco perché sono sempre
stato più interessato a sapere come le persone si riprendono dagli errori che
al numero di errori che commettono.
Poiché l'arte più difficile non è non cadere mai, ma sapersi rialzare e
proseguire il cammino intrapreso.
La Metamorfosi
Oggi ho finito di leggere "La Metamorfosi" di Franz Kafka, per chi non l'avesse ancora letto, questa piccola opera letteraria affronta un tema marcatamente esistenzialista. In sintesi, la storia parla di un venditore ambulante, di nome Gregorio Samsa, che una mattina si sveglia trasformato in un insetto. Nonostante la sua condizione, la preoccupazione di Gregorio non è mai stata la sua nuova condizione di "insetto" a cui non dava alcuna importanza. , ma piuttosto il fatto di non poter continuare con la sua routine quotidiana, di non poter svolgere il suo lavoro.... questa situazione diventa un peccato che lo porta a subire le più grandi delusioni da parte della sua famiglia e della società. Dopo vari eventi, Gregorio finisce in modo tragico, mentre la sua famiglia prende questo evento come una liberazione per andare avanti con la propria vita.
Nel corso della lettura
continuavo a pensare alla nostra natura umana e alcune domande mi assalivano,
cosa è successo? Cosa significa questa storia? La trasformazione è il
segno terribile di un lato nascosto della vita umana che irrompe all'improvviso
e distrugge il tessuto pacifico della tranquillità domestica? Oppure, in
modo meno mirabile, lo scarabeo Gregor è simbolo del membro familiare o sociale
inassimilabile, del malato terminale di cui la famiglia vuole liberarsi,
dell'emarginato che dà fastidio, dell'"altro", del rinnegato, del
indesiderabile...? In questo lavoro mi rendo conto di qualcosa che accade
crudelmente nella realtà, quando qualcosa o qualcuno che ci ha servito in
passato smette di esserci utile e diventa un intralcio o un ostacolo alla
nostra vita quotidiana, senza il minimo rimorso, lo abbiamo lasciato
dimenticato in un angolo al suo destino e probabilmente alla sua morte.
A volte il nostro
egocentrismo ci fa credere che siamo indispensabili oppure inconsciamente ci
sforziamo di esserlo, magari per compiacere o per sentirci preziosi per
qualcuno (in questo caso la famiglia) ma qui vediamo chiaramente come nessuno
sia indispensabile in questa vita.
Franz Kafka con
quest'opera ci mostra che il concetto di solidarietà o di famiglia e di
sostegno diventa parte delle fiabe solo quando ci troviamo ad un punto
decisionale critico. Ecco che mi rendo conto che la nostra natura umana è così,
egoista! e la moralità di cui tanto ci vantiamo è qualcosa di creato da
noi stessi, quindi è alterabile e modellabile a nostro piacere e vantaggio.
Kafka ci mostra
categoricamente come dipendiamo dalla nostra utilità per la nostra
sopravvivenza e accettazione nelle diverse sfere sociali e fa emergere una
verità per noi così naturale ma così deplorevole, che solo avendola in un libro
possiamo vederla.
19 ottobre 2023
Hamas ha lanciato il 7 Ottobre un attacco contro Israele.
Hamas ha lanciato un attacco a sorpresa contro Israele da Gaza, uccidendo e rapindo dozzine di soldati e civili. L’obiettivo di questa sfida senza precedenti è triplice: boicottare l’accordo israeliano con l’Arabia Saudita, umiliare e provocare Israele e ricordare al mondo che il conflitto palestinese non è finito.
Hamas, la guerriglia
palestinese che governa la Striscia di Gaza, ha lanciato un’operazione
straordinaria contro Israele. I suoi miliziani si sono infiltrati oltre il
confine, devastando basi militari, camminando armati per le strade, uccidendo e
rapendo civili, sorprendendo l'esercito israeliano. Proprio quando sono
passati cinquant'anni da un altro attacco a sorpresa contro Israele: la guerra
dello Yom Kippur del 1973. E tutto trasmesso in diretta con video come quelli
realizzati da Daesh o visti nella guerra in Ucraina. Un attacco senza
precedenti che ha provocato uno shock enorme nella società israeliana.
Perché Hamas dovrebbe
voler lanciare un simile attacco? Sebbene abbiano dimostrato di essere
capaci di operazioni molto più complesse di quanto si credesse in precedenza,
sanno che la potenza militare di Israele è di gran lunga superiore e che la sua
reazione sarà indiscriminata e terribile. Le forze armate israeliane hanno
già iniziato a bombardare la Striscia di Gaza con sangue e
fuoco. Forse lanceranno anche un'incursione via terra ad ampio
raggio. Se tutto seguisse il solito copione, la risposta israeliana
potrebbe causare la morte di migliaia di palestinesi e una distruzione
diffusa. E se fosse proprio quello che Hamas stava cercando?
Impedire l’accordo tra Israele e Arabia Saudita
Il primo obiettivo di
Hamas è geopolitico. Cerca di smascherare i paesi arabi che hanno firmato
accordi di normalizzazione con Israele e di boicottare i negoziati con l’Arabia
Saudita. A suggerirlo è uno degli alleati più fedeli di Hamas:
Hezbollah, la milizia sciita libanese. Gli Stati Uniti hanno
riconosciuto anche in altre occasioni che le tensioni con i palestinesi
renderebbero difficile un accordo con l’Arabia Saudita.
Dal 2020, quattro paesi
arabi hanno stabilito rapporti con lo Stato ebraico: Emirati Arabi Uniti,
Bahrein, Sudan e Marocco. Altri, come l’Oman e il Qatar, si stanno
avvicinando a posizioni presso il governo israeliano. Sono guidati dalle
pressioni degli Stati Uniti, ma anche dal fatto che Israele è un partner
commerciale attraente da cui acquistare armi e tecnologia. Pegasus,
il software spia utilizzato dal Marocco contro la Spagna o la
Francia , è un prodotto israeliano.
Tuttavia, questi
accordi sono scomodi per i paesi che li firmano. Sebbene il conflitto
arabo-israeliano abbia perso importanza nell’agenda internazionale, le
popolazioni arabe continuano a sostenere la causa
palestinese. Non è raro vedere proteste cittadine in città come Rabat ogni
volta che le forze israeliane attaccano il territorio palestinese. Hamas
spera che le immagini della distruzione di Gaza possano indignare il mondo
arabo e mettere in imbarazzo i suoi leader.
Tuttavia, il più grande
successo per Hamas sarebbe quello di far deragliare il riavvicinamento tra
Israele e Arabia Saudita. Sostenuti dagli Stati Uniti, entrambi i
paesi stanno negoziando un accordo che cambierebbe la geopolitica
della regione. La monarchia saudita funge da guida del mondo sunnita e
ospita i luoghi santi dell'Islam; ottenerne il riconoscimento sarebbe un
enorme risultato diplomatico per Israele. Anche il presidente degli Stati
Uniti Joe Biden ha bisogno del successo in politica estera per vendere in vista
delle elezioni del 2024.
L'Arabia Saudita, dal
canto suo, sembrava disposta ad accettare il disagio in cambio di importanti
concessioni da parte degli Stati Uniti, come l'aiuto allo sviluppo di
un'industria dell'energia nucleare. Ma Hamas ha improvvisamente reso il
prezzo da pagare da parte dei sauditi molto più alto, rendendo molto
improbabile che l’accordo venga concluso a breve termine. Lo dimostra il
comunicato pubblicato oggi dal ministero degli Esteri saudita, in cui si
imputa a Israele l'attacco di Hamas .
La guerra continua e noi la conduciamo.
La seconda chiave
dell'attacco di Hamas è politica: serve a rivendicare se stessi come leader
della resistenza palestinese davanti alla loro popolazione e al mondo. I
palestinesi sono governati da due fazioni in guerra . Da un
lato, il partito miliziano islamico Hamas controlla la Striscia di Gaza ,
non riconosce lo Stato di Israele e mantiene la lotta armata; È
considerato un gruppo terroristico dagli Stati Uniti, dall'Unione Europea, da
Israele e dalla maggior parte dei paesi occidentali. Dall’altro lato c’è
l’ Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), una
coalizione guidata da Fatah, il partito fondato da Yasser Arafat. L'OLP
governa la Cisgiordania, non è islamista ma nazionalista, ha rinunciato alla
lotta armata e ha relazioni diplomatiche con Israele e l'Occidente.
Ma la posizione
conciliante dell'OLP non ha ottenuto il sostegno dei palestinesi, al
contrario. La sua strategia non impedisce a Israele di continuare a
colonizzare il territorio palestinese. Due terzi dei palestinesi credono
che la situazione sia peggiore oggi rispetto a trent’anni fa, quando
furono firmati gli accordi di Oslo, la pace tra Israele e l’OLP. Come se
ciò non bastasse, il leader dell'OLP e presidente dell'Autorità nazionale
palestinese, Mahmoud Abbas, ha 87 anni, ha accuse di corruzione di alto
profilo e il suo mandato è scaduto dal 2009. La sua unica
reazione a questa crisi è stata stata una dichiarazione in cui
difende “il diritto dei palestinesi a difendersi dal terrorismo
dell’occupazione”.
Di fronte
all'immobilità di Abbas, i palestinesi della Cisgiordania sono scesi in piazza
per celebrare l'attacco di Hamas contro Israele. Anche Hamas non gode del
sostegno unanime della popolazione: a Gaza le proteste sono frequenti e
stanno emergendo milizie alternative. Tuttavia, i sondaggi danno
al leader di Hamas Ismail Haniya un vantaggio di venti punti su Abbas in
un'ipotetica elezione presidenziale, rinviata dall'OLP di quattordici
anni. Il 53% dei palestinesi ritiene che la lotta armata sia il modo
migliore per porre fine all’occupazione israeliana, rispetto a solo il 20% che
preferisce i negoziati.
Umiliare Israele e
ottenere il sostegno internazionale
L'ultimo e più
importante obiettivo di Hamas è la propaganda. La loro spettacolare
incursione mira a dimostrare che, nonostante il rigido blocco e la sorveglianza
israeliana di Gaza, una milizia può danneggiare la più grande potenza militare
della regione in casa propria. Dimostrare che Israele non è invulnerabile
e può essere umiliato, e che non ci sarà pace finché continuerà
l’occupazione. Lo hanno fatto, provocando la morte di almeno 150
israeliani e il rapimento di diverse dozzine di civili e soldati.
Un elemento centrale di
questa strategia è il rapimento degli israeliani. Il rapimento dei suoi
cittadini è una questione particolarmente delicata per lo Stato di
Israele. Il caso più noto è il rapimento e il massacro di undici
atleti israeliani ai Giochi Olimpici di Monaco del 1972, ma ce ne sono
stati molti altri e di solito provocano una reazione virulenta da parte di Tel
Aviv. Un raid di Hezbollah in cui furono catturati due soldati israeliani
scatenò la seconda guerra del Libano nel 2006. Il rapimento e
l’omicidio di tre coloni israeliani adolescenti in Cisgiordania portarono
alla guerra di Gaza del 2014.
Pertanto Hamas sa che
Israele risponderà duramente a questa umiliazione. Il suo governo, il
più di estrema destra nella storia del Paese, ha già dichiarato lo
stato di guerra . Il ministro della Difesa ha affermato che
“cambieranno Gaza per i prossimi cinquant’anni”. Quello che fino ad ora è
stato il peggior scontro tra Israele e Hamas negli ultimi dieci anni, il
conflitto del 2014 , è durato cinquanta giorni e ha causato la morte di
oltre 2.300 palestinesi e una distruzione diffusa nella Striscia a causa dei
bombardamenti israeliani. C'è da aspettarsi che questa volta la punizione
sarà peggiore. Al momento della pubblicazione di questo articolo, i morti
palestinesi si avvicinano già ai duecento .
Tuttavia, Hamas sembra
disposto a far pagare questo prezzo agli abitanti di Gaza. In cambio
di? Utilizzeranno gli ostaggi per negoziare il rilascio dei prigionieri
palestinesi e ostacolare le operazioni punitive israeliane a
Gaza. Ritarderanno, anche se non impediranno, all’Arabia Saudita di
normalizzare le relazioni con Israele. Rivendicheranno la leadership della
resistenza palestinese e riceveranno il sostegno di gran parte del mondo arabo
e musulmano. Ma, soprattutto, sembrano sperare che la risposta israeliana
contro Gaza sia così virulenta da provocare la condanna internazionale
contro Israele , come è accaduto nel 2014 o nel 2006. È il penultimo
tentativo, disperato, di ribaltare un conflitto che poiché è sembrato a lungo
prevenuto nei suoi confronti.
27 settembre 2023
I giovani della generazione Z.
15 settembre 2023
Politicamente corretto.
Ogni volta che qualcuno mi dice che è sincero, che non si nasconde o che dice tutto in faccia faccio semplicemente una tacca a mezza faccia con la bocca e rimango in silenzio.Attualmente la nostra società vive una fase di correttezza politica, dove viene giudicata da una superiorità morale. In cui non devi vedere normale ciò che non è e ciò che devi accettare in modo che non ti etichettino ... ma cos'è un'etichetta più di un'opinione di ciò che pensano di se stessi?Beh, sembra che sia qualcos'altro. Nella società politicamente corretta ci sono alcune cose che non possono essere dette pubblicamente.E non vado più nei diversi generi che ci sono. Ora puoi usare: bigender, pangender, intersex, transgender, trigender... e così via fino al 72! Non male, eh? Confesso che non li ho letti tutti, ma manca la cosa più importante, la mancanza di buon senso, cioè. Ma sì, tutto ciò deve sembrarci normale.
Sono nato di venerdì.
Oggi è venerdì, per me il venerdì è sempre stato un giorno speciale (Sono nato di Venerdì) ed è per questo che i venerdì pomeriggio erano invariabilmente pomeriggi in cui non si voleva fare il solito, sono pomeriggi per evadere, fare una passeggiata, contemplare il mare, parlare di cose diverse, incontrare amici, camminare senza fretta, l'essere se stessi, il dimenticare di tutto tranne che di qualcuno, di osservare le nuvole, di sentire, soprattutto sono pomeriggi di sentimento e di vita. Tuttavia, in questo venerdì pomeriggio non so cosa farò e mi sento fragile. Curioso perché ho sempre creduto di essere forte e ho creduto che nulla potesse destabilizzarmi. Oggi sono fragilità, come una foglia secca che sta per cadere dall'albero.
07 agosto 2023
Nei campi devastati dalla guerra i bambini giocano.
Uno dei volti più difficili della guerra è l'effetto devastante che la lotta ha sulla vita dei bambini. Sebbene non abbiano alcuna responsabilità per il conflitto, i più piccoli subiscono l'impatto del trauma e della violenza con intollerabile intensità.
Ancora oggi, quando le leggi e le convenzioni internazionali proteggono i diritti dei minori nei conflitti, molti continuano a soffrire. Il numero di bambini che vivono nelle impostazioni delle guerre più mortali del mondo è aumentato di quasi il 10% nel 2021, a 230 milioni, secondo un rapporto pubblicato dalla ONG Save the Children, che specifica anche che un minore su sei sul pianeta vive in un'area considerata in conflitto.
Il conflitto minaccia non solo la salute e la felicità dei più piccoli, ma anche la loro capacità di sperimentare la felicità dell'infanzia. Ma non smette mai di stupirmi di come i bambini abbiano la capacità di giocare nonostante si trovino in situazioni terribilmente avverse. Nei campi profughi, nelle città devastate dalla guerra, nelle misere baraccopoli, le vedi correre dietro i fili che simulano un'auto, calciare una palla fatta con stracci o accarezzare una bambola sfilacciata.
Un campione del meglio della condizione umana? Dello sforzo di non arrendersi, nonostante la barbarie? So solo che è qualcosa che mi impressiona sempre e mi conforta.
Oggi è il 06/08/2023
So che ciò che pensi determina il mondo che vedi. Se cambi i tuoi pensieri, cambierai il modo in cui percepisci il mondo e agirai di conseguenza. So anche che ciò che penso di recente di questa società in cui vivo, di questo paese, di questo mondo, è, contrariamente al mio solito modo di pensare. Cerco di trovare ragioni per pensare a casi di quelli che non compaiono nelle notizie che mi rifiuto di vedere.
Cerco di scrivere su “ il resto ”, su natura, animali, costumi, su supereroi senza mantello o spada, esseri con credenze, con principi, cose belle, apprendimento, il valore della famiglia, degli amici, quel fatto del passato che ha lasciato una lezione di vita.
Ma c'è sempre un ma. Decido anche di scrivere su ciò che uscirei per strada oggi, di gridare, di rivendicare, di allertare, ricordare e non dimenticare mai che ci sono ancora mostri che si danno il potere di decidere sugli altri, sui costumi e sulla vita degli altri, che ci sono ancora esseri che negano che la vita sia diventata stupidamente disponibile e non mi riferisco solo agli elettrodomestici, ma anche agli esseri umani, che il vecchio e il “ diversi ” per il loro colore della pelle, la loro religione, il loro luogo di nascita, il loro orientamento sessuale, il loro potere d'acquisto, il loro stato fisico e mentale, hanno tanto diritto di vivere quanto loro, che la discriminazione porta solo violenza.
Molte volte, ho la sensazione di non far parte di questo mondo o che altri vivano in un mondo di cui io, essendo privilegiato, non faccio parte. Altre volte, sento la voce di qualcuno dall'altra parte del filo invisibile, qualcuno che capisce e condivide ciò che sto dicendo e quella notte dormo più calmo, più felice, più accompagnato.
Il paese, il mondo in cui viviamo, non è in una situazione di calma. Né nell'economia, né nella salute, né nei conflitti internazionali, né nelle battute d'arresto che la mia mente insiste nel farmi notare. Inoltre, mi chiedo cosa ci riserva l'universo in risposta alla nostra irresponsabilità.
Lo so, non puoi vivere in tensione permanente, ma capisco che non puoi vivere come se fossimo in una bolla privata e isolata.
Essere consapevoli del fatto che la cosa essenziale è che ogni persona, chiunque sia e viva dove vive, ha i suoi bisogni di base coperti, E che è essenziale che giustizia e valori prendano il loro giusto posto, intendo continuare a scrivere mentre posso. E perché me lo dici? me lo chiederai. Non commettere errori, mi sto dicendo. Aveva bisogno di ascoltarmi.
Cosa dobbiamo capire che dobbiamo impegnarci nel presente, per avere un futuro, nostro o quello dei nostri successori?
01 agosto 2023
Grazie a Conte, sono circa 140mila i ragazzi tra i 18 e i 29 anni che percepiscono il Reddito di cittadinanza.
È una situazione di illegalità che priva queste persone degli strumenti idonei a garantire loro un’autentica realizzazione personale e professionale.
Ho sentito anche dire da Conte che aver tagliato il reddito è stato disumano. A me pare disumano aver insegnato ai giovani a convivere a spese della società piuttosto che a credere in loro stessi e alla possibilità di migliorare le loro condizioni di vita.
Sono ben 11.290 che possiedono solo la licenza elementare o nessun titolo, e altri 128.710 solo il titolo di licenza media. Questi giovani, dovrebbero completare il percorso scolastico, se lo hanno interrotto illegalmente o percorrere un percorso di formazione al lavoro, tipo scuole professionali, e non restare in poltrona a spese dello stato. Queste persone non hanno diritto a percepire il reddito e bene ha fatto il governo a cancellarlo.
Il reddito di cittadinanza è stata una colossale operazione del voto di scambio messo in piedi dal M5S. Ricordo che sono stati spesi ben 30 miliardi di Euro di fondi pubblici, una finanziaria e mezzo, per trovare da parte di Conte, quei voti che hanno racimolato in particolare al sud, ma con quali risultati? Risultati drammatici, che hanno tolto la dignità ad una marea di gente abile al lavoro. Oggi il governo ha fatto una scelta molto semplice e coerente, intanto ricordo che fu annunciato in campagna elettorale l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, che a decorrere dal primo Gennaio 2023 è stato abolito, cioè con la finanziaria approvata a Dicembre 2022, quindi da sette mesi giuridicamente non c’è più a far data dal primo Agosto e adesso l’opposizione si mobilita con sette mesi di ritardo. Il ragionamento è semplice, tu non puoi lavorare perchè sei inabile? Oppure non puoi sussistere perchè hai un problema o perchè hai una pensione che non ti da la garanzia di sussistenza? Lo stato ti viene in aiuto con dei sussidi che ovviamente incrementano la tua pensione bassa o perché sei inabile al lavoro. Se viceversa sei abile al lavoro, ti do un sussidio per formarti al lavoro. È inaccettabile che ti do dei soldi a vita per stare sul divano di casa a guardare la televisione.
Ti do i soldi temporaneamente per formarti ed entrare nel mercato del lavoro.
Faccio presente che il reddito di cittadinanza non è il reddito universale è un sistema sbagliato perché bisogna prenderne atto che ha fallito, bisognava dare dei soldi alle persone per immetterle nel mondo del lavoro, non le hai messe, hai fallito.
Quando io sento, come ieri sera in TV, di una persona intervistata a Napoli, che mi è sembrata abile al lavoro, dire che se mi tolgono il reddito io vado a rubare, non è accettabile un ricatto del genere. Non si può accettare che un cittadino della Repubblica Italiana dica: o mi dai i soldi per fare quello che voglio io a casa, o io vado a rubare. Ripeto è inaccettabile. Tra l’altro vorrei dire che oggi ho sentito in Tv di una donna di 32 anni che da quando si è diplomata a 19 anni non è riuscita a trovare lavoro, ed oggi si preoccupa che gli venga tolto il reddito di cittadinanza che sono 780 Euro al mese. Una donna di 32 anni in piena salute che si può permettere di non lavorare perché grazie a Conte può stare a casa e godersi i soldi che lo stato gli dà. Vergognoso. Io mi chiedo, in questi 13 anni trascorsi dal diploma, perchè non si è cercata un lavoro? Perchè non ha fatto dei concorsi? Perché non le hanno proposto un corso di formazione al centro per l’impiego?
Questa purtroppo è la dimostrazione che il reddito di Cittadinanza ha cancellato la dignità della persona, ma ci rendiamo conto, che ci sono giovani che hanno deciso di non lavorare, tanto c’è Conte che ha promesso loro che possono stare a casa a spese dello stato: vivere senza lavorare. È una vergogna, una ingiustizia per tutti coloro che hanno lavorato una vita e che oggi si ritrovano con pensioni di fame mentre cci sono persone che non hanno mai lavorato e percepiscono un RdC di 780 euro al mese. Complimenti a Conte e al suo M5S. Bene ha fatto il governo ad abolirlo. È stato coerente con il programma presentato agli italiani.
28 luglio 2023
Il segno dei Pesci.
Ed è passato molto tempo dall'idea di scrivere delle persone che hanno avuto la fortuna o la sventura di nascere tra il 20 febbraio e il 20 marzo (Io ad esempio sono nato il 06 Marzo).
Ed è che nascere tra quelle date implica, secondo l'oroscopo, essere pesci. Ed è sufficiente nominare questo segno zodiacale in modo che la persona di fronte a te generi automaticamente un'immagine, in molti casi, deformata di ciò che sei.
Va detto, prima di tutto, che non sono una persona scettica. Anche così, rassegnato dal dover sopportare di essere giudicato con degli aggettivi che di solito mi/ci vengono assegnati.
Suppongo che ognuno mantenga un aneddoto correlato al suo segno, ma posso solo parlare della mia esperienza come pesci. Ed è quello che farò oggi. Ho compilato gli aggettivi che si ripetono di più quando si descrive un pesce:
1.
I pesci sono sensibili. Cioè, le
persone sensibili sono per tutto, non solo quando c'è dolore e dolore. Anche
quando c'è felicità e gioia. In altre parole, siamo viscerali e sentiamo tutto
e con grande intensità.
2.
I pesci sono altruisti. È la
diligenza nel procurarsi il bene degli altri anche a spese del proprio. Detto
questo, essere altruisti è molto simile a quella frase che viene spesso detta
di persone troppo buone, che è quella di “ è così buona, che sembra sciocca ”. Per
me, è essere una brava persona. E in caso di dubbi, lo sono.
3.
I Pesci sono pazienti. Una persona
paziente secondo la maggior parte dei mortali, equivale a una persona “ che ha
pazienza ”. Questo aggettivo mi caratterizza, appunto. La pazienza è la capacità “ di soffrire o
sopportare qualcosa senza alterare ”.
4. I pesci sono sognatori. E sì, normalmente, nella descrizione della personalità di un pesce l'aggettivo sognante non manca. Vorrei applicare il termine da sogno come capacità per integrare la realtà con pennellate di immaginazione.
5. I pesci sono influenzabili. Ciò significa che ci permettiamo di essere facilmente influenzati. Sono d'accordo, anche se non credo che la definizione sia completa. Per influenzare un'altra persona, devono essere disposti ad ascoltare. Questo è esattamente ciò che sappiamo fare: ascoltare gli altri. E se la tua opinione ci convince, allora le permettiamo di influenzarci. Ma sono quasi sempre pronto a cambiare idea se gli argomenti presentati sono validi e convincenti.
6. I Pesci sono creativi. Si dice che essere creativi possiede o stimola la capacità di creare, inventare, ecc. È che sappiamo come trovare soluzioni creative ai problemi di routine.
7. I pesci sono innocenti. È vero che, in generale, non fraintendiamo gli altri e crediamo fermamente che le persone nascano buone.
8. I pesci sono romantici. In questo caso, una persona romantica equivale ad essere sentimentale, generosa e sognante. Ciò non significa che viviamo disegnando cuori…siamo moderatamente romantici, ma non abbastanza idioti.
9. I pesci sono idealisti. Con questo aggettivo non sono molto in disaccordo. Penso che aspiriamo a cose perfette anche sapendo che non esistono ma non siamo così delusi nello scoprire che non lo sono perché abbiamo la capacità di adattare il nostro idealismo al nostro ambiente e contesto. È quindi un idealismo controllato.
Non intendo pertanto criticare nessuno, ma chiarisco che a volte generalizzare gli atteggiamenti delle persone attraverso etichette e pregiudizi non comprovati, può portarci ad avere un'idea preconcetta della persona di fronte a noi. I pregiudizi non sono verità assolute e le etichette non definiscono nessuno. Se veniamo portati via da questi pregiudizi avremo buone probabilità di sbagliarci.
Viviamo in un mondo che non si stanca mai di giudicare e pregiudicare senza sapere veramente cosa c'è dietro ogni persona. Il contenuto di questo post è solo un esempio di come qualcuno può essere giudicato in base al giorno in cui è nato. Sembra molto innocuo e forse questo esempio lo è. Lo stesso non accade quando giudichiamo qualcuno dal suo aspetto o dal suo status sociale. Questo mi sembra più serio.
23 luglio 2023
I 41 milioni di debiti della società di Lady Conte
Non è un buon momento per Olivia Paladino. Secondo quanto riferisce Andrea Giacobino Affariitaliani.iti la compagna di Giuseppe Conte leader del Movimento 5 Stelle affronta un “rosso intenso” per l’Albergo HOTEL PLAZA di proprietà del promotore immobiliare romano Cesare Paladino Il padre di Olivia.
“La direzione del prestigioso albergo di Via del Corso – si legge – è infatti detenuta dall’Unione Alberghi di Lusso (UEAL) di cui il 92,6% è detenuto dall’Immobiliare di Roma Splendido, a sua volta detenuta da Archimede Immobiliare, a sua volta dalla Agricola Monastero Santo Stefano Vecchio di Olivia Paladino e di sua sorella Cristiana”.
Nel 2022 UEAL ha perso 4,5 milioni di euro che si aggiungono al 1,8 milioni andato in fumo nel precedente esercizio 2021, anche se i ricavi sono in leggero progresso negli ultimi 12 mesi, essendo passati da 2,2 a 2,5 milioni euro e nonostante la struttura, dovuta al Covid, è stata chiusa per i primi 5 mesi dello scorso anno. Contando gli anni precedenti, la perdita ammonta a un totale non pagato di 28,2 milioni di euro che, ha sottolineato ancora Affaritaliani.it “ha così determinato un patrimonio netto negativo di 10,8 milioni a fronte di debiti per quasi 41 milioni, di cui 12 milioni verso l’Erario”. Dunque una situazione debitoria assai complicata. Di fronte alla quale, comunque, parrebbe esistere una via d’uscita, una fusione con la immobiliare Roma Splendido che fa capo a Olivia e alla sorella Cristiana.
Ma oggi non può chiedere aiuto a Conte. Vi ricordate che grazie a una norma del decreto rilancio firmato da Giuseppe Conte era stato sottratto ai magistrati il "suocero" Cesare Paladino, papà della fidanzata Olivia Paladino. Fu un vero e proprio colpo di spugna che cancellò la condanna penale per peculato (ridicolizzando così la famosa spazzacorrotti finita in cenere e trasformata in salvacondotto per i famigliari) patteggiata dal suocero di Conte per un anno e due mesi di condanna per non avere versato al comune di Roma di Virginia Raggi in cinque anni quasi 2 milioni di tassa di soggiorno dovuta.
Immaginatevi cosa sarebbe accaduto se al posto di Conte ci fosse stato un Matteo Renzi o un Silvio Berlusconi a fare leggi ad personam per i propri familiari! Titoloni, edizioni straordinarie, M5s sulle barricate, manifestazioni davanti a Montecitorio. Ma questa volta la legge ad familiam l'ha firmata un loro idolo, quindi tutti con la testa sotto la sabbia come degli struzzi. Si voltano dall'altra parte e nascondono la polvere sotto il tappeto. Però abbiamo capito ora perché il premier ha voluto chiamare "rilancio" quel decreto con il colpo di spugna che sbianchettava la fedina penale del papà della sua fidanzata: serviva a rilanciare il suocero di Conte...in società!
22 luglio 2023
Il voltafaccia dei 5Stelle: “torniamo al finanziamento pubblico ai partiti”.
"i cittadini devono sapere quale nodo da sciogliere sta dietro il finanziamento: bisogna garantire alle forze politiche l’esercizio delle loro funzioni democratiche" afferma Patuanelli, consapevole che in passato "la mole di risorse pubbliche fu tale da tutelare anche chi non ne aveva diritto" che i soldi dei cittadini sono stati gestiti "spesso in modo improprio e a volte in modo illegale". Battaglie dei grillini della prima ora. Adesso tutto è cambiato. Non è tempo di lotta alla casta, se nella casta si è dentro con tutte le scarpe. Come giustificare l'acrobazia? Ai tempi si confusero i "costi della politica" con i "costi della democrazia, ragiona Patuanelli.
I partiti sono costantemente a caccia di soldi per sopravvivere: "Tutti gli eletti compartecipano alle spese delle forze di appartenenza con le trattenute sui loro stipendi da parlamentari. Persino i seggi hanno un costo: so che il Pd chiede cinquantamila euro a chi lo conquista" rivela il capogruppo 5Stelle. Il rischio è che faccia politica solo chi se lo può permettere. Ma quindi che fare? Patuanelli suggerisce di fare come nel Parlamento europeo, che finanzia i gruppi e controlla l’uso dei fondi.