30 novembre 2023

Il fallimento della Zona Franca Integrale?

“Svelato l’inganno del presidente della giunta regionale, con l’approvazione a Strasburgo del nuovo codice doganale europeo, senza alcune modifica che riguardi le sorti dell’isola, ritengo si debba porre fine alle mistificazioni e alle suggestioni che da mesi si rincorrono sui tempi e sull’iter istitutivo della zona franca sarda” – tuona Giacomo Sanna, leader del Partito Sardo D’Azione rivolgendosi al suo (ormai ex) alleato Ugo Cappellacci.

Zona Franca

Ma cosa è successo? Mercoledì 11 settembre il Parlamento Europeo ha votato e ratificato il nuovo Codice Doganale dell’Unione Europea che di fatto esclude la Sardegna dai territori extradoganali europei e quindi mette un primo e pesante veto sull’istituzione della zona franca integrale nell’isola. Una mazzata per il presidente Cappellacci e per i comitati promotori che in questi mesi si sono battuti goffamente affinché la Sardegna potesse dotarsi di uno strumento impossibile da attuare senza un progetto e senza la stretta relazione tra il presidente della Regione e il Governo italiano. Inoltre senza contare la perimetrazione dell’isola sfora i limiti di extradoganalità previsti dal Codice dell’Unione Europea – sia quello vecchio, che quello nuovo.

A segnare l’impossibilità della zona franca integrale è la storia politica sarda, che oggi come tanti anni fa presenta una incognita importante. Infatti nel 1946, proprio il Partito Sardo D’Azione fu promotrice del primo progetto istitutivo della Zona Franca in Sardegna col beneplacito del governo nazionale che intendeva ripetere l’esperimento siciliano. La motivazione principale per cui il progetto non passò fu che il raffronto fra le entrate e le spese segnava per la Sardegna una forte passività ed escludeva per l’isola il veder le proprie casse integrate da fondi italiani. Inoltre la zona franca avrebbe fatto della Sardegna un mercato di consumo invece che un mercato di produzione. Era evidente, per chi sosteneva questa tesi, che il giorno in cui tutti avessero potuto importare nell’isola in assoluta esenzione doganale, il mercato sarebbe stato inondato di merci lavorate e tutti avrebbero avuto interesse a non fare diventare concorrenziali le imprese sarde. Esattamente gli stessi problemi che la Sardegna riscontra ancora oggi.

Il progetto di Statuto, diventato legge costituzionale nel gennaio del 1948, riservava così allo Stato italiano l’esclusiva competenza del regime doganale mentre alla Sardegna dava la possibilità di istituire dei punti franchi.

Né la storia né la legge però paiono gli argomenti preferiti di Cappellacci e della Randaccio, troppo presi a lottare per garantirsi un posto al sole dopo le prossime elezioni regionali. E non piacciono nemmeno ai membri dei comitati promotori, capaci di urlare ai quattro venti il dovere della Sardegna di diventare zona franca ma incapaci di creare una piattaforma credibile per la sua attuazione e di porre una dovuta analisi dei benefici e degli svantaggi che la zona franca porterebbe alla regione. Infatti per loro non sembra importante che al taglio delle accise e dell’Iva, la Sardegna perda tre miliardi di euro, veda le sue tasse sensibilmente aumentate e veda tutti i servizi tagliati. Insomma, il quadro è quello di una Sardegna destinata a star peggio di come attualmente vive.

Il tutto inizia il primo ottobre 2012 quando la dottoressa Randaccio annunciava che “Per istituire la zona franca c’è tempo fino al 24 giugno dell’anno prossimo, quando entrerà in vigore il nuovo Codice doganale aggiornato, che lascia vivere le vecchie zone franche ma vieta l’apertura di nuove. I tempi stringono, non abbiamo un minuto da perdere”. Un mese dopo il Parlamento Europeo decideva l’attuale codice e dava come data ultima di attuazione il primo novembre 2013. Cappellacci decideva però di inviare a Bruxelles due lettere in cui chiedeva di inserire la Sardegna tra i territori extradoganali. In realtà i tempi per emendare il nuovo codice erano scaduti, quindi non avrebbe raggiunto alcun risultato. Riuscì inoltre a sbagliare l’indirizzo delle due lettere suscitando l’ilarità dalla Comunità Europea. Nonostante ciò Cappellacci continuerà a perseverare.

Dopo aver perso più di un anno di tempo utile per ottenere la modifica dell’articolo 3 del Codice Doganale comunitario, Cappellacci si è accorto della storia e della legge sarda, ed in particolare dell’articolo 12 dello Statuto speciale:“Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato”. E quindi ha chiamato a raccolta i comitati promotori e decine di sindaci da tutta l’isola a Roma mentre la regione Sicilia ci sorpassava con una mozione presentata dal presidente Crocetta e dal Movimento 5 Stelle che prevedeva l’attivazione in Sicilia delle zone franche urbane.

Cappellacci, i sindaci e diversi cittadini sardi si sono ritrovati a Roma il 24 giugno pensando che fosse la data ultima per raggiungere la zona franca integrale. Dopo aver fatto chiasso sotto Montecitorio e aver raggiunto un accordo per un incontro col primo Ministro Enrico Letta e col ministro dell’Economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni, Cappellacci e la Randaccio si ritrovano davanti il viceministro delle finanze Luigi Casero. Un palese schiaffo quello del governo che decise di schierare una sorta di sottoposto senza alcun potere decisionale. Infatti il viceministro chiese ai sardi di reincontrarsi la settimana successiva per discutere le proposte. Per tutti – Cappellacci, Scifo, la Randaccio e i comitati Zona Franca – questa è una vittoria. Infatti il giorno dopo viene diffusa la falsa notizia che lo stato italiano abbia modificato l’articolo 10 dello Statuto sardo e che la Sardegna fosse stata messa sotto regime di zona franca.

Passa una settimana e Cappellacci si ritrova sempre Casero davanti. Il quale prima tracheggia, poi dà una spiacevole notizia: “lo stato italiano non ha alcuna intenzione di promuovere con i propri soldi la zona franca integrale della Sardegna. Al più la Sardegna può decidere a sue spese di istituire alcuni punti franchi dove lo riterrà opportuno”. La verità arriva come una sberla ancor più forte della settimana precedente. Per istituire una zona franca infatti occorrono soldi. Lo Stato italiano o non li ha o ritiene di doverli spendere in altro modo. La Regione non li ha: già nel 2010 avrebbe potuto rendere l’area portuale di Cagliari una zona franca. Il Presidente dell’area portuale sconsigliò Cappellacci poiché dalla cassa della Regione sarebbe dovuta uscire subito una cifra intorno ai 10 milioni di euro per attivare le prime recinzioni, e una successiva cifra di 21 milioni di euro per concludere i lavori.

Cappellacci barcolla e per qualche mese non parla più di zona franca. La Randaccio non molla ma si tiene a stento a galla, i comitati promotori sono sfiduciati. Provano una nuova proposta: istituire delle zone franche al consumo sperimentali. Il Comune di San Gavino Monreale si propone per primo. Ma questo, come i termini tecnici e la legge insegnano, si tratta di una zona franca urbana, simile a quella istituita dal governo Monti, su mozione del PD e dell’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, nel Sulcis. La decisione venne presa per aiutare il territorio più povero d’Italia a risollevarsi. Come si vede, con un intervento dello stato nazionale.

Arriva settembre e Cappellacci ritorna in campo facendo firmare l’ennesima delibera allegra sulla zona franca ai comuni sardi aderenti. Si parla di “un obiettivo che si sta perseguendo con successo”, di una Regione che ha introdotto la riduzione dell’Irap e ottenuto dal governo la zona franca per il Sulcis. In realtà la riduzione dell’Irap è stata una proposta dell’opposizione che la maggioranza non ha posto a bilancio mentre la zona franca per il Sulcis è stata una azione di esclusiva competenza dello stato italiano.

L’11 settembre Cappellacci rimedia una nuova brutta figura dall’Unione Europea. E attacca la Barracciu, rea di non aver perorato la causa della zona franca integrale. In realtà la Barracciu poco poteva davanti ad un codice impossibile da emendare e davanti all’assurda richiesta della Randaccio e di Cappellacci di inserire la Sardegna fuori dal territorio doganale dell’Unione europea  e nel contempo di renderla zona franca ai sensi degli articoli da 166 a 168 bis del codice doganale comunitario. Chiedere una cosa e l’altra, come fa il Presidente della Regione, non è possibile, perché non si può essere contemporaneamente dentro e fuori il territorio doganale dell’Unione.

Come uscire quindi da questa barzelletta? Cappellacci non ne uscirà, la userà alle prossime elezioni regionali e cercherà quindi di avvalersi dei membri dei comitati promotori per la zona franca integrale per imbastire la campagna elettorale. Una volta vinto, dimenticherà tutto quanto avvenuto durante questo anno colmo di figuracce. Se perderà, sarà costretto a veder attivati gli unici progetti possibili alla crescita della Sardegna. Quali?

Il primo è la creazione di una Agenzia delle Entrate Sarda, obiettivo dichiarato nel programma elettorale della candidata Michela Murgia, che permetterebbe il mantenimento del 70% dei tributi sardi da redistribuire poi nei vari settori del commercio, della sanità, della scuola e dei servizi. Questo progetto renderebbe ininfluente l’istituzione di zone franche al consumo e darebbe respiro alle casse regionali, da sempre dipendenti dagli umori del governo italiano.

L’altro è l’utilizzo della fiscalità di vantaggio come sta avvenendo nel Sulcis. L’articolo 116 della Costituzione Italiana riconosce alle Regioni a statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” rispetto alle Regioni a statuto ordinario e tale riconoscimento garantisce maggiori funzioni e maggiori risorse attraverso un favorevole meccanismo di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali. Tale regime è emendabile solo previa intesa fra lo Stato e la singola Regione a statuto speciale.

Il Trentino, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta hanno già raggiunto diversi accordi con lo stato. I contenuti degli accordi sono diversi per ogni singola Regione secondo forme di “federalismo a statuto speciale” di cui si è fatto promotore non il legislatore, ma la Corte costituzionale. La sentenza 357/2010 ha riconosciuto a Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia ampie prerogative anche sui tributi erariali interamente devoluti o compartecipati, consentendo la modifica sia delle basi imponibili che delle aliquote consentendo fin da subito di mettere in cantiere importanti misure di fiscalità di vantaggio. La Sardegna invece non ha ancora avviato la negoziazione con lo stato.

Un’altra possibilità per la Sardegna è offerta dal Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 titolato “fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno”, che consente alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote IRAP e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni nei confronti di nuove iniziative produttive. Anche in questo caso la Sardegna non ha perseguito l’obiettivo rendendo di fatto inapplicata la possibilità di ridurre l’Irap.

Finisce così la lunga battaglia del Presidente Cappellacci, della Randaccio, di Scifo e dei comitati promotori per la zona franca integrale. Uno specchietto per centinaia di sardi che hanno preferito credere ad una banalità piuttosto che guardare in faccia la realtà. Uno specchietto che si è rivelato l’ennesima dimostrazione di amministrazioni – regionali e comunali – incapaci sotto ogni profilo politico, con una mancanza evidente di progettazione e di idee.

Questo fallimento non porta solo ad una sconfitta morale per il presidente sardo ma anche per tutti coloro che si sono avvicinati al tema della zona franca integrale solo per ottenere voti in vista di prossime elezioni – regionali e, soprattutto, comunali. Purtroppo, come si è visto, una casa senza fondamenta è destinata a crollare subito dinanzi alla realtà e a qualunque analisi realistica. Anche quando la Randaccio e diversi esponenti dei comitati promotori denunciano fantomatici “poteri alti” che tramano contro la Sardegna, dimenticando che l’Unione Europea è piuttosto grande per dover perdere tempo a pensare ad un tranello contro un puntino della sua cartina geografica.

13 Settembre 2013-Simone Spada

 

17 novembre 2023

Regime di zona franca in Sardegna

Se si vuole davvero capire quali sarebbero le reali ricadute derivanti dall'applicazione di un regime di zona franca in Sardegna, è necessario chiarire meglio il concetto andando oltre significato letterale del termine è incorporando alle classiche misure di carattere Doganale, rilevanti misure a favore delle imprese di incentivazione fiscale e di flessibilizzazione del costo del lavoro.  Questa particolare eccezione della Zona Franca necessita di passaggio istituzionali che nascono dalla contrattazione politica negoziale tra Regione, Stato e Unione Europea sulla base della normativa vigente in materia  e la richiesta di estensione del pacchetto di misure per abbattere l'insularità previste dal Trattato di Amsterdam anche alla Sardegna.

 Consideriamo la Zona Franca come uno strumento di libertà economica, dove l'insieme delle misure fiscali e doganali costituiscono il volano per rilanciare tutto il sistema produttivo regionale e valorizzare al meglio la centralità della Sardegna quale  nodo strategico di cerniera commerciale tra l'Unione europea e paesi extraeuropei che si affacciano sul vaccino del Mediterraneo.

 Al fine di ottenere una ottimazione delle ricadute economiche,  non si può prescindere dal fatto che tutto il territorio dell'isola sia sottoposta al regime della zona franca.  infatti, in questa visione di Libertà d'Impresa, si può prevedere come per ragioni di mercato e per la ricerca di elevati livelli di competitività internazionale, Le imprese orientate all'esportazione -  quelle cioè che utilmente potranno beneficiare delle esenzioni doganali - Preferiranno collocarsi in prossimità delle aree portuali e delle zone industriali,  dotate delle necessarie infrastrutture a ridosso di tali aree. Le altre imprese,  interessate all'ottenimento degli ulteriori benefici per ottenerli potranno effettuare effettuarsi in qualsiasi località della Sardegna,  determinando le cadute economiche e occupazionali diffuse in tutto il territorio.

Ciò premesso,  è facile comprendere che non potrà mai essere una norma giuridica di pianificazione economica ad Impedire l'estricarsi di queste naturali tendenze del mercato che vanno verso una concezione liberista,  in netta contrapposizione alla concezione statalista e centralista dello sviluppo economico pianificato.

Una lettura delle numerosissime zone Franche (oltre 400 già 10 anni fa) sparse del pianeta fa emergere una filosofia che mette in evidenza come questo strumento sia considerato,  a tutti gli effetti,  Teso a liberare le imprese e favorire la loro attività.  In questo ambito di Libertà d'Impresa vengono garantite agli operatori economici,  soprattutto nelle aree caratterizzate da processi di riconversione economica in quelle strutturalmente deboli Con evidenti ritardi nelle dinamiche di sviluppo,  condizioni ideali per attivare un allargamento della base produttiva,  apertura e mercati internazionali e aumento del livello occupativi.

Le imprese orientate all'esportazione potranno inoltre,  evitare una serie di costrizioni burocratiche e vincoli restrittivi di natura Doganale. Si tratta, in tutta evidenza, di un presupposto di natura liberista: l'attività economica può essere svolta con la massima efficienza ed il massimo grado di efficacia in assenza di interventi regionali e statali tesi ad impedire il libero dispiegarsi delle regole di mercato.

In conclusione: la zona franca può e deve costituire una conquista economica , culturale, sociale e politica di quel comune sentire che ci fa essere popolo e nazione, consapevoli che nulla ci verrà mai regalato e convinti che la Sardegna potrà essere redenta solo dai sardi…

13 novembre 2023

Beppe Grillo da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa: "Ho peggiorato l'Italia"

Nel suo intervento a "Che Tempo Che Fa” il comico e garante del Movimento 5 Stelle ripercorre le fasi politiche della creatura che fondò con Casaleggio. E recita parole di addio.

"Sono il peggiore? Sì, sono il peggiore, ho peggiorato questo Paese". È forse questa la frase più significativa del semi - monologo di Beppe Grillo, tornato ospite di un programma televisivo a quasi dieci anni di distanza dall'ultima apparizione. Il comico, intervistato da Fabio Fazio a "Che Tempo Che Fa" (che ieri ha battuto un nuovo record, portando su "Nove" 2,5 milioni di telespettatori), ha tirato le somme del suo percorso politico a modo suo, usando quella teatralità che è stata la sua fortuna ma anche il suo grande limite.

Quello che è andato in scena negli studi di Warner Bros. Discovery non è stato un semplice mea culpa e sarebbe fallace immaginare una sorta di stop and go. Beppe Grillo ha detto addio alla politica e lo ha fatto misurando le parole; parole solo apparentemente figlie di uno sfogo istintivo ma in realtà ponderate nella forma e nella sostanza: "Dall'ultima intervista rilasciata a Vespa nel 2014 - ha spiegato - abbiamo perso le elezioni, tutti quelli che avevo mandato a fare in c... sono al governo. Ho fondato il Movimento ma mi ero iscritto al Pd, ad Arzachena. Adesso sono anziano e confuso. Non posso condurre e portare a buon fine un movimento politico, non sono in grado. Prima c'era Casaleggio che era un manager. Ecco perché mi sono un po' ritirato".

Sia chiaro, il comico genovese, pur essendo ancora il "garante" del partito guidato da Giuseppe Conte, si era già fatto da parte da tempo: dal 2017 il suo blog non è più il canale ufficiale del Movimento 5 Stelle e i suoi interventi, negli anni, si sono sempre più diradati. Mancava il gesto definitivo, la parola "fine" dopo i titoli di coda. L'anziano comico-leader si è tolto definitivamente il peso e probabilmente lo ha tolto anche alla politica italiana, da lui pesantemente condizionata.

Lo stesso riferimento allo scomparso Gianroberto Casaleggio svela definitivamente quale fosse la catena di comando in quel Movimento 1.0, quello che disse no a un governo guidato da Pierluigi Bersani, per intenderci. "Era un'altra fase della nostra storia - ha detto recentamente l'ex Presidente della Camera, Roberto Fico, in un'intervista - la nostra linea era quella di non allearci con nessuno". Da allora sono passati dieci anni, ma sembra un secolo. La creatura politica fondata da Grillo e Casaleggio ha dato vita a due governi e ha appoggiato il "governissimo" a guida Mario Draghi; si è alleata con quasi tutti i partiti dell'emiciclo e il suo habitat naturale è quel Parlamento che doveva essere aperto "come una scatoletta di tonno".

I due leader che si sono alternati e hanno scandito tempi e modi della metamorfosi del Movimento 5 Stelle sono stati Luigi Di Maio, passato in brevissimo tempo da astro nascente a stella cadente della politica italiana e Giuseppe Conte, uomo - establishment che lo ha definitivamente "istituzionalizzato". Anche su di loro, le parole del comico non sono state casuali: "Giggino la cartelletta - ha detto riferendosi a Di Maio - era il politico più preparato, ma non pensavamo si facesse prendere dal potere di organizzare le persone. Poi ci ha pugnalato". Ancor più tranchant, se vogliamo, il giudizio sull'attuale leader: "Arrivava dall'università, era un avvocato. Dovevamo scegliere qualcuno della società civile, lo conobbi e dissi: 'E' un bell'uomo, laureato, parla inglese'. Poi quando parlava si capiva poco, quindi era perfetto per la politica". La "versione in prosa" delle parole del comico è abbastanza semplice: nel Movimento 1.0 un capo politico come Giuseppe Conte sarebbe stato impensabile, così come sarebbe impensabile oggi un Movimento 3.0 con Beppe Grillo a fare da frontman. 

26 ottobre 2023

Il perfezionismo.

Una delle virtù difettose che mi spaventa di più è il perfezionismo.
È una virtù perché, ovviamente, è una tendenza a fare le cose perfette, ed è un difetto perché di solito non tiene conto della realtà, che la perfezione non esiste a questo mondo, che chiunque si muove a volte sbaglia.
Nella mia vita ho incontrato molti perfezionisti e, ovviamente, sono persone fantastiche.
Credono in un lavoro ben fatto, sono appassionati nel fare bene le cose e svolgono magnificamente la maggior parte dei compiti che intraprendono.
Ma sono anche persone un po’ nevrotiche, vivono tesi. Diventano crudelmente esigenti nei confronti di coloro che non sono come loro e soffrono in modo spettacolare quando la realtà arriva con la riduzione e vedono che molte delle loro opere, nonostante tutto il loro interesse, rimangono a metà strada.
Ecco perché mi sembra che una delle prime cose che dovremmo insegnarci da bambini sia quella di sbagliare.
L'errore, il fallimento, fa parte della condizione umana.
Qualunque cosa facciamo, ci sarà sempre un coefficiente di errore nelle nostre opere. Non puoi essere sempre sublime.
Ecco perché sono sempre stato più interessato a sapere come le persone si riprendono dagli errori che al numero di errori che commettono.
Poiché l'arte più difficile non è non cadere mai, ma sapersi rialzare e proseguire il cammino intrapreso.

La Metamorfosi

Oggi ho finito di leggere "La Metamorfosi" di Franz Kafka, per chi non l'avesse ancora letto, questa piccola opera letteraria affronta un tema marcatamente esistenzialista. In sintesi, la storia parla di un venditore ambulante, di nome Gregorio Samsa, che una mattina si sveglia trasformato in un insetto. Nonostante la sua condizione, la preoccupazione di Gregorio non è mai stata la sua nuova condizione di "insetto" a cui non dava alcuna importanza. , ma piuttosto il fatto di non poter continuare con la sua routine quotidiana, di non poter svolgere il suo lavoro.... questa situazione diventa un peccato che lo porta a subire le più grandi delusioni da parte della sua famiglia e della società. Dopo vari eventi, Gregorio finisce in modo tragico, mentre la sua famiglia prende questo evento come una liberazione per andare avanti con la propria vita.

Nel corso della lettura continuavo a pensare alla nostra natura umana e alcune domande mi assalivano, cosa è successo? Cosa significa questa storia? La trasformazione è il segno terribile di un lato nascosto della vita umana che irrompe all'improvviso e distrugge il tessuto pacifico della tranquillità domestica? Oppure, in modo meno mirabile, lo scarabeo Gregor è simbolo del membro familiare o sociale inassimilabile, del malato terminale di cui la famiglia vuole liberarsi, dell'emarginato che dà fastidio, dell'"altro", del rinnegato, del indesiderabile...? In questo lavoro mi rendo conto di qualcosa che accade crudelmente nella realtà, quando qualcosa o qualcuno che ci ha servito in passato smette di esserci utile e diventa un intralcio o un ostacolo alla nostra vita quotidiana, senza il minimo rimorso, lo abbiamo lasciato dimenticato in un angolo al suo destino e probabilmente alla sua morte. 

A volte il nostro egocentrismo ci fa credere che siamo indispensabili oppure inconsciamente ci sforziamo di esserlo, magari per compiacere o per sentirci preziosi per qualcuno (in questo caso la famiglia) ma qui vediamo chiaramente come nessuno sia indispensabile in questa vita.

Franz Kafka con quest'opera ci mostra che il concetto di solidarietà o di famiglia e di sostegno diventa parte delle fiabe solo quando ci troviamo ad un punto decisionale critico. Ecco che mi rendo conto che la nostra natura umana è così, egoista! e la moralità di cui tanto ci vantiamo è qualcosa di creato da noi stessi, quindi è alterabile e modellabile a nostro piacere e vantaggio.

Kafka ci mostra categoricamente come dipendiamo dalla nostra utilità per la nostra sopravvivenza e accettazione nelle diverse sfere sociali e fa emergere una verità per noi così naturale ma così deplorevole, che solo avendola in un libro possiamo vederla.

19 ottobre 2023

Hamas ha lanciato il 7 Ottobre un attacco contro Israele.

Hamas ha lanciato un attacco a sorpresa contro Israele da Gaza, uccidendo e rapindo dozzine di soldati e civili. L’obiettivo di questa sfida senza precedenti è triplice: boicottare l’accordo israeliano con l’Arabia Saudita, umiliare e provocare Israele e ricordare al mondo che il conflitto palestinese non è finito.

Hamas, la guerriglia palestinese che governa la Striscia di Gaza, ha lanciato un’operazione straordinaria contro Israele. I suoi miliziani si sono infiltrati oltre il confine, devastando basi militari, camminando armati per le strade, uccidendo e rapendo civili, sorprendendo l'esercito israeliano. Proprio quando sono passati cinquant'anni da un altro attacco a sorpresa contro Israele: la guerra dello Yom Kippur del 1973. E tutto trasmesso in diretta con video come quelli realizzati da Daesh o visti nella guerra in Ucraina. Un attacco senza precedenti che ha provocato uno shock enorme nella società israeliana.

Perché Hamas dovrebbe voler lanciare un simile attacco? Sebbene abbiano dimostrato di essere capaci di operazioni molto più complesse di quanto si credesse in precedenza, sanno che la potenza militare di Israele è di gran lunga superiore e che la sua reazione sarà indiscriminata e terribile. Le forze armate israeliane hanno già iniziato a bombardare la Striscia di Gaza con sangue e fuoco. Forse lanceranno anche un'incursione via terra ad ampio raggio. Se tutto seguisse il solito copione, la risposta israeliana potrebbe causare la morte di migliaia di palestinesi e una distruzione diffusa. E se fosse proprio quello che Hamas stava cercando? 

Impedire l’accordo tra Israele e Arabia Saudita 

Il primo obiettivo di Hamas è geopolitico. Cerca di smascherare i paesi arabi che hanno firmato accordi di normalizzazione con Israele e di boicottare i negoziati con l’Arabia Saudita. A suggerirlo è uno degli alleati più fedeli di Hamas: Hezbollah, la milizia sciita libanese. Gli Stati Uniti hanno riconosciuto anche in altre occasioni che le tensioni con i palestinesi renderebbero difficile un accordo con l’Arabia Saudita.

Dal 2020, quattro paesi arabi hanno stabilito rapporti con lo Stato ebraico: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco. Altri, come l’Oman e il Qatar, si stanno avvicinando a posizioni presso il governo israeliano. Sono guidati dalle pressioni degli Stati Uniti, ma anche dal fatto che Israele è un partner commerciale attraente da cui acquistare armi e tecnologia. Pegasus, il software spia utilizzato dal Marocco contro la Spagna o la Francia , è un prodotto israeliano.

Tuttavia, questi accordi sono scomodi per i paesi che li firmano. Sebbene il conflitto arabo-israeliano abbia perso importanza nell’agenda internazionale, le popolazioni arabe continuano a sostenere la causa palestinese. Non è raro vedere proteste cittadine in città come Rabat ogni volta che le forze israeliane attaccano il territorio palestinese. Hamas spera che le immagini della distruzione di Gaza possano indignare il mondo arabo e mettere in imbarazzo i suoi leader.

Tuttavia, il più grande successo per Hamas sarebbe quello di far deragliare il riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita. Sostenuti dagli Stati Uniti, entrambi i paesi stanno negoziando un accordo che cambierebbe la geopolitica della regione. La monarchia saudita funge da guida del mondo sunnita e ospita i luoghi santi dell'Islam; ottenerne il riconoscimento sarebbe un enorme risultato diplomatico per Israele. Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha bisogno del successo in politica estera per vendere in vista delle elezioni del 2024. 

L'Arabia Saudita, dal canto suo, sembrava disposta ad accettare il disagio in cambio di importanti concessioni da parte degli Stati Uniti, come l'aiuto allo sviluppo di un'industria dell'energia nucleare. Ma Hamas ha improvvisamente reso il prezzo da pagare da parte dei sauditi molto più alto, rendendo molto improbabile che l’accordo venga concluso a breve termine. Lo dimostra il comunicato pubblicato oggi dal ministero degli Esteri saudita, in cui si imputa a Israele l'attacco di Hamas .

La guerra continua e noi la conduciamo.

La seconda chiave dell'attacco di Hamas è politica: serve a rivendicare se stessi come leader della resistenza palestinese davanti alla loro popolazione e al mondo. I palestinesi sono governati da due fazioni in guerra . Da un lato, il partito miliziano islamico Hamas controlla la Striscia di Gaza , non riconosce lo Stato di Israele e mantiene la lotta armata; È considerato un gruppo terroristico dagli Stati Uniti, dall'Unione Europea, da Israele e dalla maggior parte dei paesi occidentali. Dall’altro lato c’è l’ Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), una coalizione guidata da Fatah, il partito fondato da Yasser Arafat. L'OLP governa la Cisgiordania, non è islamista ma nazionalista, ha rinunciato alla lotta armata e ha relazioni diplomatiche con Israele e l'Occidente.

Ma la posizione conciliante dell'OLP non ha ottenuto il sostegno dei palestinesi, al contrario. La sua strategia non impedisce a Israele di continuare a colonizzare il territorio palestinese. Due terzi dei palestinesi credono che la situazione sia peggiore oggi rispetto a trent’anni fa, quando furono firmati gli accordi di Oslo, la pace tra Israele e l’OLP. Come se ciò non bastasse, il leader dell'OLP e presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, ha 87 anni, ha accuse di corruzione di alto profilo e il suo mandato è scaduto dal 2009. La sua unica reazione a questa crisi è stata stata una dichiarazione in cui difende “il diritto dei palestinesi a difendersi dal terrorismo dell’occupazione”.

Di fronte all'immobilità di Abbas, i palestinesi della Cisgiordania sono scesi in piazza per celebrare l'attacco di Hamas contro Israele. Anche Hamas non gode del sostegno unanime della popolazione: a Gaza le proteste sono frequenti e stanno emergendo milizie alternative. Tuttavia, i sondaggi danno al leader di Hamas Ismail Haniya un vantaggio di venti punti su Abbas in un'ipotetica elezione presidenziale, rinviata dall'OLP di quattordici anni. Il 53% dei palestinesi ritiene che la lotta armata sia il modo migliore per porre fine all’occupazione israeliana, rispetto a solo il 20% che preferisce i negoziati. 

Umiliare Israele e ottenere il sostegno internazionale

L'ultimo e più importante obiettivo di Hamas è la propaganda. La loro spettacolare incursione mira a dimostrare che, nonostante il rigido blocco e la sorveglianza israeliana di Gaza, una milizia può danneggiare la più grande potenza militare della regione in casa propria. Dimostrare che Israele non è invulnerabile e può essere umiliato, e che non ci sarà pace finché continuerà l’occupazione. Lo hanno fatto, provocando la morte di almeno 150 israeliani e il rapimento di diverse dozzine di civili e soldati.

Un elemento centrale di questa strategia è il rapimento degli israeliani. Il rapimento dei suoi cittadini è una questione particolarmente delicata per lo Stato di Israele. Il caso più noto è il rapimento e il massacro di undici atleti israeliani ai Giochi Olimpici di Monaco del 1972, ma ce ne sono stati molti altri e di solito provocano una reazione virulenta da parte di Tel Aviv. Un raid di Hezbollah in cui furono catturati due soldati israeliani scatenò la seconda guerra del Libano nel 2006. Il rapimento e l’omicidio di tre coloni israeliani adolescenti in Cisgiordania portarono alla guerra di Gaza del 2014.

Pertanto Hamas sa che Israele risponderà duramente a questa umiliazione. Il suo governo, il più di estrema destra nella storia del Paese, ha già dichiarato lo stato di guerra . Il ministro della Difesa ha affermato che “cambieranno Gaza per i prossimi cinquant’anni”. Quello che fino ad ora è stato il peggior scontro tra Israele e Hamas negli ultimi dieci anni, il conflitto del 2014 , è durato cinquanta giorni e ha causato la morte di oltre 2.300 palestinesi e una distruzione diffusa nella Striscia a causa dei bombardamenti israeliani. C'è da aspettarsi che questa volta la punizione sarà peggiore. Al momento della pubblicazione di questo articolo, i morti palestinesi si avvicinano già ai duecento .

Tuttavia, Hamas sembra disposto a far pagare questo prezzo agli abitanti di Gaza. In cambio di? Utilizzeranno gli ostaggi per negoziare il rilascio dei prigionieri palestinesi e ostacolare le operazioni punitive israeliane a Gaza. Ritarderanno, anche se non impediranno, all’Arabia Saudita di normalizzare le relazioni con Israele. Rivendicheranno la leadership della resistenza palestinese e riceveranno il sostegno di gran parte del mondo arabo e musulmano. Ma, soprattutto, sembrano sperare che la risposta israeliana contro Gaza sia così virulenta da provocare la condanna internazionale contro Israele , come è accaduto nel 2014 o nel 2006. È il penultimo tentativo, disperato, di ribaltare un conflitto che poiché è sembrato a lungo prevenuto nei suoi confronti.

 

27 settembre 2023

I giovani della generazione Z.

La cosiddetta  generazione Z , è fondamentalmente globale. Ne fanno parte gli adolescenti nati dalla fine degli anni Novanta fino all'inizio di questo millennio. In questo modo si può dire che la sua età è di circa 20 anni. I giovani della generazione Z sono più intraprendenti, questo è uno dei tratti distintivi degli individui che fanno parte di questa generazione, aspetto che può essere definito dal fatto di  aver avuto difficoltà di accesso al mercato del lavoro , il che fa sì che circa un quarto dei giovani, oggi, sono disoccupati. La generazione Z ha una maggiore autonomia per apprendere da sola. In questo modo si distinguono per essere  autodidatti e creativi . Inoltre, il loro processo di apprendimento è accelerato.  D’altro canto, vale la pena notare che questa generazione è caratterizzata da un  accesso facile e illimitato all’informazione  e alla conoscenza.  Inoltre, il fatto di nascere nel bel mezzo di un boom tecnologico permette loro di utilizzare diverse alternative comunicative; nuovi canali , ambienti, ecosistemi e piattaforme virtuali per lavorare, accedere a offerte professionali innovative e svolgere attività quotidiane come ordini, acquisti e prenotazioni. La Generazione Z ama l’immediatezza. In altre parole, questi ragazzi  sono amanti delle connessioni ultraveloci , che permettono loro di cercare e scaricare in pochi secondi le informazioni di cui hanno bisogno. Tuttavia, questa elevata disponibilità li ha resi  impazienti  verso tutti gli aspetti della vita. Vogliono raggiungere tutti gli obiettivi nel breve termine e sottovalutano i risultati che si possono ottenere nel medio e lungo termine.  D’altra parte, sono abituati a utilizzare costantemente i social network per comunicare tra loro e incontrare nuove persone. Hanno l'abitudine di conversare con più persone contemporaneamente, il che ha portato alla presenza di  incoerenze sia nella loro espressione orale che scritta . La maggior parte delle fotografie che questi giovani condividono sui loro profili social sono  selfie .  I giovani di questa generazione  sono empatici e solidali.  Hanno un'elevata capacità di fare amicizia a livello digitale. Inoltre, evidenzia il suo elevato impegno sociale e ambientale. Si sentono responsabili della cura e della conservazione del loro ambiente e del pianeta. È normale vedere come, sui social network di loro scelta, lanciano concorsi o progetti che mirano a fornire la migliore soluzione possibile ai problemi presenti nella loro comunità, nella loro città, nel loro paese o nel mondo. Un altro punto legato alla consapevolezza del mondo che li circonda è che sono nati in una fase ampiamente stigmatizzata a causa della minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per il mondo e per la sopravvivenza di alcune specie sul pianeta. Questa generazione non si accontenta di raggiungere gli stessi obiettivi dei suoi predecessori, come trovare un buon lavoro, avere una casa e fondare una famiglia. Hanno grandi aspirazioni e non si limitano ai loro risultati. In sintesi,  la Generazione Z  è nativa digitale e l’uso degli smartphone è essenziale per i suoi membri. Allo stesso modo, i loro gusti, relazioni e priorità  sono legati alle informazioni che percepiscono nel mondo digitale . D'altra parte, si distinguono per essere creativi e amano imparare da soli. Hanno una vasta conoscenza delle tendenze tecnologiche e un'elevata capacità di trovare soluzioni che facciano un uso efficiente delle risorse disponibili. L’immediatezza è un altro dei tratti che contraddistingue la generazione Z. Questi giovani ottengono i dati di loro interesse in maniera accelerata. 

15 settembre 2023

Politicamente corretto.

Ogni volta che qualcuno mi dice che è sincero, che non si nasconde o che dice tutto in faccia faccio semplicemente una tacca a mezza faccia con la bocca e rimango in silenzio.Attualmente la nostra società vive una fase di correttezza politica, dove viene giudicata da una superiorità morale. In cui non devi vedere normale ciò che non è e ciò che devi accettare in modo che non ti etichettino ... ma cos'è un'etichetta più di un'opinione di ciò che pensano di se stessi?Beh, sembra che sia qualcos'altro. Nella società politicamente corretta ci sono alcune cose che non possono essere dette pubblicamente.E non vado più nei diversi generi che ci sono. Ora puoi usare: bigender, pangender, intersex, transgender, trigender... e così via fino al 72! Non male, eh? Confesso che non li ho letti tutti, ma manca la cosa più importante, la mancanza di buon senso, cioè. Ma sì, tutto ciò deve sembrarci normale.

Sono nato di venerdì.


Oggi è venerdì, per me il venerdì è sempre stato un giorno speciale (Sono nato di Venerdì) ed è per questo che i venerdì pomeriggio erano invariabilmente pomeriggi in cui non si voleva fare il solito, sono pomeriggi per evadere, fare una passeggiata, contemplare il mare, parlare di cose diverse, incontrare amici,  camminare senza fretta, l'essere se stessi, il dimenticare di tutto tranne che di qualcuno, di osservare le nuvole, di sentire, soprattutto sono pomeriggi di sentimento e di vita. Tuttavia, in questo venerdì pomeriggio non so cosa farò e mi sento fragile. Curioso perché ho sempre creduto di essere forte e ho creduto che nulla potesse destabilizzarmi. Oggi sono fragilità, come una foglia secca che sta per cadere dall'albero.

07 agosto 2023

Nei campi devastati dalla guerra i bambini giocano.

Uno dei volti più difficili della guerra è l'effetto devastante che la lotta ha sulla vita dei bambini. Sebbene non abbiano alcuna responsabilità per il conflitto, i più piccoli subiscono l'impatto del trauma e della violenza con intollerabile intensità.

Ancora oggi, quando le leggi e le convenzioni internazionali proteggono i diritti dei minori nei conflitti, molti continuano a soffrire. Il numero di bambini che vivono nelle impostazioni delle guerre più mortali del mondo è aumentato di quasi il 10% nel 2021, a 230 milioni, secondo un rapporto pubblicato dalla ONG Save the Children, che specifica anche che un minore su sei sul pianeta vive in un'area considerata in conflitto.

Il conflitto minaccia non solo la salute e la felicità dei più piccoli, ma anche la loro capacità di sperimentare la felicità dell'infanzia. Ma non smette mai di stupirmi di come i bambini abbiano la capacità di giocare nonostante si trovino in situazioni terribilmente avverse. Nei campi profughi, nelle città devastate dalla guerra, nelle misere baraccopoli, le vedi correre dietro i fili che simulano un'auto, calciare una palla fatta con stracci o accarezzare una bambola sfilacciata.

Un campione del meglio della condizione umana? Dello sforzo di non arrendersi, nonostante la barbarie? So solo che è qualcosa che mi impressiona sempre e mi conforta.

Oggi è il 06/08/2023

 

So che ciò che pensi determina il mondo che vedi. Se cambi i tuoi pensieri, cambierai il modo in cui percepisci il mondo e agirai di conseguenza. So anche che ciò che penso di recente di questa società in cui vivo, di questo paese, di questo mondo, è, contrariamente al mio solito modo di pensare. Cerco di trovare ragioni per pensare a casi di quelli che non compaiono nelle notizie che mi rifiuto di vedere.

Cerco di scrivere su “ il resto ”, su natura, animali, costumi, su supereroi senza mantello o spada, esseri con credenze, con principi, cose belle, apprendimento, il valore della famiglia, degli amici, quel fatto del passato che ha lasciato una lezione di vita.

Ma c'è sempre un ma. Decido anche di scrivere su ciò che uscirei per strada oggi, di gridare, di rivendicare, di allertare, ricordare e non dimenticare mai che ci sono ancora mostri che si danno il potere di decidere sugli altri, sui costumi e sulla vita degli altri, che ci sono ancora esseri che negano che la vita sia diventata stupidamente disponibile e non mi riferisco solo agli elettrodomestici, ma anche agli esseri umani, che il vecchio e il “ diversi ” per il loro colore della pelle, la loro religione, il loro luogo di nascita, il loro orientamento sessuale, il loro potere d'acquisto, il loro stato fisico e mentale, hanno tanto diritto di vivere quanto loro, che la discriminazione porta solo violenza.

Molte volte, ho la sensazione di non far parte di questo mondo o che altri vivano in un mondo di cui io, essendo privilegiato, non faccio parte. Altre volte, sento la voce di qualcuno dall'altra parte del filo invisibile, qualcuno che capisce e condivide ciò che sto dicendo e quella notte dormo più calmo, più felice, più accompagnato.

Il paese, il mondo in cui viviamo, non è in una situazione di calma. Né nell'economia, né nella salute, né nei conflitti internazionali, né nelle battute d'arresto che la mia mente insiste nel farmi notare. Inoltre, mi chiedo cosa ci riserva l'universo in risposta alla nostra irresponsabilità.

Lo so, non puoi vivere in tensione permanente, ma capisco che non puoi vivere come se fossimo in una bolla privata e isolata.

Essere consapevoli del fatto che la cosa essenziale è che ogni persona, chiunque sia e viva dove vive, ha i suoi bisogni di base coperti, E che è essenziale che giustizia e valori prendano il loro giusto posto, intendo continuare a scrivere mentre posso. E perché me lo dici? me lo chiederai. Non commettere errori, mi sto dicendo. Aveva bisogno di ascoltarmi.

Cosa dobbiamo capire che dobbiamo impegnarci nel presente, per avere un futuro, nostro o quello dei nostri successori?

01 agosto 2023

Grazie a Conte, sono circa 140mila i ragazzi tra i 18 e i 29 anni che percepiscono il Reddito di cittadinanza.

È una situazione di illegalità che priva queste persone degli strumenti idonei a garantire loro un’autentica realizzazione personale e professionale.

Ho sentito anche dire da Conte che aver tagliato il reddito è stato disumano. A me pare disumano aver insegnato ai giovani a convivere a spese della società piuttosto che a credere in loro stessi e alla possibilità di migliorare le loro condizioni di vita.

Sono ben 11.290 che possiedono solo la licenza elementare o nessun titolo, e altri 128.710 solo il titolo di licenza media. Questi giovani, dovrebbero completare  il percorso scolastico, se lo hanno interrotto illegalmente o percorrere un percorso di formazione al lavoro, tipo scuole professionali, e non restare in poltrona a spese dello stato. Queste persone non hanno diritto a percepire il reddito e bene ha fatto il governo a cancellarlo.

Il reddito di cittadinanza è stata una colossale operazione del voto di scambio messo in piedi dal M5S. Ricordo che sono stati spesi ben 30 miliardi di Euro di fondi pubblici, una finanziaria e mezzo, per trovare da parte di Conte, quei voti che hanno racimolato in particolare al sud, ma con quali risultati? Risultati drammatici, che hanno tolto la dignità ad una marea di gente abile al lavoro. Oggi il governo ha fatto una scelta molto semplice e coerente, intanto ricordo che fu annunciato in campagna elettorale l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, che a decorrere dal primo Gennaio 2023 è stato abolito, cioè con la finanziaria approvata a Dicembre 2022, quindi da sette mesi giuridicamente non c’è più a far data dal primo Agosto e adesso l’opposizione si mobilita con sette mesi di ritardo. Il ragionamento è semplice, tu non puoi lavorare perchè sei inabile? Oppure non puoi sussistere perchè hai un problema o perchè hai una pensione che non ti da la garanzia di sussistenza? Lo stato ti viene in aiuto con dei sussidi che ovviamente incrementano la tua pensione bassa o perché sei inabile al lavoro. Se viceversa sei abile al lavoro, ti do un sussidio per formarti al lavoro. È inaccettabile che ti do dei soldi a vita per stare sul divano di casa a guardare la televisione. 

Ti do i soldi temporaneamente per formarti ed entrare nel mercato del lavoro.

Faccio presente che il reddito di cittadinanza non è il reddito universale è un sistema sbagliato perché bisogna prenderne atto che ha fallito,  bisognava dare dei soldi alle persone per immetterle  nel mondo del lavoro, non le hai messe, hai fallito. 

Quando io sento, come ieri sera in TV, di una persona intervistata a Napoli, che mi è sembrata abile al lavoro, dire che se mi tolgono il reddito io vado a rubare, non è accettabile un ricatto del genere. Non si può accettare che un  cittadino della Repubblica Italiana dica: o mi dai i soldi per fare quello che voglio io a casa, o io vado a rubare. Ripeto è inaccettabile. Tra l’altro vorrei dire che oggi ho sentito in Tv di una donna di 32 anni che da quando si è diplomata a 19 anni non è riuscita a trovare lavoro, ed oggi si preoccupa che gli venga tolto il reddito di cittadinanza che sono 780 Euro al mese. Una donna di 32 anni in piena salute che si può permettere di non lavorare perché grazie a Conte può stare a casa e godersi i soldi che lo stato gli dà. Vergognoso. Io mi chiedo, in questi 13 anni trascorsi dal diploma, perchè non si è cercata un lavoro? Perchè non ha fatto dei concorsi? Perché non le hanno proposto un corso di formazione al centro per l’impiego?  

Questa purtroppo è la dimostrazione che il reddito di Cittadinanza ha cancellato la dignità della persona, ma ci rendiamo conto, che ci sono giovani che hanno deciso di non lavorare, tanto c’è Conte che ha promesso loro che possono stare a casa a spese dello stato: vivere senza lavorare. È una vergogna, una ingiustizia per tutti coloro che hanno lavorato una vita e che oggi si ritrovano con pensioni di fame mentre cci sono persone che non hanno mai lavorato e percepiscono un RdC di 780 euro al mese. Complimenti a Conte e al suo M5S. Bene ha fatto il governo ad abolirlo. È stato coerente con il programma presentato agli italiani.

28 luglio 2023

Il segno dei Pesci.

Ed è passato molto tempo dall'idea di scrivere delle persone che hanno avuto la fortuna o la sventura di nascere tra il 20 febbraio e il 20 marzo (Io ad esempio sono nato il 06 Marzo).

Ed è che nascere tra quelle date implica, secondo l'oroscopo, essere pesci. Ed è sufficiente nominare questo segno zodiacale in modo che la persona di fronte a te generi automaticamente un'immagine, in molti casi, deformata di ciò che sei.

Va detto, prima di tutto, che non sono una persona scettica. Anche così, rassegnato dal dover sopportare di essere giudicato con degli aggettivi che di solito mi/ci vengono assegnati.

Suppongo che ognuno mantenga un aneddoto correlato al suo segno, ma posso solo parlare della mia esperienza come pesci. Ed è quello che farò oggi. Ho compilato gli aggettivi che si ripetono di più quando si descrive un pesce:

1.       I pesci sono sensibili. Cioè, le persone sensibili sono per tutto, non solo quando c'è dolore e dolore. Anche quando c'è felicità e gioia. In altre parole, siamo viscerali e sentiamo tutto e con grande intensità.

2.       I pesci sono altruisti. È la diligenza nel procurarsi il bene degli altri anche a spese del proprio. Detto questo, essere altruisti è molto simile a quella frase che viene spesso detta di persone troppo buone, che è quella di “ è così buona, che sembra sciocca ”. Per me, è essere una brava persona. E in caso di dubbi, lo sono.

3.       I Pesci sono pazienti. Una persona paziente secondo la maggior parte dei mortali, equivale a una persona “ che ha pazienza ”. Questo aggettivo mi caratterizza, appunto.  La pazienza è la capacità “ di soffrire o sopportare qualcosa senza alterare ”.  

4.       I pesci sono sognatori. E sì, normalmente, nella descrizione della personalità di un pesce l'aggettivo sognante non manca. Vorrei applicare il termine da sogno come capacità per integrare la realtà con pennellate di immaginazione. 

5.       I pesci sono influenzabili. Ciò significa che ci permettiamo di essere facilmente influenzati. Sono d'accordo, anche se non credo che la definizione sia completa. Per influenzare un'altra persona, devono essere disposti ad ascoltare. Questo è esattamente ciò che sappiamo fare: ascoltare gli altri. E se la tua opinione ci convince, allora le permettiamo di influenzarci. Ma sono quasi sempre pronto a cambiare idea se gli argomenti presentati sono validi e convincenti.

6.       I Pesci sono creativi. Si dice che essere creativi possiede o stimola la capacità di creare, inventare, ecc. È che sappiamo come trovare soluzioni creative ai problemi di routine.

7.       I pesci sono innocenti. È vero che, in generale, non fraintendiamo gli altri e crediamo fermamente che le persone nascano buone.

8.       I pesci sono romantici. In questo caso, una persona romantica equivale ad essere sentimentale, generosa e sognante. Ciò non significa che viviamo disegnando cuori…siamo moderatamente romantici, ma non abbastanza idioti.

9.       I pesci sono idealisti. Con questo aggettivo non sono molto in disaccordo. Penso che aspiriamo a cose perfette anche sapendo che non esistono ma non siamo così delusi nello scoprire che non lo sono perché abbiamo la capacità di adattare il nostro idealismo al nostro ambiente e contesto. È quindi un idealismo controllato.

Non intendo pertanto criticare nessuno, ma chiarisco che a volte generalizzare gli atteggiamenti delle persone attraverso etichette e pregiudizi non comprovati, può portarci ad avere un'idea preconcetta della persona di fronte a noi. I pregiudizi non sono verità assolute e le etichette non definiscono nessuno. Se veniamo portati via da questi pregiudizi avremo buone probabilità di sbagliarci.

Viviamo in un mondo che non si stanca mai di giudicare e pregiudicare senza sapere veramente cosa c'è dietro ogni persona. Il contenuto di questo post è solo un esempio di come qualcuno può essere giudicato in base al giorno in cui è nato. Sembra molto innocuo e forse questo esempio lo è. Lo stesso non accade quando giudichiamo qualcuno dal suo aspetto o dal suo status sociale. Questo mi sembra più serio.

23 luglio 2023

I 41 milioni di debiti della società di Lady Conte

Non è un buon momento per Olivia Paladino. Secondo quanto riferisce Andrea Giacobino Affariitaliani.iti la compagna di Giuseppe Conte leader del Movimento 5 Stelle  affronta un “rosso intenso” per l’Albergo HOTEL PLAZA di proprietà del promotore immobiliare romano Cesare Paladino Il padre di Olivia.

“La direzione del prestigioso albergo di Via del Corso – si legge – è infatti detenuta dall’Unione Alberghi di Lusso (UEAL) di cui il 92,6% è detenuto dall’Immobiliare di Roma Splendido, a sua volta detenuta da Archimede Immobiliare, a sua volta dalla Agricola Monastero Santo Stefano Vecchio di Olivia Paladino e di sua sorella Cristiana”.

Nel 2022 UEAL ha perso 4,5 milioni di euro che si aggiungono al 1,8 milioni andato in fumo nel precedente esercizio 2021, anche se i ricavi sono in leggero progresso negli ultimi 12 mesi, essendo passati da 2,2 a 2,5 milioni euro e nonostante la struttura, dovuta al Covid, è stata chiusa per i primi 5 mesi dello scorso anno. Contando gli anni precedenti, la perdita ammonta a un totale non pagato di 28,2 milioni di euro che, ha sottolineato ancora Affaritaliani.it “ha così determinato un patrimonio netto negativo di 10,8 milioni a fronte di debiti per quasi 41 milioni, di cui 12 milioni verso l’Erario”. Dunque una situazione debitoria assai complicata. Di fronte alla quale, comunque, parrebbe esistere una via d’uscita, una fusione con la immobiliare Roma Splendido che fa capo a Olivia e alla sorella Cristiana.

Ma oggi non può chiedere aiuto a Conte. Vi ricordate che grazie a una norma del decreto rilancio firmato da Giuseppe Conte era stato sottratto ai magistrati il "suocero" Cesare Paladino, papà della fidanzata Olivia Paladino. Fu un vero e proprio colpo di spugna che cancellò la condanna penale per peculato (ridicolizzando così la famosa spazzacorrotti finita in cenere e trasformata in salvacondotto per i famigliari) patteggiata dal suocero di Conte per un anno e due mesi di condanna per non avere versato al comune di Roma di Virginia Raggi in cinque anni quasi 2 milioni di tassa di soggiorno dovuta.

Immaginatevi cosa sarebbe accaduto se al posto di Conte ci fosse stato un Matteo Renzi o un Silvio Berlusconi a fare leggi ad personam per i propri familiari! Titoloni, edizioni straordinarie, M5s sulle barricate, manifestazioni davanti a Montecitorio. Ma questa volta la legge ad familiam l'ha firmata un loro idolo, quindi tutti con la testa sotto la sabbia come degli struzzi. Si voltano dall'altra parte e nascondono la polvere sotto il tappeto. Però abbiamo capito ora perché il premier ha voluto chiamare "rilancio" quel decreto con il colpo di spugna che sbianchettava la fedina penale del papà della sua fidanzata: serviva a rilanciare il suocero di Conte...in società!

22 luglio 2023

Il voltafaccia dei 5Stelle: “torniamo al finanziamento pubblico ai partiti”.

L’ultimo avvitamento è compiuto, cade il tabù definitivo, quella della metamorfosi finale: nel Movimento 5 Stelle, quello della lotta alla casta e del Parlamento come una scatoletta di tonno, vogliono il finanziamento pubblico ai partiti. Esatto, avete letto bene. A sganciare la bomba è l'ex ministro grillino Stefano Patuanelli: "È necessario reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti", sono le sue parole riportate dal Corriere della sera. Patuanelli è conscio che avranno un "effetto dirompente" e per questo probabilmente sarà insultato, si spiega nell'articolo di Francesco Verderami, ma l'"outing", così viene definito, appare condiviso in Parlamento anche al di fuori del circolo M5S. Il capogruppo parla "a titolo personale" ma è convinto che ormai non c'è altra strada per il partito guidato da Giuseppe Conte ma non solo. 

 "i cittadini devono sapere quale nodo da sciogliere sta dietro il finanziamento: bisogna garantire alle forze politiche l’esercizio delle loro funzioni democratiche" afferma Patuanelli, consapevole che in passato "la mole di risorse pubbliche fu tale da tutelare anche chi non ne aveva diritto" che i soldi dei cittadini sono stati gestiti "spesso in modo improprio e a volte in modo illegale". Battaglie dei grillini della prima ora. Adesso tutto è cambiato. Non è tempo di lotta alla casta, se nella casta si è dentro con tutte le scarpe. Come giustificare l'acrobazia? Ai tempi si confusero i "costi della politica" con i "costi della democrazia, ragiona Patuanelli.

I partiti sono costantemente a caccia di soldi per sopravvivere: "Tutti gli eletti compartecipano alle spese delle forze di appartenenza con le trattenute sui loro stipendi da parlamentari. Persino i seggi hanno un costo: so che il Pd chiede cinquantamila euro a chi lo conquista" rivela il capogruppo 5Stelle. Il rischio è che faccia politica solo chi se lo può permettere. Ma quindi che fare? Patuanelli suggerisce di fare come nel Parlamento europeo, che finanzia i gruppi e controlla l’uso dei fondi.  

Quali sono le principali minacce per l'umanità secondo l'Intelligenza Artificiale?

Il cambiamento climatico si colloca al numero 1 nell'elenco delle minacce che minacciano l'umanità dal punto di vista dell'Intelligenza Artificiale. E poi si aggiungono minacce più specifiche legate a questo fenomeno.
L'Intelligenza Artificiale rappresenta un'altra grande minaccia la possibilità che le armi nucleari vengano utilizzate, sia da parte di nazioni che da gruppi terroristici.
La pandemia di Covid-19 ha dimostrato che l'umanità è ancora vulnerabile ad alcuni virus. Altre nuove varianti di influenza da animali possono farci morire come specie.
Un derivato del cambiamento climatico sono le persistenti siccità che affliggono alcune regioni del pianeta. E la mancanza di pioggia generale. L'Intelligenza Artificiale avverte di un futuro senz'acqua in cui, forse, finiremo per combattere tra nazioni per un semplice sorso d'acqua.
Un'altra conseguenza del cambiamento climatico e dell'azione vorace dell'uomo. La perdita di biodiversità ha delle conseguenze. Tra queste, ad esempio, nuove malattie che passano dagli animali selvatici all'uomo e causano pandemie.
Senza acqua e con il tempo che abbonda di fenomeni estremi, secondo Chat GPT (Chat Generative Pretrained Transformer) la possibilità che non ci sia cibo per tutti e le carestie ci decimino o, ancora, provochino guerre, è un pericolo.
La guerra è il pericolo assoluto, ovviamente, è ovvio che l'Intelligenza Artificiale includa in questo elenco.
Le crisi economiche nel capitalismo globale sono cicliche e, secondo Chat GPT, possono essere così devastanti da rappresentare una vera minaccia per l'umanità.
Sì, l'Intelligenza Artificiale è specificamente inclusa tra le potenziali minacce dell'essere umano. Aggiunto alla biotecnologia. In generale, qualsiasi progresso tecnico dirompente che possa sfuggire al controllo dell'umanità.
Un'altra possibilità che tutto finisca: un asteroide o una cometa colpisce la Terra. Statisticamente improbabile ma non impossibile.
Cosa bisogna fare?
La risposta dell'AI (Artificial Intelligence ) sono dieci punti tra i quali spiccano educazione, collaborazione globale tra nazioni e pianificazione a lungo termine.
Questa allusione al lungo termine è interessante: i calcoli a breve termine (quanto bene si verifica con il cambiamento climatico) finiscono per essere sbagliati, senza prospettiva.
E dall'IA arriva anche un appello all'essere umano per rafforzare due delle caratteristiche che ci hanno permesso di sopravvivere per millenni: l'adattabilità e la resilienza. Solo allora ci sarà un futuro.

Poseidon: la super-arma che potrebbe definire il destino di Putin.

Putin ha reso pubblico per la prima volta lo sviluppo del siluro Poseidon, affermando che la Russia sta realizzando un nuovo tipo di sommergibile senza equipaggio molto più veloce di qualsiasi nave o sottomarino attuale.Non solo, ma i siluri sono in grado di attaccare obiettivi nemici a migliaia di chilometri di distanza, mettendo a rischio le basi costiere e le città portuali dell'Europa occidentale e del Nord America.Popular Mechanics sottolinea che si tratta del più grande siluro mai utilizzato, lungo circa 20 metri e largo 2 metri, e che funziona praticamente come un drone subacqueo.Secondo Reuters, l'agenzia governativa russa TASS ha riferito che ogni siluro Poseidon è dotato di un proprio reattore nucleare, che gli fornisce una fonte di energia illimitata.Ciò significa che il Poseidon può essere lanciato da una base navale russa, puntando praticamente ovunque nel mondo.Reuters commenta che l'idea di un missile in grado di andare dalla Russia alle coste degli Stati Uniti risale all'epoca sovietica di Joseph Stalin.Il siluro Poseidon è in fase di sviluppo dal 2015, come scrive Popular Mechanics, e ha guadagnato molta attenzione dopo che Putin ne ha parlato nel 2018.Newsweek, nel frattempo, sottolinea che l'agenzia di stampa russa TASS ha dichiarato che i siluri Poseidon, appositamente predisposti, entreranno a far parte della flotta del Pacifico entro la fine del 2025.Non è un segreto che l'invasione dell'Ucraina sia diventata un grattacapo per i vertici di Mosca e un apparente fallimento per Putin, che potrebbe chiedersi se il siluro Poseidon potrebbe cambiare le cose.Con la guerra che si trascina e Mosca e Kiev intrappolate in un pantano disordinato, Vladimir Putin ha bisogno di un miracolo per salvare la faccia, vincere la guerra e ripristinare la sua reputazione di leader indiscusso della Russia.Tuttavia, molti si chiedono se il tempo stia per scadere per Vladimir Putin e se la sua cosiddetta "superarma" sia troppo poco, troppo tardi.