24 febbraio 2024

Chi ha pane non ha i denti, l’importante è avere i numeri giusti (anche se comprati)


Spesso rifletto, e questo non è di certo una novità, ma in questi giorni mi capita spesso di pensare  al detto “chi ha il pane non ha i denti” e viceversa, sembra che ormai l’importante sia avere i numeri giusti, stuoli di followers comprati e fasulli, è di vitale importanza avere grandi cifre.

Sono stanco di vedere persone che hanno il pane, ovvero persone che hanno le capacità, voglia di fare e costruire, che possiedono un talento innato nel comunicare e raccontare ma purtroppo non hanno i denti, sarebbe a dire la possibilità di farsi conoscere come dovrebbero, vengono poste nelle retrovie della rete perché, pur avendo grande ingegno, di qualunque genere esso sia, non hanno i numeri.

Non sto parlando in senso lato, ma parlo piuttosto dei numeri comprati di Instagram per fare un esempio; vedo continuamente perfetti incompetenti della vita e di quello che dovrebbe essere il loro lavoro che si riforniscono a rotta di collo di fan sui social network;  il loro più alto valore comunicativo è di scrivere quattro righe in croce come didascalia condite con una pioggia di stupide emoticon.  

Influencer anche famosi  e a quanto pare quotati che più di una fotografia in cui location e luci sono perfette o le stories di Instagram che mostrano il mega evento a cui sono presenti a scrocco e se aprono bocca sbagliano i congiuntivi o il semplice uso dei tempi verbali, non fanno altro.

Questi personaggi come possono influenzare se non raccontano, se le cose che tentano di scrivere sono un copia e incolla di cartelle stampa, se il loro pensiero massimo è mostrarsi in una piscina con un gonfiabile aberrante o fotografarsi i piedi che il più delle volte avrebbero bisogno di un podologo? Chi influenzano se i fantastigliardi di followers che hanno sono tutti finti e inesistenti?

Sono stanco di vedere ingiustizie perpetrarsi nel mondo del web, un mondo che premia solo chi ha la faccia come il culo e non chi ha veramente qualcosa da dire e soprattutto sa farlo; sono provato dal mio volere dimostrare come la leggerezza possa fare parte di me, ma che anche la cultura, il racconto e la voglia di combattere la superficialità più stupida dell'ostentare e lottare contro l’ignoranza a costo di sembrare fuori dal coro o spocchioso, hanno un ruolo fondamentale per me e per le persone che la pensano come me.

Conosco persone che non hanno idea di cosa voglia dire comunicare, studiare, avere passione per ciò che si fa e ciò che si vuole trasmettere, si lasciano trasportare dagli eventi (il più delle volte fortunati o creati ad hoc) senza domandarsi se il tutto è merito loro o piuttosto del fato benevolo e di trovarsi nel momento giusto, al posto giusto, per conoscere le persone giuste.

Sono stanco di vedere gente che va a sfilate (di cui ignorano il nome dello stilista o del significato del messaggio che risiede dietro una determinata collezione) o a fare i manichini a Pitti solo per farsi fotografare in outfit studiati per attirare l'attenzione e non per esprimere la propria personalità,  stanco che lo storytelling, di cui c’è sempre più bisogno, si riduca ad una mera fotografia, solitamente volgare, grottesca o al limite del porno a cui sono stati comprati pure i commenti.

Eppure, alle aziende e ai geni dei responsabili degli uffici stampa sembra non importare.

L’importante sono i numeri, anche se finti, comprati da qualche parte nel cyber spazio, acquisiti a colpi di follow/nofollow, o presi a pacchetti grazie ad app specifiche, a quanto pare, se non hai i numeri non ti si filano.

È la fiera della falsità, la sagra del posticcio, il mercato del nulla.

Puoi avere talento nello scrivere, nel fare video, essere l’uomo più affascinante del mondo, la donna più bella e intrigante, avere fotografie scattate da David La Chapelle ma se non hai 800 mila milioni di followers (finti) non sei nessuno.

Numeri vuoti, che sono solo numeri appunto, non ci sono persone reali dietro ad essi, ma se parli con un’azienda la prima domanda che ti viene fatta è: “Quanti followers hai in Instagram?”- “Mhm sono un po’ bassini…” della serie, ritenta (quando avrai grandi numeri finti) sarai più fotunato.

Non viene neanche presa in considerazione la possibilità che i numeri bassi siano composti da persone reali, e quindi veri soggetti che vedono, leggono e interagiscono con ciò che pubblichi, l’importante è avere grandi numeri, finti come una camicia di seta fatta con fibre di Amianto, devono essere alti, possibilmente dai 50k in su.

Non è importante che tu ti sbatta a trasmettere emozioni, a descrivere un luogo e le sue tradizioni, a creare contenuti per progetti di start up o per far percepire i veri valori di un’azienda e i suoi prodotti, no! Tutto inutile, basta una stupida fotografia fatta decentemente, l’elettroencefalogramma di un criceto autistico e un minimo investimento pecuniario con la carta di credito e booom …sei il più grande influencer di tutti i tempi e ti pagano pure per questo.

Sono stanco di combattere per la verità, per la trasparenza e i valori a cui sono legato, stanco  delle truffe, stanco di essere contattato da vari magazine e sentirmi dire: “È da un po’ di tempo che ti stiamo studiando, fai dei buonissimi contenuti potresti collaborare con noi ma per ora non c’è budget ma abbiamo molta visibilità da darti”, stanco di ricevere stupidi regalini a cui fare la foto e postarla senza poter descrivere il concetto, il design o i materiali innovativi di determinati prodotti perché: “Fatti bastare l’omaggio, noi vorremmo solo che pubblicassi la foto, l’articolo non ci interessa, anche perché dovremmo pagarlo”.

Se prima vedere che, a distanza di poche ore o di una notte, qualcuno aumentava come per magia i propri followers da 120 anime a 50k mi mandava in bestia, ora sono stanco persino di incazzarmi, penso solo che se una giustizia divina esiste, questo gioco sarà una bolla di sapone destinata a scoppiare, e alla lunga, solo chi avrà realmente costruito con mattoni reali le fondamenta della sua casa nel web potrà virtualmente viverci, gli altri saranno un ricordo offuscato che si affievolisce di giorno in giorno come i propri followers, che una volta comprati, dopo pochi giorni spariscono, ma guarda un po' che strana faccenda.

 

23 febbraio 2024

Ogni figlio è il padre della morte di suo padre.

Pubblico oggi una grande riflessione, per aver saputo esprimere in parole sentimenti, sensazioni ed esperienze così complesse come l' inversione dei ruoli paterno-filiali nell'ultima fase della vita di un anziano non autosufficiente .

Vi invito a lasciare i vostri commenti dopo questa fantastica lettura.

“ C'è una rottura nella storia della famiglia, dove le età si accumulano e si sovrappongono e l'ordine naturale non ha senso: è quando il figlio diventa padre di suo padre.
È allora che il padre invecchia e comincia a trotterellare come se fosse nella nebbia. Lento, lento, impreciso.
È quando uno dei genitori che ti teneva stretta la mano quando eri piccolo non vuole più restare solo. È quando il padre, un tempo fermo e insormontabile, si indebolisce e fa due respiri prima di alzarsi dal suo posto.
È quando il padre, che un tempo comandava e ordinava, oggi non fa altro che sospirare, solo gemere, e cerca dove sono la porta e la finestra: ogni corridoio è ormai lontano.
È quando un genitore precedentemente volenteroso e laborioso non riesce a indossare i propri vestiti e non ricorda i farmaci che ha preso.
E noi, da bambini, non faremo altro che accettare di essere responsabili di quella vita. Quella vita che ci ha dato i natali dipende dalla nostra vita per morire in pace.
Ogni figlio è il padre della morte di suo padre.
Forse la vecchiaia del padre e della madre è curiosamente l'ultima gravidanza. Il nostro ultimo insegnamento. Un'opportunità per ricambiare la cura e l'amore che ci hanno donato per decenni.
E proprio come abbiamo adattato la nostra casa per prenderci cura dei nostri bambini, bloccando le prese della luce e montando dei box, ora cambieremo la distribuzione dei mobili per i nostri genitori.
La prima trasformazione avviene nel bagno.
Saremo i genitori dei nostri genitori che ora metteranno una sbarra sotto la doccia.
Il bar è emblematico. Il bar è simbolico. La sbarra inaugura il “detemperamento delle acque”.
Perché la doccia, semplice e rinfrescante, è ormai una tempesta per i vecchi piedi dei nostri protettori. Non possiamo lasciarli per nessun momento.
La casa di chi si prende cura dei propri genitori avrà dei rinforzi ai muri. E le nostre braccia saranno estese sotto forma di ringhiere.
Invecchiare è camminare aggrappandosi agli oggetti, invecchiare è anche salire le scale senza gradini.
Saremo estranei a casa nostra. Osserveremo ogni dettaglio con paura e ignoranza, con dubbio e preoccupazione. Saremo architetti, designer, ingegneri frustrati. Come non prevedere che i nostri genitori si sarebbero ammalati e avrebbero avuto bisogno di noi?
Rimpiangeremo i divani, le statue e la scala a chiocciola. Rimpiangeremo tutti gli ostacoli e il tappeto.
Felice è il figlio che è padre di suo padre prima della sua morte, e povero è il figlio che appare solo al funerale e non si saluta neanche un po' ogni giorno.
Il mio amico Alfredo ha accompagnato suo padre fino ai suoi ultimi minuti.
All'ospedale, l'infermiera lo stava spostando dal letto alla barella, cercando di cambiare le lenzuola, quando Alfredo gridò dal suo posto:
- Lascia che ti aiuti .
Raccolse le forze e prese suo padre sulle ginocchia per la prima volta.
Appoggiò il volto di suo padre al petto.
Ha messo sulle sue spalle il padre consumato dal cancro: piccolo, rugoso, fragile, tremante.
Rimase abbracciato a lungo, il tempo equivalente alla sua infanzia, il tempo equivalente alla sua adolescenza, un tempo bello, un tempo infinito.
Dondolando suo padre da una parte all'altra.
Accarezzare suo padre.
Suo padre si calmò.
E disse a bassa voce:
– Sono qui, sono qui, papà!
Ciò che un genitore vuole sentire alla fine della propria vita è che il proprio figlio è lì.” 

09 febbraio 2024

Politica e promesse non mantenute.

Prima di iniziare avverto che oggi non sarò politicamente corretto con la “classe politica” e con la politica in generale.

Siamo in campagna elettorale. I politici si scatenano . Si fanno prendere dal panico. Alcuni potrebbero perdere il potere, altri lo apprezzano. Tutti lo desiderano.
In politica non tutto è molto credibile. Le diagnosi si fanno à la carte , sulla base di dati inventati, non verificati, che differiscono a seconda del colore politico della lente attraverso la quale si guarda, e quindi vogliamo fare scienza sulla base di dati non verificati. Gli stessi dati, qualunque essi siano, vengono interpretati in modo radicalmente diverso dai politici . Questa è una chiara dimostrazione di quanto la politica possa essere incoerente. Inoltre, la politica è una grande promessa . Ricordiamo tutti il famoso “Posso promettere e lo prometto”. Prometto che se governo, prometto che sarò implacabile contro..., prometto che aumenterò o abbasserò quella tassa, prometto che le pensioni aumenteranno, prometto... tutto quello che potete immaginare. Stiamo assistendo a un dibattito costante sulla politica sanitaria. Tutti i candidati parlano, tra le altre cose, di Salute. E lo fanno per promettere il possibile e l'impossibile . Più personale, più posti letto, più finanziamenti, più coperture, universalità, cure illimitate, tutto il necessario . E recuperare ciò che è andato perduto, e se uno dice 10, l'altro dice 15, sarà per promettere! Quelli che non hanno più possibilità di governare non promettono più, quelli che governano e ci hanno schiacciato, promettono di alzare il piede, di darci tutto, riconoscono che ce lo meritiamo, sì, da dopo le elezioni, prima niente. E coloro che possono rappresentare una vera alternativa al governo, lo promettono con cautela, per evitare che in seguito ricordiamo loro ciò che hanno detto. Insomma, è tutta una grande bugia, una farsa che si ripete ogni 5 anni. La politica è una pseudoscienza basata su grandi bugie . Quando si fanno i conti di base, tutto è più che dubbio. Se chiedi a un politico, quali soldi utilizzerà per pagare tutto ciò che promette? Com'è possibile se dice anche che abbasserà le tasse? Si possono porre queste e molte altre domande e la risposta sarà sempre la stessa. Se risparmieremo da questo o quello, se elimineremo le spese superflue, se lotteremo contro l’evasione fiscale, ecc. Ehi, lo dicono sempre ogni 5 anni, ma nessuno lo fa. E la cosa migliore è che quantificano e dicono, ad esempio, “in Italia vengono evasi 96,3 miliardi di euro, di cui 84,4 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,9 miliardi di mancate entrate contributive”. E mi chiedo, se sanno cosa viene evaso, hanno scoperto e quantificato la frode fiscale? Allora, cosa ti impedisce di farlo? Ma no, penso piuttosto che quello che fanno sia finzione economica. E come questo esempio, possiamo citarne molti altri. Bene, e per finire, chiedo solo a tutti i politici di non ingannare più su questioni importanti . Parliamo seriamente delle grandi questioni sulle quali dobbiamo raggiungere consenso e accordo. Uno di questi è la Salute. Smettila di fare promesse, smettila di ingannare e di dire una cosa e fare il contrario. Non prenderci più in giro . Sedetevi, accettate, accettate e prendete sul serio qualcosa che è veramente serio, LA SALUTE . Ingenuo da parte mia, tra altri 5 anni diremo ancora la stessa cosa. E sappiate che mi piace la politica , seguo la politica e mi sento immerso nella vita quotidiana della politica. Ma questo non significa che io creda a tutto . Fin dalla giovinezza ho vissuto appieno le vicissitudini politiche, dal passaggio ad oggi. La cosa triste è che dopo tutti questi anni tutto è uguale. Promesse non mantenute. Ma continueremo a votare, scegliendo chi promette ciò che vogliamo sentire, scusando il “nostro” e mantenendo questo sistema basato su bugie, false promesse, inganni consensuali e sperando sempre che questa volta sia l’ultima. Sembra che i nuovi giochi portino freschezza, ma non nel senso di aria fresca, piuttosto in quello di più o meno la stessa cosa. Più vicino al “togliti tu così mi metto” che ora tocca a noi . Devi essere fresco!


07 febbraio 2024

Sardegna: Colonia svenduta

L'Algeria si è creata una sua Zona di interesse esclusivo e si è presa gran parte del Mare di Sardegna, per accordi presi con il Governo ombra italiano, cioè l'Eni.

Avete mai sentito gli uomini politici sardi rivoltarsi contro questo sopruso ?

Poi l'onnipotente Draghi, complice la Lega, con un Decreto ha stabilito che ogni decisione in materia energetica, comprese le autorizzazioni sia paesaggistiche che ambientali, sono di esclusiva competenza dello Stato Italiano, scatenando un'orda di speculatori, multinazionali e lobby.

Avete mai sentito gli uomini politici sardi rivoltarsi contro questo sopruso ?

È ormai certo che la Sardegna si può ficcare nel....cassetto dei sogni ogni progetto legato agli oltre 8.000 siti archeologici.

Si può ficcare nel..cassetto dei sogni lo sviluppo della più grossa industria isolana, il turismo.
E, seppur con conseguenze meno evidenti ma non meno dolorose, fra breve potrà ficcarsi nel....cassetto dei ricordi la pesca al tonno, e tante delle sue produzioni agricole e dell'allevamento.

Cari fratelli Sardi, tutte le strategie in atto, piano piano ma inesorabilmente, complici o semplicemente remissivi e proni tutti i partiti e tutti i politici candidati e non candidati, lasciano presagire che il progetto del Governo italiano di fare della Sardegna un immenso parco eolico e fotovoltaico per fornire energia elettrica a tutta l'Italia, verrà realizzato.

05 febbraio 2024

I miei ultimi vent’anni sono volati”

Qualche giorno fa un mio grande amico mi ha raccontato che i suoi ultimi vent'anni, la sua vita “erano volati via”, come un sospiro, come se non ci fosse stato un ieri. Ho pensato molto a quella conversazione e sono giunto alla stessa conclusione: gli ultimi vent'anni della mia vita sono volati.
E la frase di mio padre, era assolutamente premonitrice quando ci dava il consiglio d'oro di sfruttare il tempo. Oggi medito su quella frase e su quanto avesse ragione!
E il tempo è una risorsa che si esaurisce perché non è qualcosa che si può acquisire o comprare. Ci sfugge poco a poco come l'acqua quando ci sfugge dalle mani e si perde. Ecco perché dobbiamo rendere il tempo totalmente utile e possiamo riuscirci.
Quando eravamo giovani volevamo conquistare il mondo. Oggi lo mangerei anch'io, ma con un piano. Quella percezione, la routine, il non vivere nuove esperienze fanno passare il tempo senza che ce ne rendiamo conto.
Resta sempre meno tempo. Ecco perché credo che non dovremmo avere paura dei cambiamenti perché se sappiamo fare del cambiamento un'opportunità, vedremo davvero come possiamo guadagnare tempo nella vita.
Ricordo le estati della mia infanzia a Cagliari. Erano estati che passavano lente. Abbiamo fatto tutto e non abbiamo fatto niente. Il tempo sembrava essersi fermato. Andare al mare della mia città sono state esperienze uniche. Oggi inizi a disfare le valigie durante un viaggio di vacanza e lasciamo le cose in valigia perché…. Dobbiamo tornare indietro adesso. Tutto mi pesa particolarmente.
E il presente è molto diverso da quello che abbiamo dovuto vivere in passato. Oggi i social network hanno applicazioni che ti dicono da quanto tempo li usi. E in “un batter d’occhio” hai passato due ore a guardare Facebook.
In questi giorni, mi sono ricollegato ai ricordi dei miei ultimi vent'anni: libri non letti, musica non letta, ascolto, alcuni camicie nuove di zecca, alcuni quadri non appesi, semi non piantati, una valigia sopra un armadio, un disordine quasi ordinato, cassetti con oggetti che non ricordavo, una cravatta che non potevo mettere, foto da organizzare. Ho guardato una foto di esattamente vent'anni fa, quando andai per la prima volta a Vienna e il tempo si è fermato.Quante cose sono successe in vent'anni!!! Persone nuove che sono entrate nella nostra vita, persone care che se ne sono andate per sempre, esperienze indimenticabili, amori e crepacuori, tristezza e gioia, sorrisi e lacrime. Tutto questo è accaduto in due decenni che si sono consumati come una sigaretta di carta. Salutiamo un secolo e ne diamo il benvenuto a un altro.
Non possiamo fermare il tempo, ma possiamo usarlo meglio affinché “importi di più per noi”.
Forse la chiave è usarlo con persone che valgono davvero, (questo è fondamentale) non sprecarlo in situazioni in cui non vogliamo vivere, essere sinceri con la vita, fare le cose che avremmo voluto fare tutta la nostra vita e non siamo mai stati in grado di farlo.  Tutto ciò che è tossico richiede tempo. Fortunatamente, ho acquisito la grande virtù di scartarli immediatamente.  Beviamo la vita a sorsi. Godere di ogni momento, ogni odore, ogni sensazione, ogni gusto, ogni bacio, ogni abbraccio, ogni carezza, ogni sguardo, ogni sorriso.
Voglio vivere con l'anima aggrappata a dolci ricordi che mi rendono felice. Sentire che la vita vale la pena, che vent'anni hanno dato molto, anche se sono passati senza che ce ne rendessimo conto e sono sicuro che il meglio deve ancora venire per noi nei prossimi vent'anni.

23 gennaio 2024

Gigi Riva era diverso anche ai suoi tempi.

Se n'è andato Rombo di Tuono, uno dei più grandi calciatori italiani, che già mezzo secolo fa tutti ammiravano ma faticavano a definire. Rombo di Tuono. Questo era il suo soprannome, questo è stato per tutti Gigi Riva, scomparso oggi a 79 anni, tradito da quel cuore che aveva sempre usato più di ogni altro. Riva è stato qualcosa di unico nel panorama italiano, dentro e fuori dal campo con lui non esistevano, erano tutt'uno. Lo fu negli anni in cui il calcio in Italia cambiava, cominciava ad essere un'operazione anche economica, mutava pelle e assieme anche i suoi interpreti. Se non è stato un ultimo dei Mohicani, Gigi Riva ci è andato molto vicino, perché è stato uno degli ultimi giocatori ad anteporre gli effetti, il senso di appartenenza e soprattutto la lealtà, alle possibilità che gli avrebbero potuto offrire club più potenti e importanti del Cagliari, negli anni in cui era considerato l'attaccante più forte del mondo.

Lui, lombardo di Leggiuno, poco fuori Varese, quando migliaia di meridionali andavano verso il Nord Italia e il resto del mondo, con valigie tenute assieme con lo spago e tanti sogni, compì il tragitto inverso. Pur controvoglia finì in quell'isola di uomini orgogliosi, diversi da tutti gli altri. Della Sardegna Gigi Riva sarebbe stato qualcosa di più di una bandiera, sarebbe stato un condottiero, un eroe, un simbolo di riscatto, di ribellione anche, verso quel mondo del calcio che era soprattutto settentrionale. Ogni meridionale, non solo ogni sardo, che si guadagnava il pane nelle fabbriche, cantieri, acciaierie e veniva chiamato terrone, trovò in Rombo di Tuono un motivo per essere orgoglioso. Fu Gianni Brera a dargli quel soprannome, una delle tante intuizioni geniali della sua penna. Lui, così spesso parco di complimenti, adorò Riva come lo adorò quel vasto di mondo della cultura che intuì di trovarsi di fronte a un atleta omerico. La sua unicità all'interno del panorama calcistico italiano fu rivoluzionaria, col suo saper unire doti fisiche e atletiche di prima grandezza, con una potenza, una capacità di essere al momento giusto al posto giusto, che lo resero in pochi anni un grande protagonista della serie A. Infanzia dura e difficile, genitori scomparsi presto, lavorava in un'azienda produttrice di ascensori, fino a quando il Legnano lo portò in Serie C. Era il 21 ottobre 1962 quando Riva metteva per la prima volta i piedi in campo in un campionato che contava. Neppure un anno più tardi e su di lui piombava il Cagliari di Corrias, che lo prese per 37 milioni di lire.

Aveva 19 anni Gigi, nessuno poteva pensare che sarebbe stato il simbolo di un ciclo incredibile, di una favola calcistica che avrebbe portato i suoi frutti più dorati sei anni più tardi, con lo scudetto diventato leggenda. Era già diventato Campione d'Europa con quella Nazionale italiana, dove all'inizio fu uno dei tanti snobbati da Edmondo Fabbri. Albertosi, Cera, Gori, Domenghini e poi lui, Gigi Riva, che anticipò Maradona nell'usare il piede destro soltanto per salire sul bus. A lungo lo stesso Brera discusse se lo si potesse definire ala oppure attaccante universale, forse uno dei primi ad essere tale, ad anticipare ciò che oggi è norma, con quella capacità di partire laterale per poi accentrarsi, spaziare un po' su tutto il fronte offensivo. Fortissimo anche nel gioco aereo, Gigi Riva seppe sempre essere anche utile in copertura, tutto un insieme di virtù che non potevano che attirare su di lui anche le mire di un club come la Juventus. Il gran rifiuto di Riva, reiterato negli anni tra l'altro, rimane uno dei momenti più importanti dello sport italiano, anche uno dei più romantici, con quel miliardo di lire rifiutato per rimanere lì, in mezzo a quella gente che era diventata la sua gente, indipendentemente dalla miseria della loro situazione. "Quando vedevo la gente che partiva dalle 8 da Sassari e alle 11 lo stadio era già pieno capivo che per i sardi il calcio era tutto" avrebbe ricordato in seguito "Ci chiamavano pecorai e banditi in tutta Italia e io mi arrabbiavo". La sua ribellione poi dal campo di calcio si sarebbe trasferita anche altrove, nel campo privato, con la relazione con Gianna Tofanari, una donna sposata, che lo fece finire sulle prime pagine dei giornali, osteggiato dalla parte più conservatrice e reazionaria del paese. Anche in questo, pur senza volerlo, Gigi riva è stato in anticipo sui tempi.

Del calcio che era ancora uno sport dal popolo del popolo e per il popolo, Riva è stato il custode. Assieme a Mazzola, Gianni Rivera, Facchetti, Boninsegna, Burgnich fu protagonista di quella squadra azzurra che fece la storia. Dopo la vittoria negli Europei in casa, ai Mondiali in Messico si dannò l'anima in ogni partita, fu protagonista della mitica semifinale contro la Germania del Kaiser Franz Beckenbauer. I suoi abbracci con Rivera sono tra i momenti più emotivamente potenti della storia azzurra, lì si capisce la sua essenza di calciatore, di uomo: agonismo puro. "Fuori dal campo una persona assolutamente normale" ricordò una volta Albertosi "ma quando giocava diventava una bestia". Era vero. La forza di volontà che seppe far sua, gli avrebbe permesso anche di superare gravissimi infortuni, ivi compresa una frattura al perone che fece temere per la sua carriera. Sempre col Cagliari, solo col Cagliari, con cui chiude la carriera solo i 32 anni, dopo l'ennesimo infortunio. Schivo, un po' burbero, franco e sincero nei modi, è stato il Comandante del Cagliari da Dirigente e Presidente, dimostrando un'incredibile abilità manageriale, a dispetto di una scarsezza in termini monetari, che in fin dei conti era stata triste compagna dei sardi anche quando centrò uno scudetto che avrebbe avuto soltanto nel Verona di Bagnoli un erede narrativo.

Avrebbe sostenuto il "Casteddu" anche negli anni '80, nei momenti più difficili e duri. Da dirigente accompagnatore della Nazionale, l'immagine che di lui rimane più viva ancora oggi, è qualcosa a metà tra la gloria e la tristezza. Fu quell'abbraccio paterno con l'altro grande, eroe del nostro calcio: Roberto Baggio, in lacrime dopo la semifinale di USA 94 per l'infortunio. C'è lui che lo consola perché forse ha già capito come andrà a finire, perché c'era un'aurea di malinconica anche in Riva, di cui hanno scritto Pasolini e Angioni, a cui hanno dedicato canzoni, centri sportivi, ma la verità è che Riva quello che ha creato di consistente ed eterno, lo ha fatto in campo. Non gli andò mai giù il pallone d'oro scivolato via sul più bello, qualche torto arbitrale e la sfortuna che privò il Cagliari di altre vittorie. Eppure esemplare era la sua umiltà, il suo voler sempre ricordare a tutti che più in alto di lui in azzurro ci stavano Meazza e Piola. Con Gigi Riva oggi se ne va un monumento del nostro sport, nel senso più alto e nobile del termine, un esempio di rettitudine e di etica, di coerenza. Oggi i capitani mollano tutto per 30 denari in Arabia, poi fanno retromarcia, si battono la mano sul petto e intanto il procuratore già sta chiedendo chi è interessato. Per questo, anche per questo ma non solo, Rombo di Tuono sarà per sempre l'eroe per eccellenza del nostro pallone.

07 gennaio 2024

Elezioni regionali Sardegna 2024


Elezioni regionali Sardegna 2024.
È stata ufficializzata la data del voto: domenica 25 febbraio  2024per eleggere il nuovo presidente di Regione.

L’attuale presidente Christian Solinas, ultimo in un recente sondaggio di Swg sul livello di gradimento dei vari “governatori” nostrani, potrebbe non essere ricandidato dal centrodestra che vorrebbe puntare sul sindaco di Cagliari Paolo Truzzu.

Una spaccatura appare possibile così come nel centrosinistra: alle elezioni regionali in Sardegna il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle sosterranno la pentastellata Alessandra Todde, ma in campo ci sarà anche Renato Soru.

Elezioni regionali Sardegna 2024

In Sardegna nel 2019 per le elezioni regionali si è votato in data 24 febbraio e, stando allo Statuto, nel 2024 i sardi saranno chiamati a recarsi ai seggi in una data compresa tra il 25 febbraio e il 3 marzo.

Alla fine la Regione Sardegna ha deciso che per le elezioni regionali 2024 si voterà in data domenica 25 febbraio mentre, per quanto riguarda gli orari, i seggi resteranno aperti dalle ore 07:00 fino alle ore 23:00.

I simboli delle liste che parteciperanno alle elezioni regionali devono essere presentati entro il 15 gennaio, con le candidature invece che dovranno essere messe nero su bianco entro il 22 gennaio.

Elezioni regionali Sardegna: la legge elettorale

La legge elettorale per le elezioni in Sardegna è stata modificata per l’ultima volta nel 2013. Per garantire la governabilità, sarà eletto governatore il candidato più votato: se dovesse ottenere tra il 25% e il 40% dei voti ci sarà un premio di maggioranza del 55% dei seggi, oltre il 40% invece il premio sarà del 60%.

Con meno del 25% invece non scatterà alcun premio di maggioranza. La legge elettorale prevede la possibilità di effettuare un voto disgiunto (si può votare per una lista e per un candidato presidente non collegati fra loro), mentre la soglia di sbarramento è del 10% per le coalizioni e del 5% per le liste non coalizzate.

La Regione è poi divisa in otto circoscrizioni elettorali a cui sono state assegnate un numero stabilito di seggi: Cagliari (20), Sassari (12), Nuoro (6), Olbia-Tempio (6), Oristano (6), Carboia-Iglesias (4), Medio Campidano (3), Ogliastra (2). Il sessantesimo seggio sarà assegnato al secondo piazzato tra i candidati governatore.

I candidati

Grandi manovre in corso in merito ai candidati alle elezioni regionali Sardegna 2024. Lo scenario più probabile è quello di una spaccatura per entrambe le principali coalizioni.

Christian Solinas nel 2019 ha vinto nettamente le elezioni regionali con il 47%; cinque anni più tardi però l’attuale presidente della Sardegna non sembrerebbe essere certo di poter contare ancora sul sostegno di tutta la coalizione di centrodestra.

Da tempo infatti si parla di una possibile investitura per Paolo Truzzu, attuale sindaco di Cagliari; una ipotesi che sembrerebbe piacere a Fratelli d’Italia mentre Forza Italia avrebbe messo sul tavolo un tris di nomi: Pietro Pittalis, Alessandra Zedda e Settimo Nizzi.

Possibile una spaccatura con la Lega e il Partito Sardo d’Azione a sostegno di Solinas e il resto del centrodestra con Truzzu: il sentore è che tutto verrà deciso a Roma quando i partiti prenderanno una decisione anche sugli altri candidati presidenti in questa tornata delle regionali.

Nell’ambito dell’opposizione è stata siglata un’alleanza Pd-Movimento 5 Stelle. La candidata sarà la pentastellata Alessandra Todde che potrà contare sull’appoggio anche di Demos, Sinistra futura, Rossoverdi, La base, Orizzonte Comune, A Innantis, socialisti e Fortza Paris.

Nel centrosinistra però in campo c’è anche Renato Soru: l’ex presidente non sembrerebbe essere intenzionato a fare un passo indietro forte dell’appoggio di +Europa, Progetto Sardegna, Progressisti, Liberu, e Upc.

Ogni decisione dovrà essere presa entro il 22 gennaio: se nel centrosinistra una spaccatura sembrerebbe essere inevitabile visto l’attivismo di Soru che sembrerebbe essere già lanciato in campagna elettorale, nel centrodestra il sentore è che i partiti faranno la loro scelta a inizio gennaio dopo aver approvato la legge di Bilancio.

I sondaggi

Il primo sondaggio elettorale in vista delle regionali in Sardegna è stato realizzato a inizio ottobre dall’Istituto Piepoli per conto di alcuni imprenditori. Queste sarebbero le preferenze dei sardi in merito ai candidati presidente.

Alessandra Todde - 20%

Christian Solinas - 14%

Graziano Milia - 14%

Paolo Truzzu - 14%

Questo invece sarebbe il voto ai partiti

Fratelli d’Italia - 17,5%

M5s - 17%

Pd - 15%

Lega - 8%,

Psd’Az - 7%

Forza Italia - 7%

Progressisti - 1%

Avs - 1%

Demos - 1%

Socialisti - 1%

Tra le due coalizione stando al sondaggio ci sarebbe un autentico testa a testa, ma adesso si dovrà capire se centrodestra e centrosinistra correranno coese oppure se ci saranno delle divisioni. 

25 dicembre 2023

Disegno di legge per tutelare le feste di Natale in Italia.

La senatrice Lavinia Mennuni di Fratelli d'Italia, ha presentato la settimana scorsa un disegno di legge per tutelare le feste di Natale e i presepi natalizi nelle scuole per "difendere le tradizioni religiose italiane", che, secondo Fratelli d'Italia, sono sotto attacco. «Da alcuni anni assistiamo a decisioni inaccettabili e vergognose di alcune organizzazioni scolastiche che vietano il presepe nelle scuole o ne modificano l'essenza profonda modificando, ad esempio, la festa di Natale per un'improbabile vacanza invernale per non offendere i credenti delle altre religioni", ha lamentato la senatrice Lavinia Mennuni , promotrice della normativa. Con questo disegno di legge "non sarà più possibile cancellare il presepe, il Natale e la Pasqua nelle scuole italiane", ha aggiunto.

L'Associazione nazionale dei dirigenti scolastici (ANP), ha sostenuto che è necessario "tenere conto delle tradizioni del Paese, ma imporle per legge è inappropriato", ha dichiarato il suo presidente, Antonello Giannelli. .

Qualcosa di simile la pensa Riccardo Magi , segretario del partito progressista +Europa , per il quale "l'imposizione" di Fratelli d'Italia "non solo offende i credenti per questo uso strumentale dei simboli religiosi, ma è anche incostituzionale perché contraddice la libertà di culto."» inserito nella Costituzione. “Ma soprattutto – aggiunge Magi – ricordatevi dei regimi religiosi che vogliono imporre la parola di Dio attraverso la legge”. Da parte sua, il deputato Nicola Fratoianni , segretario di Sinistra italiana, ha osservato: «Fratelli d'Italia hanno presentato una proposta per 'difendere' il presepe. Di chi? "Non è noto."

Anche riguardo al disegno di legge non c’è unanimità tra le scuole e le associazioni dei genitori. Per Veronica Migani , direttrice di un istituto bergamasco dove convivono studenti di più di 40 etnie diverse - con studenti provenienti da America Latina, Africa, Cina ed Est Europa - l'iniziativa è semplicemente "una provocazione". «Nella nostra scuola ci sono alberi di Natale, crocifissi e nessuno ci ha mai rimproverato nulla. Nelle scuole non esiste un ambiente ostile e la nostra è multietnica; Mostriamo i nostri simboli senza aver mai ricevuto alcun rifiuto", così come "rispettiamo il Ramadan di alcuni studenti".

La risposta più forte alla proposta della senatrice Lavinia Mennuni  è stata data dal parroco di Capocastello, piccolo comune in provincia di Avellino, nel Sud Italia, che ha messo due mamme attorno al bambino Gesù, nel tentativo di fare appello al dialogo e mettere da parte "confronti e scontri ideologici". "La realtà è che oggi ci sono altri tipi di famiglie", ha ammesso. "Alla catechesi vengono i figli di genitori divorziati, di genitori single, ma anche di coppie gay".

16 dicembre 2023

La violenza non è amore!!

 Alla fine capì che non era colpa sua.

Capì in quel momento che tutto ciò non era normale.

Che non dovrebbe chiedere il permesso di uscire di casa.

Che la cena non doveva essere preparata all'arrivo e che non succedeva nulla se il cibo era freddo.

E se dicesse "tesoro" e lui rispose: Inutile!! Non dovevo essere d'accordo.

Che nessuna ubriachezza giustifica, che nessun sovraccarico di lavoro serve da spiegazione.
Alla fine capì che non era stupida, né brutta, né serva, poiché lui la insultava o la faceva sentire...

Capì che sorridere non era proibito.

Che aveva il diritto di farlo, che parlare al telefono, prendere un caffè, studiare per avanzare o cercare lavoro non era illegale.
"Tu, strofinaccio!! gli ordinò.
E si rese conto, finalmente, che avrebbe potuto rispondergli "NO!!".

Che aveva anche il diritto di parlare nonostante il suo "stai zitto, troia!!!"

E obbligo di non sopportare che baci gli altri.

Alla fine si rese conto che la paura è un miserabile nascondiglio.

Capì che solo sconfiggendolo avrebbe potuto impedirgli di accettare per oro colato il "Ti do la mia vita" che un giorno, anni fa, al loro matrimonio, si scambiarono entrambi.
Così finalmente se ne è accorta.

Respirò e lasciò uscire ciò che aveva immagazzinato dentro per tanto tempo:
"Ti denuncerò, sei un bastardo...!!!".

Non riuscì a finire la frase.

Il suo coraggio era arrivato tardi.....

Il suo disgustoso pugno, invece, non tardò di un secondo...

Sono tutte violenze, che nell’ambiente familiare si concretizzano in attacchi fisici, come percosse, contusioni o ferite, oppure in attacchi verbali come insulti, minacce, umiliazioni…

Rappresentano un attentato alla dignità della persona e un deterioramento dei beni giuridicamente tutelati: l'integrità fisica, l'onore, la libertà e la sicurezza personale o la libertà sessuale.

Analizzare la Politica.


Un termine che dovrebbe essere ufficialmente integrato nel linguaggio delle scienze politiche, se non lo è già stato, è “politicking”. Dietro questa parola si nasconde tutta una serie di processi che facilitano la comprensione di un lato oscuro della Politica. Lo troviamo nelle false promesse dei demagoghi nei periodi preelettorali, nei compromessi e nelle cospirazioni all'interno delle lotte per il potere anche all'interno dei partiti, nella farsa di identificarsi con ideologie che hanno radici nella società, anche se non lo si fa. Credere in essi, per conquistare il favore degli elettori, nelle transazioni e negli accordi per ottenere vantaggi e privilegi personali e di gruppo, illegali, nascosti alla gente. Vediamo una forma di politicizzazione quando i partiti raggiungono un accordo comune per approvare una legislazione che consente la politicizzazione delle agenzie, o quando applicano la pratica di comprare voti in cambio dell’acquisizione di posizioni. La politica si diffonde e si insedia molto facilmente, anche tra persone e gruppi della società che non sono direttamente legati alla politica e ai partiti politici. È una delle forme più spregevoli di degenerazione politica. Notiamo questo aspetto del fare politica nei media, nei dibattiti politici dove lo scambio e la discussione seria sulla cosa pubblica e sui temi politici si trasforma in argomentazioni demagogiche, evidenziando colpe reali o infondate delle istituzioni a cui appartiene la persona avversaria o contro i propri. persone. Lo notiamo ad esempio nei gruppi di opinione dei media o nei forum, anche in Internet su piattaforme come Facebook. Quando la conversazione, il dibattito o la discussione degenerano in pettegolezzi. Lo vediamo quando qualcuno pubblica un articolo sulla riforma fiscale, per citare un esempio, e qualche avversario che non è d'accordo su qualche aspetto, invece di confutare l'argomento, ricorre a cercare di screditarlo attribuendogli l'appartenenza a una minoranza o a un gruppo ostile. ideologie o attribuendogli incapacità intellettuale di esprimersi sull'argomento in questione.

Il politicizzare è la più clamorosa opposizione agli alti principi della Politica come strumento del popolo per compiere la nobile missione di rispondere all'interesse pubblico. È il modo egoista e corrotto con cui i politici approfittano delle loro posizioni di potere per raggiungere fama, supremazia o arricchimento. Oppure l'atteggiamento del comune cittadino quando si inserisce nel dibattito pubblico con pettegolezzi e commenti insensibili, per confondere o deviare l'analisi su una questione che non gli piace.

La politica e i pettegolezzi politici che minacciano ogni tentativo di istruzione sono diventati così virali nella cultura politica del paese che molte persone ora lo considerano normale. Come se fosse la cosa più importante nelle discussioni pubbliche e fosse il modo migliore per far avanzare la politica. Gli aderenti alla cultura della politica e del pettegolezzo si sentono veri leader e vincitori in una controversia, quanto più lanciano epiteti, accuse personali false o vere e commenti dannosi contro l'immagine dell'avversario.

La politica è l'esatto contrario del positivo di ciò che la politica dovrebbe significare come scienza e come arte. Così, la politica sostituisce l'altruismo con l'egoismo, la serietà e la prospettiva storica nella cosa pubblica con una visione immediata del raggiungimento del potere ad ogni costo, della nobile missione del servizio alla comunità per il beneficio personale e sociale più vicino.

Nella visione del politico, concetti come il bene comune, la giustizia sociale, le pari opportunità e l'etica del governo sono parolacce provenienti da agenti del male contrari al progresso dell'umanità. 

Dietro ogni azione politica si notano persone con obiettivi di pubblica utilità e preoccupazioni sociali molto limitate, con molti occultamenti sui loro veri scopi, abili in intrighi, manovre non etiche e immorali e infinite bassezze. La maggior parte dei politici sono persone cresciute in situazioni di privilegio e opportunismo e quindi con molta immaturità e nella maggior parte dei casi con poca istruzione.

Il disprezzo per questa tipologia di persone che talvolta determinano l'aspetto predominante nella vita pubblica è uno dei motivi per cui persone serie e capaci non aspirano a incarichi pubblici importanti. La loro vita, che potrebbe essere molto positiva nella leadership politica e amministrativa, si allontana da tutto ciò che sa di politica ed è così evidente come i posti vacanti che potrebbero essere occupati da migliaia di cittadini portoricani onesti, molto seri e qualificati si riempiano di subito dopo la presa del potere da parte di un nuovo governo o partito da parte di bande di politici carrieristi e opportunisti, ingannatori e manipolatori delle speranze popolari, che arrivano senza progetti, senza impegno, senza direzione, con l'unico scopo di godersi la bella vita e rubare .

Ecco perché è opportuno e sano che in ogni elezione gli elettori non si lascino trascinare dalle faziosità politiche, né dall’appartenenza dei candidati ad essi, ma si interessino piuttosto alla testimonianza di vita, alla storia delle esperienze positive, della capacità intellettuale e morale dei candidati e dei programmi e progetti che essi si impegnano a promuovere.           

14 dicembre 2023

Tutti vivono come possono!

"Ognuno vive come può." Qualche giorno fa ho trovato questa frase scritta nella mia pagina Facebook e sì, sarebbe illogico chiedere istruzioni su come orientarsi in un mondo dove nessuno sa veramente cosa sia la vita. Stiamo tutti improvvisando e nessuno è abbastanza sicuro di quello che sta facendo. Come direbbe mio fratello: “Quelli che ti dicono di aver capito bene sono quelli che capiscono meno”. Sento che siamo tutti così impegnati a cercare di ottenere qualcosa, che alla fine ci perdiamo la possibilità di vivere. Cosa stiamo cercando? Affinché? Cos'è vivere?
Non oso dire che tutti diano il massimo, ma posso dire che facciamo il meglio che possiamo, facciamo quello che possiamo. Credo di averlo già detto, ma trovo che il solo fatto di esistere sia già abbastanza stressante.
Mi sento sempre più perso in tutto questo, e continuo a chiedermi se quella sensazione prima o poi scomparirà nella vita, perché sembra che si sia già depositata in un piccolo angolo del mio essere. In questi tempi in cui come società stiamo rompendo le strutture che ci hanno sempre sostenuto, e non sappiamo davvero dove aggrapparci, mi sembra difficile metterci in discussione. Alla fine ci restano più dubbi che certezze, più paure che gioie. Non sarebbe bello pensare di meno e divertirsi di più?
Recentemente ho capito che non siamo mai preparati per ciò che accadrà. Aspettare il momento giusto non esiste. La vita ti lancia sassi, alcuni più grandi, altri più piccoli, e tu li affronti come meglio puoi, è così. Ogni persona vedrà per cosa usa le pietre in seguito.
Sento che la vita va molto veloce e che è impossibile rallentare. Cerchiamo di restare saldi e di trovare un equilibrio per camminare in un mondo che non smette mai di tremare, come un terremoto costante, dove la terra si spezza di tanto in tanto, e blocchiamo pietre che arrivano chissà dove per chissà cosa. È spaventoso, vero? Penso che non ci siano istruzioni per camminare in questa instabilità. L’unica cosa che posso dire è che alla fine ognuno vive come può
.

11 dicembre 2023

Una mia riflessione per il Natale!

Oggi vorrei dedicare queste righe a tutte quelle persone che si sentono particolarmente tristi quando arrivano queste date perché ricordano i Natali passati in cui la felicità faceva parte della loro vita e ogni giorno si sentivano emozionati, condividendo con i propri cari momenti indimenticabili in cui il loro cuore sembrava battere forte ogni secondo e oggi, però, con il passare del tempo e la scomparsa di alcune delle persone più importanti della loro vita, tutti quei momenti sembrano far parte di un vecchio album di ricordi che è stato salvato in qualche angolo della loro memoria. Vorrei dedicare queste righe in particolare ad un caro parente che da tempo attraversa circostanze difficili e sente, come quasi tutti noi, che la sua vita non è come si aspettava, nonostante gli sforzi che fa ogni giorno per realizzarla. Ci è stata venduta l'idea che dobbiamo essere felici a Natale, solo per il gusto di essere Natale. Ci confezionano in un pacchetto che non puoi scambiare in nessun negozio, l'idea di solidarietà, cameratismo, pace, amore, speranza, perdono, sorriso, calore umano, cuore... che, in realtà, dovrebbe esistere tutto l'anno in ognuno di noi, eppure è solo a Natale che si evidenzia il fatto che dobbiamo essere esseri umani migliori. Inoltre, poiché è Natale, siamo soliti congratularci con quei parenti con cui non abbiamo contatti durante tutto l'anno, perché non abbiamo un buon rapporto con loro o anche perché ci hanno fatto dei brutti scherzi in passato e anche se non ne hai voglia, pensi "Comunque non importa, è Natale, non mi è difficile farlo". Allora ti rendi conto che il Natale è pieno di ipocrisia e che non assomiglia a quelle date tenere che vivevi nella tua infanzia, in cui eri ignaro di tutta la falsità che circonda la vita di ogni essere umano. Allo stesso modo, voglio ricordare che ci sono persone che continuano a subire gli effetti della crisi e che sono disoccupate e ancora non riescono a trovare un'opportunità di lavoro nonostante il loro valore; famiglie che non hanno abbastanza da mangiare e devono andare alle mense dei poveri e che non possono nemmeno sognarsi di comprare un regalo di Natale per i propri figli. Alcuni soffrono addirittura di grave depressione e hanno smesso di credere in se stessi a causa di questa situazione prolungata nella loro vita. Altri hanno perso familiari molto cari in circostanze tragiche e ci sono anche persone che soffrono di grande solitudine e si sentono depresse e in questi appuntamenti, l'unica cosa che fanno è accentuare più fortemente quel sentimento di solitudine e tristezza, perché La società e i media ci vendono la falsa idea di una famiglia unita e del ritorno a casa per Natale. E tutto questo senza dimenticare l'arrivo del nuovo anno e i propositi che tutti siamo soliti prendere per il nuovo anno, sapendo in anticipo che quando arriverà il 7 gennaio penseremo solo a cosa compreremo nei saldi e che non adempiranno i propositi che ci siamo prefissati perché in realtà, se non lo abbiamo fatto prima, non lo faremo adesso ed è anche assurdo pensare che il prossimo anno sarà migliore del precedente, proprio per il solo fatto che ti hanno fatto credere che dal 1° gennaio la tua vita cambierà per sempre e tutto andrà per il meglio, facendoti generare aspettative che poi non verranno soddisfatte e facendoti sentire ancora più depresso.

30 novembre 2023

Il fallimento della Zona Franca Integrale?

“Svelato l’inganno del presidente della giunta regionale, con l’approvazione a Strasburgo del nuovo codice doganale europeo, senza alcune modifica che riguardi le sorti dell’isola, ritengo si debba porre fine alle mistificazioni e alle suggestioni che da mesi si rincorrono sui tempi e sull’iter istitutivo della zona franca sarda” – tuona Giacomo Sanna, leader del Partito Sardo D’Azione rivolgendosi al suo (ormai ex) alleato Ugo Cappellacci.

Zona Franca

Ma cosa è successo? Mercoledì 11 settembre il Parlamento Europeo ha votato e ratificato il nuovo Codice Doganale dell’Unione Europea che di fatto esclude la Sardegna dai territori extradoganali europei e quindi mette un primo e pesante veto sull’istituzione della zona franca integrale nell’isola. Una mazzata per il presidente Cappellacci e per i comitati promotori che in questi mesi si sono battuti goffamente affinché la Sardegna potesse dotarsi di uno strumento impossibile da attuare senza un progetto e senza la stretta relazione tra il presidente della Regione e il Governo italiano. Inoltre senza contare la perimetrazione dell’isola sfora i limiti di extradoganalità previsti dal Codice dell’Unione Europea – sia quello vecchio, che quello nuovo.

A segnare l’impossibilità della zona franca integrale è la storia politica sarda, che oggi come tanti anni fa presenta una incognita importante. Infatti nel 1946, proprio il Partito Sardo D’Azione fu promotrice del primo progetto istitutivo della Zona Franca in Sardegna col beneplacito del governo nazionale che intendeva ripetere l’esperimento siciliano. La motivazione principale per cui il progetto non passò fu che il raffronto fra le entrate e le spese segnava per la Sardegna una forte passività ed escludeva per l’isola il veder le proprie casse integrate da fondi italiani. Inoltre la zona franca avrebbe fatto della Sardegna un mercato di consumo invece che un mercato di produzione. Era evidente, per chi sosteneva questa tesi, che il giorno in cui tutti avessero potuto importare nell’isola in assoluta esenzione doganale, il mercato sarebbe stato inondato di merci lavorate e tutti avrebbero avuto interesse a non fare diventare concorrenziali le imprese sarde. Esattamente gli stessi problemi che la Sardegna riscontra ancora oggi.

Il progetto di Statuto, diventato legge costituzionale nel gennaio del 1948, riservava così allo Stato italiano l’esclusiva competenza del regime doganale mentre alla Sardegna dava la possibilità di istituire dei punti franchi.

Né la storia né la legge però paiono gli argomenti preferiti di Cappellacci e della Randaccio, troppo presi a lottare per garantirsi un posto al sole dopo le prossime elezioni regionali. E non piacciono nemmeno ai membri dei comitati promotori, capaci di urlare ai quattro venti il dovere della Sardegna di diventare zona franca ma incapaci di creare una piattaforma credibile per la sua attuazione e di porre una dovuta analisi dei benefici e degli svantaggi che la zona franca porterebbe alla regione. Infatti per loro non sembra importante che al taglio delle accise e dell’Iva, la Sardegna perda tre miliardi di euro, veda le sue tasse sensibilmente aumentate e veda tutti i servizi tagliati. Insomma, il quadro è quello di una Sardegna destinata a star peggio di come attualmente vive.

Il tutto inizia il primo ottobre 2012 quando la dottoressa Randaccio annunciava che “Per istituire la zona franca c’è tempo fino al 24 giugno dell’anno prossimo, quando entrerà in vigore il nuovo Codice doganale aggiornato, che lascia vivere le vecchie zone franche ma vieta l’apertura di nuove. I tempi stringono, non abbiamo un minuto da perdere”. Un mese dopo il Parlamento Europeo decideva l’attuale codice e dava come data ultima di attuazione il primo novembre 2013. Cappellacci decideva però di inviare a Bruxelles due lettere in cui chiedeva di inserire la Sardegna tra i territori extradoganali. In realtà i tempi per emendare il nuovo codice erano scaduti, quindi non avrebbe raggiunto alcun risultato. Riuscì inoltre a sbagliare l’indirizzo delle due lettere suscitando l’ilarità dalla Comunità Europea. Nonostante ciò Cappellacci continuerà a perseverare.

Dopo aver perso più di un anno di tempo utile per ottenere la modifica dell’articolo 3 del Codice Doganale comunitario, Cappellacci si è accorto della storia e della legge sarda, ed in particolare dell’articolo 12 dello Statuto speciale:“Il regime doganale della Regione è di esclusiva competenza dello Stato”. E quindi ha chiamato a raccolta i comitati promotori e decine di sindaci da tutta l’isola a Roma mentre la regione Sicilia ci sorpassava con una mozione presentata dal presidente Crocetta e dal Movimento 5 Stelle che prevedeva l’attivazione in Sicilia delle zone franche urbane.

Cappellacci, i sindaci e diversi cittadini sardi si sono ritrovati a Roma il 24 giugno pensando che fosse la data ultima per raggiungere la zona franca integrale. Dopo aver fatto chiasso sotto Montecitorio e aver raggiunto un accordo per un incontro col primo Ministro Enrico Letta e col ministro dell’Economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni, Cappellacci e la Randaccio si ritrovano davanti il viceministro delle finanze Luigi Casero. Un palese schiaffo quello del governo che decise di schierare una sorta di sottoposto senza alcun potere decisionale. Infatti il viceministro chiese ai sardi di reincontrarsi la settimana successiva per discutere le proposte. Per tutti – Cappellacci, Scifo, la Randaccio e i comitati Zona Franca – questa è una vittoria. Infatti il giorno dopo viene diffusa la falsa notizia che lo stato italiano abbia modificato l’articolo 10 dello Statuto sardo e che la Sardegna fosse stata messa sotto regime di zona franca.

Passa una settimana e Cappellacci si ritrova sempre Casero davanti. Il quale prima tracheggia, poi dà una spiacevole notizia: “lo stato italiano non ha alcuna intenzione di promuovere con i propri soldi la zona franca integrale della Sardegna. Al più la Sardegna può decidere a sue spese di istituire alcuni punti franchi dove lo riterrà opportuno”. La verità arriva come una sberla ancor più forte della settimana precedente. Per istituire una zona franca infatti occorrono soldi. Lo Stato italiano o non li ha o ritiene di doverli spendere in altro modo. La Regione non li ha: già nel 2010 avrebbe potuto rendere l’area portuale di Cagliari una zona franca. Il Presidente dell’area portuale sconsigliò Cappellacci poiché dalla cassa della Regione sarebbe dovuta uscire subito una cifra intorno ai 10 milioni di euro per attivare le prime recinzioni, e una successiva cifra di 21 milioni di euro per concludere i lavori.

Cappellacci barcolla e per qualche mese non parla più di zona franca. La Randaccio non molla ma si tiene a stento a galla, i comitati promotori sono sfiduciati. Provano una nuova proposta: istituire delle zone franche al consumo sperimentali. Il Comune di San Gavino Monreale si propone per primo. Ma questo, come i termini tecnici e la legge insegnano, si tratta di una zona franca urbana, simile a quella istituita dal governo Monti, su mozione del PD e dell’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, nel Sulcis. La decisione venne presa per aiutare il territorio più povero d’Italia a risollevarsi. Come si vede, con un intervento dello stato nazionale.

Arriva settembre e Cappellacci ritorna in campo facendo firmare l’ennesima delibera allegra sulla zona franca ai comuni sardi aderenti. Si parla di “un obiettivo che si sta perseguendo con successo”, di una Regione che ha introdotto la riduzione dell’Irap e ottenuto dal governo la zona franca per il Sulcis. In realtà la riduzione dell’Irap è stata una proposta dell’opposizione che la maggioranza non ha posto a bilancio mentre la zona franca per il Sulcis è stata una azione di esclusiva competenza dello stato italiano.

L’11 settembre Cappellacci rimedia una nuova brutta figura dall’Unione Europea. E attacca la Barracciu, rea di non aver perorato la causa della zona franca integrale. In realtà la Barracciu poco poteva davanti ad un codice impossibile da emendare e davanti all’assurda richiesta della Randaccio e di Cappellacci di inserire la Sardegna fuori dal territorio doganale dell’Unione europea  e nel contempo di renderla zona franca ai sensi degli articoli da 166 a 168 bis del codice doganale comunitario. Chiedere una cosa e l’altra, come fa il Presidente della Regione, non è possibile, perché non si può essere contemporaneamente dentro e fuori il territorio doganale dell’Unione.

Come uscire quindi da questa barzelletta? Cappellacci non ne uscirà, la userà alle prossime elezioni regionali e cercherà quindi di avvalersi dei membri dei comitati promotori per la zona franca integrale per imbastire la campagna elettorale. Una volta vinto, dimenticherà tutto quanto avvenuto durante questo anno colmo di figuracce. Se perderà, sarà costretto a veder attivati gli unici progetti possibili alla crescita della Sardegna. Quali?

Il primo è la creazione di una Agenzia delle Entrate Sarda, obiettivo dichiarato nel programma elettorale della candidata Michela Murgia, che permetterebbe il mantenimento del 70% dei tributi sardi da redistribuire poi nei vari settori del commercio, della sanità, della scuola e dei servizi. Questo progetto renderebbe ininfluente l’istituzione di zone franche al consumo e darebbe respiro alle casse regionali, da sempre dipendenti dagli umori del governo italiano.

L’altro è l’utilizzo della fiscalità di vantaggio come sta avvenendo nel Sulcis. L’articolo 116 della Costituzione Italiana riconosce alle Regioni a statuto speciale “forme e condizioni particolari di autonomia” rispetto alle Regioni a statuto ordinario e tale riconoscimento garantisce maggiori funzioni e maggiori risorse attraverso un favorevole meccanismo di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali. Tale regime è emendabile solo previa intesa fra lo Stato e la singola Regione a statuto speciale.

Il Trentino, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta hanno già raggiunto diversi accordi con lo stato. I contenuti degli accordi sono diversi per ogni singola Regione secondo forme di “federalismo a statuto speciale” di cui si è fatto promotore non il legislatore, ma la Corte costituzionale. La sentenza 357/2010 ha riconosciuto a Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia ampie prerogative anche sui tributi erariali interamente devoluti o compartecipati, consentendo la modifica sia delle basi imponibili che delle aliquote consentendo fin da subito di mettere in cantiere importanti misure di fiscalità di vantaggio. La Sardegna invece non ha ancora avviato la negoziazione con lo stato.

Un’altra possibilità per la Sardegna è offerta dal Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 titolato “fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno”, che consente alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di modificare le aliquote IRAP e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni nei confronti di nuove iniziative produttive. Anche in questo caso la Sardegna non ha perseguito l’obiettivo rendendo di fatto inapplicata la possibilità di ridurre l’Irap.

Finisce così la lunga battaglia del Presidente Cappellacci, della Randaccio, di Scifo e dei comitati promotori per la zona franca integrale. Uno specchietto per centinaia di sardi che hanno preferito credere ad una banalità piuttosto che guardare in faccia la realtà. Uno specchietto che si è rivelato l’ennesima dimostrazione di amministrazioni – regionali e comunali – incapaci sotto ogni profilo politico, con una mancanza evidente di progettazione e di idee.

Questo fallimento non porta solo ad una sconfitta morale per il presidente sardo ma anche per tutti coloro che si sono avvicinati al tema della zona franca integrale solo per ottenere voti in vista di prossime elezioni – regionali e, soprattutto, comunali. Purtroppo, come si è visto, una casa senza fondamenta è destinata a crollare subito dinanzi alla realtà e a qualunque analisi realistica. Anche quando la Randaccio e diversi esponenti dei comitati promotori denunciano fantomatici “poteri alti” che tramano contro la Sardegna, dimenticando che l’Unione Europea è piuttosto grande per dover perdere tempo a pensare ad un tranello contro un puntino della sua cartina geografica.

13 Settembre 2013-Simone Spada

 

17 novembre 2023

Regime di zona franca in Sardegna

Se si vuole davvero capire quali sarebbero le reali ricadute derivanti dall'applicazione di un regime di zona franca in Sardegna, è necessario chiarire meglio il concetto andando oltre significato letterale del termine è incorporando alle classiche misure di carattere Doganale, rilevanti misure a favore delle imprese di incentivazione fiscale e di flessibilizzazione del costo del lavoro.  Questa particolare eccezione della Zona Franca necessita di passaggio istituzionali che nascono dalla contrattazione politica negoziale tra Regione, Stato e Unione Europea sulla base della normativa vigente in materia  e la richiesta di estensione del pacchetto di misure per abbattere l'insularità previste dal Trattato di Amsterdam anche alla Sardegna.

 Consideriamo la Zona Franca come uno strumento di libertà economica, dove l'insieme delle misure fiscali e doganali costituiscono il volano per rilanciare tutto il sistema produttivo regionale e valorizzare al meglio la centralità della Sardegna quale  nodo strategico di cerniera commerciale tra l'Unione europea e paesi extraeuropei che si affacciano sul vaccino del Mediterraneo.

 Al fine di ottenere una ottimazione delle ricadute economiche,  non si può prescindere dal fatto che tutto il territorio dell'isola sia sottoposta al regime della zona franca.  infatti, in questa visione di Libertà d'Impresa, si può prevedere come per ragioni di mercato e per la ricerca di elevati livelli di competitività internazionale, Le imprese orientate all'esportazione -  quelle cioè che utilmente potranno beneficiare delle esenzioni doganali - Preferiranno collocarsi in prossimità delle aree portuali e delle zone industriali,  dotate delle necessarie infrastrutture a ridosso di tali aree. Le altre imprese,  interessate all'ottenimento degli ulteriori benefici per ottenerli potranno effettuare effettuarsi in qualsiasi località della Sardegna,  determinando le cadute economiche e occupazionali diffuse in tutto il territorio.

Ciò premesso,  è facile comprendere che non potrà mai essere una norma giuridica di pianificazione economica ad Impedire l'estricarsi di queste naturali tendenze del mercato che vanno verso una concezione liberista,  in netta contrapposizione alla concezione statalista e centralista dello sviluppo economico pianificato.

Una lettura delle numerosissime zone Franche (oltre 400 già 10 anni fa) sparse del pianeta fa emergere una filosofia che mette in evidenza come questo strumento sia considerato,  a tutti gli effetti,  Teso a liberare le imprese e favorire la loro attività.  In questo ambito di Libertà d'Impresa vengono garantite agli operatori economici,  soprattutto nelle aree caratterizzate da processi di riconversione economica in quelle strutturalmente deboli Con evidenti ritardi nelle dinamiche di sviluppo,  condizioni ideali per attivare un allargamento della base produttiva,  apertura e mercati internazionali e aumento del livello occupativi.

Le imprese orientate all'esportazione potranno inoltre,  evitare una serie di costrizioni burocratiche e vincoli restrittivi di natura Doganale. Si tratta, in tutta evidenza, di un presupposto di natura liberista: l'attività economica può essere svolta con la massima efficienza ed il massimo grado di efficacia in assenza di interventi regionali e statali tesi ad impedire il libero dispiegarsi delle regole di mercato.

In conclusione: la zona franca può e deve costituire una conquista economica , culturale, sociale e politica di quel comune sentire che ci fa essere popolo e nazione, consapevoli che nulla ci verrà mai regalato e convinti che la Sardegna potrà essere redenta solo dai sardi…

13 novembre 2023

Beppe Grillo da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa: "Ho peggiorato l'Italia"

Nel suo intervento a "Che Tempo Che Fa” il comico e garante del Movimento 5 Stelle ripercorre le fasi politiche della creatura che fondò con Casaleggio. E recita parole di addio.

"Sono il peggiore? Sì, sono il peggiore, ho peggiorato questo Paese". È forse questa la frase più significativa del semi - monologo di Beppe Grillo, tornato ospite di un programma televisivo a quasi dieci anni di distanza dall'ultima apparizione. Il comico, intervistato da Fabio Fazio a "Che Tempo Che Fa" (che ieri ha battuto un nuovo record, portando su "Nove" 2,5 milioni di telespettatori), ha tirato le somme del suo percorso politico a modo suo, usando quella teatralità che è stata la sua fortuna ma anche il suo grande limite.

Quello che è andato in scena negli studi di Warner Bros. Discovery non è stato un semplice mea culpa e sarebbe fallace immaginare una sorta di stop and go. Beppe Grillo ha detto addio alla politica e lo ha fatto misurando le parole; parole solo apparentemente figlie di uno sfogo istintivo ma in realtà ponderate nella forma e nella sostanza: "Dall'ultima intervista rilasciata a Vespa nel 2014 - ha spiegato - abbiamo perso le elezioni, tutti quelli che avevo mandato a fare in c... sono al governo. Ho fondato il Movimento ma mi ero iscritto al Pd, ad Arzachena. Adesso sono anziano e confuso. Non posso condurre e portare a buon fine un movimento politico, non sono in grado. Prima c'era Casaleggio che era un manager. Ecco perché mi sono un po' ritirato".

Sia chiaro, il comico genovese, pur essendo ancora il "garante" del partito guidato da Giuseppe Conte, si era già fatto da parte da tempo: dal 2017 il suo blog non è più il canale ufficiale del Movimento 5 Stelle e i suoi interventi, negli anni, si sono sempre più diradati. Mancava il gesto definitivo, la parola "fine" dopo i titoli di coda. L'anziano comico-leader si è tolto definitivamente il peso e probabilmente lo ha tolto anche alla politica italiana, da lui pesantemente condizionata.

Lo stesso riferimento allo scomparso Gianroberto Casaleggio svela definitivamente quale fosse la catena di comando in quel Movimento 1.0, quello che disse no a un governo guidato da Pierluigi Bersani, per intenderci. "Era un'altra fase della nostra storia - ha detto recentamente l'ex Presidente della Camera, Roberto Fico, in un'intervista - la nostra linea era quella di non allearci con nessuno". Da allora sono passati dieci anni, ma sembra un secolo. La creatura politica fondata da Grillo e Casaleggio ha dato vita a due governi e ha appoggiato il "governissimo" a guida Mario Draghi; si è alleata con quasi tutti i partiti dell'emiciclo e il suo habitat naturale è quel Parlamento che doveva essere aperto "come una scatoletta di tonno".

I due leader che si sono alternati e hanno scandito tempi e modi della metamorfosi del Movimento 5 Stelle sono stati Luigi Di Maio, passato in brevissimo tempo da astro nascente a stella cadente della politica italiana e Giuseppe Conte, uomo - establishment che lo ha definitivamente "istituzionalizzato". Anche su di loro, le parole del comico non sono state casuali: "Giggino la cartelletta - ha detto riferendosi a Di Maio - era il politico più preparato, ma non pensavamo si facesse prendere dal potere di organizzare le persone. Poi ci ha pugnalato". Ancor più tranchant, se vogliamo, il giudizio sull'attuale leader: "Arrivava dall'università, era un avvocato. Dovevamo scegliere qualcuno della società civile, lo conobbi e dissi: 'E' un bell'uomo, laureato, parla inglese'. Poi quando parlava si capiva poco, quindi era perfetto per la politica". La "versione in prosa" delle parole del comico è abbastanza semplice: nel Movimento 1.0 un capo politico come Giuseppe Conte sarebbe stato impensabile, così come sarebbe impensabile oggi un Movimento 3.0 con Beppe Grillo a fare da frontman. 

26 ottobre 2023

Il perfezionismo.

Una delle virtù difettose che mi spaventa di più è il perfezionismo.
È una virtù perché, ovviamente, è una tendenza a fare le cose perfette, ed è un difetto perché di solito non tiene conto della realtà, che la perfezione non esiste a questo mondo, che chiunque si muove a volte sbaglia.
Nella mia vita ho incontrato molti perfezionisti e, ovviamente, sono persone fantastiche.
Credono in un lavoro ben fatto, sono appassionati nel fare bene le cose e svolgono magnificamente la maggior parte dei compiti che intraprendono.
Ma sono anche persone un po’ nevrotiche, vivono tesi. Diventano crudelmente esigenti nei confronti di coloro che non sono come loro e soffrono in modo spettacolare quando la realtà arriva con la riduzione e vedono che molte delle loro opere, nonostante tutto il loro interesse, rimangono a metà strada.
Ecco perché mi sembra che una delle prime cose che dovremmo insegnarci da bambini sia quella di sbagliare.
L'errore, il fallimento, fa parte della condizione umana.
Qualunque cosa facciamo, ci sarà sempre un coefficiente di errore nelle nostre opere. Non puoi essere sempre sublime.
Ecco perché sono sempre stato più interessato a sapere come le persone si riprendono dagli errori che al numero di errori che commettono.
Poiché l'arte più difficile non è non cadere mai, ma sapersi rialzare e proseguire il cammino intrapreso.