28 luglio 2022
1) La Città rigenerata: la grande sfida della rigenerazione e
riqualificazione dell'identità urbana di Cagliari.
24 luglio 2022
Iniziata la campagna contro Giorgia Meloni
È un pericolo per la democrazia. I suoi programmi preoccupano.
Come gestiremo il Pnrr?
La campagna contro Giorgia Meloni è già partita e alcuni la
considerano un pericolo per la democrazia. Difficile capire il perché
visto che, qualora diventasse la nuova presidente del Consiglio, sarebbe la
prima dopo molti anni a esser passata tramite le elezioni prima di
sedersi a capo di un Governo.
Chiaramente si può essere d’accordo o meno con i suoi programmi e una
parte di Paese li considera inaccettabili, ma se questo vogliono gran parte
degli italiani è giusto che così vadano le cose. In verità, in Italia pare
esserci questa sensazione che le cose debbano andare in un determinato modo e,
chiaramente, alcuni leader possono essere più adeguati di Meloni in questo
senso. C’è come la sensazione che i voti di alcuni partiti valgano
meno, perché si pensa che arrivino da gente meno istruita e colta. E difatti
quello che è accaduto negli ultimi anni segna questa strada. Qualsiasi sia il
partito a vincere le elezioni, succede che poi a governare ci devono
andare necessariamente persone di un certo tipo, adatte al ruolo istituzionale.
La cosa che andrebbe detta chiaramente è che ciò che preoccupa di
Meloni e Matteo Salvini e della loro squadra è rappresentato dalle
loro idee. Se le elezioni dovessero andare in un certo modo, probabilmente
la cannabis, ad esempio, non verrebbe legalizzata, mentre si inasprirebbe
il conflitto ideologico tra famiglia tradizionale e mondo lgbt.
Se lo schieramento di centrodestra dovesse vincere le elezioni,
d’altronde, potrebbe risultare anche un vantaggio per i partiti di sinistra all’opposizione,
con grande possibilità di portare avanti un populismo incessante su
vari temi: reddito di cittadinanza, tematiche lgbt, cannabis, migranti, lavoro.
Il mondo che l’Italia si ritrova a vivere, da ottobre in poi, è sicuramente
molto complicato. E andare all’opposizione a prendere il malcontento del Paese,
dimostrando che la destra non è adeguata a governare, può essere una grande
opportunità. Certamente anche Giorgia Meloni avrebbe preferito prendere in mano
il Paese nel 2018, o comunque in una situazione meno critica di quella
odierna. Tra poche settimane potremmo trovarci di fronte a uno scenario
totalmente diverso, in cui si ribalta tutto e i populisti diventano
gli altri.
22 luglio 2022
IL SUICIDIO DEL GOVERNO DRAGHI
I giornali che “piacciono alla gente che piace” titolano tutti lo
stesso pappone indigeribile: il Figlio di Dio è risorto e non è più a Palazzo
Chigi per colpa di tre Giuda irresponsabili che rispondono al nome
di Matteo Salvini, Giuseppe Conte e Silvio Berlusconi. Gli
autori di questa carciofata comunicazionale mal riuscita sono troppo
scaltri per non aver compreso che quello di Mario Draghi è stato
un suicidio e per giunta assistito dai consigli interessati di Enrico
Letta. Le motivazioni non sono ancora chiare: quella più ardita vorrebbe un
Mario Draghi alla guida di un nuovo “campo largo” capace di competere con
il centrodestra alle prossime elezioni. Altri retroscena
ipotizzano nuovi prestigiosi incarichi internazionali sopraggiunti, mentre
qualcuno insinua che sia imminente una staffetta tra Sergio Mattarella e
lo stesso Mario Draghi. Io non ho la ben che minima idea di cosa si celi
dietro un simile gesto ma di contro nutro pochi dubbi nel rinvenire la
cosiddetta pistola fumante dalle parti di Palazzo Chigi: Mario Draghi ha
cioè posto fine volutamente all’Esecutivo in carica.
Nei diciotto mesi di vita del Governo Draghi era capitato in altre
occasioni (pensiamo alla Riforma del catasto ma non solo) che si
creassero frizioni tra l’Esecutivo e pezzi di maggioranza, senza che ciò
trascendesse nelle dimissioni del premier. Poi invece capita che
a un certo punto, per portare avanti una battaglia identitaria, Giuseppe Conte
dia mandato ai suoi di votare contro il “Decreto Aiuti” – ben sapendo che
sarebbe passato comunque – generando una reazione inaspettata di Mario Draghi,
con conseguenti dimissioni consegnate nelle mani del Capo dello Stato.
Perché proprio adesso questa drammatizzazione dello scontro a opera di Palazzo
Chigi? Se poi aggiungiamo che la battaglia identitaria l’aveva iniziata
il Partito Democratico, creando fibrillazioni in Parlamento proprio
in queste settimane, con la Legge Zan (bis) e con lo Ius scholae,
allora avremo anche un ulteriore indizio sulla mano che ha appiccato
dolosamente l’incendio elettoral-propagandistico in Parlamento.
Un ulteriore indizio sulla pretestuosità della crisi che
stiamo vivendo è da rinvenirsi nel comportamento di Sergio Mattarella:
quando Mario Draghi si è presentato dimissionario dal Capo dello Stato, le
dimissioni sono state respinte con preghiera di parlamentarizzare la questione
ovvero rendere “politico” il tentativo di composizione dello strappo.
Mario Draghi avrebbe potuto sedersi attorno a un tavolo con i leader, nel
tentativo di trovare la quadra. In alternativa, avrebbe potuto accettare la
strada proposta dal centrodestra: una maggioranza senza i Cinque Stelle che
non avrebbe comportato disequilibri politici, visto che l’anima grillina era
comunque rappresentata dalla componente facente capo a Luigi Di Maio. Come
ulteriore opzione, avrebbe potuto compiere un gesto distensivo nei confronti di
Giuseppe Conte, dandogli la possibilità di uscirne con decoro. Nulla di
tutto ciò: Mario Draghi ha preteso da subito che la maggioranza rimanesse
invariata, ha convocato solo Enrico Letta a Palazzo Chigi (il centrodestra è
stato ricevuto solo dopo vibranti proteste) e, non contento, ha continuato a
gettare benzina sulla polemica con la componente Pentastar. Insomma, ha
creato ad arte un problema senza soluzione: se rientra Giuseppe Conte
escono Forza Italia e la Lega. E se qualcuno prova a proporre
una maggioranza altrettanto larga ma diversa dalla precedente, salta comunque
tutto per indisponibilità del premier. Per essere sicuro di sfasciare senza
lasciare nulla in piedi, dopo la mancata “politicizzazione della crisi”, Mario
Draghi ha pensato bene di presentarsi in Senato pronunciando un
discorso sferzante e divisivo proprio nei confronti del centrodestra e dei
Cinque Stelle, costringendo di fatto queste due componenti allo strappo.
Da ultimo, animato da un chiaro istinto suicida, Mario Draghi ha
chiesto che fosse posta la fiducia sulla mozione presentata da Pier
Ferdinando Casini, facendo decadere quella presentata da Roberto Calderoli e
chiudendo ogni margine di trattativa con il centrodestra. Una mirabile sintesi
di quanto accaduto in Parlamento è stata fornita dal Fatto Quotidiano:
Draghi prende a calci M5S e Lega che non lo votano (e cosa avrebbero potuto
fare, porgere l’altra guancia?). Detto questo, vogliamo forse pensare che Mario
Draghi sia uno sprovveduto capace di inanellare una serie infinita di errori
tattici o vogliamo forse ipotizzare che il presidente del Consiglio abbia
indossato scientemente una casacca smaccatamente di parte, inducendo la sua
maggioranza all’implosione? A Palazzo Madama il centrodestra e i Cinque Stelle
hanno lanciato l’ultima evidente ciambella di salvataggio al Governo Draghi,
uscendo dall’aula o non votando. Ciò per far passare una fiducia “tecnica” più
che sostanziale (una non sfiducia) nella speranza di poter compiere un
supplemento di trattativa. Mario Draghi non ha raccolto l’invito e si è recato
al Quirinale per reiterare le dimissioni.
Adesso la strada maestra è rappresentata dalle elezioni. Ma che non si
dica che Mario Draghi sia caduto a causa della politica. Mario Draghi è caduto
perché ha tagliato qualsiasi canale di trattativa con una parte della propria
maggioranza. Con Enrico Letta, invece, i canali sono rimasti sempre aperti. Le
fuoriuscite da Forza Italia (Mariastella Gelmini, Renato Brunetta, Andrea
Cangini) lasciano ipotizzare che il nuovo “campo largo” voluto da Enrico Letta
adesso vada da Luigi Di Maio, fino ad un fantomatico solito nuovo soggetto
di centro dentro cui confluiranno Matteo Renzi, Carlo
Calenda e i transfughi di Forza Italia. Il nuovo leader ombra
del centrosinistra finalmente ha un nome e cognome: si chiama Mario
Draghi. Altro che attentato parlamentare al Governo di salvezza nazionale.
Questa è una lucida operazione, per rendere competitivo un centrosinistra dato
per spacciato alle elezioni e dotarlo di un nuovo leader (o forse padre nobile)
attribuendo ad altri la responsabilità della crisi di Governo. La prossima
competizione elettorale lampo (il 25 settembre) sarà nel nome di Mario
Draghi e vedrà contrapposta la coalizione dei suoi fedelissimi al centrodestra
(mentre i Cinque Stelle, verosimilmente, spariranno dai radar). Resta da capire
in quale forma l’ex banchiere centrale vorrà lasciarsi coinvolgere nella lotta.
29 giugno 2022
Udienza rinviata in Russia per dichiarare terrorista il battaglione Azov.
La Corte Suprema della Russia ha rinviato al 2 agosto l'udienza per analizzare la richiesta della Procura Generale di dichiarare il battaglione Azov ucraino un'organizzazione terroristica, divenuta celebre in tutto il mondo per aver resistito per quasi tre mesi all'assedio delle truppe russe nella città portuale di Mariupol.
"L'udienza è stata rinviata al 2 agosto su richiesta dell'ufficio del procuratore generale", ha detto un portavoce della Corte suprema.
Il 17 maggio la Procura ha chiesto ai giudici della Corte Suprema di riconoscere il reggimento Azov, definito nazista da Mosca, come organizzazione terroristica.
Il battaglione Azov, creato nel 2014 nella città di Mariupol, sulle rive del Mar d'Azov, è stato completamente integrato nella Guardia Nazionale dell'Ucraina dalla fine di quell'anno.
È stata fondata da membri dell'estrema destra per combattere i separatisti filo-russi nell'Ucraina orientale e si è guadagnata la fama per aver ripreso Mariupol dalle forze russe nel giugno 2014.
Per il mondo intero, invece, è stata la loro resistenza in condizioni critiche presso l'acciaieria Azovstal a Mariupol nei mesi di marzo, aprile e maggio, fino alla loro completa resa alla fine del mese scorso.
Per l'Ucraina sono degli eroi, non invano hanno tenuto impegnati nella loro resistenza circa 20mila soldati russi il più a lungo possibile, riuscendo così a ritardare l'offensiva finale della Russia nel Donbas.
Quasi 2.500 soldati hanno lasciato Azovstal, che ora sono prigionieri della Russia, che vuole processare neonazisti e criminali di guerra, in particolare comandanti Azov.
Il leader dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, Denis Pusihilin, ha recentemente affermato che gli investigatori separatisti hanno prima lavorato con i prigionieri di Azov, ma ora questo lavoro è svolto da specialisti russi.
Il 23 maggio aveva affermato che i difensori dell'Azovstal che si erano arresi una settimana prima si trovavano nel territorio dei separatisti di Donetsk.
Pushilin non ha detto se sono stati successivamente trasferiti in Russia, ma una fonte della polizia citata dall'agenzia ufficiale TASS ha affermato due settimane fa che diversi membri del battaglione Azov che si sono arresi a Mariupol "sono stati portati al centro di detenzione preventiva di Lefortovo a Mosca". Tra questi ci sarebbe il vice comandante di Azov, Svyatoslav Palamar.
All'inizio di questo mese, il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha dichiarato che la direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino stava discutendo del rilascio dei soldati ucraini, sebbene non potesse fornire ulteriori dettagli.
28 giugno 2022
Due programmi sui canali pubblici offrono inaspettatamente opinioni critiche sull'invasione dell'Ucraina che ignorano la versione ufficiale.
Non c'è spazio per dissensi o dubbi sulla televisione russa. I media pubblici e privati si attengono agli ordini del Cremlino sull'invasione dell'Ucraina, guerra che non può essere definita una guerra, ma piuttosto una “operazione militare speciale”. Quando si utilizzano immagini o notizie che necessariamente evocano cosa sia una guerra, si spiega che il ruolo dell'esercito è quello di difendere gli abitanti delle repubbliche del Donbas nell'est del Paese o di porre fine ai "nazisti" che controllano l'Ucraina, sulla falsariga dei discorsi di Vladimir Putin.
Ma la macchina propagandistica più perfetta può rompersi in momenti specifici. È quanto è successo in due programmi di rete pubblica che hanno offerto opinioni non consentite dal discorso ufficiale.
Nel primo programma, su Zvedva TV, canale ufficiale del ministero della Difesa, un militare della riserva dell'esercito è andato fuori copione e ha fatto un riferimento indiretto alle vittime dell'esercito in Ucraina. Non lo intendeva in senso critico, ma il solo accenno ha provocato una risposta rapida e indignata da parte del presentatore.
"Il fatto che ci siano molte persone qui che sono state dopo le campagne in Afghanistan e in Cecenia, e nel Donbas", dice Vladimir Eranosyanv, che appare in uniforme. "I nostri ragazzi sono lì, e le persone di Donetsk e Luhansk e i nostri ragazzi dell'operazione speciale stanno morendo ora e il nostro paese..."
Il presentatore lo interrompe. Esce da dietro il tavolo e con un gesto energico gli dice di stare zitto. “No, no, no, no, non voglio sentirlo. Fermare! Vuoi smettere? Fermare!". Eranosianv continua a parlare e insiste sul fatto che "stanno morendo": "Voglio alzarmi in piedi e commemorare quei ragazzi che stanno combattendo per la Russia nel Donbas con un minuto di silenzio".
Intende onorare il suo sacrificio, cosa che il presentatore non tollererà dal momento in cui ha sentito che ci sono soldati che muoiono. Quelle informazioni non sono consentite in televisione. “Puoi già fermarti? Ti dirò cosa stanno facendo i nostri ragazzi. I nostri ragazzi stanno distruggendo la spazzatura fascista. Lasciami finire. È un trionfo delle armi russe e dell'esercito russo. È la rinascita della Russia”.
Opinioni ancora più pessimistiche sono state ascoltate in un programma più rilevante che viene trasmesso in 'prima serata' sul primo canale televisivo pubblico Russia-1 e che è presentato da Vladimir Soloviev. Con interviste a politici e analisti, da febbraio è dedicato alla situazione in Ucraina e ha aumentato i giorni di trasmissione. Soloviev si definisce un patriota convinto che Putin abbia recuperato l'orgoglio russo. Non ha problemi a cambiare le sue opinioni per soddisfare ciò che il governo ordina. Possiede una villa sul Lago di Como, in Italia, che è stata sequestrata dalla polizia italiana in applicazione delle sanzioni contro uomini d'affari vicini a Putin.
Gli ospiti dello spettacolo di solito non si discostano dalle linee guida del Cremlino. Fino ad ora. In uno degli ultimi c'era la regista Karen Shakhnazarov , assidua frequentatrice di raduni politici, che si è sempre posizionata a favore del governo Putin. Nel 2014 ha firmato un manifesto dal mondo della cultura che ha sostenuto le decisioni del presidente su Ucraina e Crimea. È membro della Camera civica russa, organo consultivo di 168 membri creato da Putin nel 2005 che discute e riferisce sui progetti di legge che devono essere approvati dal parlamento.
Shakhnazarov era sorprendentemente disfattista sui piani di Putin in Ucraina, provenendo da un membro di spicco dell'élite culturale. “Non vedo molte possibilità di denazificazione in un paese così grande. Avremmo bisogno di inviare un milione e mezzo di soldati per controllarlo. Allo stesso tempo, non vedo che ci sia un potere politico lì che potrebbe trasformare la società ucraina in una direzione filo-russa. Coloro che parlano della loro sensazione di enorme sostegno alla Russia non vedono le cose come sono realmente".
Le sue opinioni mettono in discussione uno degli elementi essenziali della versione ufficiale, secondo cui gli ucraini vogliono rimanere legati alla Russia per ragioni politiche, storiche e culturali. Inoltre, crea allarme tra i telespettatori che hanno creduto che si tratti di un'operazione limitata che presto avrà successo. Collegarlo a un dispiegamento massiccio e irrealistico - le forze armate hanno quasi un milione di personale attivo - è un invito per le persone a dubitare del suo successo.
"La cosa più importante ora in questo scenario è porre fine alla nostra azione militare", ha detto Shakhnazarov. “Qualcuno ha detto che le sanzioni (contro la Russia) andranno avanti nel tempo. Sì, continueranno, ma secondo me è molto importante interrompere la fase attiva dell'operazione militare".
Anche gli altri ospiti dello show erano molto pessimisti sulle conseguenze della guerra sulla società russa. Andrei Sidorov, vice preside della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università statale di Mosca, ha avvertito dell'impatto dell'isolamento economico della Russia. “Per il nostro Paese questo periodo non sarà facile. Sarà molto difficile. Potrebbe essere ancora più difficile di quanto non sia stato per l'Unione Sovietica dal 1945 agli anni '60", ha detto, ricordando un periodo di difficoltà economiche dopo la guerra. Sidorov lo ha giustificato con il fatto che la Russia è ora più integrata nell'economia globale rispetto all'URSS e dipende maggiormente dalle importazioni.
Gli ospiti si sono uniti al messaggio del governo accusando gli Stati Uniti di essere i principali responsabili della guerra. Ma d'altra parte hanno ammesso che le sanzioni avranno conseguenze durature sotto forma di aumento della disoccupazione e dei prezzi. Affermando che questa operazione nordamericana era "perfettamente pianificata", non hanno nascosto che forse il governo russo avrebbe dovuto pensarci due volte prima di abboccare a quella presunta esca. E quest'ultimo non è nella versione ufficiale del Cremlino, con cui Putin controlla gli eventi e ha tutte le carte in mano per uscirne vittorioso.
Sulla stessa linea, Semyon Bagdasarov, deputato della Duma ed esperto di Medio Oriente, ha precisato che la Russia non ha ancora subito l'impatto reale delle sanzioni e che i cittadini devono essere preparati all'"isolamento totale", perché non sono mai stati applicati .nel mondo sanzioni così dure, una prospettiva desolante. Ha anche detto che l'Ucraina è una specie di trappola in cui non devi rimanere a lungo. “Dobbiamo entrare in un altro Afghanistan o qualcosa di ancora peggio? Ci sono più persone (in Ucraina) e sono più avanzate nell'uso delle armi. Non ne abbiamo bisogno".
Qualsiasi confronto tra la guerra dell'Ucraina e l'Afghanistan ha tristi ripercussioni sull'opinione pubblica russa. Ricordare un decennio, gli anni '80, di continui combattimenti contro i mujaheddin che non hanno potuto essere sconfitti nonostante la superiorità militare russa serve a mettere in guardia sulla possibilità molto reale che l'esercito in Ucraina si ritrovi condannato a anni di lotta contro un movimento insorto che non lo farà arrendersi.
Queste opinioni non sono le più frequenti nel programma Soloviev o in altre reti. Almeno, offrono un accenno all'inizio delle discrepanze tra politici ed esperti sul futuro della guerra e creano una fessura in quello che è un fronte propagandistico destinato a difendere le misure del governo. Il messaggio permanente in televisione è che l'Ucraina è un Paese governato da fascisti – e “tossicodipendenti”, come ha detto Putin – che opprime la minoranza filo-russa e che potrebbe avere armi nucleari.
La stragrande maggioranza dei media audiovisivi indipendenti è stata costretta a chiudere le proprie trasmissioni dopo che il Parlamento ha approvato una legge che punisce la diffusione di "fake news" con una reclusione fino a quindici anni. È il governo che decide quali sono falsi.
Un sondaggio indipendente ha rivelato che il 58% dei russi sostiene le decisioni di Putin in Ucraina e il 23% le rifiuta. Le società elettorali legate al Governo alzano la percentuale di sostegno al 70%. Entrambe le cifre sono ben lontane dal 90% che era favorevole all'annessione della Crimea nel 2014.
Soloviev, che appare in studio con un laptop che ha una grande Z incollata alla copertina, di solito fa il suo lavoro, ad esempio quando ha affermato nel suo programma che il bombardamento di un ospedale di Mariupol non esisteva e che era messo in scena dagli ucraini. È certo che la prossima volta sceglierà meglio i suoi esperti in modo che non gli facciano più paure.
27 giugno 2022
Maschera di ferro.
Molte persone vivono e muoiono con una maschera di ferro. Liberarsene per essere felici è una scelta di tutti.
Nel film "La maschera" con protagonista Leonardo Di Caprio, vediamo la storia dell'erede al trono di Francia, imprigionato e che si copre il volto con una maschera. Una maschera di ferro.
La storia ha un lieto fine: il fratello cattivo viene rinchiuso in carcere, al posto del legittimo erede. E tutti felici e contenti.
Questo film è basato su un vero evento storico.
Al tempo di Luigi XIV, un uomo coperto da una maschera di ferro fu imprigionato nella Bastiglia. Si dice che fosse figlio del re di Francia. Inoltre, che potrebbe essere un soldato caduto in disgrazia. La verità è che questo personaggio non è stato fortunato come Di Caprio ed è morto rinchiuso.
È triste che sia successo. Ma nella vita reale, molte persone vivono con una maschera di ferro. Persone che non sono se stesse, che a causa dell'addomesticamento precoce a cui sono state sottoposte dai genitori, dicono solo ciò che è accettato dagli altri.
Non sono sinceri e il volto della loro anima rimane nascosto dietro una maschera sociale.
Vivono per quello che diranno. Questo provoca loro una profonda infelicità. Tutto quello che devono fare è rendersi conto che i loro rapitori non esistono più. Che la Bastiglia in cui sono stati rinchiusi fin dall'infanzia, non può più sottometterli.
Che ora hanno il potere di usare la chiave, aprire la sua maschera e rivelare il suo vero sé al mondo.
Quella chiave è riposta dentro ognuno di noi. Questa chiave significa un atto di decisione interiore, in cui prendi la chiave, apri la maschera e dici basta! sarò me stesso.
È una delle decisioni più difficili da prendere durante la vita, perché? Poiché la maggior parte delle persone ha una maschera di ferro fin dall'infanzia, e per quanto incredibile possa sembrare, si sentono a proprio agio nel vedere che tutti hanno una maschera. Per lo meno, riempie di conformismo la sua vita vuota e infelice.
Ma se sei un Leonardo Di Caprio che osa togliersi la maschera, accadrà qualcosa di magico. Gli altri prigionieri saranno ispirati vedendoti. Attraverso la loro maschera di ferro, ti guarderanno con un barlume di speranza. E dopo averti criticato, saranno incoraggiati a togliersi la maschera e sperimentare la bellezza di essere liberi.
Nella mia vita ho vissuto la morte di tante persone vicine. La maggior parte di loro è morta con la maschera di ferro addosso.
Hai una scelta potente davanti a te, prendere la tua chiave interiore e sbloccare quella maschera, per provare il brivido di vivere la vita come detta il tuo cuore. Essere felice.
E tu cosa scegli? Morirai con la maschera di ferro o da oggi in poi oserai vivere senza maschere?
26 giugno 2022
In riferimento ad un articolo su internet...!!!
Lettera all'invidioso...
Tempo fa un Assessore comunale è stato oggetto di un attacco mediatico molto grave, da parte di personaggi invidiosi per la sua onestà e capacità professionale. L’hanno talmente martellato in ogni modo, pagine facebook, giornali, internet, che è stato oggetto di insulti di ogni tipo. Oggi ritengo necessario scrivere una lettera a questi personaggi.
L'ipocrisia di certi giornalisti…
È ipocrita quando si fingono qualità o sentimenti contrari a ciò che si ha o si vive realmente.
L'ipocrisia di cui sto parlando ha facce diverse e si manifesta in spazi diversi. Il problema è che l’essere ipocrita per un giornalista, vuol dire fare articoli con contenuti che screditano altre persone, senza verificare la verità , al solo scopo di provocare reazioni (notizie) a danno della persona screditata.
Non è ipocrita questo modo di agire?
Molti non capiscono questioni di base come la differenza tra informare e dare un'opinione. Inutile dire che si può non leggere il rispettivo articolo; ma non è questo il problema, il problema è che certi giornalisti si presentano come i garanti del nostro diritto all'informazione e ciò che ci offrono sono opinioni anche infondate.
I giornalisti sanno bene dove mettere l'asticella per squalificare un personaggio pubblico: bugie ripetute, inganno deliberato, disonestà... Ma dove si mette l'asticella per squalificare un personaggio pubblico? Giornalista indegno del lavoro che sostiene di esercitare?
Nella stragrande maggioranza dei casi, i giornalisti che sanno parlare così bene dei personaggi pubblici rimangono muti come morti quando parlano in pubblico di giornalisti disonesti, che mentono deliberatamente e ingannano, che servono cinicamente interessi diversi da quelli dei loro lettori o seguaci.
Perché succede? Molte volte, per paura che la denuncia pubblica di questi personaggi sia un attacco alla libertà di espressione . Forse anche per semplice paura di non essere in grado di difendersi dalle loro bugie e dai loro attacchi. Chi rimane in silenzio partecipa al gioco e alla trappola.
I giornalisti non sono dipendenti di una merceria, e che quando iniziano il loro lavoro acquisiscono una serie di impegni professionali ed etici. Ci sono giornalisti infinitamente più disonesti, venali e corrotti dei personaggi che denunciano.
Non si tratta di diffondere il sospetto su tutti i professionisti. Ci sono centinaia, migliaia di giornalisti che fanno il loro lavoro ogni giorno, difendendo le regole del mestiere. Giornalisti, cronisti e semplici informatori, che indagano sui fatti e li denunciano, nel bene e nel male, ma con la massima onestà possibile. Non meritano di essere confusi o mischiati con quei giornalisti di altra mano, alcuni dei quali oltrepassano il confine del fanatismo.
È vero che la deriva del giornalismo verso lo spettacolo è da tempo denunciata, ma la questione non si pone più in questi termini. Che il giornalismo onesto venga schiacciato o insabbiato da giornalisti indecenti e disonesti è un pericolo immenso per la democrazia.
L'ipocrisia è che dicono una cosa e ne fanno un'altra. In cui presentano un volto e il loro vero volto è un altro. Hanno perso la capacità di autocritica e se dovessi cercare un dipinto per illustrare questa realtà, rimarrei con "L’Urlo di Edvard Munch ".
21 giugno 2022
La Lituania ha sospeso il transito delle merci tra Kaliningrad e il resto del territorio della Federazione Russa
Il Cremlino avverte che il blocco parziale interesserà fino al 50% delle merci che ricevono principalmente metalli, cemento e materiali da costruzione.
Il blocco parziale dell'enclave russa baltica di Kaliningrad da parte della Lituania apre un nuovo fronte tra l' Unione Europea (Ue) e la Russia , che lunedì ha minacciato misure di risposta imminente di fronte a un passo "apertamente ostile".
La Russia ha convocato lunedì l'incaricato d'affari lituano a Mosca, Virginia Umbrasene, al quale ha espresso la sua "ferma protesta" contro questa misura "provocatoria" "senza preavviso".
"Chiediamo un'immediata cancellazione di queste restrizioni ", ha riferito il ministero degli Esteri.
Il blocco coincide, oltre alla campagna militare russa in Ucraina, con la più che probabile concessione questa settimana a Kiev dello status di candidato all'ingresso nell'UE e anche con il possibile ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia, due paesi baltici .
La Russia considera una pronta risposta
Il Cremlino, che ha definito “illegale” la sospensione del transito da e per Kaliningrad , ha denunciato che le azioni del Paese baltico “hanno, ovviamente, elementi di blocco”, poiché l'enclave dipende per la sua sopravvivenza dalle merci provenienti dalla Russia.
Kaliningrad, ex territorio tedesco che prese il nome dal rivoluzionario sovietico Mikhail Kalinin , è un'enclave separata dal resto del territorio della Federazione Russa e confina con due paesi dell'UE e della NATO , Lituania e Polonia.
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha assicurato che, poiché "la situazione è più che grave" , la Russia effettuerà "un'analisi molto approfondita" di quanto accaduto nei prossimi giorni, che ha collegato alle sanzioni adottate dall'Ue.
"Se presto il transito delle merci tra Kaliningrad e il resto del territorio della Federazione Russa attraverso la Lituania non sarà completamente ripristinato, la Russia si riserva il diritto di intraprendere azioni in difesa dei suoi interessi nazionali", ha aggiunto Foreign.
Mosca accusa Vilnius di aver violato sia l'Accordo di partenariato e cooperazione del 1994 che la Dichiarazione congiunta del 2002 sul transito tra Kaliningrad e il resto del territorio della Federazione Russa.
"Non è una decisione lituana, ma semplicemente l' attuazione di quanto concordato dall'Ue ", ha risposto Gabrielius Landsbergis, ministro degli Esteri del Paese baltico.
A questo proposito, il governatore di Kaliningrad, Anton Alijanov, ha avvertito la Lituania che i porti baltici "non possono esistere, piaccia o no, al di fuori della Federazione Russa".
"Per quanto riguarda i trasporti, le misure di risposta sono molto evidenti e tremendamente dolorose (per la Lituania). Se escludiamo il transito attraverso il territorio russo, la sua competitività non viene drasticamente ridotta, ma semplicemente annullata ", ha sottolineato.
Conseguenze del blocco
Alijanov ha ammesso che il parziale blocco lituano riguarderà fino al 50% delle merci ricevute dal territorio, per lo più metalli, cemento e materiali da costruzione, per cui ha accusato Vilnius di cercare di "strangolare" l'economia locale.
"È un passo apertamente ostile. Non vogliamo acquistare questi prodotti dall'Europa. Ci dedichiamo a fornire la nostra regione o ad esportare principalmente in territorio russo i beni che produciamo qui", ha detto alla televisione pubblica russa.
Si tratta di una "grande varietà di merce", anche se ha chiarito che il carbone non sarà interessato fino al 10 agosto e il diesel o la benzina fino a dicembre.
"Per risolvere il problema del transito attraverso la Lituania, la Commissione europea (CE) deve semplicemente introdurre modifiche alle sanzioni dell'UE ", ha sottolineato.
In caso contrario, ha avvertito, perderà molti soldi, dal momento che il transito è una delle principali fonti di finanziamento per il sistema ferroviario lituano, che è "deficit" e ha bisogno di investire in infrastrutture.
Alikhanov era convinto che con l' aumento del numero dei mercanti di San Pietroburgo , gli abitanti di Kaliningrad non soffriranno di una carenza di prodotti di base, anche se il transito sarà "più lungo e più costoso".
Un mese fa il presidente russo Vladimir Putin ha rimproverato Alikhanov per aver accusato "l'operazione militare speciale" della Russia in Ucraina per i problemi di Kaliningrad.
Casus belli?
"Se i lituani chiudono il transito, lo considero un 'casus belli'. Ed è che una parte della Russia è separata dal resto del Paese", ha detto a Efe Alexei Gromyko, direttore dell'Istituto d'Europa. Vilnius ha annunciato la misura.
La domanda è se la Russia consideri il blocco una misura "che mette Kaliningrad in pericolo dal punto di vista militare".
Ricordiamo che il blocco viola non un accordo bilaterale, ma un accordo tra la Russia e l'UE , poiché questo era l'impegno preso quando la Lituania ha aderito nel 2004, a rispettare il transito tra Kaliningrad e il resto del territorio russo.
Gromyko collega la situazione attuale alla decisione della Finlandia e della Svezia di aderire all'Alleanza Atlantica, che lascerebbe Kaliningrad "completamente circondata" dagli Stati membri della NATO.
Tra le reazioni russe, ha alluso al corridoio Suwalki (Suvalski in russo), il percorso più breve tra il territorio della Bielorussia , stretto alleato della Russia, e Kaliningrad.
Suwalki è una striscia di territorio di grande importanza strategica, poiché collega i paesi baltici con il resto dei paesi alleati attraverso la Polonia.
Precisamente, a fine marzo, la Lituania ha chiesto ulteriore aiuto all'Ue per aumentare la sicurezza in questo corridoio, sorvegliato dalle guardie di frontiera lituane ed è considerato uno dei punti deboli della Nato.
L'accordo firmato nel 2004 consente il traffico civile e militare tra la Russia e Kaliningrad attraverso il territorio della Lituania, che ora teme un possibile movimento di truppe russe a causa dei combattimenti in Ucraina.
20 giugno 2022
Procurad'e moderare barones sa tirannia! (Cercate di frenare baroni la vostra tirannia!)
L'Inno dell'Indipendentismo Sardo venne composto all'indomani dei moti rivoluzionari del 1794 da Francesco Ignazio Mannu, nobiluomo di Ozieri e magistrato a Cagliari, con il titolo Su patriottu sardu a sos feudatarios. Il testo originale, articolato in 47 ottave logudoresi, ben 375 versi totali, è un vero canto d'amore per la propria terra e fiera rivendicazione d'identità, ma anche circostanziato decalogo sulla sacrosanta lotta per la libertà contro la secolare oppressione dei dispotici e arroganti proprietari terrieri che sfruttavano avidamente l'isola con la complicità del regime sabaudo. La versione italiana qui riportata testimonia più d'ogni altra parola quanto il brano si sia preservato attuale, ad onta dell'età, e universale, nonostante il peculiare contesto storico, sociale, geografico e letterario. Uguale istanza repressa sembra esprimere la danza dal passo cadenzato dei Mamuthones di Mamoiada, figuranti di un arcaico carnevale pagano, la schiena curva sotto il peso dei campanacci, il volto coperto dalla lignea maschera totemica, guidati come gregge d'armenti dagli Issohadores. Eppure dal loro grave portamento traspare riflesso l'ancestrale orgoglio, già forse perché la dignità di un popolo, al contrario dell'infamia dei suoi governanti indigeni o stranieri, non si misura con il metro della storia scritta con il sangue dei vinti, né tantomeno si logora con il passare del tempo.
1) Cercate di frenare baroni la vostra tirannia
sennò lo giuro sulla vita mia finirete sotto terra
Dichiarata è già la guerra contro la prepotenza
e comincia a mancare nel popolo la pazienza
2) Badate che divampa contro di voi il fuoco
badate questo non è un gioco ma cosa seria
Attenti che il cielo nero minaccia tempesta!
Gente consigliata male ascolta la voce mia!
3) Non date più di sprone al povero ronzino
o nel mezzo del sentiero fermo s'impunterà
perch'è tanto stremato da non poterne più
e finalmente dovrà il basto gettar via
4) Il popolo sepolto da profondo letargo
alfine disperato s'accorge delle catene
Capisce di patir le colpe dell'indolenza antica:
feudo legge nemica d'ogni buona filosofia!
5) Che fossero vigna oliveto o campo
le terre han profuso regalate o barattate
Come gregge di pecore malnate han venduto
uomini e donne insieme alle lor creature
6) Per una paga di poche lire e talvolta per niente
han reso eternamente schiave le genti
e migliaia di persone servono un tiranno
Misero genere umano! Povero popolo sardo!
7) Dieci o dodici famiglie si son spartita l'isola
impossessandosi delle nostre terre
in maniera ingiusta nei bui secoli scorsi
e però oggi noi vogliamo a ciò porre rimedio
8) Nasce il Sardo soggetto a mille comandamenti
tributi ed imposte deve versare al signore
in bestiame e grano in danaro e in natura
paga per il pascolo e paga per seminare
9) Prima ancora dei feudi esistevano i villaggi
ed erano i veri proprietari dei boschi e dei campi
Come mai a voi baroni la cosa altrui fu assegnata?
Colui che allora ve la donò non aveva il diritto di farlo!
10) Né alcuno può pensare che la povera gente
abbia volontariamente rinunciato ai propri diritti
Perciò i titoli vostri puzzano d'indebita appropriazione
e le comunità hanno ben ragione a volerli impugnare
11) Dapprima esigevate tasse meno gravose
ma poi le avete aumentate di giorno in giorno
Man mano che crescevano vi siete dati al lusso
sperperando in spese inutili la sana economia
12) Neppure vi bastò serbare i possedimenti dinastici
con la minaccia della prigione con i castighi e le pene
Con ceppi e catene i poveri ignoranti
obbligaste a pagare balzelli esorbitanti
13) E se almeno v'adoperaste a mantener giustizia
castigando i delitti dei malviventi locali
Così potrebbe la gente del bene di tranquillità fruire
e andare e venire sicura per la strada
14) A questo solo dovrebbe servire ogni tassa e norma
proteggere dai delinquenti chi invece la legge rispetta
Ma di tale difesa ci priva il barone per avarizia
chè sa solo lesinare sulle spese di giustizia
15) Il primo fesso che si presenta viene nominato ufficiale
faccia egli bene o male basta che non pretenda salario
Procuratore o notaio servitore o lacchè
sia bianco sia nero egli è buono a governare
16) Basta che s'adopri di persona a far crescere le entrate
e rendere più contenta la borsa del suo padrone
e che aiuti il fattore a trovare sollecitamente
un messo o altra persona zelante nell'eseguire gli ordini
17) Talvolta del barone fa le veci il suo cappellano
i villaggi tiene in una mano nell'altra la dispensa
Feudatario non credere di poterci costringer schiavi
solo per arricchirti o scorticarci vivi!
18) Pretendi che per difendere i beni e la tua vita
il villano vegli giorno e notte con l'armi in
mano Se così deve essere perchè allora tanti tributi?
Se non danno alcun frutto è da stolto pagarli!
17 giugno 2022
La verità è che la NATO non ha un complice più efficace di Vladimir Putin.
Se la motivazione principale di Putin è resistere all'espansionismo della NATO, perché si sta comportando in modo da garantire che i suoi vicini lo vedano come una minaccia crescente alla loro sicurezza e rafforzando l'alleanza atlantica?
La verità è che la NATO non ha un complice più efficace di Vladimir Putin.
In Ucraina, un decennio fa solo una piccola minoranza ha sostenuto l'adesione alla NATO; oggi, dopo mesi di conflitto e perdite territoriali causate dalla Russia, una netta maggioranza sostiene l'adesione all'alleanza.
Quindi, se la motivazione principale di Putin è resistere all'espansionismo intransigente della NATO, perché si è comportato in modo da garantire che i suoi vicini lo percepiscano come una minaccia crescente alla loro sicurezza?
I suoi discorsi e scritti offrono una risposta a questa domanda. Per Putin, resistere alla NATO è, infatti, secondario rispetto all'obiettivo più ampio di riunire russi, bielorussi e ucraini sotto il dominio russo o, in mancanza, almeno garantire che i russofoni in tutta l'ex Unione Sovietica facciano parte di un affidabile blocco di alleanze con la Russia (come nel caso della Bielorussia e del Kazakistan, che hanno una significativa popolazione di lingua russa) o ne sono governati direttamente. Putin vede la statualità russa e l'identità nazionale e linguistica come indissolubilmente legate, ed è disposto a versare sangue russo e ucraino per proteggere questa visione nazionalista. Sembra anche credere che il tempo stia scorrendo: è meno probabile che le generazioni più giovani nel mondo post-sovietico vedano i confini politici della regione come un problema da correggere. Da qui l'urgenza disperata e fatale delle mosse di Putin nel 2013 e nel 2014 e di nuovo nel 2022.
Questo spiega la particolare ostilità di Putin nei confronti dell'Ucraina, non solo nei confronti del suo governo filo-occidentale, ma nei confronti della natura stessa della statualità ucraina, che vede come un prodotto artificiale delle politiche di Lenin negli anni '20. Putin non nega l'esistenza di un cittadino ucraino identità o movimento prima della Rivoluzione: ciò a cui si oppone è la predilezione sovietica per unire regioni principalmente di lingua russa come Crimea, Donbas e Kharkov in una repubblica che considera vulnerabile al controllo degli ucraini nazionalisti che rifiutano la portata imperiale della Russia.
Come altri stati post-sovietici, l'Ucraina ha effettivamente adottato posizioni nazionaliste sia internamente che esternamente. I gruppi neonazisti, pur non avendo alcuna influenza nell'apparato governativo, hanno spesso saputo agire nell'impunità o con il tacito incoraggiamento di alcuni funzionari governativi. Tuttavia, stabilire un'equivalenza o vedere una possibile giustificazione per l'invasione in questo caso sarebbe profondamente sbagliato. Nonostante le affermazioni infondate di Putin sulla pulizia etnica o sul "genocidio" nel Donbas, la Russia ha costantemente alimentato la violenta escalation del conflitto, iniziata nel 2013-2014, quando agenti russi come Igor Girkin hanno contribuito a trasformare le proteste nel Donbas contro il regime di Maidan di recente costituzione in un'insurrezione militarizzata supportata direttamente dalle forze russe. Da allora, entrambe le parti hanno mostrato la loro volontà di violare gli accordi di cessate il fuoco e prendere di mira i civili, ma alla fine l'Ucraina cerca di ripristinare lo status quo precedente. Questa non è la seconda guerra mondiale e l'intensificarsi della guerra non fermerà il processo di radicalizzazione nazionalista. ma l'Ucraina alla fine cerca di ripristinare lo status quo precedente. Solo la Russia ha in mente obiettivi imperiali più ampi, che impediscono una vera pace.
Tuttavia, l'azione militare della NATO (che al momento non sembra essere sul tavolo) sarebbe ancora peggiore, portando il mondo direttamente in una guerra termonucleare globale. Gli occidentali solidali con la difficile situazione dell'Ucraina non hanno altra scelta che sostenere e fidarsi della resistenza ucraina e russa alla guerra di Putin. Migliaia di russi sono già stati arrestati per aver protestato contro la guerra, un numero che sicuramente crescerà in modo significativo con l'espansione della guerra. Milioni di ucraini non vogliono essere bombardati, vivere sotto il dominio imperiale o essere costretti a emigrare; Milioni di russi non vogliono essere influenzati dalle sanzioni o reclutati in un'invasione che non porta loro nulla. Nella nostra risposta alla guerra, dobbiamo stare attenti a non fare eco alle élite nazionaliste russe: credono che incolpare la NATO distoglierà l'attenzione dal loro governo sempre più repressivo, cleptocratico e militarista in patria. La nostra lealtà deve essere con il popolo di Ucraina e Russia e con la causa della pace.